4
Le Commissioni per la verità nella realtà sudamericana: come sono nate, in
cosa consistono, quale ruolo hanno svolto, e che utilità possono avere anche in
prospettiva futura; sono questi gli argomenti posti al centro della trattazione.
Prima di descrivere obiettivi e contenuti dell’elaborato, è necessario introdurre un
paio di questioni preliminari sulla scelta dell’argomento. Innanzitutto, è
essenziale definire che le Commissioni per la verità esaminate sono state uno
strumento creato per dare un contributo nel processo di superamento della
particolare e risaputa situazione che visse il Sudamerica fra gli anni sessanta e
ottanta (e nel caso peruviano, anche novanta) del secolo appena trascorso. È
interessante approfondire la questione per via del fatto che tali strumenti hanno
svolto un utile lavoro entro la fragile cornice della riconciliazione nazionale. In
secondo luogo, occorre spiegare per quale motivo la scelta sia ricaduta sui
seguenti tre casi specifici: la Comisión Nacional sobre la Desaparición de
Personas argentina, la Comisión Nacional de Verdad y Reconciliación cilena, la
Comisión de la Verdad y de la Reconciliación peruviana. Le Commissioni per la
verità sono state istituite anche in altri Paesi, tuttavia la preferenza è ricaduta su
queste tre situazioni a causa del fatto che sono quelle più significative, e anche
perché la loro distanza temporale (la prima è del 1983, la seconda del 1990 e la
terza del 2001) permette delle analisi in “senso evolutivo”. Per esempio, non è
stato preso in considerazione il caso brasiliano poiché troppo recente, visto che la
Commissione per la verità brasiliana è stata istituita soltanto verso la fine del
2011 e i lavori sono ancora in corso. I casi del Guatemala e di El Salvador sono
invece stati ignorati per via della loro appartenenza al contesto centroamericano,
che è differente rispetto a quello sudamericano.
Passiamo a chiarire lo scopo dell’elaborato. Il primo obiettivo è stato quello
di documentare l’operato delle tre Commissioni e di analizzare il ruolo che esse
hanno svolto, restando sempre ben ancorato alle peculiarità del singolo Paese in
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
5
questione. In secondo luogo, ho cercato d’integrare il primo obiettivo con gli
strumenti della giustizia internazionale, specie con quelli interamericani (la
Commissione interamericana sui diritti umani, e la Corte interamericana sui
diritti umani) e con il principio della giurisdizione universale.
Tutto ciò è stato fatto per cercare di valorizzare uno strumento politico non
adeguatamente conosciuto e considerato, che andrebbe ancora perfezionato.
Il titolo dell’elaborato richiama i tre concetti di memoria, giustizia e
riconciliazione. La memoria si ricollega al valore indispensabile che viene
assegnato alla “verità” (o meglio, al chiarimento dei drammatici eventi realmente
accaduti); c’è il rifiuto dell’oblio e del silenzio, e l’esaltazione del ricordo e della
memoria. La giustizia è un valore ritenuto di fondamentale importanza, ma che
crea anche problematiche non indifferenti. Le Commissioni per la verità, pur non
essendo dotate di funzioni giudiziarie, gli attribuiscono comunque un ruolo
centrale nel processo di riappacificazione. Infine, la riconciliazione è allo stesso
tempo base indispensabile e obiettivo primario da raggiungere; le Commissioni si
pongono come scopo principale proprio il favorire la riconciliazione nazionale.
La trattazione è stata suddivisa in cinque capitoli. Nel primo si compie una
sintetica e mirata ricostruzione dei progressi della giustizia internazionale, sia in
ambito mondiale, sia in quello interamericano. Ciò è fondamentale per dare un
quadro di riferimento e per introdurre questioni che saranno poi sviluppate nei
capitoli successivi. La giustizia internazionale e le Commissioni per la verità
sono sì strumenti molto differenti, ma possono completarsi vicendevolmente. I
tre capitoli centrali sono dedicati all’analisi specifica delle tre Commissioni
esaminate. S’inizia sempre con una puntuale ricostruzione storica, riferita al
singolo Paese analizzato, di modo tale da presentare gli accadimenti che
portarono alla decisione di creare una Commissione per la verità. In seguito, si
analizza il rapporto finale frutto del lavoro svolto da quest’ultima, tenendo in
considerazione che sono resoconti estremamente corposi (nel caso peruviano
sono ben nove volumi) e quindi l’analisi sarà necessariamente sintetica e mirata.
