3
INTRODUZIONE
La discussione sulla contrapposizione diritto pubblico-diritto privato
nell‟agire amministrativo mira a dare una risposta all‟esigenza di
maggiore efficienza e efficacia dell‟azione amministrativa. Questo
risultato si raggiunge rendendo più partecipato e razionale l‟esercizio
della funzione pubblica, quale precondizione per l‟adesione democratica
alle scelte amministrative.
La controllabilità, la giustiziabilità e la partecipazione al procedimento
sono gli strumenti attraverso i quali si attua l‟intesa come adesione
democratica all‟azione amministrativa.
D‟altronde il perseguimento dei fini determinati dalla legge e il
controllo sull‟esercizio della funzione rendono irrimediabilmente
speciale l‟agire amministrativo rispetto al diritto comune dei privati
Il presente lavoro ha l‟obiettivo di raccogliere alcune riflessioni sul
tema del rapporto tra diritto pubblico e diritto privato nell‟agire della
pubblica amministrazione e di ricostruire la disciplina degli accordi fra
quest‟ultima e i privati alla luce delle modifiche apportate dalla legge n.
15 del 2005 all‟articolo 11 della legge n. 241 del 1990 sul procedimento
amministrativo, tenendo conto delle acquisizioni e dei contributi
dottrinali e giurisprudenziali in materia.
Sul piano sostanziale il fenomeno dell‟uso di moduli privatistici
nell‟agire della p.a. sembra alimentato dall‟idea generale secondo cui per
avere un‟amministrazione competitiva non bastino la semplificazione e la
partecipazione al procedimento, ma occorra anche l‟uso di strumenti di
diritto privato. Secondo questa visione l‟agire per consenso sarebbe più
efficiente di quello per autorità.
Ad una parte introduttiva di inquadramento generale delle tipologie di
accordi, che affronta in termini sistematici il problema dell'attività
consensuale della pubblica amministrazione e, più in particolare, quello
4
della natura giuridica degli accordi con i privati, con riferimenti
all‟ampio dibattito dottrinale in materia, fanno seguito le parti dedicate,
rispettivamente, al regime giuridico della fattispecie in esame
(individuazione dei principi civilistici applicabili e di quelli non
applicabili), alla sua formazione (iniziativa; trattative; determinazione
preventiva; conclusione dell'accordo; elementi e forma dell'accordo;
contenuti; limiti), al suo regime di invalidità (invalidità in tutte le sue
forme; doveri di informazione; recesso ed altri modi di estinzione,
indennizzo), alla tutela giurisdizionale ed amministrativa (giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo a seguito dei recenti interventi della
Corte Costituzionale del 2004; azioni esperibili e tutela dei terzi).
In chiusura, è proposta l'analisi di alcune fattispecie tipizzate dalla
giurisprudenza e dalla legislazione.
L‟idea dell‟accordo che sostituisce l‟autorità del provvedimento
poggia sul consensualismo e sul procedimentalismo giuridici che
declassano le scelte regolative della legge a meri criteri orientativi della
discussione e della decisione amministrativa.
In quest‟ottica la ricerca del consenso assurge a bene in sé e si
affianca, come scopo dell‟azione della p.a., al perseguimento
dell‟interesse pubblico.
La nuova legge n. 241 del 1990, come modificata dalla legge n. 15 del
2005, ha introdotto importanti novità su questo fronte e sta avviando un
complesso dibattito che allo stato attuale non consente ancora di
giungere ad approdi interpretativi sicuri e stabili.
In questa sede sono esposte talune delle possibili linee di ricerca e di
approfondimento considerando i principi dell‟agire amministrativo,
poiché è solo attraverso un richiamo a tali principi fondanti la
complessiva architettura del diritto pubblico che è possibile un esame
delle novità normative trattate.
5
CAPITOLO 1
TIPOLOGIA E AMBITO DI APPLICAZIONE
Il dibattito sull‟ammissibilità di fattispecie contrattuali tra
amministrazione e privati aventi a oggetto rapporti di diritto pubblico è
stato particolarmente ampio e vivace nella dottrina, riflettendosi nelle
posizioni dei diversi Autori l‟evoluzione del ruolo dell‟amministrazione
e dell‟esercizio del potere amministrativo.
