2
CAPITOLO I
I sistemi monetari tra stabilità e crisi
1.1 Il gold standard
«Nel corso della storia diverse merci hanno svolto la funzione di standard mo-
netario, ma la maggiore preminenza è sempre stata detenuta dall’oro e argento.
La funzione di uno standard monetario è definire l’unità di conto di un siste-
ma/unità in cui tutte le altre forme di moneta sono convertibili»
1
.
A partire da metà dell’Ottocento emersero tre sistemi monetari:
- Monometallismo aureo, presente inizialmente solo in Inghilterra;
- Bimetallismo, fondato sull’oro e argento, presente in Europa e negli Stati
Uniti d’America;
- Monometallismo argenteo in Asia.
Le caratteristiche comuni di questi sistemi consistevano nella presenza di un
tallone, cioè di un metallo a base del sistema, di libero conio (chiunque poteva
chiedere di coniare monete col metallo di cui si disponeva), e infine di potere li-
beratorio illimitato, in virtù del quale non si poteva rifiutare la suddetta moneta
per l’adempimento di una obbligazione.
1
R. CAMERON, Storia economica del mondo. Dalla preistoria ad oggi, Bologna, 1993, pag. 443.
3
Tali sistemi avevano la finalità di garantire stabilità nei cambi e dei prezzi sia
per rendere meno variabili le attese del mercato, sia per eliminare quelle interfe-
renze nei contratti causa di squilibri nell’economia, oltre che per calcolare la
convenienza economica di un operazione con l’estero e per vincolare l’operato
delle autorità responsabili della politica economica
2
.
Il funzionamento di questo sistema prevedeva la convertibilità delle unità
monetarie nazionali in monete (per impedire l’eccessiva emissione) con garan-
zie date da riserve auree e/o argentee (a seconda del sistema) nonché la defini-
zione delle suddette unità in rapporto al metallo adottato (secondo quindi una
parità fissata). Nel caso di compresenza dei due metalli si richiedeva una certa
stabilità nel relativo rapporto di valore; rapporto che poteva essere commercia-
le, cioè di mercato, o legale cioè fissato per legge (es. 1:15,5 del 1803 in Fran-
cia). In caso contrario conveniva tesaurizzare, esportare o impiegare per usi
non monetari il metallo che valeva relativamente di più, lasciando in circola-
zione quello che valeva di meno
3
. Nella realtà, prima le scoperte di miniere
d’oro (in Australia e California) e poi la grande produzione d’argento (in Neva-
da) tra il 1860 – 1870, ebbero un forte impatto sul rapporto commerciale
2
A. TITTA, Rassegna monetaria. La crisi del sistema monetario internazionale, Milano, 1968, pag.1919.
3
Secondo la legge Gresham la moneta cattiva scaccia la buona(A. MONTESANO, Inflazioni vecchie e nuo-
ve, in Ruggero e Tucci (a cura di), Storia d’Italia, Annali 6,Torino, 1983, pag.586.)
4
(1870=1:18; 1909=1:40) e quindi di conseguenza sulle sorti del bimetallismo,
che sancirono via via l’adozione del gold standard.
Di fatto i paesi fedeli al sistema bimetallico se avessero voluto evitare la fuga
totale delle monete d’oro, avrebbero dovuto modificare il rapporto oro-argento
o diminuire il valore intrinseco delle monete d’oro. Dati però gli inconvenienti
generati da entrambi i rimedi, venne presa ovunque la decisione di adottare il
monometallismo aureo
4
.
In effetti una precedente misura di difesa senza successo del bimetallismo fu
adottata dall’Unione Latina, cui parteciparono Francia, Italia, Svizzera e Belgio.
Essa prevedeva la sospensione della coniazione della moneta d’argento (tranne
la moneta da 5 Fr), ma alla fine diede vita ad una sorta di «bimetallismo zoppo»
tendente quasi al monometallismo.
Pian piano, fra il 1873 il 1900, si assistette al passaggio al monometallismo.
Dopo la Gran Bretagna (1816), seguirono la Germania (1871-73), l’Austria –
Ungheria (1892), la Russia (1897-99) mentre gli Usa adottarono tale sistema so-
lo nel 1900 perché grandi produttori d’argento.
«L’adozione del Gold standard portò di fatto ad un sistema di cambi fissi fra
le diverse monete, in quanto tutte legate all’oro. Il cambio delle monete dipen-
4
G. LUZZATTO, Storia economica dell’ eta’ moderna e contemporanea, Padova, 1960, pag.349.
5
deva dal contenuto di oro fino di ciascuna di esse (cioè dai rispettivi pesi in o-
ro), anche quando si usava moneta cartacea, comunque convertibile in oro»
5
.
Il valore di una moneta rispetto alle altre era tale da non potersi apprezzare o
deprezzare oltre quello che rendeva conveniente il pagamento in oro anzichè in
valuta
6
. In tale sistema l’oscillazione dei cambi o il prezzo delle valute poteva
essere modificato in base al gioco di domanda e offerta, però entro limiti supe-
riori o inferiori (detti “punti dell’ oro”), oltre i quali era preferibile esportare o
importare oro pagando o facendosi pagare e supportando il costo connesso a ta-
li movimenti
7
.
Per incrementare la circolazione cartacea al di là dei limiti consentiti dalla ri-
serva esistente, bisognava acquisire più metallo prezioso, invece, quando
quest’ultimo scarseggiava si doveva restringere la circolazione cartacea . Que-
sta era la disciplina del Gold standard che si reggeva sul rispetto delle "regole
del gioco" prevenendo così la corsa agli sportelli, il collasso del sistema e
l’uscita dalla convertibilità.
8
Attraverso il Cunliffe Report (1918) il Governo Britannico cercò di dimostra-
re come tale sistema fosse il migliore possibile, in quanto visto che l’oro era u-
sato come moneta nazionale ed internazionale avrebbe assicurato un equilibrio
automatico non solo della bilancia dei pagamenti (composta dall’omonima
5
E. DE SIMONE, Storia economica. Dalla rivoluzione industriale alla rivoluzione informatica, Milano,
2006, pag.117.
6
G. STAMMATI, Il sistema monetario internazionale, Milano, 1973, pag.95 .
7
Ibidem, pag.96.
8
V. ZAMAGNI, Dalla rivoluzione industriale all’ integrazione europea, Bologna, 1999, pag.125.
6
commerciale cioè importazioni ed esportazioni, poi dalle partite correnti cioè
merci, servizi e transazioni unilaterali, infine dai movimenti di capitale), ma an-
che dell’economia nel suo complesso.
In caso di disavanzo, in teoria, si innescava la fuoriuscita di oro (per i paga-
menti) da quel paese che portava alla diminuzione delle relative riserve, con
una conseguente restrizione della massa monetaria e quindi dei prezzi, che ren-
dendo le merci prodotte all’ interno più competitive, tendeva a incoraggiare
l’esportazione di beni e servizi e scoraggiarne l’importazione. Intanto per man-
tenere capitali in oro all’interno o attrarne nuovi dall’estero si incideva sui tassi
d’interesse che venivano così aumentati
9
. Tutto questo meccanismo garantiva
entrata di oro e il conseguente riequilibrio della bilancia. Viceversa in caso di
avanzo, anche se a volte i paesi preferivano incrementare le loro riserve; così
non rispettando le regole del gioco, evitavano di aumentare la circolazione mo-
netaria (sterilizzazione dell'oro) e creavano maggiori difficoltà al paese in defi-
cit obbligato da solo al riaggiustamento
10
.
Il rispetto delle suddette condizioni d’equlibrio tra offerta di moneta e merci,
potevano essere ristabilite anche qualora il rapporto di cambio tra le monete era
tale da rendere diverso il potere d’acquisto di una di esse sul mercato interno ed
estero
11
. Infatti nel caso in cui il cambio consentiva un potere d’acquisto ester-
no superiore di quello interno (cioè permetteva di comprare in misura maggiore
9
E. DE SIMONE, Moneta e banche attraverso i secoli, Milano, 2002, pag.108.
10
V. ZAMAGNI, Dalla rivoluzione industriale all’ integrazione europea, cit., pag.125.
11
G. STAMMATI, Il sistema monetario internazionale,cit., pag.92.
7
rispetto a quanto acquisibile sul mercato interno), questo comportava forte do-
manda per le importazioni. Di conseguenza l’oro di quel paese sarebbe diminui-
to, mentre il potere d’acquisto interno sarebbe aumentato in virtù della minore
circolazione monetaria, sino ad arrivare in pareggio con quello esterno, ridu-
cendo in tal modo lo stimolo ad importare con il conseguente riequilibrio della
bilancia dei pagamenti
12
.
Gold Standard(teorico)
13
12
Ibidem, pag.93.
13
Elaborazione tratta da E. DE SIMONE in Moneta e banche attraverso i secoli.
Bilancia pagamenti passiva/attiva
Riduzione/Entrata riserve Banca di emissione
Riduzione/Aumento biglietti in circolazione
Uscita/Entrata di oro
Diminuzione/aumento dei prezzi interni
Aumento E-
sportazio-
ni/Importazioni
Aumento/diminuzione
tasso di sconto
Attira capitali este-
ri/Fuga capitali
all’estero
Bilancia pagamenti attiva/passiva
Entrata/Uscita di oro
8
Nel Gold standard l’insieme di questi meccanismi determinavano tutta una se-
rie di conseguenze e effetti:
- le tendenze inflazionistiche potevano presentarsi solo in modo temporaneo e
limitato;
- nella collocazione esterna di un paese non potevano svilupparsi squilibri dura-
turi e gravi, che avrebbero inciso sulla bilancia dei pagamenti;
- il commercio internazionale veniva favorito e gli investimenti esteri resi più
sicuri grazie alla eliminazione del rischio di cambio nei rapporti economici fra i
paesi
14
;
- l’interrelazione tra le bilance dei pagamenti e i movimenti monetari e finanzia-
ri condizionava il conseguimento di obiettivi di politica economica che perse
così parte della sua autonomia. La quantità di moneta era determinata dal merca-
to e il ruolo attivo delle autorità monetarie era escluso o limitato perchè «questo
avrebbe prodotto instabilità, interferito con il meccanismo allocativo e creato i-
nefficienze nel processo produttivo, compromettendo in definitiva lo svilup-
po»
15
.
C'è però da dire che, al di delle ipotesi o teorie, nella realtà l’oro non bastava
se fosse stato utilizzato come unico mezzo di pagamento, vista la crescita eco-
nomica del periodo. Per questo esso era sostituito all’interno con moneta banca-
ria o fiduciaria, cioè biglietti e assegni, che rappresentavano l’83% della circola-
14
E. DE SIMONE, Storia economica,cit., pag.117.
15
F. CESARANO, Gli accordi di Bretton Woods. La costruzione di un ordine monetario internazionale, Bari,
2001, pag.45.