2
epistemologici legittimamente acquisiti
2
. Considerato che le indagini tecnico-
scientifiche vengono effettuate nel primo segmento del procedimento che porterà alla
formazione della relativa prova, condizionandone inevitabilmente il risultato finale,
appare evidente la necessità di regolamentarne le modalità d’impiego. Ciò al fine di
una duplice garanzia: della prova da un lato; della persona nei cui confronti questa
verrà utilizzata dall’altro
3
. In generale, va rilevato come l’apporto gnoseologico
fornito dagli strumenti e/o dagli ausiliari tecnico-scientifici ai protagonisti del
procedimento penale costituisce talora motivo di accese discussioni
4
.
Oramai il diritto penale si sta orientando a tutelare beni fondamentali quali la salute e
l’ambiente, con la conseguente incriminazione delle relative condotte sia di danno
che di pericolo. La tutela di tali beni giuridici richiede accertamenti complessi che, a
loro volta necessitano di prove scientifiche della verificazione dell’evento e del nesso
2
Così GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici irripetibili, Torino, 2009, XIV, nella sua prefazione afferma
come «la garanzia della genuinità e veridicità della conclusione probatoria verrebbe fornita direttamente dai
saperi e dalle competenze che sottostanno lo strumento cognitivo utilizzato: se la conoscenza di cui la
scienza è portatrice è espressione di una metodologia investigativa rigorosa e fondata su una protocollare
osservazione e conseguente raccolta di dati oggettivi non passibili di una valutazione discrezionale e
opinabile, non ha senso circondare le dichiarazioni dell’esperto delle cautele processuali che caratterizzano
invece l’acquisizione della normale prova dichiarativa».
3
CASASOLE, Le indagini tecnico-scientifiche: un connubio tra scienza e diritto in perdurante attesa di
disciplina, in Dir. pen. proc., 2008, 1443.
4
C’è poi chi, come APRILE, Le indagini tecnico-scientifiche problematiche giuridiche sulla formazione
della prova penale, in Cass. pen., 2003, 4034 ss., specifica che questo avviene per due ordini di motivi. «Da
un lato, vi è un netto contrasto tra la “logica” che governa gli studi scientifici e le regole che disciplinano il
procedimento penale, essendo la prima ispirata da quella che Popper definiva la precarietà delle teorie
scientifiche, e qualificata dalla rapidissima evoluzione che, nel tempo, ogni branca scientifica ed ogni
metodologia tecnologica subiscono; ed essendo, invece, le regole del rito penale caratterizzate da una
tendenziale immutabilità, ricollegandosi ad un fine primario, quello della ricostruzione di una vicenda umana
e della verifica della esistenza di eventuali responsabilità, che presuppongono il conseguimento di emergenze
dotate di sufficiente certezza. Da altro lato, vi è un’indubbia difficoltà dell’interprete a ricondurre ad unum
una disciplina codicistica che, in relazione alle verifiche tecnico-scientifiche, risulta estremamente
frammentata, divisa com’è dai riferimenti ai diversi soggetti processuali, e dalla differente operatività dei
singoli istituti in relazione alle distinte fasi del procedimento. In tale contesto normativo non sono di poco
momento le incertezze che contribuisce a creare il lessico utilizzato dal Legislatore, dato che, talvolta, le
scelte terminologiche riguardanti singole attività non rispondono a criteri razionali e sistematicamente
coerenti». Concorda pienamente anche DONTILLO, Gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dal
pubblico ministero, estratto da www.profilecrime.it, 2006.
3
di causalità
5
. Interessante è notare come il maggiore ricorso alle cognizioni tecniche e
scientifiche per la ricostruzione del fatto-reato sia il frutto non soltanto dello sviluppo
tecnologico degli anni più recenti, ma anche il prodotto di mutamenti normativi
intercorsi a livello processuale dapprima con l’introduzione del codice di rito del
1988, poi, con la novella legislativa del 2000 riguardante le indagini difensive
6
.
Mentre nel Codice del 1930 ricerca, individuazione, ammissione e valutazione delle
prove erano riunite e riservate alle determinazioni di giudice e pubblico ministero, il
Codice del 1988 ha posto in essere un’innovazione separando tali fasi del
5
TONINI, Prova scientifica e contraddittorio, in Dir. pen. proc., 2003, 1459 ss., continua dicendo che «ciò
comporta, sotto il profilo processuale, che il giudice è chiamato ad applicare non più soltanto le scienze
tradizionali, ma anche discipline rispetto alle quali la stessa comunità scientifica è divisa e che sono soggette
a continue evoluzioni. In tale contesto è necessario che tutte le parti possono controllare il procedimento
cognitivo e decisionale del giudice. Una simile esigenza si scontra con le lacune del sistema processuale
penale, che non prevede una soddisfacente configurazione del diritto alla prova spettante alle parti. Si tratta
allora di accertare quale sia il rapporto che intercorre tra il “diritto di difendersi provando” e la prova
scientifica. La nozione di “diritto di difendersi provando” è sufficientemente chiara: essa postula il potere di
ciascuna delle parti di ricercare e far assumere quelle prove che dimostrano i fatti affermati. Nel suo
significato più lato, il diritto alla prova integra un aspetto del principio del contraddittorio. “Scientifica” è la
prova che, partendo da un fato dimostrato, utilizza una legge scientifica per accertare un fatto “ignoto” per il
giudice. Ha tale caratteristica quella legge che è stata ricavata in modo “scientifico”, e cioè con un metodo
sperimentato mediante l’individuazione del tasso di errore e sottoposto alla critica della comunità degli
esperti».
6
MONTAGNA, Accertamenti tecnici, accertamenti personali occulti e prelievo del DNA, in La prova
penale, a cura di Gaito, Torino, 2009, 52, afferma come «un nuovo approccio al tema della prova, con la
distinzione dei ruoli tra accusa ed organo giurisdizionale, invero, unitamente alle scoperte scientifiche in
taluni campi, hanno portato ad un mutamento dello scenario in tema di accertamenti tecnici nel processo
penale. Di questo occorre dare conto per comprendere i mutamenti che, in tale ambito, hanno interessato il
nostro sistema processuale e verificare, poi, l’adeguatezza dell’attuale impianto normativo alle nuove
esigenze investigative. La possibilità di avvalersi di un esperto in materie tecnico-scientifiche era già prevista
nel codice di procedura penale del 1913 come secondo perito nominato dall’imputato o dal difensore e
mantenuta nel codice del 1930. Tale evenienza si inseriva, però, in un contesto “culturale” completamente
diverso rispetto a quello configurato dall’odierno codice di rito. Il riferimento è ai differenti modelli
processuali, inquisitorio ed accusatorio, che hanno connotato il processo penale di ieri e, seppure con tutte le
sue contraddizioni, quello di oggi. Il passaggio da un modello probatorio quale quello focalizzato nel codice
Rocco ad un diverso modello connotante la riforma processuale del 1988 ha avuto le sue ripercussioni sulle
modalità attraverso cui dare accesso, nel processo penale, ai dati cognitivi provenienti dalla medicina legale,
dalla criminologia, dalle scienze medico-forensi. Un “sapere” riguardo al quale circa i modi d’ingresso nella
ricostruzione del fatto-reato hanno inciso le “nuove” regole inerenti la formazione della prova: da
un’istruzione segreta e scritta, priva di un sostanziale controllo della difesa e di contraddittorio, con un
protagonista essenzialmente unico, il giudice istruttore, si è passati ad un processo di parti, improntato ad una
“tendenziale” separazione di fasi e di ruoli tra accusa ed organo giudicante. La disciplina delle prove e
dell’intero procedimento probatorio hanno ricevuto, nel codice del 1988, una rilevanza ed un ordine
sistematico dapprima sconosciuti. Si pensi alla perizia che ha trovato, nel vigente codice di rito, una specifica
collocazione tra i mezzi di prova e alla quale si è attribuita la finalità non solo di raccogliere dati, ma anche
di compiere le relative valutazioni».
4
procedimento probatorio, da un lato escludendo il giudice dalla ricerca e
dall’individuazione delle prove, dall’altro lato riservando alla sua esclusiva
competenza l’ammissione e valutazione di esse. L’attuale impianto, quindi, postula
che la prova si formi in dibattimento, non prima, e che si formi nel rispetto del
principio di oralità: ciò significa che il convincimento del giudice si forma sulla base
di ciò che percepisce direttamente dalla viva voce dei soggetti della prova: testimoni,
periti, consulenti, interpreti, parti
7
. Nel sistema accusatorio adottato dal codice
vigente vi è un altro principio attinente alla formazione della prova, ed è quello del
contraddittorio
8
: esso prevede che le parti contrapposte abbiano diritto alla
contemporanea partecipazione all’attività processuale, ed in particolare all’attiva
partecipazione alla formazione della prova, solo se tale metodologia dialettica è in
grado di aumentare o quanto meno di garantire la valenza epistemologica della prova
stessa
9
.
Il Legislatore del 1988, tuttavia, è stato attento nell’osservare che nella pratica si
sarebbero potute presentare situazioni eccezionali, in cui attendere l’apertura del
7
Così PISANI-MOLARI-PERCHINUNNO-CORSO, Manuale di procedura penale, Bologna, 2000, 460.
8
Si tratta di un principio oggi espressamente e con forza protetto dall’art. 111 Cost. come modificato nel
1999. Infatti, la L. cost. n. 2 del 23 novembre 1999, ha introdotto cinque nuovi commi alla formulazione
originaria, due dei quali dedicati al contraddittorio. Il comma 2 recita: «Ogni processo si svolge nel
contraddittorio delle parti, in condizione di parità, davanti a giudice terzo e imparziale [...]». Il comma 4,
ancor più importante, ribadisce e specifica: «Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio
nella formazione della prova». Vista la posizione di parte, anche se pubblica, del pubblico ministero, e
considerato il principio del contraddittorio, gli atti delle indagini preliminari non sono utilizzabili in
dibattimento. Le investigazioni, infatti, sono funzionali al reperimento e all’acquisizione di semplici fonti di
prova, che diverranno una vera e propria prova solo in dibattimento. In effetti, anche l’art. 55 c.p.p. afferma
che compito essenziale della polizia giudiziaria (e quindi anche del pubblico ministero che la dirige), è
l’assicurazione delle «fonti di prova».
9
GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici, cit., XIV, ci dice in più che «tale esigenza di garanzia della validità
cognitiva del dato probatorio tuttavia non sussiste quando - come per l’appunto nel caso della prova
scientifica - lo strumento di conoscenza posto a disposizione del giudice e da questi affettivamente utilizzato
è già di per sé, a prescindere quindi dal contributo che può derivare dal confronto dialettico fra le parti, in
grado di fornire una consapevolezza piena e compiuta di quanto accaduto».
5
dibattimento avrebbe comportato la perdita della fonte di prova, compromettendo
l’esito di indagini e processo. Sono state così previste, sia in fase di redazione del
nuovo codice, sia anche in momenti successivi, diverse norme che consentano
l’assunzione anticipata della prova. La nostra attenzione si focalizza proprio su
quest’ambito, in particolare su quegli accertamenti che implicano il ricorso a
specifiche competenze tecniche
10
e che sono posti in essere nella fase investigativa in
varie modalità, a seconda dei soggetti che vi fanno riferimento: dal pubblico
ministero, dalla polizia giudiziaria, ma anche dalla difesa delle parti private
11
.
10
MONTAGNA, Accertamenti tecnici, cit., 51, in particolare chiarisce come «il riferimento è alle indagini
tecniche, vale a dire quelle attività che richiedono l’ausilio di personale specializzato ed implicano
operazioni di rilievo e descrizione degli eventi, cose o luoghi, ma che possono di per sé implicare anche
un’attività di valutazione dei dati raccolti. Spesso di tratta di attività irripetibili che potranno fungere da
prova in dibattimento. Eppure allo stato attuale della normativa, tali operazioni sono corredate da inadeguate
garanzie, soprattutto se si pensa al valore probatorio che quegli atti potranno assumere. Le indagini
scientifiche vanno regolamentate: tipicità e legalità sono in quest’ambito garanzia non soltanto per i diritti
dei soggetti coinvolti, ma anche per l’affidabilità dell’intera ricostruzione del fatto».
11
I casi di maggiore interesse sono quelli previsti dagli artt. 354, 360, 392, 467 e 512 c.p.p., e dagli artt. 116-
117 disp. att. c.p.p. Vi è anche l’art. 391-decies c.p.p., frutto della Legge n. 397 del 7 dicembre 2000 sulle
investigazioni difensive, che concerne gli atti irripetibili compiuti dal difensore o da consulenti tecnici da lui
incaricati. L’art. 354 c.p.p. attiene all’attività della polizia giudiziaria e prevede che questa, se vi è pericolo
che le cose, le tracce e i luoghi pertinenti al reato si alterino, si disperdano o, comunque, si modifichino,
compia i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose, non solo quando il pubblico
ministero non possa intervenire in modo tempestivo, ma anche quando non abbia ancora assunto la direzione
delle indagini. Tale potere è conferito alla polizia giudiziaria (che può avvalersi di persone idonee qualora
necessitino specifiche competenze tecniche) dalla particolare condizione delle cose, dei luoghi e delle tracce
di reato, suscettibili di dispersione, alterazione e modificazione, assumendo l’attività di indagine un carattere
di urgenza, come evidenziato anche dalla rubrica della norma. Gli artt. 360 e 392 lett. f), c.p.p., come si
vedrà, si trovano in stretta relazione, e consentono l’esperimento di atti che, a causa della modificabilità del
loro oggetto non possono essere rinviati al dibattimento. Nel primo caso si tratta di accertamenti compiuti su
disposizione del pubblico ministero da consulenti tecnici da lui nominati e, pertanto, sono atti di parte.
Tuttavia, considerata la destinazione e il valore di tali atti, il Legislatore ha previsto precise garanzie per
l’indagato, ed ha concesso a quest’ultimo una sorta di “diritto di veto” all’accertamento tecnico irripetibile,
con conseguente “deviazione” alla procedura dell’incidente probatorio di cui all’art. 392 lett. f), c.p.p. L’ art.
467 c.p.p., invece, richiama l’art. 392 c.p.p. e dispone l’assunzione di prove non rinviabili qualora, fra la data
in cui è stato fissato il dibattimento e la data del dibattimento stesso, e quindi nella fase degli atti preliminari
al dibattimento, si presentino le medesime esigenze che consentirebbero un incidente probatorio. In questo
caso, però, si applica la procedura prevista per il dibattimento. Vi è poi l’art. 512 c.p.p. che, in effetti, più che
ipotesi di assunzione anticipata della prova, consiste in un “ripescaggio” di atti ritenuti in fase di indagini
preliminari ripetibili in dibattimento e compiuti nelle forme ordinarie, e che avrebbero costituito così mere
fonti di prova. La norma prevede che, con la procedura della lettura in dibattimento, l’attività investigativa
assuma valore di prova. Tale meccanismo è, tuttavia, consentito solo ad una precisa condizione:
l’irripetibilità doveva essere non prevedibile al momento del compimento dell’atto e, pertanto, frutto di
circostanze e fatti sopravvenuti e imprevedibili. Infine, gli artt. 116 e 117 disp. att. c.p.p., rimandano alla
6
1.2 Le tipologie di accertamenti tecnici
Un procedere ortodosso e accorto che faccia leva sul metodo classico di induzione e
deduzione, suggerisce di partire dalle nozioni di teoria generale sulla più ampia
categoria dell’accertamento
12
, cioè ogni processo orientato alla certezza. Questo
suggerisce un processo che si snoda lungo le fasi dell’inizio, ove è predominante
l’idea di incertezza che spinge a dover accertare un determinato fenomeno; lo
svolgimento, stadio mediano, rappresentato dall’attività di accertamento
13
, mediante
gli strumenti a disposizione del sistema in cui esso opera; il termine che porta alla
situazione di certezza “relativa” in considerazione dei limiti insiti nell’imperfezione
di tali accertamenti in relazione agli strumenti utilizzati e all’utilizzatore stesso
14
.
Dopo aver cercato di ricostruire sul piano dogmatico il termine “accertamento”
15
,
passiamo all’analisi dell’aggettivo “tecnico”. Il significato, in questo caso, è chiarito
disciplina dell’art. 360 c.p.p., e riguardano rispettivamente l’autopsia giudiziaria e gli accertamenti che non
sono ripetibili in quanto determinanti, con lo stesso compimento, la modificazione del loro oggetto.
12
Il primo studio sul tema in Italia, è attribuibile a FALZEA, Accertamento, in Enc. dir., I, Milano, 1958,
205 ss., il quale dà atto che il fenomeno in generale non ha mai costituito oggetto di indagine.
13
Definita “attività spirituale di chiarificazione della realtà” da FALZEA, Accertamento, cit., 216.
14
CHIOVENDA, L’azione nel sistema dei diritti, in Saggi di diritto processuale civile, Roma, 1930, 85, si
esprime in termini di «incertezza obiettiva».
15
«Poiché il concetto di accertamento non comprende la constatazione o la raccolta dei dati materiali
pertinenti al reato o alla sua prova, i quali si esauriscono nei semplici rilievi, ma riguarda piuttosto lo studio e
l’elaborazione critica dei medesimi, l’irripetibilità dei rilievi, più specificatamente dell’acquisizione dei dati
da sottoporre ad esame non implica necessariamente la irripetibilità dell’accertamento, quando l’esito di una
prima indagine non appaia, ad avviso del giudice che procede, del tutto convincente e sia ancora
tecnicamente possibile sottoporre quei dati alle operazioni necessarie al conseguimento di risultati
attendibili, in vista dello scopo proprio del processo che è quello di pervenire con ragionevole
approssimazione alla verità (fattispecie relativa a reato di omicidio volontario in cui era stato disposto dal
pubblico ministero accertamento tecnico non riferibile su sostanza ematica rinvenuta sulla strada ove era
stato trovato il corpo senza vita della vittima, che aveva dimostrato l’incompatibilità della stessa con il
sangue dell’indagato. Successivamente, per i dubbi manifestati dagli stessi consulenti del pubblico ministero,
sull’attendibilità del risultato ottenuto, stante la possibilità che il sangue analizzato fosse stato inquinato da
altri liquidi biologici, il pubblico ministero aveva chiesto ed ottenuto dal G.i.p. che si procedesse con
incidente probatorio a perizia sui frammenti di asfalto repertati. I consulenti del G.i.p. pervenivano a
conclusioni opposte)». Questo lo specifico contributo in Cass. pen., Sez. I, 3 giugno 1994, Nappi, in Arch.
nuova proc. pen., 1995, 685.
7
direttamente dal codice di rito, al comma 1 dell’art. 359 c.p.p. la tecnicità
dell’accertamento si pone in funzione della necessità dell’apporto di una competenza
specifica che il pubblico ministero o i suoi ausiliari non possiedono
16
. In conclusione,
potremmo definire accertamenti tecnici in senso lato tutte quelle attività compiute
all’interno del procedimento, attraverso l’ausilio di personale tecnico specializzato o
di particolari macchinari e volte a far conoscere un quid che esula dal novero delle
cognizioni dell’uomo medio.
La nozione di accertamento tecnico, usata dal codice in riferimento all’attività del
consulente tecnico del pubblico ministero, è stata oggetto di numerose discussioni ed
elaborazioni, occasionate dalla necessità di evidenziare talvolta differenze, talaltra
somiglianze con altri istituti, e finalizzate ad individuare i casi di applicazione di una
disciplina processuale invece che di un’altra. Ciò che in dottrina e in giurisprudenza
si analizza con più frequenza è la distinzione tra il concetto di “accertamento” e
quello di “rilievo”
17
. La difficoltà di tracciare dei confini tra “accertamenti” e
16
GIUNCHEDI, Gli accertamenti tecnici, cit., 9, approfondisce spiegando che «se nell’ipotesi di atto
comunque ripetibile ciò costituisce una facoltà, diviene un obbligo nel momento in cui si ricada nell’ipotesi
dell’irripetibilità, posto che il risultato dell’operazione tecnica è destinato a entrare nello scibile processuale
utilizzabile, ai sensi dell’art. 526 c.p.p., per la decisione. Ovvio che un indice di tecnicità maggiore induce a
superare certi confini, inesplorati e inesplorabili senza l’ausilio della scienza e, quindi, a protendersi verso la
sovrapposizione tra certezza assoluta e relativa. Inconcepibile è pensare di rinunciare all’ausilio delle scienze
parallele: un processo penale configurato in tal modo sarebbe incongruente con l’evoluzione della tecnologia
e si porrebbe come un castello turrito impermeabile a ogni forma di sollecitazione esterna in grado di
superare i limiti insiti in ogni persona e, quindi del giudice stesso. È vero che non vi è più l’ossessione della
verità, ma sarebbe fallace pensare che questa rimanga l’obiettivo fondamentale del processo penale;
d’altronde se il principio costituzionale della considerazione di non colpevolezza è oggi più tangibile con la
codificazione di un concetto elaborato per via giurisprudenziale, il ragionevole dubbio, significa che il filone
culturale che ha propugnato questa metodologia di accertamento ha avallato il rigore derivante dalla
fruizione delle moderne tecnologie per pervenire a un livello di conoscenza che dissipi ogni ragionevole
incertezza sull’ipotesi controfattuale del contraddittore». In merito, l’impulso culturale è attribuibile, tra i
tanti, a SARACENO, La decisione sul fatto incerto nel processo penale, Padova, 1940, 237; CANZIO,
L’«oltre ragionevole dubbio» come regola probatoria e di giudizio nel processo penale, in Riv. it. dir. proc.
pen., 2004, 303.
17
Vigente il Codice Rocco, gli accertamenti tecnici erano considerati quelle attività in cui si rifletteva un
apporto critico-valutativo, e i rilievi tecnici quelle aventi lo scopo di acquisire in via immediata e con