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
6
Infine, sono prese in considerazione le risposte istituzionali seguenti alla
pubblicazione dei suddetti rapporti finali, i quali contengono delle
raccomandazioni non vincolanti. L’ultimo capitolo è focalizzato
sull’individuazione di quegli elementi comuni alle tre Commissioni che ne fanno
degli utili strumenti adatti a dare il proprio contributo nel processo di
superamento di un difficile passato, entro l’onnipresente cornice della
riconciliazione nazionale.
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
7
1.1 UN'IDEA ANTICA
L'idea di una giustizia internazionale non è un concetto nato
successivamente alla seconda guerra mondiale, e tracce di questo fenomeno si
possono rinvenire molto più indietro nel corso della storia. Certamente c'è stata
un'accelerazione del processo dalla seconda metà del XX secolo a oggi, tuttavia
questa idea ha accompagnato la storia dei popoli anche in tempi meno recenti e
già le civiltà antiche si erano poste il problema di come agire per evitare abusi ed
eccessi ingiustificati durante la guerra.
Durante il Medioevo, più precisamente nel 1474
1
, si ebbe il caso del
cavaliere Peter von Hagenbach, comandante delle truppe di Carlo il Temerario,
duca di Borgogna. Von Hagenbach venne processato e condannato a morte da un
tribunale ad hoc istituito dalle potenze vincitrici per crimini contro le "leggi di
Dio e degli uomini"
2
. Successivamente, specie durante il XVIII e XIX secolo,
videro la luce vari codici militari nazionali, il cui scopo era di limitare e
regolamentare la condotta di guerra
3
. Il codice Lieber, approvato dal presidente
Lincoln il 4 aprile 1863
4
, fu uno di questi. Esso codificava in circa 150 articoli le
norme di comportamento da tenere durante la condotta di guerra e non a caso
l'approvazione del codice avvenne nel bel mezzo della guerra civile americana.
Infine, dalla seconda metà del XIX secolo s’iniziarono ad elaborare a riguardo
varie convenzioni a livello internazionale, che si andarono ad affiancare alle già
1
http://en.wikipedia.org/wiki/Peter_von_Hagenbach
2
G. Illuminati, L. Stortoni, M. Virgilio (a cura di), Crimini internazionali tra diritto e giustizia. Dai
Tribunali Internazionali alle Commissioni Verità e Riconciliazione, Torino, 2000, G. Giappichelli editore,
p. 3.
3
Si parla in tal senso di ius in bello, che consiste in quelle regole di comportamento da seguire durante la
guerra per tutelare i non belligeranti (civili, prigionieri di guerra, feriti…) e per regolare la condotta di
guerra stessa.
4
http://it.wikipedia.org/wiki/Codice_Lieber
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
8
esistenti norme di carattere consuetudinario e che costituiranno le basi dell'attuale
diritto internazionale umanitario
5
.
Fino alla prima guerra mondiale era universalmente accettata e condivisa
l'idea per cui i belligeranti potessero reprimere e condannare le violazioni
soltanto durante il periodo di guerra. Nel momento stesso in cui si dichiaravano
cessate le ostilità, si riteneva più giusto e più utile concedere un perdono
generale, un'amnistia, per tutte le parti in causa, con l'obiettivo di un ritorno più
semplice e veloce a uno stato di pace. Questa concezione inizia a mutare dopo la
fine della Grande Guerra; a riguardo sono emblematici alcuni passaggi del
Trattato di pace di Versailles:
Art. 227: le potenze alleate avrebbero <<pubblicamente sottoposto a giudizio
Guglielmo II di Honenzollern, già imperatore di Germania, per un supremo
crimine contro la moralità internazionale e la santità dei trattati>>
6
, crimine
consistente nell'aver dichiarato una guerra di aggressione.
Art. 228: <<Il Governo tedesco riconosce alle potenze alleate e associate
l'autorità di tradurre dinnanzi ai loro tribunali militari le persone accusate di aver
commesso atti contrari alle leggi e ai costumi di guerra>>
7
.
Art. 229: <<Gli autori di atti contro i sudditi di una delle potenze alleate e
associate saranno tradotti dinnanzi ai tribunali di questa potenza>>
8
.
Anche il trattato di Sèvres, concluso con la Turchia, si mosse in questo
senso con l'attribuzione alle potenze alleate del diritto di giudicare i responsabili
dei massacri compiuti contro gli Armeni durante il periodo di guerra nei territori
dell'Impero Turco.
