7
INTRODUZIONE
In questa tesi ho deciso di occuparmi delle politiche giovanili focalizzando la ricerca da un punto
di vista europeo, analizzando in particolare il programma Youth in Action (YiA) 2007-2013 e
come i suoi obiettivi agiscono nel concreto e costruiscono, talvolta modificano, la percezione
dell’Europa da parte dei giovani europei ma non solo (paesi come la Turchia, ad esempio, non
fanno parte dell’Unione europea – UE, ma sono a tutti gli effetti Paesi partecipanti al
programma).
È stato utilizzato un approccio che si avvale del confronto a differenti livelli profondamente
collegati fra loro: si va infatti dal livello internazionale, a quello europeo, per poi passare al livello
nazionale (analizzando in particolare la situazione in Italia), fino a quello locale, focalizzando
l’attenzione sulla città di Torino.
L’argomento trattato è per me di particolare importanza in quanto, personalmente, oltre a
valutare positivamente il prezioso valore aggiunto che i programmi giovanili europei hanno nei
confronti dell’educazione giovanile, sia a livello formale che non formale, mi trovo attualmente
in Galles a svolgere tale esperienza nell’ambito dell’azione 2 del programma YiA in qualità di
volontaria europea per 11 mesi, con la preziosa opportunità di conoscere tale programma
dall’interno e percepirne gli effetti in prima persona.
Questo lavoro consta di due parti principali: una teorica e una sperimentale. Quest’ultima è il
frutto di interviste che hanno coinvolto le diverse parti interessate dal programma Europeo
Youth in Action: i giovani volontari, ragazzi dai 18 ai 30 anni che hanno deciso di partire per un
periodo minimo di 1 mese sino a 12 mesi per svolgere all’estero, precisamente nei paesi
partecipanti al programma, un servizio di volontariato in un ambito di loro forte interesse. A tali
giovani è stato proposto un questionario articolato che chiedeva loro di raccontare l’esperienza
dai differenti punti di vista: crescita personale, acquisizione di competenze lavorative, significato
di cittadinanza europea e l’interessamento verso l’Europa e le sue istituzioni.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti i ragazzi che hanno dedicato tempo e dedizione alla
compilazione del mio questionario di ricerca. Ho deliberatamente chiesto ai ragazzi di compilare
il questionario nella lingua in cui sentivano di potersi esprimere con maggiore padronanza fra
italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese per permettere loro di esprimersi nella miglior
maniera e il più liberamente possibile.
Ho avuto inoltre la possibilità di condurre ulteriori interviste “face to face” a differenti
personalità che gestiscono “dietro le quinte” una parte del Servizio Volontario Europeo (SVE)
8
all’interno del programma Youth in Action. Tale approccio al tema, attraverso interviste dirette e
compilazione di questionari studiati appositamente, è stato per me molto interessante in quanto
ho potuto avere responsi reali, critiche, opinioni che meglio hanno interpretato le talvolta
“fredde” istruzioni europee e mi hanno permesso di scoprire quanto lavoro viene fatto per i
giovani all’interno del Settore politiche giovanili del Comune di Torino e da parte dell’Agenzia
Nazionale Italiana che ha sede ha Roma. Vorrei ringraziare in particolare la disponibilità e a
gentilezza dimostratami da parte della Dott.ssa Paola Trifoni, coordinatrice del programma YiA e
da parte di Sebastiana Reale, responsabile dell’Ufficio SVE del Comune di Torino, nonché da
Giovanni Bianco e Stefano Borgogni funzionari nel Comune di Torino e Francesca Lupo, ex-
funzionaria dell’Ufficio Nazionale per il servizio Civile che hanno speso tempo e pazienza
rispondendo alle mie domande.
La parte teorica è stata sviluppata in cinque capitoli, di cui il primo riporta una panoramica
generale sugli aspetti più importanti riguardanti le politiche giovanili in Europa analizzando
differenti statistiche, rapporti, documenti elaborati da esperti, istituzioni europee, istituti
indipendenti e fondazioni. Sono state analizzate le varie definizioni che vengono date alla
categoria dei giovani, esaminate le principali tendenze a livello europeo relativamente a temi
generali come la partecipazione alle attività di volontariato, la situazione lavorativa, finanziaria,
il tempo libero ecc. È stata data una definizione di politiche giovanili ed analizzato il concetto dal
punto di vista dei diversi approcci utilizzati, partendo inizialmente dalla categoria dei giovani
considerati come problema in relazione alla droga, alla delinquenza, fino alla concezione attuale
dei giovani come risorsa per la società, all’interno della quale meritano di essere ascoltati,
partecipando attivamente ai processi decisionali che li riguardano in maniera diretta.