Il diffondersi nella legislazione e l‟affermarsi nella prassi di figure
contrattuali hanno indotto la dottrina a prendere atto del periodo di
transizione attraversato dal diritto amministrativo in cui alla permanenza
di strutture autoritative, che si esprimono in provvedimenti, si affianca
l‟aumento delle strutture convenzionali.
Il fenomeno degli accordi amministrativi ha anch‟esso radici risalenti
nel tempo ed è presente nel nostro ordinamento almeno dalla fine
dell‟800.
L‟istituzionalizzazione di tali fattispecie è stata preceduta da un
dibattito, ormai più che secolare sul contratto di diritto pubblico, inteso
come “contratto avente per oggetto proprio lo svolgimento o il non
svolgimento di funzioni pubbliche”
1
.
La dottrina che ha analizzato le origini della tematica del contratto di
diritto pubblico è concorde nel farle risalire alle posizioni espresse dagli
Autori tedeschi tra la fine dell‟Ottocento e l‟inizio del Novecento. In quel
contesto, tuttavia, la figura del contratto di diritto pubblico non era
1
M. NIGRO, Conclusioni, in L‟accordo nell‟azione amministrativa, a cura di A. Masucci, in
Quaderni del Formez, Roma, 1988.
6
ancora percepita come una fonte del tutto autonoma dai rapporti di diritto
amministrativo, che contribuiva a definire.
Nonostante la forte influenza della concezione anticontrattualistica, la
teoria del contratto di diritto pubblico ha incontrato consensi anche in
Italia, dove, il principale campo di applicazione della figura in esame è
risultato, oltre al pubblico impiego, il settore dei pubblici servizi.
L‟attività amministrativa “per contratti” esisteva già e non si trattava
solo di contratti “strumentali” al perseguimento di finalità pubbliche, ma
anche di quelli in cui si poteva facilmente rinvenire l‟esercizio di poteri
pubblicistici (appalti di contribuzioni e di diritti fiscali, concessioni in
godimento di beni patrimoniali e demaniali dello Stato).
Negli Stati italiani preunitari tali materie erano rientrate
indistintamente nel contenzioso amministrativo, mentre dopo
l‟abolizione di quest‟ultimo il giudice ordinario non ebbe difficoltà a
esercitare la propria giurisdizione, accentuandone l‟interpretazione
privatistica.
La dottrina non esitò a ricondurre entro gli schemi del diritto privato
anche l‟atto di nomina nel pubblico impiego e la concessione di servizi
pubblici.
Fu solo dopo il ripristino della giurisdizione amministrativa (1889,
istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale) che i problemi di riparto coinvolsero tutti gli istituti “di
confine” tra diritto pubblico e diritto privato.
La giurisdizione ordinaria trattenne i rapporti contrattuali di diretta
derivazione codicistica e che qualunque privato avrebbe potuto stipulare
(a cominciare dagli appalti) ma, ben diversa sorte toccò a quei
“contratti”, in cui la presenza di rilevanti profili pubblicistici in fase di
formazione e di esecuzione non poteva essere disconosciuta
2
.
2
Cfr. M. D‟ALBERTI, Le concessioni amministrative, Napoli, 1981, p.147 ss.
7
E‟ in tale contesto che sono sorte le prime ricostruzioni,
sostanzialmente favorevoli alla creazione di una figura nuova e
composita (il contratto di diritto pubblico). In queste prime
configurazioni lo sforzo principale era quello di enucleare uno strumento
che, da un lato, si differenziasse dal contratto di diritto comune e,
dall‟altro lato, dall‟atto amministrativo complesso, che è volto a
soddisfare interessi comuni e non collidenti. Le soluzioni apparivano,
tuttavia, tutt‟altro che omogenee sugli aspetti di fondo e cioè sui profili
dell‟individuazione di veri e propri incontri di volontà e della loro
omologabilità quali contratti.
