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Capitolo Primo.
LA DISCIPLINA GENERALE
DEGLI ACCERTAMENTI SULLA PERSONA.
1. Gli accertamenti sulla persona: quadro normativo generale. – 2. La funzione degli accertamenti sulla
persona. – 3. L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale: dalla sentenza N° 30 del 1962 alla sentenza
N° 238 del 1996. – 3.1. Le conseguenze del vuoto normativo in seguito alla sentenza N° 238 del 1996.
– 4. La legge N° 155 del 2005: L’ampliamento dei poteri della polizia giudiziaria in tema di prelievo
biologico. – 5. Il bilanciamento con i principi costituzionali: libertà, riservatezza, integrità fisica e privacy
dell’individuo.
1 Gli accertamenti sulla persona: quadro normativo
generale.
La tutela dei diritti dell’uomo è uno dei pilastri sui quali si basa il nostro ordinamento, essa
risulta garantita dall’intero testo costituzionale e in particolare all’art. 2, che si pone come
norma generale che mira a garantire i diritti inviolabili dell’individuo.
1
Intaluni settori,
cherispondono ad esigenze diverse, può accadere che per il conseguimento di determinati
1
C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1976, p. 1038 ss; F. Del Giudice, Istituzioni didiritto
pubblico, Simone, 2009.
La disciplina generale degli accertamenti sulla persona
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fini meritevoli di interesse possano venire compressi o limitati i diritti della persona. E’
demandato al legislatore prevedere specifiche disposizioni normative per bilanciare la
tutela dei diritti inviolabili con le esigenze imposte in determinati campi. E’ proprio
nell’area del diritto punitivo, e in particolar modo nel procedimento penale, che si deve
imporre questa regolamentazione
2
.Ci si riferiscea tutte quelle ipotesi in cui pergarantire
un’efficace attività di ricerca probatoriaal fine dell’accertamento dei fatti, edella ricerca
della verità, si debbano adottare iniziative incidenti sui diritti fondamentali dell’interessato.
Si tratta, in pratica,degli accertamenti effettuati sul corpo della persona, i quali prevedono
tutta una serie di modalità esecutive, di limiti, e di garanzie disciplinati in parte all’interno
del codice di procedura penale e in parte all’interno di altri disposti normativi.
Per quanto riguarda gli articolidelcodice di procedura penale, devono essere presi in
considerazione tutti quelli che riguardano le indagini compiute dalla polizia giudiziaria in
sede preliminare e che concernono diversi tipi di attività, che vanno dalla semplice
identificazione dell’indagato (art. 349), alle perquisizioni sulla persona ea tuttiqueirilievi
classificati come urgenti e che possono comportare il prelievo di materiale biologico (si
pensi a quello di saliva o al prelievo di capelli) dal corpo del soggetto (art. 354). Inoltre,
devono esser considerate le attività svolte dal pubblico ministero, sempre in sede di
indagini preliminari, volte alla individuazione di persone (art. 360) e altresì tutti gli
accertamenti tecnici, le ispezioni e le perquisizionisulla persona che questo può compiere.
Altri importanti tipi di accertamenti, che non si possono dimenticare poiché rilevano sul
piano della formazione della prova, sono: le ricognizioni di persone (art. 213) e le perizie
effettuate sul corpo dell’uomo (art. 224).Per quanto riguarda i riferimenti normativi da
considerare, invece, all’esterno del codice di procedura penale, devono essere analizzati gli
articoli del Codice della Strada, in particolare l’art. 186, relativo alla guida in stato di
ebbrezza, e l’art. 187, relativoalla guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente
all’utilizzo di sostanze stupefacenti. Infine, non si possono omettere e meritano
considerazione a parte, in virtù della loro specialità, gli accertamenti sulla persona
2
P.Felicioni, Accertamenti sulla persona e processo penale. Il prelievo di materiale biologico, Milano, 2007.
Gli accertamenti sulla persona nel processo penale
13
effettuati per l’individuazione di patologie sessualmente trasmissibili e disciplinati
all’internodella legge n° 66 del 1997.Seppure consistenti in attività diverse e disciplinati in
ambiti normativi distinti, gli accertamenti sulla persona hanno una caratteristicache li
accomuna tutti: l’oggetto, cioè il corpo dell’uomo. L’individuo diviene così oggetto di
ricerca probatoria anche a prescindere dalla propria volontà di collaborare, perché non può
impedire l’emergere di elementi di prova dal proprio corpo. Ciò comporta, come si può
ben capire, che siano in gioco degli equilibri nell’area delle garanzie fondamentali alquanto
delicati e questo ha portato il legislatore a ricercare un necessario punto di incontro, spesso
non trovandolo (come si vedrà di seguito in questa trattazione), tra le esigenze di certezza e
di giustizia del processo penale e la tutela deidiritti del soggetto sul quale sono compiuti
tali atti.
L’attività svolta dalla polizia giudiziariaall’interno del processo penale, seppur entro limiti
determinati dal pubblico ministero e dal giudice, comporta l’invasione nella sfera
individuale della persona, in molti casi superando la resistenza della stessa. E’ chiaro che
tali attività sono volte alla ricerca della prova, dunque i poteri coercitivi in capo aisoggetti
attividel processo penale sono strumentali alle esigenze che si devono soddisfare, ma
risulta oltremodo chiaro che l’intero sistema debba essere bilanciato con i diritti che
costituzionalmente devono esser garantiti. Sicuramente l’imputato/indagato non si trova
nella stessa posizione di un qualsiasi altro soggetto, poiché le garanzie individuali connesse
alla libertà possono subire delle restrizioni, ma si deve ricordare che nel
nostroordinamento, in virtù del principio del contraddittorio, la garanzia dei diritti
individualidell’accusato è finalizzata anche al corretto svolgimento del processo. Con il
crescente affidamento del sistema processuale alla prova scientifica (si pensi alla certezza
data dal test del DNA), e con il parallelo potenziamento della attività investigativa,
l’esigenza di tutela verso i soggetti sui quali siano svolti accertamenti è divenuta sempre
più forte, si deve perciò analizzare come la giurisprudenza Costituzionale si sia evoluta e
come abbiacercato dibilanciare lecontrapposte esigenze. Prima però, risulta utile
comprendere quale sia la funzione che gli accertamenti sulla personasvolgono nel processo
penale.
La disciplina generale degli accertamenti sulla persona
14
2 La funzione degli accertamenti sulla persona.
L’undici Aprile del 2006 si chiude una delle ricerche più importanti che la polizia
giudiziaria abbia mai effettuato, con l’arresto del cosiddetto “boss dei boss di Cosanostra”,
ovvero Bernardo Provenzano, ricercato dalle Autorità italiane, e non solo, sin dal maggio
del 1963. Termina così una latitanza di ben 43 anni. Come noto dalle cronache, l’uomo
venne incastrato grazie alle intercettazioni locali e ambientali e alla scoperta dei cosiddetti
“pizzini”, che utilizzava per comunicare con altri esponenti della Mafia e con la moglie, ma
si deve ricordare che, a monte, vi è in realtà stato un episodio che ha dato forse il maggior
contributo a questa tanto intricata vicenda.
Nel 2002, infatti, un uomo con il nome di Attilio Troia si ricoverò all’ospedale di Marsiglia
per subire un intervento chirurgico a causa di un tumore alla prostata. Successivamente il
genetista Giuseppe Novelli venne incaricato di confrontare un campione di DNA di
quell’uomo con un campione di DNA del fratello di Bernardo Provenzano, che era
ricoverato all’ospedale di Palermo.
3
L’analisi diede esito positivo: i due uomini risultarono
fratelli e,dunque, Attilio Troia non poteva che esser il boss dei boss. L’identificazione
diProvenzano si ebbe in seguito ai risultati del confronto dei due DNA, e grazie a questi
esami si pose fine all’incertezza in cui versava l’intera vicenda, poiché si ottennero così sia
la certezza del fatto che l’uomo fosse ancora in vita, sia che fossero false le dichiarazioni
dell’avvocato dello stesso sulla sua presunta morte.
Da questo episodio emerge con chiarezza che la funzione principale che gli accertamenti
sulla persona hanno, altro non è che quella di identificazione: è stato grazie all’esame del
DNAinfatti, come detto, che si svelarono tutti i dubbi sulla morte o meno di Provenzano.
Identificare un soggetto assume in diritto un significato preciso, perché è condizione che
diventa imprescindibile per l’applicazione della legge, formalmente
siconcretizzanellaconstatazionedei caratteri che contraddistinguono una persona dall’altra.
A livello sostanziale, nel diritto penale l’identificazione permette di attribuire una relazione
3
Archivio La Repubblica, Aprile 2006, in www.repubblica.it.
Gli accertamenti sulla persona nel processo penale
15
tra l’individuo e il reato commesso. Nel corso della storia l’identificazione dell’individuo
era realizzata con diverse tecniche. In Francia per tutto il XVII secolo era uso corrente
apporre sulle carni del condannato marchi a fuoco, tale metodo barbarico fu poi utilizzato
secoli dopo nei campi di concentramento nazisti. In alternativa a questi metodi così
invasivi, l’unico modo su cui si basò l’identificazione per anni fu il semplice
riconoscimento del soggetto da parte dell’investigatore.
A fine dell’ottocento, grazie agli studi di Lombroso si tentò di associare determinate
caratteristiche biologiche al comportamento del criminale, in altre parole colui che
delinqueva era caratterizzato da ben precisi tratti somatici. Con la nascita della fotografia si
ebbero i primi impieghi delle foto segnaletiche che permettevano di effettuare dei veri e
propri ritratti dei presunti criminali. Un impulso all’investigazione criminale si ebbe grazie
al medico francese Alphonse Bertillon, che ideò il sistema noto come antropometria, che
consisteva nellarivelazione diundici misure corporee che venivanopoi associatead
unsegnalamento fotografico. Un punto di svolta, in tema di identificazione, fu
rappresentato dallo studio delle impronte digitali, ossia delle creste cutanee papillari.
4
Nel
1888 il cugino di Darwin, Sir Francis Galton, riuscì a suddividere le impronte digitali in
quattro tipi fondamentali, lo si può considerare così come il massimo teorico della
dattiloscopia.
5
In Italia il sistema dattiloscopico si deve all’opera di un funzionario di
polizia, Gasti, il quale classificò le improntetramitesimboli numerici, dallo zero al nove, e
permise l’apertura del servizio di segnalamento e identificazione nel 1906.
Oggi il metodo identificativo tramite lo studio delle improntedigitali è accettato in tutto il
mondo, sono inoltre attivi sistemi automatici di lettura delle impronte ma anche di
archiviazione, come l’A.F.I.S.
6
che permette ricerche in tempi rapidi. Con l’evoluzione
4
In realtà, si tratta di un metodo molto antico che era già in uso presso i Cinesi che solevano firmare i
contratti con l’apposizione dell’impronta di un dito della propria mano, ma in Europa tale metodo si sviluppò
più tardi, circa alla fine dell’ottocento.
5
Si deve ricordare che prima di Sir Francis Galton gli studi sulle impronte digitali furono realizzati da Jan
Evangelista Purkynè, il quale suddivise in gruppi le linee delle creste papillari.
6
Dall’inglese: “Automated Fingerprint Identification System”
La disciplina generale degli accertamenti sulla persona
16
delle analisi biologiche
7
si ebbe poi un’ulteriore svolta nella identificazione, la figura del
biologo divenne di fondamentale importanza anche per gli studi forensi, i quali se ne
avvaloravano soprattutto per la ricerca della paternità. Nel 1944, grazie ad Avery e ai suoi
collaboratori, si riuscì a dimostrare che ilDNAaltrononè che materiale genetico e dunque le
analisi relative ad esso possono risultare utili nella identificazione del soggetto.
Si svilupparono così diverse tecniche, tra le quali quella che ebbe più successo fu la tecnica
del fingerprint, consistente nella creazione di un database di profili di DNA realizzato
tramite un computer che permetteva ricerche automatiche. La vera svolta però si ebbe con
la ideazione della Polymerace Chain Reaction, o reazione a catena della polimerasi, che
permise la produzione in vitro di un numero abbastanza elevato di copie del DNA
diindividui, a partire anche da singole cellule costituite da tracce di saliva, macchie di
sangue, o capelli. Tale scoperta risultò di fondamentale importanza per le indagini
compiute dalla polizia e degli investigatori, che si avvalsero così di una fonte molto più
sicura rispetto ai metodi utilizzati in precedenza. Si può ricordare che proprio tale metodo
fu utilizzato nel noto episodio di cronaca che vide coinvolto,comesospettatoper l’uccisione
della propria moglie, l’ex giocatore di football O.J. Simpson
8
.
La storia della genetica forense in Italia si affermò grazie ad un gruppo di ricercatori
dell’istituto di medicina legale che studiarono i polimorfismi cromosomici,e permisero
l’applicazione della stessa in ognicaso di identificazione, tramite l’analisi di tracce in
maniera rapida
9
. Risulta evidente come l’attività di indagine scientifica fornisca un aiuto
decisivo e determinante per la individuazione di caratteri dei singoli individui durante la
fase delle indagini preliminari, ma anche in quella procedimentale destinata alla ricerca
della prova.
7
L’analisi del primo polimorfismo relativo al sangue umano si deve a Karl Landsteiner nel 1900.
8
C. Lucarelli, M. Picozzi, Scena del crimine. Storie di delitti efferati e di investigazioni difensive,
Mondadori, 2006.
9
Tra i ricercatori si ricordano: Cortivo, Domenici e Bargagna che fondarono il G.E.F.I, ossia il gruppo degli
ematologi forensi italiani.
Gli accertamenti sulla persona nel processo penale
17
Attualmente si possono distinguere due concetti di identificazione:
1) identificazione preventiva
2) identificazione giudiziaria
La prima accezione, regolata dall’art. 4 del Testo unico delle leggi di pubblicasicurezza,
attribuisce alla polizia il potere, ma anche il dovere, di procedere alla individuazione di
tutte quelle persone che sono sospette, pericolose e perciò potrebbero ledere l’ordine
pubblico.
La seconda, a differenza della prima, è applicata solo dopo che vi sia stata la commissione
di un crimine, consente al giudice e alla polizia di poter acquisire le generalità della
persona indagata e degli eventualitestimoni.Essapuòessersvoltain diversi modi, che vanno
dalla semplice descrizione delle caratteristiche fisiche del soggetto, alla raccolta delle
impronte digitali (considerate mezzo identificativo per eccellenza), al prelievo di materiale
biologico che comporta l’analisi del DNA e dunque una identificazione certa del soggetto.
Si deve poi ricordare che tutti questi tipi di accertamento possono esser compiuti
direttamente sul corpo della persona, o su materiale biologico distaccato dalla stessa, come
ad es. nel caso di Bernardo Provenzano dove, come detto, le analisi per l’identificazione
sono state svolte sul campione del DNA conservato in ospedale. In entrambi i casi però è
sempre la sfera personale che subisce delle invasioni.Un’altra funzione che si può
attribuire agli accertamenti compiuti sulla persona, e che si riallaccia alla precedente già
esposta, permette di verificare nel concreto se quanto affermato da un determinato soggetto
possa corrispondere al vero. Tale funzione fa sì, in sostanza, che si possa verificare se la
realtà rappresentata dal soggetto possa essere, secondo un giudizio di possibilità, quella
effettiva. Per meglio comprendere si pensi al caso di una presunta vittima di violenza
sessuale che accusi un determinato individuo. In seguito alla ispezione compiuta dal
medico, potrebbero non riscontrarsi tracce di violenza e dunque la stessa violenza potrebbe
non esser avvenuta. Questo permetterebbe al soggetto di non esser accusato ingiustamente,
dunque si può dire che gli accertamenti sulla persona, nonsolo permettono di individuareil
presunto colpevole di un determinato reato, ma permettono anche di tutelare, e in molti
La disciplina generale degli accertamenti sulla persona
18
casi scagionare, coloro che potrebbero esser ingiustamente accusati di aver compiuto dei
reati.Ancora, in modo più generico,si può affermare che la maggior parte degli
accertamenti sulla persona hanno in sé la funzione di ricerca della prova, questa è molto
evidente in alcuni di essi, quali ad esempio le perquisizioni che permettono di ricercare sul
soggetto il corpo delreato,le tracce o cose che siano comunque pertinenti allo stesso reato.
In altri accertamenti ciò risulta meno evidente, come nel caso di quelli volti ad identificare
un determinato soggetto: identificare un soggetto che risulti presente sulla scena del
crimine non significa necessariamente aver individuato il colpevole. In ogni caso però,
qualunque siala funzione attribuita al singolo accertamento, sievince con chiarezza che
comune a tutti essi è il significativo contributo che gli accertamenti sulla persona danno
alle esigenze di certezza del processo penale, permettendo di arrivare se non alla verità
quantomeno in prossimità di essa.
Gli accertamenti sulla persona nel processo penale
19
3 L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale: dalla
sentenza n° 30 del 1962 alla sentenza n° 238 del 1996.
Gliaccertamentisulla persona, come detto, hanno come oggetto il corpo dell’uomo e
diventa perciò esigenza fondamentale la tutela dello stesso, in virtù della invasività che
questi comportano. Il contrasto con i diritti Costituzionali è stato in passato, edè tuttora, il
problemaprincipale che il legislatore si è posto, cercando di trovare una soluzione che
potesse bilanciare gli interessi contrastanti, ovvero da una parte le esigenze di certezza del
processo penale e dall’altra la tutela dei diritti dell’individuo quali la libertà, la
riservatezza, la privacy ecc…
La Corte Costituzionale si è trovata più volte, a partire dal 1962, a doversi pronunciare per
bilanciare le contrapposte esigenze creando delle linee guida alle quali la polizia
giudiziaria, il PM, ma anche lo stesso giudice dovrebbero attenersi per non violare i diritti
del singolo. Tali orientamenti hanno suscitato su più fronti diverse polemiche e dubbi,
risulta perciò necessario procedere alla analisi delle sentenze principali emanate nel corso
degli anni dal Giudice delle Leggi in tema di accertamenti sulla persona.
La prima rilevante sentenza risulta la n° 30 del 1962
10
, questa riguardava un procedimento
penale a carico di uomo, Salvatore Ciciriello, condannato dal tribunale di Busto Arsizio a
scontare una pena detentiva di 15 giorni per aver violato gli articoli 4 e 17 del Testo unico
sulle leggi di pubblica sicurezza. L’uomo si era rifiutato di sottoporsi ai rilievi segnaletici,
pur essendo persona pericolosa ai sensi dello stesso t.u.l.p.s. e nonostante fosse già stato
segnalato come persona diffidata dal Questore. Contro tale sentenza il signor Ciciriello
ricorreva in appello e segnalava l’incostituzionalità dell’art. 4 del t.u.l.p.s., in relazione al
contrasto con l’art. 13 della Costituzione, in quanto i rilievi segnaletici, a detta dello stesso,
10
Corte Costituzionale, 27 marzo 1962, sentenza n°30, in Giurisprudenza Costituzionale, 1962, p. 241 ss,
con nota di R. G. De Franco.
La disciplina generale degli accertamenti sulla persona
20
tendevano ad attuare una limitazione della libertà del soggetto che non poteva esser
disposta senza la preventiva autorizzazione della Autorità Giudiziaria.
Il Tribunale di Busto Arsizio, ritenendo la questione non manifestamente infondata, la
rimise alla Corte Costituzionale. Quest’ultima, preliminarmente, chiarì che le disposizioni
contenute nel t.u.l.p.s hanno come destinatari le Forze di Polizia, nello svolgimento dei
compiti istituzionali affidati di prevenzione e tutela della sicurezza pubblica, e non la
Polizia Giudiziaria. Dalla analisi del testo dell’art 4, la Corte non ne dedusse inizialmente
la illegittimità in relazione all’art 13 della Costituzione, ma dichiarò di voler comunque
proseguire per meglio specificare i contenuti dello stesso articolo
11
. Seppure tali contenuti
venissero già specificati all’art. 7 dello stesso, che considerava come rilievi segnaletici
quelli descrittivi, fotografici e antropometrici, la Corte affermava che a volte questi
stessirilievi comportanoattività di indagini complesse, che potrebbero incidere sulla libertà
dell’individuo. In considerazione di ciò i giudici di legittimità effettuavano una importante
distinzione tra rilievi segnaletici, definiti come esteriori, e rilievi interiori, quali le ispezioni
personali. I primi, a detta della Corte, non comportavano una limitazione della libertà
dell’individuo ed erano intesi come forme di prestazioni imposte per esigenze di giustizia e
di prevenzione dei reati, in virtù della considerazione che il t.u.l.p.s si poneva, e si pone
tuttora, come obiettivo principale la tutela della sicurezza pubblica, tra questi la Corte
annoverava i rilievi dattiloscopici e più in generale tutti quelli compiuti su parti del corpo
esposte alla vistaaltrui.Perquantoriguardaisecondi,invece,la Corte li ritenne come
suscettibili di incidere sulla libertà sia morale che fisica dell’individuo, e in virtù di ciò ne
dichiarava il contrasto con l’art. 13 della Costituzione. In questi venivano espressamente
incluse dalla Corte le ispezioni. Tra i rilievi esteriori la Corte annoverava invece, come
prototipo di misura che non limitava la libertà dell’individuo, i rilievi dattiloscopici.
11
Già nel 1956 con la sentenza n° 2, La Corte aveva negato che l’art. 13 prevedesse una illimitata libertà
personale e aveva ravvisato l’incostituzionalità dell’art. 157 del t.u.l.p.s nella parte in cui prevedeva il
rimpatrio senza espressa pronuncia giudiziale. Altro contributo notevole alla individuazione dell’oggetto
dell’art. 13 si ebbe con la sentenza n° 11 del 1956 con la quale la Corte ravvisò l’incostituzionalità dell’intero
istituto dell’ammonizione, previsto dagli art. 164-176 del t.u.l.p.s.
Gli accertamenti sulla persona nel processo penale
21
Secondo quanto disposto in questa sentenza, tutte quelle misure che comportano una
momentanea immobilizzazione della persona per eventualmente fotografarla, o che
richiedono una coercizione per fissarne le impronte digitali, o che determinano la
misurazione dell’aspetto fisico su parti del corpo esposte alla vista altrui, non sono lesive
della libertà personale
12
. Questo orientamento è stato poi accolto anche successivamente
dalla dottrina all’epoca maggioritaria, la quale riteneva che i rilievi segnaletici, ossia
descrittivi, antropometrici, fotografici e dattiloscopici, non comportassero coercizione della
libertà. Inoltre va ricordato che, sempre nella sentenza n° 30 del 1962, la Corte parlò non
solo di libertà fisica ma anche di libertà morale
13
;questa si concretizzava
nell’assoggettamento della persona al potere altrui e,nel caso specifico,
nell’assoggettamento al potere della polizia giudiziaria. Dunque l’art. 4, non distinguendo
tra rilievi esteriori ed interiori effettuati sul corpo della persona, veniva considerato
illegittimo soltanto nella parte in cui ammetteva le ispezioni. In seconda battuta, i giudici
costituzionali hanno poi precisato che la limitazione della libertà fisica e morale della
persona, più che dalla durata della misura, è data dalla invasività della stessa. Bisogna poi
considerare che la stessa Corte Costituzionale affermava che la propria pronuncia non
poteva esser considerata come definitiva e affidava in conclusione al legislatore il compito
di specificare, in relazione ai singoli casi, quali accertamenti sul corpo della persona
dovevano ritenersi limitativi della libertà morale e fisica, in relazione alle evoluzioni
sociali nonché legislative.
Nel 1986 la Corte Costituzionale, con la sentenza n° 54, ribadì l’intangibilità dei medesimi
valori ricordati nella sentenza precedente, ma pervenne ad una pronuncia di contenuto
opposto
14
. Il giudizio di legittimità, relativo agli articoli 146, 314, e 317 del codice di
12
V. Andrioli., Libertà processuale e rilievi segnaletici, in diritto penale e processo, 1996, p. 541 s.
13
V. Crisafulli; L. Paladin , Art 13, in Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, p 80. Per quanto
concerne la libertà fisica la Corte fa riferimento ad un principio già affermato in precedenti sentenze come la
sentenza n° 2 del 1956, in Giur. Cost., 1956, p. 361 e la sentenza n° 49 del 1959, in Giur. Cost., 1959, p. 778,
nelle quali si richiama il principio del cd. “writ of habeas corpus” e cioè la libertà dagli arresti. Mentre la
libertà morale è intesa come libertà dalla soggezione all’altrui potere.
14
Sentenza n° 54/1986, in Giurisprudenza Costituzionale, 1986, p.387 ss.
La disciplina generale degli accertamenti sulla persona
22
procedura penale all’epoca vigente, era stato proposto nell’ambito di un procedimento
penale presso il tribunale di Torino a carico del signor Lucci. L’uomo era stato accusato di
falsità nel riconoscimento della paternità di un minore. Nel corso del processo il giudice
aveva disposto la perizia medico-legale per accertarelaveridicitàdelledichiarazioni rese
dall’uomo tramite un esame medico relativo al padre, alla madre e allo stesso figlio.
L’imputato però si era rifiutato di sottoporsi al prelievo ematico e affermava la
incostituzionalità degli articoli del codice di procedura penale elencati sopra, in relazione
agli art. 13 e 24 della nostra Costituzione. La Corte Costituzionale, nel pronunciarsi,
ribadiva i principi già esposti nella sentenza del 1962, ma addiveniva ad una soluzione per
certi versi opposta. La questione si era già presentata in sede civile con riferimento ai
giudizi di filiazione legittima e naturale, in tale sede si è ricondotto il potere del giudice di
ordinare il prelievo ematologico all’art. 118 del codice di procedura civile
15
. Nell’ambito
del processo civile non si prevede però l’esecuzione coattiva del prelievo, ma dal possibile
rifiuto il giudice può trarne argomenti di prova. Nel campo penale invece il problema si è
posto con termini diversi proprio perché, nel caso di opposizione del periziando, il
magistrato procedente potrà disporre il prelievo coattivamente anche tramite il ricorso
all’aiuto della forza pubblica.
16
In questo caso la Corte chiarì che il giudice, nell’esercizio dei suoi poteri dispositivi, è
soggetto a limiti che si ritrovano nella Costituzione e nei principi fondamentali
dell’ordinamento. Egli non può attuare mezzi istruttori che mettano in pericolo la vita, la
salute e l’incolumità del soggetto, in quanto questi sono lesivi della dignità dell’individuo
15
L’art. 118 infatti dispone: “Il giudice può ordinare alle parti e ai terzi di consentire sulla loro persona o
sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiano indispensabili per conoscere i fatti della causa, purché
ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare uno dei
segreti previsti negli articoli 351 e 352 del codice di procedura penale. Se la parte rifiuta di eseguire tale
ordine senza giusto motivo, il giudice può da questo rifiuto desumere argomenti di prova a norma
dell’articolo 116, secondo comma.”
16
L’art. 317 del c.p.p dispone infatti che:“in ogni caso il giudice provvede con le disposizioni che reputa
convenienti, a rendere possibili le indagini del perito” e a norma dell’art. 146: “ogni giudice nell’esercizio
delle sue funzioni può chiedere l’intervento della forza pubblica e può prescrivere tutto ciò che è
necessarioper il sicuro e ordinato compimento degli atti ai quali si procede.”
Gli accertamenti sulla persona nel processo penale
23
poiché in contrasto con i diritti fondamentali sanciti dall’art. 2 della Costituzione. Allo
stesso modo il giudice non potrebbe metter in pericolo la vita del soggetto per pervenire
alla violazione di un altro importante diritto fondamentale del soggetto, quale la salute,
sancito dall’art 32 sempre della Costituzione. Per quanto riguarda il diritto alla libertà
personale, evidenziato dall’art. 13 della Costituzione, la Corte affermò nella sentenza che
questo deve esser sempre tutelato dal giudice, e che anzi lo stesso giudice si pone come
garanzia del diritto e dunque della persona.
La tutela della libertà personale e morale va però letta in ottica diversa nel momento in cui
ci si trova di fronte alla instaurazione di un’azione penale. La soluzione per bilanciare il
diritto di libertà e le esigenze del processo penale venne ravvisata dalla Corte nello stesso
secondo comma dell’art. 13, il quale consente la detenzione del soggetto e “qualsiasi altra
restrizione della libertà personale” qualora questa sia autorizzata dalla autorità giudiziaria,
con atto motivato e nei soli casi previsti dalla legge. Proprio le ragioni che concernono la
corretta amministrazione della giustizia penale e l’accertamento della verità, perlomeno di
quella processuale, rientrano nei casi in cui la libertà della persona può esser limitata, in
quanto tali situazioni sono previste dalla legge. Successivamente la Corte Costituzionale
formulò il proprio orientamento, nello specifico per quanto riguarda il prelievo ematico.
Essa considera il prelievo come atto non lesivo della libertà del soggetto, né come atto che
possa metter a repentaglio la vita, tranne nei casi di determinate patologie, questo
ovviamente deve esser effettuato solo nel caso in cui vi sia l’autorizzazione del giudice
17
.
In relazione poi alla violazione del diritto alla difesa sancita nell’art. 24, la Corte ritenne la
questione infondata, chiarendo che il diritto alla difesa verrebbe violato solo nel momento
in cui all’imputato si richieda un comportamento attivo e non, invece, nel momento in cui
17
Mastropaolo,Prelievi del sangue a scopo probatorio e poteri del giudice, in Riv. med. leg., 1987, p. 1081
ss; Mazzacuva-Pappalardo, Prelievo ematico coattivo e accertamento della verità: spunti problematici, in
Giust. pen., 1986, p. 165 ss; Ferraro, Il prelievo ematico coattivo e la violenza lecita, in Cass. pen., 1986,
p.868 ss.
La disciplina generale degli accertamenti sulla persona
24
questo sia solo soggetto passivo degli accertamenti, come appunto nel caso del prelievo
ematico
18
.
Dunque la Corte nel 1986 non ravvisò l’incostituzionalità degli art. 314, 317 e 147 né in
relazione all’art. 13, né all’art. 24 della Costituzione. Come si evince dalla pronuncia in
esame, rispetto alla precedente decisione del 1962 il prelievo ematico non è annoverato tra
gli atti limitativi della libertà, ma anzi è considerato come perizia medico-legale di
ordinaria amministrazione da effettuarsi anche nel caso in cui l’imputato sia
dissenziente.Si può, perciò, concludere che l’orientamento della Corte Costituzionale si sia
formato in ordine ai rilievi che non ledono la libertà del soggetto e più in generale i diritti
fondamentali sanciti nell’art. 2 del testo Costituzionale, con una pronuncia dunque
nettamente diversa rispetto alla prima sentenza, che invece avrebbe ben considerato anche
il prelievo ematico come accertamento lesivo della libertà, in quanto invasivo. In essa la
Corte sancisce la superiorità delle esigenze processuali rispetto alla libertà del
soggetto,chepuò essercoercibile nelmomento in cui si debba accertarela
verità.Considerando il prelievo ematico come atto di ordinaria amministrazione, non lesivo
della salute né della libertà della persona, il giudice di legittimità dimentica, invero, la
invasività intrinseca del prelievo ematico: tale aspetto verrà analizzato e definito negli anni
successivi con una ulteriore pronuncia della stessa Corte, ma in senso opposto.
A distanza di dieci anni, nel 1996, la Corte Costituzionale si trova, infatti, a dibattere
nuovamente sul tema degli accertamenti effettuati sul corpo della persona, decidendo la
materia sottoposta alla sua attenzione con la sentenza n° 238. Il giudizio riguardava la
questione di legittimità dell’art.224, comma 2 del codice di procedura penale (1989) in
riferimento agli art. 3 e 13 della Costituzione.
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A tal proposito rileva la distinzione sancita in dottrina relativamente all’imputato considerato come organo
di prova e all’imputato considerato invece come oggetto di prova nel procedimento penale. Per quanto
riguarda la prima accezione, l’imputato deve essere inteso come soggetto attivo che rende dichiarazioni sul
fatto e in quanto tale egli ha il diritto di collaborare ma anche di non collaborare non potendo esser esposto a
coercizione. Nella seconda accezione, invece, il diritto di non collaborare non può esser richiamato e anzi lo
stesso imputato è soggetto agli atti di accertamento sul proprio corpo purchéquestisianodisciplinatidallalegge.