Il secondo capitolo ripercorre il processo politico, il dibattito sulle politiche giovanili passando
per i diversi livelli precedentemente citati: da quello internazionale, in cui l’ONU è uno degli
attori principali e la cui Assemblea delle Nazioni Unite ha proclamato il 2010 l’anno
internazionale della Gioventù per commemorare il primo, indetto nel 1985. Sempre a livello
internazionale si è parlato dell’approccio del Consiglio d’Europa che, sin dagli anni Sessanta, è
stato uno degli organismi più attivi nel promuovere le politiche a favore dei giovani,
organizzando vari seminari e dibattiti sul tema. È stata inoltre analizzata la struttura decisionale
di tale organismo, basata sul principio della cogestione e focalizzata sull’importanza del
coinvolgimento dei giovani nelle decisioni che li riguardano direttamente. È stato poi analizzato
brevemente il contesto europeo e l’orientamento delle politiche giovanili europee negli ultimi
quaranta anni, le quali oggi sono basate su tre pilastri: il metodo aperto di coordinamento, il
mainstreaming ed il processo di Lisbona, racchiusi nel famoso documento del 2001: Un nuovo
impulso alla gioventù europea, chiamato talvolta in maniera più semplice con il nome di Libro
Bianco del 2001. Sono in seguito stati analizzati sinteticamente altri due importanti documenti: il
9
Patto Europeo sulla gioventù del 2005 e la strategia Europea per il 2020 “Youth on the Move”. In
seguito si offre una rapida panoramica dei programmi europei a favore della gioventù come
l’Erasmus e viene introdotto il contesto nel quale nacque inizialmente il programma Gioventù in
Azione che, agli albori del 1988, era un programma sperimentale chiamato Gioventù per l’Europa e
i suoi sviluppi nel corso delle differenti programmazioni. In tale capitolo viene poi inserito un
approfondimento riguardo alle politiche giovanili a livello nazionale, prendendo in
considerazione la situazione in Italia che, fino al 2006, non possedeva alcun ministro incaricato
del tema e la cui influenza è tuttora discutibile. Infine viene descritto il contesto locale citando
l’esempio del Comune di Torino, che è stato uno dei primi in Italia ad occuparsi di giovani e
offrire importanti servizi di orientamento come l’Informagiovani, strutture che si sono
successivamente diffuse a macchia d’olio su tutto il territorio.
Il capitolo terzo è volto, in particolare, a spiegare in dettaglio il programma Gioventù in Azione
nella sua attuale programmazione settennale 2007-2013, attraverso le sue cinque azioni che
rispecchiano le fondamentali priorità che il programma propone a livello europeo per il target
giovanile: spingere i giovani verso la partecipazione e la cittadinanza attiva, promuovere la
tolleranza e la solidarietà, incoraggiare la comprensione reciproca, migliorare le attività giovanili
attraverso la diffusione di buone prassi e il dialogo fra i giovani e i responsabili incaricati a
designare le politiche a favore del target considerato. Viene esaltata l’importanza
dell’apprendimento non formale attraverso numerosi documenti europei e attraverso lo
Youthpass, strumento che convalida e riconosce a livello europeo l’esperienza di apprendimento
non formale svolta nell’ambito del programma YiA. Un sottocapitolo è dedicato in particolare ai
differenti soggetti coinvolti in tale programma e al ruolo di questi, dalla Commissione Europea,
l’Agenzia Esecutiva per l’Istruzione gli Audiovisivi e la Cultura, le varie agenzie nazionali che
promuovono e realizzano il programma a livello nazionale, i centri risorse SALTO,
particolarmente attivi nell’ambito della formazione su temi relativi alla gioventù. Una piccola
parte descrive le procedure di partecipazione al programma per poi delineare le differenti azioni e
misure nello specifico.
Il capitolo quarto entra nel cuore del tema del volontariato inteso a livello europeo, inizialmente
dal punto di vista istituzionale attraverso i più importanti documenti europei per poi offrire una
panoramica delle differenti implicazioni che il volontariato ha a riguardo delle politiche relative
alla cittadinanza attiva, alla gioventù, all’istruzione e formazione, all’occupazione e politiche
sociali, delle relazioni esterne e sviluppo internazionale, persino nel settore dello sport. Si
analizza come la concezione di volontariato a livello europeo è molto differente a seconda del
paese considerato e direttamente legata alle tradizioni culturali e condizioni storiche. Si nota
inoltre che, di conseguenza, non esiste una definizione ufficiale di volontariato comune a tutti i
paesi europei ma solo delle caratteristiche comuni che sono entrate a far parte della concezione
10
che l’Europa ha del volontariato. Tali attività infatti sono portate avanti per volere dell’individuo
(e in questo senso sono volontarie), sviluppate in contesti di ONG e altre organizzazioni senza
scopo di lucro, prive di carattere professionale, non remunerate e a beneficio della comunità. Il
volontariato inoltre ha una profonda relazione con l’educazione non formale riconosciuta come
valore importante in vari documenti della Commissione europea e del Comitato economico e
sociale europeo. Viene inoltre dedicato un intero paragrafo al Servizio civile nazionale (SCN)
italiano, cercando di individuare i parallelismi che esistono a livello nazionale ed europeo fra il
SCN e lo SVE e la nascita di un progetto sperimentale chiamato AMICUS, il quale fu pensato con
l’intento di individuare un possibile modello di Servizio civile europeo attraverso il confronto
delle diverse esperienze nei vari paesi partner ma che purtroppo, per ora, non ha dato i risultati
sperati.