Non deve dunque stupire la scelta operata dalla giurisprudenza, di
fronte a fattispecie in cui era impossibile negare il riconoscimento di un
qualche aspetto contrattuale nei rapporti tra amministrazioni e privati e
che, d‟altraparte, non si potevano liquidare con qualificazioni
unilateralistiche, pur possedendo connotati pubblicistici.
Si tratta della fattispecie concessione-contratto, prima applicata in
materia di beni pubblici e poi estesa alla materia dei pubblici servizi e
delle opere pubbliche.
Significativa in proposito è la posizione espressa dalla Corte di
Cassazione che, prendendo atto del dibattito dottrinale sulla natura di tali
concessioni, preferisce considerarle in due “momenti giuridici”. Il caso di
specie riguarda la sottrazione all‟uso pubblico, da parte dello Stato, di
un‟area o una pertinenza demaniale per concederla a un‟industria privata.
Nel primo momento la Corte considera la determinazione della volontà
dello Stato un atto di sovranità che si concreta nella concessione; nel
secondo momento, invece, analizza il rapporto di obbligazione che si
crea tra l‟amministrazione e il concessionario e ritiene operare fra essi
“una vera e propria stipulazione di contratto”
3
.
3
Cass., Roma 12 gennaio 1910, in Riv. Dir. comm., 1910, p.248.
8
Il nucleo della costruzione è costituito da una fattispecie composita,
consistente in un atto amministrativo unilaterale e un contratto
intercorrente tra la stessa amministrazione concedente e il soggetto
concessionario. Con l‟atto amministrativo l‟amministrazione dispone
autoritativamente del bene o del servizio pubblico, sottraendolo in modo
più o meno ampio e per un periodo più o meno lungo all‟uso pubblico,
cui è normativamente destinato, per costituire in capo al concessionario
diritti che non poteva vantare uti cives. Con il contratto vengono regolati
gli aspetti obbligatori, che scaturiscono dall‟uso particolare del bene
pubblico e che riguardano essenzialmente i profili patrimoniali.
Provvedimento e contratto, pur essendo concettualmente autonomi e
giuridicamente assoggettati a regimi diversi, risultano poi, tra loro
strettamente collegati da un vincolo, che si potrebbe definire di
presupposto e conseguenza, tant‟è che il venir meno del primo comporta
l‟estinzione del secondo.
La teorica della concessione-contratto (definita anche costruzione
dualistica o “a doppio grado”) è riuscita a conciliare aspetti pubblicistici
e privatistici e ha costituito un soddisfacente punto di equilibrio tra
l‟esigenza di conservare in capo all‟amministrazione le proprie
prerogative, tipicamente connesse all‟atto unilaterale, e le garanzie di
sufficiente stabilità del rapporto contrattuale.
Non è un caso che tale costruzione abbia trovato applicazioni
giurisprudenziali fino al giorno d‟oggi
4
ed abbia rinvenuto il supporto
costruttivo della dottrina; anche se si è trattato di una soluzione di
compromesso discutibile e perciò non può essere considerata un punto
d‟arrivo.
4
Cfr., ad esempio, Cass., Sez. Un., 25 maggio 1999, n.287, in motivazione; la massima si può
leggere in Giust. civ., Mass., 1999, p.1151; Cass., Sez. Un., 19 febbraio 1999, n.79 in
motivazione; la massima si può leggere ivi, p.436.
9
E‟ solo a metà del secolo scorso che la categoria del contratto di
diritto pubblico riceve ampio riconoscimento da parte della dottrina.
Alcuni Autori qualificano il rapporto contrattuale in relazione alla
produzione degli effetti e prendono in considerazione i casi in cui
l‟ordinamento o la volontà delle parti abbiano inteso sostituire il
provvedimento amministrativo con “un atto giuridico (atto bilaterale o
plurilaterale), che in sé comprende e riassume tutte le volontà, che
concorrono a dare origine ad un determinato effetto giuridico”
5
. I criteri
ermeneutici cui ci si ispira sono: ”l‟inesistenza di un atto amministrativo
e il decorrere degli effetti dal momento in cui si è operato il consenso fra
la manifestazione di volontà dell‟amministrazione e quella del singolo”
6
.
