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1. Il problema dell’infiammabilità dei materiali polimerici
I materiali polimerici organici sintetici e naturali possono iniziare o propagare gli incendi perché,
per effetto del calore, essi si decompongono con la formazione di composti volatili combustibili. Il
processo di combustione dei polimeri è molto complesso ed è rappresentabile schematicamente
come indicato in Figura 1.
Figura 1. Schema del processo di combustione dei polimeri
La combustione inizia quando i prodotti volatili generati dal calore fornito al polimero dalla
sorgente di innesco, mescolandosi con l’ossigeno dell’aria, raggiungono, in concentrazione,
l’intervallo dei limiti d’infiammabilità e superano, in temperatura, quella d’accensione.
La combustione procede poi fino a consumare completamente il materiale, se il calore trasmesso
dalla fiamma al polimero è sufficiente a mantenere la sua velocità di degradazione termica al di
sopra del valore minimo richiesto per l’alimentazione della fiamma stessa. In caso contrario, la
fiamma si spegne poco dopo l’accensione.
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Affinché si origini un processo di combustione sono necessari tre componenti: combustibile,
ossigeno ed energia. In particolare, Per innescare la combustione sono necessari due requisiti:
1) Requisito stechiometrico: deve essere presente il giusto rapporto tra le quantità di
combustibile e di comburente;
2) Requisito energetico: il sistema deve avere un’energia abbastanza elevata da superare
l’energia di attivazione del processo di combustione. Questa energia può essere data
fornendo calore fino ad una certa temperatura detta di autoaccensione, oppure per
riscaldamento di una parte della miscela al di sopra della temperatura di autoaccensione
tramite una sorgente di innesco esterna da una fiamma o da un arco elettrico.
Il processo che coinvolge combustibile, ossigeno ed energia è molto complesso e questi si
influenzano tra di loro in modo significativo, tanto che è praticamente impossibile descrivere
quantitativamente un incendio o fare serie previsioni sul suo sviluppo. In generale si può dire che :
• l’energia può essere trasferita al combustibile attraverso irraggiamento, scintilla o fiamma.
L’intensità e la durata della sorgente di ignizione, la distanza della sorgente dal materiale
combustibile sono di importanza fondamentale per la continuazione di un incendio;
• L’ossigeno è necessario per far avvenire le reazioni chimiche di ossidazione del
combustibile e deve essere presente in quantità sufficiente nell’ambiente, dove si sviluppa il
fuoco (attraverso, per esempio, una buona ventilazione);
• Il combustibile influenza il modo di sviluppo della combustione in funzione delle sue
caratteristiche:
Intrinseche, quali la struttura chimica, la morfologia e le proprietà chimico-fisiche
(ignizione e punto di incendio, conduttività termica, calore di combustione, calore
specifico, ecc.);
Estrinseche, quali la caratteristiche della superficie, la geometria e le dimensioni del
corpo.
Infine, il processo di combustione è influenzato da una serie di parametri esterni come le condizioni
di ventilazione, il flusso di calore, la temperatura, ecc.
Si dice che il processo è autoalimentato quando il calore fornito dalla sorgente di innesco si
esaurisce o risulta trascurabile rispetto a quello trasmesso al polimero nel ciclo di combustione e
che il calore generato dalle reazioni di termoossidazione in fase gas e in fase condensata è
sufficiente a sostenere il processo stesso.
Nonostante lo schema di Figura 1 sia di applicazione generale, alcuni degli stadi del ciclo di
combustione come la carbonizzazione o la termoossidazione in fase condensata possono essere
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assenti o essere poco rilevanti in dipendenza del tipo di polimero o delle condizioni in cui avviene
la combustione.
L’infiammabilità dei materiali polimerici ne limita l’applicazione in numerosi settori di impiego in
cui il rischio di incendio (probabilità che si verifichi un incendio) o la sua pericolosità (conseguenze
che esso può avere) sono di qualche rilievo quali i trasporti, l’edilizia o il settore elettrico ed
elettronico.
Quando i polimeri vengono riscaldati al di sopra di certi valori di temperatura, che dipendono dalla
loro struttura chimica, subiscono dei processi di degradazione termica che provocano la formazione
di prodotti gassosi combustibili (prodotti primari di decomposizione) che sono i primi responsabili
dell’infiammabilità dei materiali stessi, in quanto non è mai direttamente il polimero che brucia.
In generale il processo interessa due fasi:
1) la fase condensata dove avviene la degradazione termica, ossidativa o no, con formazione
dei prodotti volatili combustibili;
2) la fase gas, nella quale, da un processo di ossidazione si formano i prodotti di combustione.
I principali stadi del processo di combustione sono:
• Riscaldamento: il materiale viene riscaldato da una sorgente di innesco esterna o dal calore
emesso nel processo di combustione una volta iniziato. In questa fase si registra
l’innalzamento della temperatura del materiale.
• Degradazione termica: la degradazione è un processo che richiede calore (processo
endotermico); infatti deve essere fornita al materiale una quantità di energia al di sopra
dell’energia di attivazione del processo, che corrisponde alla scissione dei legami chimici
delle molecole che costituiscono il materiale. Poiché i materiali polimerici hanno strutture
chimiche molto differenti, le temperature di decomposizione sono caratteristiche del
materiale stesso. La rottura delle molecole di polimero provoca la formazione di specie
chimiche gassose molto reattive (radicali liberi) che continuano il processo di degradazione
ad alte velocità portando alla formazione di prodotti gassosi secondari e/o residui
carbonizzati;
• Innesco: i prodotti gassosi primari formati nel processo di decomposizione, una volta
miscelati con l’ossigeno, si incendiano da soli se sono ad una concentrazione e ad una
temperatura idonee oppure per mezzo di una fiamma di innesco esterna;
• Sviluppo delle fiamme: la diffusione delle fiamme avanza sulla superficie del corpo
interessato dal processo degradativo. La temperatura del materiale polimerico (500°C) è più
bassa di quella della fiamma (1200°C). Questo processo determina la formazione dei
prodotti di combustione, come acqua, anidride carbonica, monossido di carbonio e di calore
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il quale in parte viene disperso nell’ambiente ed in parte va ad alimentare di nuovo la
degradazione termica iniziando così un processo ciclico che continua attraverso la
formazione di prodotti volatili. Dalla termoossidazione e dalla degradazione termica si
forma anche il residuo carbonizzato.
La forma macroscopica di un fenomeno di combustione, “l’incendio”, è la più semplice da
descrivere. Un incendio subisce nel tempo una evoluzione caratterizzabile con parametri quali
l’innalzamento della temperatura (Figura 2) o lo sviluppo di calore o la produzione di fumi.
Nella prima fase dell’incendio c'è l’innesco del materiale combustibile da parte di una sorgente
di ignizione. Dopo un primo stadio lento del processo si arriva al punto in cui il calore radiante
liberato e l’aumento della temperatura sono così elevati da provocare la decomposizione di tutti i
materiali presenti con notevole sviluppo di miscele di gas infiammabili. L’ignizione di questi gas
provoca un aumento della velocità di propagazione del processo tale che le fiamme si propagano
molto rapidamente in tutta l’area circostante con addirittura fenomeni di esplosioni. Si è raggiunto il
punto di flash-over, cioè l’incendio diventa generalizzato.
Nella seconda fase, incendio in pieno sviluppo, il processo si autoalimenta e la temperatura
raggiunge un plateau. A questo punto la temperatura degli ambienti supera i 1000°C.
La terza fase corrisponde allo spegnimento dell’incendio, ed è caratterizzata da un processo più o
meno lento in funzione delle dimensioni dell’incendio e delle condizioni di ventilazione degli
ambienti.
Figura 2. Fasi di un incendio. [1]
La fase cruciale di un incendio è quindi il “flash-over”, infatti i ritardanti di fiamma agisco con il
fine di rallentare il più possibile il “flash-over” dando il tempo e la possibilità di evacuare
l’area interessata dall’incendio e di spegnere le fiamme con i mezzi antincendio convenzionali
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(estintori ed idranti). Una volta raggiunto il pieno sviluppo dell’incendio esso può essere solo
contenuto ma non spento.
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2. Valutazione dell’infiammabilità dei materiali polimerici
2.1 Generalità
Il termine “infiammabilità” nel caso dei polimeri non ha un significato scientifico preciso perché
non è misurabile mediante un singolo parametro come avviene per esempio nel caso dei gas in
cui si usano a questo scopo i limiti di infiammabilità. Il comportamento dei polimeri alla
combustione dipende come abbiamo visto da diversi fattori. Volendo prevedere il comportamento
di un materiale polimerico in un incendio si trovano ulteriori difficoltà dovute alla intrinseca scarsa
riproducibilità tipica dell’incendio.
Questi fatti hanno portato ad una notevole attività di messa a punto di metodi sperimentali per la
valutazione dei polimeri in relazione al pericolo di incendio, tramite i quali si misurano più
parametri ritenuti rilevanti a questo scopo quali: facilità di accensione, velocità di propagazione
della fiamma e di rilascio del calore, quantità di calore totale rilasciato e formazione di fumi
tossici e oscuranti, in condizioni rigidamente definite con lo scopo di avere almeno una
classificazione relativa del comportamento dei materiali.
I metodi di prova “full scale” permettono di riprodurre condizioni simili a quelle degli incendi
reali, ma sono costosi e richiedono impianti speciali. Per queste ragioni essi sono di solito usati per
provare materiali già selezionati sulla base di prove in scala di laboratorio. Questi sono
particolarmente utili per la ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali perché richiedono piccole
quantità di prodotti, ma la valutazione viene effettuata in condizioni molto lontane da quelle
dell’incendio. Fortunatamente, l’esperienza ha dimostrato che i risultati ottenuti con i metodi di
piccola scala concordano con quelli ottenuti con metodi a scala reale. Questo è particolarmente
importante perché le normative sul pericolo di incendio dei materiali polimerici sono forzatamente
basate su metodi di laboratorio che sono anche largamente impiegati per definire specifiche
tecniche a scopo commerciale.
Tra i metodi di prova che danno una valutazione quantitativa del comportamento alla
combustione dei polimeri i due più utilizzati per studi di meccanismo sono l’indice di ossigeno e il
calorimetro a cono. Tra i metodi di prova che invece danno una valutazione qualitativa del
comportamento alla combustione, i più importanti sono raggruppati sotto la UL-94 “Underwriters
Laboratories”.
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2.2 Indice di Ossigeno
Il test dell’indice di ossigeno viene descritto dalle normative:
• ISO 4589 [2,3,4]
• ASTM D 2863-03 [5]
e l’apparato di misura è mostrato in Figura 3.
Figura 3. Apparato per il test per l’Indice di ossigeno [6]
La prova dell’indice di ossigeno permette una classificazione numerica del comportamento dei
materiale polimerici in autocombustione e si differenzia quindi dalle altre numerose prove che
normalmente esprimono un risultato di tipo qualitativo o mediante una classe di combustibilità. È
perciò estremamente utile nello studio preliminare dei meccanismi di combustione e ritardo di
fiamma.
A causa delle speciali condizioni in cui viene combusto il materiale questo metodo non può dare
informazioni esaurienti sul comportamento di un polimero verso il fuoco in situazioni reali, ma
permette di avere comunque un’idea fornendo una misura quantitativa dell’infiammabilità
intrinseca di un materiale polimerico.
La prova consiste nel posizionare un provino, di misure standard, all’interno di un tubo di vetro,
dall’estremità inferiore viene insufflata una miscela di azoto (N
2
) e ossigeno (O
2
), a concentrazioni
note e dall’alto viene calata una fiamma di innesco, se il materiale non viene incendiato allora si
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provvede a rieseguire la prova con una concentrazione di ossigeno maggiore finché non si ha
l’ignizione del materiale.
Il metodo permette di determinare l’Indice di Ossigeno (“Oxygen Index”, OI o “Limited Oxygen
Index”, LOI) di un materiale, ovvero la concentrazione minima di ossigeno (“Oxygen
Concentration”, OC), espressa come volume percentuale, in una miscela di ossigeno e azoto, che è
in grado di mantenere la combustione del materiale che si trova inizialmente a temperatura
ambiente e che viene investito da una fiamma di innesco. La concentrazione di ossigeno è data
dall’equazione (1).
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2
ON
O
OC
+
= (1)
La determinazione dell’Indice di Ossigeno richiede misure dell’intervallo di tempo che intercorre
tra la rimozione della fiamma d’innesco e l’estinzione della combustione del campione. Questo
tempo è detto tempo di autoestinzione (“self-quenching time”, SQT) ed è misurato in funzione
della concentrazione di ossigeno nella corrente di N
2
-O
2
che fluisce intorno al campione, dal basso
verso l’alto.
L’indice di ossigeno dipende dalla temperatura dell’atmosfera di prova: maggiore è la temperatura
minore è OI in quanto l’infiammabilità del materiale è maggiore a temperature più alte.
La norma ASTM di riferimento è relativa alla descrizione di OI a temperatura ambiente, ma è
possibile con una opportuna apparecchiatura determinare l’Indice di Ossigeno ad Alta Temperatura,
valore importante per quei materiali che vengono usati a temperature elevate.
Quando viene utilizzato per scopi di ricerca, soprattutto nello studio dell’azione dei ritardanti di
fiamma, questo metodo offre numerose informazioni. I dati sperimentali raccolti vengono infatti
generalmente rappresentati in un grafico “concentrazione di ossigeno - tempo di autoestinzione”,
come mostrato in Figura 4, che spesso ha un andamento caratteristico in cui si possono riconoscere
due regioni di dipendenza di OC da SQT approssimativamente lineare. La pendenza è notevolmente
più alta nel primo tratto di linearità a OC minore e la transizione tra i due andamenti è stata
attribuita alla transizione di un sistema che brucia in modo instabile ad uno che brucia in modo
stabile. Spesso l’indice di ossigeno è solo di poco maggiore del valore di OC corrispondente alla
transizione a combustione stabile.
Un altro parametro che si può ricavare da questo tipo di diagrammi è il valore di OC a cui
corrisponde un SQT pari a zero, valore che ha il significato fisico della minima concentrazione di
ossigeno al di sopra della quale è possibile l’ignizione del materiale ed è indicato come IOI,
“Ignition Oxygen Index”.