Il capitolo quinto è specificamente dedicato a tutti gli aspetti che riguardano lo SVE, l’azione 2 del
Programma Gioventù in Azione. Se ne ripercorre l’evoluzione, dalla sua nascita nel 1996 come
progetto pilota, fino al successo che sta avendo con la programmazione 2007-2013 e vengono
illustrate in dettaglio la procedura di candidatura, la relazione triangolare tra il volontario,
l’organizzazione d’invio e quella ospitante, che si complica nel caso entri in gioco un’ulteriore
organizzazione di coordinamento. Vengono inoltre presentati il cofinanziamento europeo e i
differenti tipi di sovvenzioni all’interno del progetto e, nello specifico, come è nato l’ufficio SVE
del Comune di Torino e qual è, basandoci sull’esempio di tale organizzazione d’invio, il percorso
standard di candidatura. L’ultima parte del capitolo quinto è dedicata, sulla base di documenti,
statistiche e interviste, all’analisi degli effetti dal progetto e qui vengono presi in considerazione
il profilo socio-economico dei partecipanti, le motivazioni dei volontari, i benefici di questi
ultimi, gli impatti che lo SVE ha nella società europea e locale.
L’ultimo capitolo è in qualche modo l’approfondimento di quello precedente ma da un differente
punto di vista, quello dei giovani volontari direttamente coinvolti in progetti di SVE nella sua
ultima programmazione 2007-2013. È interessante notare come, nella maggior parte dei casi, le
tendenze riscontrate da tale campione ristretto siano il riflesso di quelle europee che in questo
caso vengono arricchite attraverso la spontaneità che ne deriva da un racconto diretto.
11
CAPITOLO 1
ASPETTI DELLA CONDIZIONE GIOVANILE
1.1. – I GIOVANI: VERSO UNA DEFINIZIONE EUROPEA
Definire la categoria dei giovani è un compito piuttosto complesso, data la moltitudine di
prospettive analizzabili, inizialmente si può fare riferimento a due criteri interdipendenti e
analizzare la gioventù come periodo di transizione e la gioventù come arco temporale legato
all’età anagrafica.
Riguardo al primo criterio si può identificare la gioventù come un periodo temporaneo e
transitorio verso la fase adulta della vita, come il passaggio dall’incoscienza infantile alla
partecipazione pubblica attiva, tipica dell’età adulta. I giovani si trovano generalmente in una
condizione di transizione dal mondo delle certezze, in cui le scelte sono guidate dall’alto, verso un
mondo della possibilità e del rischio, dove gli individui devono compiere scelte e pianificare la
propria vita nella società, aiutati possibilmente dal bagaglio di esperienze e conoscenze acquisite
precedentemente nell’età infantile e adolescenziale. Da questo punto di vista i giovani detengono
gran parte dei diritti degli adulti, senza però condividerne il carico degli obblighi e delle
responsabilità.
Alessandro Cavalli, studioso di sociologia molto attivo nel campo della ricerca sui giovani, ha
individuato cinque soglie significative per indicare le profonde trasformazioni sociali che
riflettono il superamento della fase giovanile verso l’età adulta:
• La conclusione del processo formativo;
• Il raggiungimento di un’occupazione relativamente stabile;
• L’abbandono della casa dei genitori;
• Il matrimonio o un’unione di fatto;
• La paternità, maternità
1
.
La tendenza attuale va verso un ritardo del superamento delle diverse tappe della vita, a causa di
ragioni sia economiche (disoccupazione crescente, flessibilità e precarietà dei contratti di lavoro,
cambiamento dei sistemi di welfare ecc…), sia demografiche (allungamento dell’età pensionabile,
contrazione del tasso di natalità e conseguente incremento del tasso di dipendenza degli anziani
e pressione finanziaria dei sistemi pensionistici), sia sociali e culturali ( modifiche delle relazioni
familiari, aumento dei genitori soli).
1
Alessandro Cavalli in: Ferrari Occhionero M. (a cura di), I giovani e la nuova cultura socio-politica in Europa. Tendenze
prospettive per il nuovo millennio, Milano,Franco Angeli, 2001, p. 276.
12
Per quanto riguarda il secondo criterio, invece, l’arco di tempo in cui un individuo è considerato
giovane, “tende a variare dai 13 ai 25 anni o fino ai 30 se si prende in considerazione anche la
post-adolescenza.[…] [In particolare], i giovani in senso stretto hanno un’età compresa fra i 13 e i
18 anni, arrivando fino ad un massimo di 21 anni, mentre i giovani adulti sono compresi fra
coloro che hanno fra i 21 e i 25 anni e i post-adolescenti sono rappresentati da quei giovani in età
avanzata che hanno dai 25 ai 30 anni, spesso ancora studenti universitari”
2
.
Una definizione interessante è stata data da H. P. Muller, nel suo saggio I giovani tedeschi e la
nuova Europa, descrive infatti la giovinezza come uno stadio di sviluppo nel corso della vita di un
essere umano:
“Una fase stressante di darwinistico processo di selezione che incanala i giovani dentro
differenti scaglioni della società, inferiori, medi o superiori, secondo la loro capacità
dimostrata nel percorso scolastico e il capitale sociale della loro famiglia di origine”
3
.
Dal punto di vista europeo, la definizione standard di gioventù in base all’appartenenza ad una
determinata fascia d’età è da considerare comunque insufficiente a caratterizzare la transizione
verso l’età adulta, date le differenti situazioni nazionali disciplinate dagli ordinamenti interni.
Sono, a questo proposito, molto utili altre informazioni qualitative che, nello stesso modo,
rivelano come la società riconosce la crescente maturità dei giovani come: il limite d’età per
l’ottenimento di benefici ed agevolazioni, la fine della scuola dell’obbligo a tempo pieno,
l’acquisizione del diritto di voto, l’età minima per candidarsi alle elezioni.
Se si considera il limite d’età per la fruizione di benefici, si va normalmente dai 15 anni per la
Repubblica Ceca e la Lettonia, ai 18 anni ma è spesso prolungato quando i ragazzi stanno ancora
studiando. La fine della scuola dell’obbligo segnala altresì il momento in cui gli individui sono
liberi di prendere decisioni autonome e compiere le proprie scelte, normalmente va dai 14 ai 18
anni. Se si considerano i diritti civili, l’età in cui si può esprimere il proprio voto alle elezioni
europee è 18 anni come anche per i singoli stati membri, fatta eccezione per l’Austria dove, il
diritto al voto viene conferito all’età di 16 anni. In Italia, invece, l’età legale per votare è 18 anni
(per il Senato il limite minimo è 25 anni). L’età per candidarsi alle elezioni varia da stato membro
a stato membro, dai 18 ai 40 anni.
In aggiunta a queste considerazioni, dal momento che l’età adulta è altresì considerata come il
momento in cui si raggiunge l’autosufficienza economica, il protrarsi degli studi, dovuto
principalmente all’aumento del livello di istruzione superiore, combinato con le difficoltà di
trovare il primo lavoro ed una sistemazione conveniente, ha portato ad un allungamento dei
tempi di transizione dalla giovinezza alla condizione di indipendenza.
2
Ibidem, p.145.
3
Ibidem, p.146.
13
Per tutte queste ragioni l’Unione europea attualmente considera i giovani come quella parte di
popolazione compresa fra i 15 e i 25 anni
4
, estendendo però gran parte dei progetti rivolti al
target specificato anche alla fascia 25-30.
1.2. – I GIOVANI E LE PRINCIPALI TENDENZE NEL PANORAMA EUROPEO
I giovani sono una delle maggiori risorse dell’Europa, rappresentano un importante potenziale
per il futuro dell’Unione ma costituiscono altresì un gruppo che ha varie sfide da affrontare:
“Nonostante situazioni molto diverse, i giovani condividono valori e aspirazioni ma anche
problemi. I giovani costituiscono un gruppo in divenire, caratterizzato da un accesso
all’occupazione e la fondazione di una famiglia ritardati, frequenti avvicendamenti tra lavoro e
studi, ma soprattutto percorsi individuali molto più variegati che in passato. La scuola o
l’università, il lavoro e il contesto sociale non svolgono più lo stesso ruolo integratore,
l’autonomia è acquisita sempre più tardi”.
5
Secondo le statistiche elaborate da
Eurostat, nel 2007 i giovani dai 15 ai 29
anni residenti in uno degli stati membri
dell’Unione Europea sono 96 milioni
6
corrispondenti al 19,5% della
popolazione europea. A livello europeo, i
giovani dai 25 ai 29 sono i più numerosi
rispetto ai gruppi d’età 20-24 e 15-19,
specialmente in Spagna, Irlanda, Grecia e
Portogallo.
Il primato degli stati membri “giovani” è
detenuto, come si può facilmente notare
dal grafico a fianco, da Slovacchia,
Polonia, Irlanda e Cipro con una
percentuale del 24% sulla popolazione
totale, al contrario, Danimarca, Germania
ed Italia rappresentano le nazioni meno
giovani con una percentuale del 18%
rispetto alla popolazione complessiva
7
.
Sono state condotte svariate ricerche
basate su sondaggi e dati statistici per
4
Dalla definizione che si deduce dalla lettura del Libro Bianco sulla gioventù del 2001: Commissione Europea, Libro
Bianco della Commissione Europea: un nuovo impulso della Gioventù Europea, COM(2001) 681 definitivo, Bruxelles 21
novembre 2001
5
Ibidem, p.4
6
Cfr. sito ufficiale di EUROSTAT http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/eurostat/home (rilevato in data 14
giugno 2010).
7
Eurostat, Youth in Europe: A Statistical Portrait, Publication Office of the European Union, Eurostat, Luxembourg, 2009.
Grafico 1.1 – Distribuzione dei giovani rispetto alla
percentuale della popolazione totale per gruppi d’età;
Fonte: Eurostat, dati del 2007.
14
cercare di evidenziare le principali tendenze della gioventù europea, creando così le basi per
delineare politiche rispondenti ad esigenze effettive.
In linea generale, secondo l’indagine dell’Eurobarometro
8
effettuata nel 2007, i giovani europei,
tendono ad avere un’immagine positiva dell’Unione Europea e del suo futuro. La maggior parte di
essi associano l’UE con la libertà di movimento: viaggiare, studiare e lavorare in qualsiasi parte
dell’Unione, considerandoli gli elementi chiave della cittadinanza europea. Una parte consistente
di giovani interpreta inoltre la cittadinanza dell’Unione come il diritto di accesso ai servizi
sanitari pubblici in ogni stato membro e il diritto di spostarsi e di stabilirsi in qualsiasi paese
europeo. In minor parte, la cittadinanza europea è considerata come il diritto ai non-cittadini
nazionali al voto o di essere eletti nel paese dove sono residenti.
Gran parte della popolazione giovanile riceve informazioni sull’Unione Europea in maniera
prevalente dalla televisione ma anche per una parte consistente dalla scuola e dall’università, dai
giornali e dai periodici e, solo in minima parte, dalle istituzioni europee.
L’interesse per la politica e per gli affari correnti ai diversi livelli, locale, regionale e nazionale è
particolarmente marcato, come anche il coinvolgimento attivo nella vita politica soprattutto nei
paesi nordici. È stato stimato che il 62% degli aventi diritto, ha votato in almeno un’elezione o
referendum negli ultimi 3 anni
9
, solo il 13% ha dichiarato di non aver mai votato (con percentuali
maggiori in Lettonia, Regno Unito e Portogallo e minori in Belgio, dove il voto è obbligatorio,
Svezia ed Italia). Questi dati, riferiti all’indagine effettuata dall’Eurobarometro del 2007,
appaiono palesemente in contrasto con quelli emersi dall’European Social Survey
10
del 2006 che
dimostra lo scarso interesse dei giovani verso la politica, disinteresse che però diminuisce
proporzionalmente all’età (i realmente interessati rappresentano solamente il 6% dei giovani
europei), con sensibili differenze di genere: gli uomini sono più interessati rispetto alle donne.
Questa discrepanza è giustificabile dal fatto che i più giovani si dimostrano poco interessati ai
8
L’Eurobarometro è un servizio della Commissione europea che dal 1973, misura ed analizza le tendenze dell'opinione
pubblica in tutti gli Stati membri e nei paesi candidati all’adesione. Il suo scopo principale è quello di conoscere gli
orientamenti dell'opinione pubblica affinché la Commissione europea possa trovare un terreno fertile su cui preparare le
sue proposte legislative, prendere decisioni e valutare a posteriori il proprio operato in risposta alle reali esigenze della
popolazione europea. Le inchieste e gli studi riguardano argomenti di primaria importanza per la cittadinanza europea,
come l’allargamento della UE, la situazione sociale, la salute, al cultura, l’information technology, l’ambiente, l’Euro, la
difesa. Eurobarometro si avvale sia di sondaggi d'opinione che di gruppi di discussione chiamati anche dall’ inglese "focus
group". Dalle sue rilevazioni vengono stilati circa 100 rapporti ogni anno. Per approfondimenti è possibile consultare il
sito ufficiale dell’Eurobarometro: http://ec.europa.eu/public_opinion/index_en.htm (rilevato in data 21 giugno 2010).
9
La ricerca risale al febbraio 2007 (European Commission, Flash Eurobarometer 202: Young Europeans, A Survey Among
Young People Aged Between 15-30 in the European Union, Analytical Report, European Commission, Brussels, 2007).
10
La European Social Survey ( ESS) è un’inchiesta biennale che riguarda oltre 30 stati. Il progetto è nato nel 2002/2003
dalla cooperazione fra la Commissione europea e la European Science Foundation e altre istituzioni di finanziamento in
ciascun stato partecipante. È un’inchiesta sociale con lo scopo di individuare le interazioni fra i continui cambiamenti
delle istituzioni e delle attitudini della popolazione, anche per quanto riguarda le tendenze attuali e i sentimenti verso
l’Unione europea. L’inchiesta si avvale di un questionario diviso in due sezioni, ognuna delle quali è basata su alcuni
argomenti centrali ricorrenti (uso dei media, fiducia verso le istituzioni, orientamenti socio-politici, esclusione sociale,
benessere, salute e sicurezza, valori umani, demografia, efficacia di governo, ecc…) e altri temi variabili. Per approfondire
vedere il sito ufficiale dell’European Social Survey: http://www.europeansocialsurvey.org/ (rilevato in data 21 giugno
2010).
15
tradizionali partiti politici mentre sono invece più coinvolti negli affari politici e pubblici più
vicini alla loro sensibilità quotidiana: rivolgono, infatti, l’attenzione a temi che hanno un impatto
più diretto sulla vita di tutti i giorni ma anche al loro futuro in un’ottica di lungo periodo.
I giovani europei hanno manifestato, secondo i risultati dell’Eurobarometro 2007, il desiderio di
essere consultati prima che vengano prese decisioni che li riguardano direttamente, pensano
inoltre che partecipare ai dibattiti con i decisori politici sia il miglior modo di assicurarsi che le
loro richieste vengano ascoltate; più di un terzo dei giovani sono membri di un partito politico,
un’organizzazione non governativa o un sindacato.
In generale i giovani adulti sono poco propensi all’associazionismo: solamente il 22% è membro
di un’organizzazione (di cui le associazioni sportive costituiscono la stragrande maggioranza -
49%, seguite dalle organizzazioni giovanili -8%), si nota inoltre una maggior tendenza a riunirsi
in organizzazioni nei paesi del Nord rispetto al Sud Europa, dettata dal maggior sentimento
partecipativo che caratterizza le società nord-europee.
Poco meno di un giovane su cinque è o è stato impegnato in attività di volontariato (16%), di
questi solo il 2% offre regolarmente il proprio lavoro volontario nel tempo libero; tre persone su
quattro le considerano comunque un incentivo per migliorare la loro partecipazione nella società.
La percentuale maggiore di coloro impegnati in questo genere di attività si trova nei Paesi Bassi
(28%), Danimarca (26%), Austria (25%), Belgio e Finlandia (24%), le percentuali più basse sono
riferite alla Spagna e alla Svezia (9%).
Per il 38% dei giovani la difficoltà maggiore nel trovare un lavoro consiste nella mancanza di
opportunità lavorative nel proprio paese, una netta minoranza sostiene invece che il problema
derivi dall’insufficienza di esperienze pratiche di vario genere. Secondo i giovani europei le
capacità comunicative e la propensione al lavoro di gruppo, l’esperienza pratica di un tirocinio, le
abilità informatiche e la conoscenza delle lingue straniere sono le qualità più importanti che
permettono di ottenere un buon lavoro.
Le barriere linguistiche costituiscono le ragioni principali per cui i giovani europei pensano che
sia difficile trovare lavoro in un altro stato membro, soprattutto per e verso quei paesi in cui
l’inglese stenta ad affermarsi come “lingua franca”: Italia, Spagna, Portogallo, Francia.
Un giovane su tre, a causa della disoccupazione, sarebbe disposto ad accettare un impiego che
non risponde alle sue competenze, ma solo in presenza di alcune condizioni fondamentali come
la stabilità e un buono stipendio, solo un decimo accetterebbe qualsiasi lavoro
indipendentemente dalle condizioni.
16
La situazione finanziaria e i problemi economici sono le ragioni principali che motivano la lunga
permanenza dei giovani europei in casa dei propri genitori; solo una minima parte preferisce
prolungare una situazione di comodo per non dover sopportare troppe responsabilità. Le ragioni
che stanno alla base riguardano la distribuzione fra Stato, famiglia e mercato, dei compiti di
assistenza e cura degli individui, che in sintesi sono delegati, nei paesi nordici (Danimarca,
Finlandia e Svezia), allo Stato e nei paesi del Sud Europa, alla famiglia, favorendo così la
dipendenza e la permanenza all’interno del nucleo di origine. Nel primo caso è il mercato che,
insieme allo Stato, garantisce ai giovani indennità di formazione, borse di studio e sussidi di
disoccupazione, risorse di cui essi possono disporre indipendentemente dai rapporti di parentela.
Nei paesi settentrionali l’indipendenza dei giovani è altresì favorita dalla creazione di alloggi
pubblici e sociali, oltre che alla grande disponibilità di abitazioni in affitto, alta soprattutto in
Olanda, Francia e Germania e ad agevolazioni rivolte a giovani che desiderino accendere un
mutuo per l’acquisto della prima casa. Dall’altra parte si è verificato un forte sviluppo della
scolarizzazione che ha ulteriormente ritardato l’entrata dei giovani nel mondo del lavoro e
dunque il raggiungimento dell’autonomia.
Il tempo libero per i giovani rappresenta i momenti della giornata in cui loro stessi scelgono che
cosa fare e con chi svolgere determinate attività ed è spesso associato a potenziali rischi
comportamentali come l’alcool, la violenza, il fumo, il consumo di droghe. Tuttavia, da un altro
punto di vista rappresenta fondamentalmente un’opportunità di scoprire, rilassarsi, giocare ed
imparare attraverso l’apprendimento non formale, al di fuori dei contesti accademici e
istituzionali.
Analizzando i dati emersi da una ricerca condotta dalle Nazioni Unite
11
, il tempo libero è
importante per aiutare i giovani a raggiungere una vasta gamma di risultati positivi per quanto
riguarda la sfera emozionale e sociale, vocazionale, fisica, cognitiva, e lo sviluppo di un senso
civico e partecipativo nella società.
Dalle ricerche effettuate emerge che le principali attività che occupano il tempo libero dei giovani
sono gli sport in generale (45%) e incontrare gli amici (40%: mangiare, ballare, uscire a bere un
drink ecc…), in misura minore leggere, navigare in internet, guardare la televisione, ascoltare
musica, andare al cinema, al teatro, ai concerti, aiutare in casa, fare shopping, suonare uno
strumento, fare qualche lavoretto e, in ultimo, partecipare ad attività di volontariato (2%).
Nel mondo giovanile, in sintesi, si possono notare tendenze ricorrenti, anche se ad intensità
diverse, in tutti i paesi Europei, dovuti a fenomeni culturali e socio-economici:
11
Organizzazione delle Nazioni Unite, World Youth Report, capitolo 8: Rethinking Leisure Time: Expanding Opportunities for
Young People Communities, United Nations, 2003.
17
• il prolungamento della gioventù causato sia dal ritardo nel compiere le tappe verso l’età
adulta, sia dalla tendenza all’evitare l’assunzione di responsabilità;
• il ritardo dell’accesso al mondo del lavoro causato sia da problemi strutturali del mercato
del lavoro, sia dall’innalzamento delle aspettative dei giovani;
• il disinteresse verso la partecipazione alla vita politica e sociale causato sia dal
malfunzionamento del sistema attuale di rappresentanza, sia dalla mancanza di
opportunità di partecipazione.
1.3. – LE POLITICHE GIOVANILI: DEFINIZIONE E CARATTERISTICHE
Dagli argomenti analizzati nei paragrafi precedenti, emerge come il concetto di gioventù sia
socialmente costruito, piuttosto che biologicamente determinato. Il fatto che un individuo venga
classificato come giovane e possa beneficiare di politiche giovanili nei differenti stati membri è
una questione soggettiva in quanto la società è in continuo movimento e cambia le proprie
tendenze molto rapidamente, in un mondo che è globale. Si pensi al radicale cambiamento di
contesto socio-politico avvenuto nel nuovo secolo rispetto all’ultima generazione di giovani che
hanno vissuto negli anni ’80, epoca in cui l’Europa era ancora divisa tra Est e Ovest e considerata
un “club elitario” riservato a soli 12 partecipanti, allora la possibilità di viaggiare era un lusso che
pochi potevano permettersi e a stento si poteva prevedere la funzione irrinunciabile che oggi
svolgono le tecnologie dell’informazione, internet, personal computer e cellulari.
Per politiche giovanili, spesso denominate utilizzando il termine inglese Youth Policies, si intende
un congiunto di azioni e strumenti che hanno come target principale i giovani, ponendo l’accento
sia su di loro come soggetti che sull’oggetto delle politiche stesse. Le politiche giovanili si
indirizzano dunque a quella precisa fascia di popolazione descritta precedentemente a cui sono
rivolti interventi legati ad aspetti caratterizzanti quali: l’ingresso nel mondo del lavoro, la cultura,
l’istruzione, l’accesso all’informazione, la formazione professionale, la salute, la casa, la mobilità,
la conoscenza delle lingue, ecc… Questa è proprio la caratteristica principale delle politiche
giovanili che, a differenza delle altre politiche pubbliche, tocca svariate aree:
“Youth Policy is a cross-sector, integrated policy aimed at young people, with young people
and starting from the needs of young people. Its aim is to improve and develop the living
conditions and participation of young people, encompassing the whole range of social,
cultural and political issues affecting them and other groups in the society.”
12
Analizzando le politiche giovanili si nota la ricorrenza di alcune questioni chiave:
“Youth policy is concerned with participation and citizenship, and with combating social
exclusion and promoting inclusion. It is concerned with ensuring that young people have
12
Prospettiva sulle politiche giovanili del Forum Europeo della Gioventù, adottata dal Comitato Esecutivo, 3-5 aprile
1998, Vilnius, Lithuania in Williamson H., Supporting Young People in Europe: Principles, Policy and Practice, The Council of
Europe International Reviews of National Youth Policy 1997-2001 – A Synthesis Report, Strasbourg, Council of Europe,
October 2002, p. 11.
18
access to information by which they can make informed choices. It is also concerned with
multiculturalism and minorities, with mobility and internationalism, with young people’s
safety and protection, and with promoting equal opportunities”
13
.
Una politica rivolta ai giovani può essere vista sotto due aspetti antitetici: i giovani possono,
infatti, essere considerati una risorsa o un problema.
La prospettiva orientata ai giovani come problema è stata largamente protagonista in passato: i
giovani vengono considerati soggetti vulnerabili e in pericolo, bisognosi di protezione, potenziali
vittime a causa della loro educazione e condizione transitoria. In questo senso le politiche sono
rivolte a segmenti specifici della popolazione giovanile attraverso un limitato o assente
coordinamento con le politiche attuate negli altri settori.
La prospettiva dei giovani come risorsa, al contrario, è più recente e rappresenta l’attuale visione
dell’Unione Europea:
“[I giovani] vogliono essere intesi e considerati come interlocutori a pieno titolo, vogliono
contribuire a costruire l’Europa, vogliono influenzare il dibattito sul suo divenire. È il
momento di considerare la gioventù come una forza nella costruzione europea e non come un
problema da gestire. Occorre dare loro i mezzi per esprimere le loro idee, di confrontarli a
quelle di altri attori nella società civile”
14
.
Questa prospettiva è volta ad assicurare la partecipazione attiva dei giovani nella società e ad
esplorare e analizzare percorsi che portino alla realizzazione completa del loro potenziale come
cittadini, tendenza affermata anche in una risoluzione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio
d’Europa:
“The Parliamentary Assembly reaffirms the importance of young people for the future of
Europe. The Council of Europe should therefore consider them as resources and not as a
source of problems. Young people should be partners in all the Organisation’s activities”
15
.
È un approccio costruttivo che porta i giovani a vivere le esperienze adatte ad ogni fascia d’età
specifica, incoraggiando la loro indipendenza e il pensiero critico. L’attenzione è rivolta
all’elaborazione di politiche proattive per governare i cambiamenti e non solo reattive per
fronteggiare le emergenze. Queste politiche sono volte ad offrire ai giovani “pacchetti di
opportunità ed esperienza”
16
, e si propongono di soddisfare i loro bisogni reali attraverso un
orientamento globale ed integrato, ossia trasversale a più ambiti settoriali
17
, in cui azioni e
misure sono coordinate in una più ampia strategia.
13
Ibidem p.8
14
Commissione Europea, Libro Bianco della Commissione Europea: un nuovo impulso della Gioventù Europea, COM(2001) 681
definitivo, Bruxelles 21 novembre 2001, p.5.
15
Consiglio d’Europa, Assemblea Parlamentare, Raccomandazione n° 1585 (2002) on Youth Policies in the Council of Europe,
adottata il 18 novembre 2002, art.1.
16
“Packages of opportunity and experience”, Consiglio d’Europa, Direzione Gioventù e Sport, Final Report: Experts on
Youth Policy Indicators, Third and Concluding Meeting, 26-27 March 2003, European Youth Centre, Strasbourg p. 6;
scaricabile al sito http://www.coe.int/t/dg4/youth/Source/Resources/Documents/2003_YP_indicators_en.pdf (sito
rilevato in data 20 giugno 2010).
17
Le politiche settoriali in cui il fattore gioventù ricopre un ruolo di primaria importanza sono: le politiche di istruzione,
formazione e mobilità dei giovani; le politiche per il lavoro, l’imprenditorialità e la lotta alla disoccupazione giovanile; le
19
Le politiche giovanili in Europa sono subordinate alla conoscenza delle condizioni e dei bisogni
giovanili che emergono e spesso variano a seconda dello Stato membro considerato. Non è
affatto un compito facile quello che spetta ai decisori europei, incaricati di stilare delle priorità
che riescano a toccare le principali problematiche comuni alle diverse realtà rappresentate dai
paesi membri:
“The key to youth policy must be a better knowledge and understanding of youth. If we are to
learn from experience, it is obvious that a historical dimension of this knowledge is crucial for
youth policy and policy making. Until now this historical knowledge was only nationally and
incidentally produced and collected.”
18
Per ovviare a questo problema sono stati condotti numerosi studi
19
basati principalmente
sull’interpretazione di dati statistici, i cui risultati principali sono stati esposti nel paragrafo
precedente
20
, con la finalità di costituire un terreno comune su cui basare le politiche giovanili in
Europa.
Un rapporto
21
redatto da un gruppo di esperti in seno al Consiglio D’Europa, riassume
chiaramente gli obiettivi delle politiche giovanili in Europa:
• investire nei giovani in modo coerente e sinergico attraverso un approccio orientato alle
opportunità piuttosto che ai problemi;
• coinvolgere i giovani sia nella formulazione strategica delle politiche giovanili, sia nel far
emergere le loro opinioni circa l'efficacia operativa di attuazione delle stesse;
• creare le condizioni per l'apprendimento, le opportunità e le esperienze che garantiscano
e consentano ai giovani di sviluppare conoscenze, abilità e competenze per svolgere un
ruolo concreto nel mercato del lavoro e, in generale, nella società;
• istituire sistemi per la raccolta di dati, sia per dimostrare l'efficacia delle politiche
giovanili, sia per rivelarne le lacune;
• mostrare l’impegno a ridurre le lacune politiche ove si dimostrino esistere.
politiche per la lotta all’esclusione sociale, alla violenza, al razzismo e alla xenofobia; le politiche per la cultura e la
creatività; le politiche per la salute e il benessere.
18
G. Verschelden, F. Coussée, T. Van de Walle, H. Williamson, The History of Youth Work in Europe and its Relevance for
Youth Policy Today, Strasbourg, Council of Europe Publishing, 2009, p.4
19
Cfr. Eurostat, Youth in Europe: a Statistical Portrait, Pubblication Office of the European Union, Eurostat, Luxembourg,
2009; Education and Culture DG, EU Youth Report 2009, European Commission, Brussels, 2009; Education and Culture
DG, The Main Results of the Eurobarometer 2007 Survey on Youth, European Commission, Brussels, 2007; European
Commission, Flash Eurobarometer 202: Young Europeans, a Survey among Young People Aged between 15-30 in the European
Union, Analytical Report, European Commission, Brussels, 2007.
20
Cfr. Capitolo 1 -I giovani nel panorama europeo.
21
Consiglio d’Europa, direzione Gioventù e Sport, Final Report: experts on youth policy indicators, third and concluding
meeting, 26-27 March 2003, European Youth Centre, Strasbourg; scaricabile dal sito
http://www.coe.int/t/dg4/youth/Source/Resources/Documents/2003_YP_indicators_en.pdf (sito rilevato il 20 giugno
2010).
20
Secondo il rapporto del 2007 della Banca Mondiale, World Development Report
22
, esistono tre
ragioni che spiegano la difficoltà nello sviluppare politiche di successo rivolte ai giovani. La prima
motivazione riguarda la necessità di un approccio che tenga conto dei differenti settori per
sviluppare una strategia coerente, olistica e intersettoriale che includa altresì chiare priorità e
misure per un’azione concreta. In secondo luogo, le politiche giovanili possono fallire perché i
giovani, spesso non hanno voce nell’elaborazione e nell’implementazione delle politiche che li
riguardano direttamente. In ultimo, il raggiungimento del successo di una politica giovanile è
subordinato al fatto che tuttora esistono troppo storie di successo ed esempi di buone pratiche
da seguire.
22
Banca Mondiale, World Development Report 2007, Development and the Next Generation, pp. 211-212, scaricabile dal sito
http://www.worldbank.org/ (rilevato in data 16 giugno 2010).