Date siffatte premesse, risultano inquadrabili tra i “contratti di diritto
amministrativo” fattispecie varie, quali le convenzioni tra
amministrazioni scolastiche ed enti privati e il concordato tributario, ma
non il pubblico impiego né le concessioni: in questi casi il contributo di
volontà del privato è piuttosto requisito di efficacia e, anche quando dà
vita a vere convenzioni, si configura come contratto in funzione
accessoria rispetto all‟atto amministrativo unilaterale.
Viene anticipata, di oltre mezzo secolo, una concezione ora
largamente condivisa, perché prevista dalla legge: il contratto può
costituire in taluni casi l‟esito del procedimento amministrativo, in
alternativa al provvedimento.
Nel periodo immediatamente successivo l‟attenzione si concentra
sulla causa del contratto di diritto pubblico come elemento
caratterizzante di siffatto tipo di negozio
7
, la quale costituirebbe una
mera traslazione, nell‟atto bilaterale, della stessa causa dell‟atto
5
G. MIELE, La manifestazione di volontà del privato nel diritto amministrativo, Roma, 1931.
6
ID., op. cit., p.32.
7
Cfr. M. GALLO, I rapporti contrattuali nel diritto amministrativo, Padova, 1936.
10
amministrativo. Ne deriva un contratto caratterizzato dalla preminenza
dell‟interesse pubblico, che giustificherebbe la permanenza di un regime
pubblicistico, analogo a quello dell‟atto amministrativo unilaterale. Con
l‟ulteriore avvertenza che questa preponderanza sarebbe comune alla
volontà delle parti e, dunque, anche del contraente privato.
Siffatto ordine di idee era destinato a subire la dura critica di altra
parte della dottrina che ha contestato globalmente la figura in esame
appuntando i rilievi critici soprattutto sul profilo della causa e dei
motivi
8
.
Quello che è certo è che la figura del contratto di diritto pubblico ha
ricevuto negli anni sempre maggiori consensi e risulta applicata con
frequenza, ad esempio, nelle concessioni di pubblici servizi, dato che nel
relativo rapporto “entrano elementi di diritto privato e di diritto
pubblico”
9
. Il che ha trovato riscontro anche in sede giurisdizionale,
allorchè la Corte di Cassazione, facendo riferimento congiuntamente a
“concessioni bilaterali” e a “concessioni contratto”
10
, sembra lasciare
impregiudicato il problema dell‟inquadramento tra teoria dualistica e
teoria contrattuale di diritto pubblico, concentrando l‟attenzione sulla
sostanza del fenomeno. “In simili figure di concessioni amministrative”
ciò che rileva è che “con l‟elemento pubblicistico derivante dalla qualità
di uno dei contraenti e dei fini di pubblico interesse che mediante un tale
negozio giuridico esso persegue, concorre un elemento privato
contrattuale, che può dare origine a diritti subiettivi di natura
patrimoniale a favore del concessionario”
11
.
8
Cfr. F. GUICCIARDI, Le transazioni degli enti pubblici, in Archivio di diritto pubblico, 1936,
p.222 ss. .
9
A. DE VALLES, voce Concessioni di pubblici servizi, in Nuovo Dig. It., Torino, 1938, p.580
ss..
10
Cass., Sez. Un., 8 giugno 1933, in Foro it., 1933, I, c.1150.
11
Cass., Sez. Un., 8 giugno 1933, cit, loc. cit.
11
Nel periodo successivo, mentre in Germania il contratto di diritto
pubblico riceve ulteriori approfondimenti, che preludono al suo formale
riconoscimento normativo con la legge sul procedimento amministrativo,
in Italia prevalgono le voci di dissenso.
Nonostante una qualche continuità con il pensiero precedente
12
, il
distacco rispetto a esso appare evidente, innanzitutto considerando il
regime giuridico ritenuto applicabile: che è prevalentemente di diritto
privato, perché non esiste una disciplina specifica, che consenta a detti
contratti di discostarsi dal diritto comune e che giustifichi la categoria del
“contratto di diritto pubblico”.
Tra le posizioni più contrarie vi è quella degli Autori secondo i quali
“non si può avere un incrocio contrattuale di facoltà eterogenee, da un
lato, di diritti soggettivi dei privati e, d‟altro lato, di pubbliche
potestà”
13
. Secondo tale impostazione le ipotesi nelle quali erano stati
ravvisati contratti di diritto pubblico ricondotte nella categoria delle
“concessioni-contratto”, dove le componenti autoritative e contrattuali
(di diritto privato) sono nettamente distinte, anche se sussiste tra le stesse
la nota interdipendenza, che condiziona il rapporto contrattuale alle
vicende del provvedimento amministrativo. Viene così rivalutata la
costruzione dualistica che si ritiene abbia raggiunto la massima
espressione grazie al contributo di M.S. Giannini.
12
Vd. A. TESAURO, Il contratto del diritto pubblico e del diritto amministrativo in particolare,
in Rass. Dir. pubbl., 1961, p.1 ss.., in cui l‟Autore, con prevalente riferimento a rapporti tra enti
pubblici, ma senza fornire indicazioni di regime, giunge a proporre una definizione del
contratto di diritto amministrativo, come “l‟accordo di due o più soggetti che nei casi, nei modi
e nei limiti stabiliti dalla Costituzione o dalla legge è diretto a costituire, modificare o
estinguere una situazione ed in particolare un rapporto che riflette l‟esercizio di un potere
amministrativo”.
13
P. VIRGA, Contratto (diritto amministrativo), v. Enc. Dir., vol. IX, Milano, 1961, p.979 ss.
12
L‟Autore partendo dalla premessa che “si ammette…che tra
amministrazione in quanto autorità, da un lato, e privato dall‟altro,
possano intercorrere dei rapporti alla base dei quali vi è -si può dire in
senso latissimo- un concorso di volontà (una convenzione, un
accordo”)
14
, individua il criterio interpretativo di fondo nel particolare
rapporto che si instaura tra provvedimento e contratto; ”le fattispecie
globali in cui essi si pongono sono composte di contratti e di
provvedimenti amministrativi insieme: il modo con cui si collegano
contratto e provvedimento distingue i diversi tipi di questi contratti”
15
.
Essi sono qualificati “a oggetto pubblico” e suddivisi in accessivi
necessari, ausiliari di provvedimenti e sostitutivi di provvedimenti; ma
passando in rassegna le tre subcategorie il carattere dualistico si attenua
fino a scomparire.
La fonte del complesso degli effetti è unitaria e contrattuale e poiché
l‟Amministrazione interviene in essa sulla base di potestà pubbliche si
potrebbe riconoscere in dette fattispecie i caratteri del contratto di diritto
pubblico; anche perchè l‟Autore distingue i contratti sostitutivi da quelli
“alternativi” a provvedimenti.
Alla base del contratto alternativo sta una determinazione
discrezionale dell‟amministrazione di scegliere la strada contrattuale
anziché quella procedimentale; in questa scelta l‟amministrazione agisce
come privato, puramente e semplicemente.
Il contratto sostitutivo si fonda invece sulla determinazione
dell‟amministrazione di non esercitare la potestà pubblica di cui è
titolare, usando in suo luogo lo strumento contrattuale; l‟esistenza di
detta proprietà è quindi presupposto contrattuale; ma siccome le potestà
14
M.S. GIANNINI, Corso di diritto amministrativo, II,2, L‟attività amministrativa, Milano,
1967, p.98.
15
M.S. GIANNINI, op. ult. Cit., p.100.
13
pubbliche sono irrinunciabili, il non averla esercita non impedisce
all‟amministrazione di prenderne o riprenderne l‟esercizio, se ciò è
richiesto dal pubblico interesse.
I tempi erano ormai maturi per un superamento della teoria dualistica
e ciò si manifesta più palesemente soprattutto nel periodo
immediatamente precedente la legge n. 241 del 1990.
Tra i contributi dottrinali da ricordare emerge lo studio condotto da
Pugliese sul procedimento amministrativo in cui si ritiene che forma
consensuale dell‟atto non modifichi il potere amministrativo; ne deriva
che “la natura pubblica del potere che si attua nel procedimento
amministrativo non dipende dalla veste formale che assume l‟atto finale
o un atto intermedio, ma dalla cura di interessi pubblici”
16
e dalla regola
dell‟evidenza pubblica.
Di poco successiva è la monografia di D‟Alberti che, eseguendo
un‟approfondita ricostruzione storica dell‟istituto, propone
un‟interpretazione privatistica delle concessioni amministrative, le quali
sono inquadrate tra i “rapporti giuridici a genesi prevalentemente
contrattuale, raramente provvedimentale”
17
.
Di tutt‟altro parere è un‟altra parte della dottrina
18
che realizza una
sorta di restaurazione del contratto di diritto pubblico.
In un certo senso intermedia è la ricostruzione in base alla quale
pressoché tutte le fattispecie di accordo tra amministrazione e privati
sarebbero “alternativamente riconducibili o alla figura dell‟accordo
procedimentale o a quella del contratto di diritto comune”
19
.
16
F. P. PUGLIESE, Il procedimento amministrativo tra autorità e contrattazione, in Riv. Trim.
dir. pubbl., 1971, p.1469 ss..
17
M. D‟ALBERTI, Le concessioni amministrative, Napoli, 1981.p.317.
18
G. FALCON, Le convenzioni pubblicistiche, ammissibilità e caratteri, Milano, 1984.
19
R. FERRARA, Gli accordi tra i privati e la pubblica amministrazione, Milano, 1985.
14
Le opinioni appena citate si pongono immediatamente prima alla
legge sul procedimento amministrativo che amplia la problematica al di
là di istituti specifici. La prassi amministrativa presentava una gamma
eterogenea di accordi (organizzativi, normativi, sostitutivi e integrativi di
procedimento), spesso privi di una precisa base normativa
20
; il che
esponeva tali fattispecie alla censura della nullità, per causa illecita
21
, e
ne imponeva o la soppressione ovvero la creazione di un generale
fondamento normativo.
1.1 DAL PROGETTO DELLA COMMISSIONE NIGRO ALL’ART.11
DELLA LEGGE N.241 DEL 1990
Il passaggio dall‟amministrazione autoritativa a quella prestazionale
coincide con l‟ammissione di moduli consensuali nell‟esercizio della
funzione amministrativa, parallelamente all‟espandersi dell‟area del
contratto nell‟ambito dell‟azione amministrativa, ma, lascia irrisolto il
problema della configurabilità nel nostro ordinamento di un‟autonoma
categoria di contratti di diritto pubblico.
Così, mentre in Germania, preceduto da un lungo dibattito, veniva
codificato il contratto di diritto pubblico, in Italia, in mancanza di una
norma espressa, si negava l‟esistenza di tale fattispecie come categoria
autonoma e generale ma contestualmente si poneva il problema della
natura giuridica di alcune fattispecie normative di esercizio di un
20
Così rilevava M. NIGRO, Conclusioni, cit., p.85, che “Anche se manca una norma che
autorizzi in generale l‟amministrazione a concludere gli accordi…non c‟è dubbio che
nell‟attività amministrativa gli accordi dilaghino e così abbiamo, enumero alla rinfusa,
convenzioni urbanistiche, contratti di finanziamento, convenzioni sanitarie, convenzioni
scolastiche, accordi di lavoro, accordi organizzativi, ecc.”.
21
Cfr., ad esempio, Cass., Sez. Un., 31 marzo 1967, n.711, in Giust. civ., 1967, I, p.867. Cfr.
anche Cass., Sez. Un., 31 maggio 1961, n. 1285, in Foro it., 1961, I, c.897.
15
pubblico potere facilmente riconoscibili come consensuali. Esempi
significativi si hanno nella contrattazione collettiva nel pubblico
impiego, nelle convenzioni sanitarie e nelle convenzioni di lottizzazione.
L‟art.11 segna un importante punto di partenza nel contesto di sempre
maggior privatizzazione dell‟agire amministrativo.
Da un esame delle linee di tendenza in cui si colloca e si sviluppa la
legge n. 241 del 1990 appare in maniera abbastanza evidente come sia
mutato il quadro dei rapporti intercorrenti tra l‟amministrazione pubblica
e i privati.
A titolo esemplificativo si possono citare la privatizzazione del
rapporto di pubblico impiego avvenuta con il d. lgs. n. 29 del 1993 (oggi
d. lgs. n. 165 del 2001) e la normativa in tema di trasparenza e
semplificazione dell‟attività amministrativa che trova espressione nella l.
n. 421 del 1992 e nella successiva legge n. 127 del 1997.
Si tratta di un orientamento che è stato definito “politico, prima
ancora che giuridico”
22
.
Il testo di riforma della Costituzione presentato dalla Commissione
Bicamerale, secondo il quale le pubbliche amministrazioni “salvi i casi
previsti dalle legge per ragioni di interesse pubblico, agiscono in base
alle norme di diritto privato” (art. 106)
23
, costituirebbe la prova della
contrattualità diffusa delle amministrazioni. Le ragioni di fondo di tale
fenomeno sono state rinvenute nella “concezione nuova della pluralità
dei centri di potere, una pluralità effettiva, cioè paritaria, sia che
riguardi i rapporti tra centri di potere pubblici, sia che riguardi i
rapporti tra centri pubblici e privati”
24
.
22
V. CERULLI IRELLI, Note critiche in tema di attività amministrativa secondo moduli
negoziali, in Dir. Amm., 2003, p. 217 ss..
23
L. cost. n.1/ 97.
24
M. NIGRO, Conclusioni, in L‟accordo nell‟azione amministrativa, a cura di A. Masucci,
Roma, 1988, p.79.
16
In connessione a tale orientamento, si è diffusa l‟idea che
all‟inefficienza e all‟irresponsabilità diffuse nel settore pubblico si
potesse rimediare con l‟introduzione di moduli negoziali alternativi o
integrativi di provvedimenti.
Il legislatore, però, nel disciplinare gli accordi amministrativi sembra
porre freni alla portata della riforma che introduce.
Infatti, dall‟analisi delle norme emerge un atteggiamento “pavido
poiché, nel comprendere la portata rivoluzionaria di alcune norme, le si
imbavaglia, affinchè non stravolgano lo status quo”
25
.
Nonostante le esitazioni del legislatore, può dirsi ormai caduta quella
specie di barriera, almeno dottrinale, che la dogmatica giuridica aveva
eretto contro ogni intervento nell‟assetto di interessi in cui fosse
coinvolto l‟interesse pubblico che non passasse per un vero e proprio atto
unilaterale di autorità.
All‟impostazione che identificava nell‟autoritarietà l‟elemento
distintivo dell‟attività di diritto pubblico dell‟amministrazione si è
gradualmente sostituita una concezione che pone al centro dell‟azione
amministrativa la sua funzionalizzazione al perseguimento del pubblico
interesse, e nell‟ambito di questa ultima concezione, si è ritenuta
praticabile la prospettazione di rapporti negoziali direttamente
concernenti l‟esercizio di poteri pubblicistici.
La genesi dell‟art.11 è stata evidentemente influenzata dal par.54 della
legge tedesca sul procedimento amministrativo
26
del 26 maggio 1976,
che definisce il “contratto di diritto pubblico” come quello attraverso il
quale viene costituito, modificato o estinto un rapporto giuridico
nell‟ambito del diritto pubblico, consentendosi all‟amministrazione di
25
F. CANGELLI, Riflessioni sul potere discrezionale della pubblica amministrazione negli
accordi con i privati, in Dir. amm., 2000, p.277.
26
Verwaltungverfahrensgesetz.