Tuttavia, queste disposizioni non trovarono applicazione. Guglielmo II si
esiliò in Olanda, la quale non concesse mai l'estradizione; gli alleati non
5
Esso riguarda lo ius in bello e non lo ius ad bellum. Quest’ultimo definisce dei parametri per la “guerra
giusta” e si focalizza sulle ragioni che stanno alla base dell’entrata in guerra di uno Stato.
6
G. Illuminati, L. Stortoni, M. Virgilio (a cura di), op. cit., p.4.
7
http://cronologia.leonardo.it/document/parigi/germ49.htm
8
Ibidem.
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
9
giudicarono i cittadini tedeschi accusati di violazioni delle leggi e degli usi di
guerra; il trattato di Sèvres non entrò in vigore e il successivo trattato di Losanna
non contemplò più l'attribuzione citata sopra. Anche se dagli esiti pressoché nulli,
quelle disposizioni sono comunque i primi frutti del mutamento di concezione
che era in corso d'opera e che vedrà il proprio sviluppo, seppur difficoltoso e non
lineare, nei decenni successivi.
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
10
1.2 GLI SVILUPPI RECENTI
1.2.1 NORIMBERGA E TOKIO
<<La punizione di questi crimini deve ormai costituire uno degli obiettivi
principali della guerra>>
9
.
Questo fu ciò che dichiarò Churchill alla Camera dei comuni nell'ottobre
del 1942, a guerra ancora in corso. La concezione secondo cui è necessario
evitare l'amnistia per favorire la pace ricevette un nuovo impulso e l'istituzione
dei due Tribunali militari internazionali di Norimberga e Tokio avvenne con il
preciso scopo di evitare l'impunità per i crimini commessi durante la II guerra
mondiale.
Tuttavia non si può parlare propriamente di tribunali internazionali per
almeno due motivi di fondamentale importanza:
1) Entrambi vennero creati dalle sole potenze uscite vincitrici dalla guerra. Il
Tribunale di Norimberga dall'accordo di Londra dell'agosto 1945 tra Francia,
Regno Unito, Stati Uniti e Unione Sovietica. Il Tribunale di Tokio da una
decisione unilaterale del gennaio 1946 ad opera del comandante supremo delle
potenze alleate, generale Mac Arthur.
2) I tribunali avrebbero giudicato solo individui appartenenti alle potenze uscite
sconfitte dal conflitto.
Non si può quindi parlare né di tribunale internazionale né di giurisdizione
universale, ma piuttosto di strumenti creati dai vincitori per punire i gravi crimini
commessi dalle potenze uscite sconfitte. A Norimberga si contarono ventidue
accusati, dodici dei quali condannati a morte e tre all'ergastolo. A Tokyo ventotto
accusati, sette dei quali condannati a morte e sedici all'ergastolo
10
.
9
A.Garapon, Crimini che non si possono né punire né perdonare. L’emergere di una giustizia
internazionale, Bologna, 2004, il Mulino, p. 15.
10
http://it.wikipedia.org/wiki/Processo_di_Tokyo
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
11
Successivamente, si ebbero altre sentenze per i crimini di guerra commessi dai
tedeschi:
Circa 300 condanne a morte da parte dei tribunali USA.
240 condanne a morte da parte dei tribunali inglesi.
104 condanne a morte da parte dei tribunali francesi.
Almeno 700.000 tedeschi internati e poi scomparsi nei Gulag sovietici
11
.
Molte di queste pene saranno poi mitigate in appello e talvolta anche
sottoposte a grazia.
Ai due Tribunali di Norimberga e Tokyo fu assegnata competenza per tre
tipologie di crimini:
1) Crimini contro la pace. <<…progettare, preparare, scatenare o perseguire una
guerra di aggressione o una guerra condotta in violazione dei trattati, accordi o
patti internazionali>>
12
.
2) Crimini di guerra. Consistenti nella violazione delle leggi e delle usanze di
guerra.
3) Crimini contro l'umanità. <<…l'uccisione, lo sterminio, la riduzione in
schiavitù, la deportazione o qualsiasi altro atto disumano commesso ai danni di
qualsiasi popolazione civile>>
13
.
I crimini contro la pace e quelli contro l'umanità vennero individuati come
fattispecie incriminanti proprio per lo svolgimento dei processi, prima non erano
penalmente perseguibili (primo caso) oppure erano addirittura inesistenti
(secondo caso). Si sarebbe quindi violato uno dei principi fondamentali del
diritto penale, "nullum crimen sine lege"
14
, e per evitare ciò si precisò che tali
crimini per essere perseguibili dovevano essere in connessione con i crimini di
11
Q. Helmut, Giustizia politica. Le amnistie nella storia, Milano, 1995, Giuffre, pp 105 e ss.
12
A. Garapon, op. cit., p. 16.
13
Ibidem.
