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Capitolo I
Introduzione
Sommario: 1. I Rilievi e gli Accertamenti: definizioni; 2. Irripetibilità degli
atti di indagine; 3. Profili soggettivi degli accertamenti tecnici irripetibili.
1. I Rilievi e gli Accertamenti: definizioni
Nel codice di procedura penale, numerosi sono i richiami
terminologici a rilievi ed accertamenti: nomenclature che sovente
vengono utilizzate indiscriminatamente e senza distinzione alcuna.
Così nell‟art. 349, 2° co. il legislatore, a proposito dell‟attività della
Polizia Giudiziaria ai fini dell‟identificazione della persona nei cui
confronti vengono svolte le indagini e di altre persone, richiama
eventuali rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri
accertamenti.
A sua volta l‟art. 358 fa esclusivo riferimento agli accertamenti che,
ex lege, il Pubblico Ministero deve eseguire a favore della persona
indagata.
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Ancora l‟art. 359, individuando l‟attività del Pubblico Ministero, fa
cenno ad accertamenti e rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici. E
questa “babele terminologica” cresce ulteriormente se si prosegue nella
lettura dell‟art. 360, il quale rinvia agli accertamenti previsti nell‟art.
359, senza però citare i rilievi cui fa riferimento quest‟ultimo articolo.
Al fine di ripristinare, quindi, quella chiarezza lessicale richiesta dal
diritto sarà essenziale palesare il significato di questi termini.
La dottrina giuridica è pacifica nel ritenere che per “rilievi” debba
generalmente intendersi un‟attività di individuazione e rilevazione,
appunto, di dati materiali, mentre gli “accertamenti” comportano
un‟attività di studio, di analisi e di giudizio di quegli stessi dati
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.
Di conseguenza si potranno classificare come rilievi tutte quelle
operazioni attraverso cui, ad esempio, si effettua la ricerca di residui di
materiale esplosivo nella zona tipica di impugnazione dell’arma da
sparo, mentre sarà accertamento l’operazione che si concreta
nell’analisi chimica di tali residui, allo scopo di verificare se
effettivamente sono presenti tracce di polvere da sparo. Così sarà rilievo
anche l’attività di raccolta di impronte dattiloscopiche mentre sarà
accertamento lo studio di tali impronte e il confronto con quelle presenti
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Cass., Sez. I, 2 aprile 2009, n. 14511.
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nel “database” delle persone segnalate.
Da questa distinzione potrebbe quindi concludersi, pur con tutte le
cautele del caso non avendo il legislatore operato alcuna differenza, che
i rilievi siano prodromici agli accertamenti e che esista una sorta di
rapporto di species at genus degli uni rispetto agli altri.
C’è ancora chi attribuisce ai rilievi il ruolo di “forme speciali di
accertamento” e, allo stesso tempo, qualifica entrambi gli strumenti
come “il punto di emergenza o la risultante di mezzi di ricerca della
fonte di prova” ovvero come “momento acquisitivo” della stessa
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.
È necessario però precisare che i rilievi non sono in alcun modo
identificabili con gli accertamenti: per cui ne deriva che pur essendo i
primi irripetibili, la loro effettuazione non dovrà seguire le forme
dell’art. 360, in quanto questo richiama espressamente solo gli
accertamenti previsti dall’articolo precedente, mancando un richiamo
anche ai rilievi
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.
Questa poca attenzione dimostrata dal legislatore ha comportato
come diretta conseguenza una difficoltà interpretativa che si ritrova in
moltissime pronunce della Suprema Corte, soprattutto in riferimento agli
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C. TAORMINA, Diritto processuale penale, vol. I, Giappichelli, Torino, 1995, 254
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Cass., sez. I, 9 maggio 2002, MAISTO, in C.E.D. Cass., n. 221621; Cass., sez. I, 6 giugno
1997, PATA.
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accertamenti che può compiere la Polizia Giudiziaria.
In particolare, la Corte di Cassazione riconosce che la Polizia
Giudiziaria possa compiere accertamenti dattiloscopici, consistenti e nel
rilevamento delle impronte e nel confronto delle stesse con quelle
presenti nello schedario, non trattandosi di un’attività che richiede
particolari conoscenze o qualifiche tecnico-scientifiche, bensì di un
semplice accertamento tecnico
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.
Ancora la Corte ammette che la competenza della Polizia
Giudiziaria si possa estendere alle operazioni di “STUB”, cioè la
ricerca di residui di materiale esplosivo sulle cose, sui luoghi e sulle
persone, con la conseguenza che, se tali atti sono nel caso di specie da
considerarsi irripetibili, i relativi verbali riportanti i risultati del test
potranno essere inseriti nel fascicolo per il dibattimento e utilizzati per
la decisione ai sensi dell’art. 431 lett. b c.p.p., senza a tal proposito
rilevare il mancato preavviso al difensore che, com’è noto, ha diritto ad
assistere a tali attività senza l’obbligo del preavviso
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.
La ratio di tale esegesi si potrebbe a ben vedere ritrovare nel fatto
che tali attività non comportano la necessaria esistenza di determinate
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Cass. Se. II, 8 giugno 1997, CHIRICO, in C.E.D. Cass., n. 208467)
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Cass., sez. I, 14 ottobre 1999, PUPILLO, in C.E.D. Cass., n. 214705; Cass., sez. I, 11 novem-
bre 1996, KOUDRI, in C.E.D. Cass., n. 206423.
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qualifiche tecnico-scientifiche nel pubblico ufficiale che le pone in
essere: essendo molto spesso operazioni da svolgere con l’ausilio di veri
e propri kit già predisposti e di facile utilizzo, come nel caso dei c.d.
tamponi a freddo da utilizzare per il rilevamento di materiale esplosivo
ovvero di sostanze alcoliche o stupefacenti assunte dal soggetto.
È però pacifico che la Polizia Giudiziaria non possa espletare veri e
propri accertamenti, ciò emerge anche dall’art. 13 d.lg. 247/2000,
relativo al procedimento per reati attribuiti al giudice di pace, che
richiama il veto per la Polizia Giudiziaria di disporre accertamenti
tecnici irripetibili, salvo che tale attività non sia stata espressamente
autorizzata dal Pubblico Ministero e che lo stesso non ritenga di doverla
espletare personalmente.
2. Rilievi ed accertamenti nelle investigazioni difensive
La legge 397/2000 ha modificato in parte il procedimento penale:
tale modifica è stata prevista soprattutto nell‟ottica di parificare le parti
processuali, in una fase, come le indagini preliminari, in cui questa parità
era molto carente, specie per le indagini difensive per le quali il
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legislatore del „88 ammetteva esclusivamente che il difensore
intervenisse durante la fase dibattimentale. La finalità della legge è
quindi acquisire una parità sostanziale tra Pubblico Ministero e difesa,
che si traduce in una vera e propria dissoluzione della normativa
precedente e nell‟attribuzione de plano di attività effettivamente
finalizzate a contrastare le risultanze derivanti dalle indagini compiute
dal Pubblico Ministero al fine di accertare la responsabilità penale del
soggetto indagato. Tale legge, inoltre, risponde all‟esigenza di dare
attuazione ad una norma divenuta fondamentale nel nostro ordinamento
ovvero l‟art. 111 Cost. il quale sancisce il diritto al c.d. giusto processo.
In proposito l‟art. 327-bis costituisce la base della piramide
processuale sulla quale si fonda la libertà di azione riconosciuta al
difensore: nella specie l‟articolo dispone che costui ha la facoltà di
svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a
favore del proprio assistito, attività che possono essere svolte previo
incarico del difensore anche dal sostituto dello stesso, da investigatori
privati autorizzati o, se sono richieste specifiche consulenze tecniche,
anche da consulenti tecnici ex art. 233 c.p.p. La norma, quindi,
attribuisce una partecipazione al difensore non solo simbolica, ma anche
effettiva.
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In particolare attribuisce alla difesa:
La facoltà di svolgere, in qualunque stato e grado del
procedimento per l‟esercizio del diritto di difesa, indagini al fine
di ricercare eventuali elementi di prova a favore del proprio
assistito, nell‟esecuzione penale e per promuovere il giudizio di
revisione;
La facoltà di esaminare il materiale sequestrato nel luogo in cui è
sito e, se si tratta di documenti, di estrarne copia
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.
La possibilità per il difensore, un suo sostituto o per i consulenti
tecnici, di accedere ai luoghi per descriverne lo stato o eseguire
rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi, ex
art. 391 sexies c.p.p.
L‟ambito di attività che possono essere liberamente espletate dal
difensore sono richiamate nell‟art. 391-bis e ss. c.p.p. e si traducono nella
possibilità di:
Acquisire elementi di prova dichiarativa attraverso colloqui non
documentati, ricezione e assunzione di informazioni o
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Tale capacità è stata riconosciuta al difensore nell‟art. 366/1 ultima parte proprio dalla l.
397/2000, definita legge sulla indagini difensive, sempre nell‟ottica di una maggiore parità
processuale tra accusa e difesa.
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documentazioni, effettuate per iscritto ed autenticate dal difensore,
da parte di coloro che siano in grado di riferire su circostanze utili
all‟attività investigativa
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Richiedere documenti alla Pubblica Amministrazione ai sensi
dell‟art. 391 quater c.p.p., salvo che si tratti di documenti rivelanti
segreti di Stato. Il difensore in tal caso dovrà adeguatamente
chiarire la propria qualità, motivando la sua richiesta di accesso.
Accedere ai luoghi per prendere visione dello stato degli stessi
ovvero delle cose per procedere alla loro descrizione o per
eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o
audiovisivi: nello specifico gli artt. 391 sexies e 391 septies
prevedono che tale facoltà possa esercitarsi e in luoghi pubblici e
in luoghi privati, ovvero in luoghi non aperti al pubblico.
Va da sé che, mentre per i luoghi pubblici l‟accesso è libero, per
quelli privati è necessaria l‟autorizzazione del giudice ove manchi
il consenso della persona che ne ha la disponibilità e ove sussista
un giustificato motivo alla base della richiesta.
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Ai fini dell‟utilizzabilità dibattimentale di tali documenti è pacifico che essendo il colloquio
non documentato – trattandosi di una conversazione informale cui non segue nessuna
riproduzione scritta o fonografica – non venga inserito nel fascicolo per il dibattimento,
assumendo quindi una esclusiva rilevanza interna rispetto ai soggetti costituenti la difesa; a
contrario le informazioni e i documenti acquisiti nel rispetto delle procedure previste dalla
legge, assumeranno valenza di prova e pertanto verranno incluse nel materiale probatorio.
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Un ulteriore veto è previsto per le abitazioni private, nelle quali
non è consentito l‟accesso, salvo che si tratti di accertare elementi
essenziali del reato.
Circa le modalità di attuazione di tale potere concesso alla difesa,
il legislatore tace: manca infatti una regolamentazione specifica
che attenga all‟espletamento di tali attività.
È tuttavia pacifico che i rilievi (solo a questi si riferisce la norma,
senza nominare, dicevamo, gli accertamenti) debbano essere effettuati
dai soggetti individuati nell‟articolo solo a condizione che non
provochino un‟alterazione dello stato originale dei luoghi. Così il
difensore potrà eseguire esclusivamente un‟attività descrittiva piuttosto
che ricognitiva dei luoghi o delle cose, come ad esempio fotografare
tracce ematiche presenti sul manto stradale, ma non potrà chiaramente
effettuare dei rilievi di tali tracce per poi analizzarle con l‟aiuto di
proprio consulenti, perché questo potrebbe alterare lo stato dei luoghi e
delle cose, soprattutto ove tali rilievi siano da considerare irripetibili.
Questa interpretazione ha portato parte della dottrina a ritenere che
l‟espressione contenuta nell‟articolo, ossia “prendere visione”, debba
essere intesa nel significato più letterale della stessa e che siano, di
conseguenza, consentite solo attività di osservazione ab externo al solo