14
Massima fondamentale del diritto moderno fondata sull'assunto che non può mai esservi un reato (e di
conseguenza una pena) in assenza di una legge penale preesistente che proibisca quel comportamento.
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
12
guerra (gli unici preesistenti). Tali connessioni furono per lo meno contorte e
laboriose.
Norimberga, con i suoi notevoli limiti, divenne comunque un precedente
importante. Nei decenni successivi i giuristi lavorarono per migliorare e far
sviluppare il diritto internazionale, nonostante il nuovo contesto della guerra
fredda che spesso limitò e condizionò tali sviluppi. Per i crimini di guerra
vennero adottate le quattro Convenzioni di Ginevra nel 1949 e i due Protocolli
aggiuntivi nel 1977. Per i crimini contro l'umanità ci fu la codificazione del
crimine di genocidio, con la Convenzione del 1948. Infine, si afferma il principio
della giurisdizione universale, secondo il quale gli Stati hanno l'obbligo o la
facoltà (a seconda dei casi) di esercitare la repressione penale anche senza
legame sociale tra l'autore del crimine e lo Stato stesso. Proprio l'applicazione di
tale principio portò nel 1999 all'arresto, nel Regno Unito, del dittatore cileno
Pinochet su mandato del Governo spagnolo per crimini contro l'umanità. Le
precarie condizioni di salute del dittatore ne impedirono l'estradizione, tuttavia la
sua detenzione in uno Stato straniero per crimini contro l'umanità commessi nel
suo Paese costituisce un'applicazione significativa del principio della
giurisdizione universale.
1.2.2 I TRIBUNALI INTERNAZIONALI AD HOC
Il contesto della guerra fredda ha sicuramente rallentato e influenzato
negativamente lo sviluppo del diritto internazionale, e una nuova "spinta
evolutiva" si ebbe negli anni novanta. Il 1993 e il 1994 videro la creazione di due
tribunali penali internazionali, il primo per l'ex-Jugoslavia (ICTY) e il secondo
per il Ruanda (ICTR). A differenza dei Tribunali di Norimberga e di Tokio
(istituiti dalle sole potenze vincitrici), i due degli anni novanta furono istituiti
dall'ONU, la maggiore organizzazione internazionale esistente. Tuttavia si deve
notare che sono entrambi stati istituiti dal Consiglio di sicurezza dell'ONU,
Giustizia, memoria, riconciliazione. Le "Comisiones para la verdad" in Argentina, Cile, Perù
13
dentro il quale ci sono i cinque membri permanenti con diritto di veto, i quali
altro non sono che le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale.
Le competenze di entrambi i Tribunali sono state ben definite e limitate:
Le competenze del ICTY sono così state definite:
o La competenza s’intende dal 1° gennaio 1991 a una data che "il
Consiglio determinerà quando si sarà ristabilita la pace".
o Essa riguarda tutto il territorio dell’ex-Jugoslavia.
o Essa è limitata ai crimini di guerra e ai crimini contro l'umanità. (sono
quindi esclusi i crimini contro la pace e quindi il crimine di aggressione).
Le competenze del ICTR sono così state definite:
o La competenza si estende dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre dello
stesso anno.
o Essa riguarda tutto il territorio del Ruanda e degli Stati limitrofi (solo in
caso di violazioni perpetrate da cittadini ruandesi).
o Essa è limitata ai crimini di guerra e ai crimini contro l'umanità.
Uno dei più importanti successi ottenuti da questi due Tribunali è di aver
riportato "all'ordine del giorno" la questione della giustizia internazionale. A tal
riguardo, sia l'ICTY che l'ICTR condividono con i loro antecedenti Tribunali di
Norimberga e Tokio un limite pesante per l'attuazione compiuta di una giustizia
internazionale; non sono precostituiti. Dover di volta in volta istituire un
tribunale speciale, ognuno con le proprie regole, non è sicuramente positivo per
perseguire una giustizia internazionale. Soprattutto se tale istituzione segue una
logica "selettiva" (evidentissima nei casi di Norimberga, Tokio e dell'ex-
Jugoslavia) decisa a fatti già accaduti. Ed è proprio questo il secondo limite
fondamentale del sistema dei tribunali ad hoc, la selettività. Tale selettività agisce
su due dimensioni: