2
l’incertezza e la paura del futuro sembrano confermare tale
affermazione.
Il problema appare assai vasto e cos complesso, da richiedere
alcune precisazioni. La stessa espressione "devianza giovanile" si
presta a molteplici definizioni di portata diversa e comunque non
facilmente qualificabili in un testo univoco. L’indagine ha messo
a fuoco le principali dimensioni sociali entro cui si muove ed
interagisce il giovane: la famiglia, la scuola, i luoghi di
socializzazione e spendita del tempo libero... Quest’analisi ha
evidenziato quei fattori di rischio che minacciano il mondo dei
giovani, fino a invitarli al consumo di sostanze stupefacenti.
D’altro canto, attraverso le droghe, l’uomo ha sempre cercato di
curare il male, di fuggire gli affanni, le preoccupazioni, la
tristezza, di rompere i vincoli della quotidianit , di acquisire
una percezione mistica e giungere ad esperienze diverse. Ma quali
sono le ragioni di un fenomeno cos vasto e radicato nella storia
? La paradossalit dello psicotropismo forse si risolve se si
tiene presente il fatto che l’uomo Ł un animale intelligente e
dotato di coscienza. L’uomo sembra portato a controllare gli stati
mentali che percepisce, a riprodurre in maniera artefatta tonalit
emotive piacevoli, a fugare le afflizioni ed il dolore
Alcune difficolt sono state incontrate nell’affrontare il
problema delle droghe ricreazionali, in particolare "l’Ecstasy".
La storia dell’ecstasy Ł recente, come quella delle anfetamine:
nata come sostanza farmacologica, i suoi effetti stimolanti
vennero ben presto utilizzati dagli studenti americani per vincere
il sonno durante la preparazione degli esami, da questo uso
"funzionale" allo studio, scivol verso una funzione diversa e
tipica delle sostanze stupefacenti, non Ł certo una novit
l’associazione dell’uso di droghe ad un viaggio non solo psichico,
ma anche fisico. Stupisce per il fatto, che l’ecstasy abbia avuto
una diffusione cos rapida e cos ampia in tutti i paesi a piø
alto tasso di sviluppo, portando i giovani al culto
"dell’estremo", il che significa ballare tutta la notte e l’alba
per poi ricominciare e finire nel pomeriggio del giorno dopo. Il
D.J. diviene "maestro di cerimonia tribale" ed il ballo diventa
trance; la mente ed il corpo sono portati a stati "alterati di
3
coscienza" e l’Ecstasy funziona come additivo per tenere questo
tipo di ritmo.
Comunque non Ł mai una sostanza esogena la causa scatenante di una
cultura: una cultura nasce per ragioni diverse, molto piø
profonde. La conoscenza di questi fattori culturali potrebbe
permettere una piø mirata ed efficace azione di prevenzione
primaria, di cui sembra si sia resa conto anche la legislazione,
che rappresenta ancora la migliore difesa contro il diffondersi
del consumo di sostanze stupefacenti.
Il denominatore comune infatti per un intervento, Ł costituito
dall’intento di far fronte a quel senso di difficolt esistenziale
che pervade il tossicodipendente. Quel disagio che non Ł il
prodotto delle sostanze assunte, ma piø spesso Ł antecedente. Si
tratta sempre di affrontare i problemi di un individuo che sta’
male, che Ł soffocato da paure e da bisogni inespressi. Per questa
ragione le comunit o qualsiasi altro intervento di prevenzione
quindi, tendono a ridurre l’emarginazione cercando di ricostruire
in termini di realt la rete in cui il giovane Ł inserito. In
quest’ottica si pu ben comprendere l’aumento del numero di centri
abilitati a tale compito (572 sono i centri pubblici, 1368 quelli
privati del Nord Italia e presso i SERT della medesima zona sono
43.370 i tossicodipendenti in trattamento), e soprattutto
l’impegno ad un dialogo maggiore con i giovani proprio negli
ambienti di assunzione (Sono risultati efficaci i consultori, i
camper delle "unit di strada" ed anche le "prime telefonate" a
DROGATEL - nei primi 4 mesi del 1996 DROGATEL ha ricevuto 5000
telefonate - ).
Tutto ci parte dalla consapevolezza che la figura del consumatore
"medio" Ł mutata, non Ł senz’altro da identificarsi con
l’emarginato; si tratta invece di occupati in settori di punta,
che vivono soprattutto in famiglia, hanno buoni stipendi ed ampie
risorse da investire nel tempo libero.
Muta cos anche il lavoro del legislatore che non pu piø pensare
un approccio solo repressivo e criminalizzatore.
Nuovo Ł il ruolo assegnato dalla legge al Ministero della Sanit ,
al quale compete il controllo su qualunque attivit lecita di
produzione, di commercio, di distribuzione ed aggiornamento delle
4
tabelle delle sostanze soggette a controllo. Importante Ł la
raccolta di dati sulla diffusione, opera affidata all’Osservatorio
permanente, al quale si riconosce il "coordinamento" delle
attivit di polizia in materia. Piø incisivo Ł il riscontro degli
effetti prodotti da tali attivit , grazie al "nucleo operativo"
costituito presso il Dipartimento degli affari sociali.
Oggi c’Ł la consapevolezza che gli strumenti di lotta e di
repressione della legge 685/75 non costituivano un adeguato
"deterrente" contro i grandi manovratori dell’importazione e della
distribuzione di sostanze stupefacenti. Ci che maggiormente
sorprendeva l’opinione pubblica era il fatto che le autorit
preposte si dichiaravano impotenti a compiere interventi
legislativi capaci di contenere il fenomeno. L’Italia ha adottato
pertanto la normativa n 162/1990, poi riformata dal referendum
del 1993, che Ł lontana sia dalla liberalizzazione, reclamata da
alcuni gruppi di opposizione, sia dalla penalizzazione pura e
semplice. Se per un verso infatti non Ł assolutamente
configurabile il diritto soggettivo al drogarsi, pur in presenza
di una depenalizzazione della detenzione finalizzata all’uso
personale come illecito amministrativo (art. 75 comma 1), per un
altro si punisce penalmente qualsivoglia attivit concernente la
destinazione delle sostanze a terzi. Inoltre si nega il
trattamento di recupero coercitivo, che esperienze precedenti
hanno dimostrato inefficace, lasciando quindi completa autonomia
decisionale sia nella scelta del se, sia nella scelta del luogo di
cura.
5
1. IL DISAGIO GIOVANILE
1.1. I termini della questione
1.1.1 Giovane e societ . Il disagio giovanile si esprime in varie
forme, spesso differenti e distanti tra loro, accomunate forse
soltanto dall’alienazione, e dalla fuga da una realt che risulta
per molti indecifrabile, ostile e nemica. La forma di alienazione
che esprime in modo piø evidente il disagio giovanile Ł il consumo
di sostanze stupefacenti. Questa manifestazione di disagio Ł
estremamente diffusa negli ambienti giovanili e negli ultimi anni
la "droga", come Ł comunque chiamata in genere qualsiasi sostanza
stupefacente, rappresenta una sorta di spettro che minaccia le
nuove generazioni.
Del resto in quest’epoca si Ł giovani in modo completamente
diverso da prima. Ogni "dopo" Ł diverso dal "gi vissuto", si
potrebbe affermare. Ma per il popolo dai 15 ai 30 anni, di fine
millennio, la mutazione dell’ambiente circostante Ł radicale.
Soprattutto produce un’idea del futuro antitetica a quella propria
delle generazioni venute al mondo fra il ’40 ed il ’60.
Se a poco tempo dalla fine della guerra, si nasceva e si cresceva
nel mito della Resistenza, nella lotta per la democrazia e contro
il fascismo, oggi l’unico dato certo Ł la fine, con il secolo
stesso, delle grandi narrazioni che l’hanno attraversato e
plasmato
1
.
Anche la Politica, che negli anni 50 era stata attenta soprattutto
ai grandi temi ideologici ed economici, e negli anni 60 era luogo
privilegiato delle grandi decisioni, che dovevano portare a
profonde riforme culturali e istituzionali, oggi Ł orientata ad
interventi sui singoli problemi, in modo che "l’individuo abbia
maggiore possibilit di articolare le sue scelte"
2
. I cittadini,
specialmente i giovani e quelli dotati di livelli piø alti di
istruzione, sono in grado di affrontare grandi temi politici "a
1
G. Tonolo, S. De Pieri, L et incompiuta, Elle di ci, Leumann, Torino, 1995,
p. 93 e ss.
2
Livolsi M., Identit e progetto, La nuova Italia, Firenze 1987, p. 209.
6
distanza" da prospettive sempre meno etnocentriche e sempre piø
"planetarie" e nello stesso tempo di incidere nelle concrete
comunit in cui vivono e, prima di tutto, nella loro stessa vita
quotidiana
3
.
Tali aspetti ci aiutano a capire l’apparente contraddizione fra il
rifiuto o l’estraneit dalla politica espressa da molti giovani, e
la rinnovata disponibilit di consistenti minoranze a mobilitarsi
su temi come quello della pace, dei diritti dell’uomo, della
libert dell’individuo, della difesa della natura, della fame... A
tal proposito vale l’osservazione di V. Andreoli sull-
individualismo: "...l’individualismo giovanile, Ł una forma di
risarcimento, un tentativo di autodifesa..."
4
. Ci viene confermato
anche dalla ricerca condotta fra il 90 ed il 91 da Pier Giovanni
Grasso su un campione di 1015 giovani, tutti studenti dell’ultimo
anno di liceo classico e scientifico, che riproponeva quesiti o
sottoponeva a verifica dati emersi in una precedente ricerca degli
anni 50. Piø che il confronto tra le due inchieste, Grasso
intendeva mettere a fuoco la "transnazionalit dei quadri
giovanili dei valori", ed esaminando i dati emersi notava una
forte concentrazione su un ideale di vita borghese, con la
tendenza ad assimilare atteggiamenti adulti e a ripiegare
precocemente su valori di sicurezza e comfort ("vivere
liberamente, in casa mia, tra le persone che amo" scelto dal 49,9%
dei giovani intervistati, seguito da "vivere in pace ed il piø
normalmente possibile" scelto dal 18,8% e solo il 15,6% ha scelto
"Consumarsi e distruggere l’oppressione dei poveri e
dell’ingiustizia")
5
. L’ipotesi poi veniva confermata dalla scala
gerarchica dei lavori professionali - rilevata da Paolo Penzo -,
che vedeva all’ultimo posto quello di insegnante e di
sindacalista, ed ai primi posti lavori come quello di ingegnere, o
medico, preferiti sulla base del prestigio e della retribuzione
economica
6
. Il rovescio della medaglia risiede ancora una volta nei
dati preoccupanti del tasso di disoccupazione, che - come scrive
3
G. Tonolo, S. De Pieri, L et incompiuta, op. cit. supra n. 1, p. 197 e ss.
4
V. Andreoli, Giovani, Rizzoli, Milano 1995. p. 37
5
I. Vaccarini, G. Grasso, I valori giovanili nelle societ occidentali,
Aggiornamenti sociali, n.3 Agosto 1984, p. 43
6
G. Tonolo, S. De Pieri, L et incompiuta, op. cit. supra n. 1, p. 155 e ss.
7
D. De Masi nella sua relazione sull’indagine ISTAT - lasciano
intuire l’espansione del numero dei soggetti che hanno a
disposizione "tempo libero" o che accettano lavori dequalificati
7
.
Il 20,5% ha comunque affermato l’essenzialit del lavoro e la
sicurezza dell’impiego come fulcro della propria esistenza
8
.
L’impegno quindi da loro profuso nel cercare lavoro, e nel
lavorare in condizioni di particolare sfruttamento nonostante la
tendenza del mercato ad escluderli, pu dire che l’insistenza sul
presunto fenomeno giovanile di allergia al lavoro Ł sospetta, e
che Ł proprio la generazione adulta a comunicare in modo non
consapevole, un’immagine scoraggiante del lavoro, uno stereotipo
che descrive il lavoro proprio ed altrui soprattutto nei suoi
aspetti deteriori di non realizzazione personale, fatica, e
sacrificio. Il posto fisso non esiste piø, come non esistono le
grandi identit collettive create sulle concentrazioni operaie...
Esiste la fortuna, la "sfiga", la bravura, la furbizia,
l’intelligenza, la sveltezza, l’intuizione. I giovani hanno
imparato che essere nati a Milano invece che a Sarajevo Ł una
questione di fortuna, che l’Eroina "Ł una merda", roba da tossici
anni ’70, e che Ł sicuramente meglio l’Ecstasy, che ti "manda
fuori" ma solo in discoteca, e poi quella tagliata con la morfina
Ł meglio perchØ il down dura di meno
9
.
La droga diventa auto-terapia, nel tentativo di alleviare uno
stato di disagio, di evitare di affrontare compiti particolarmente
difficili, o di riconoscere a se stessi l’impossibilit di
"seguire la moda", "di avere il motorino piø veloce", "di non
riuscire a passare quell’esame"..., esigenze imposte da una
societ che non aspetta
10
. La "non identit " dei giovani Ł un
prodotto, ragionato, studiato e creato. Alcuni, forse piø
disincantati contestano, occupano, intimano la liberazione,
parlano di spazio, di tempi, di reddito, di diritti,...altri, che
meno riescono a sopportare lo stato della loro esistenza ne
fuggono via, tanto che il fenomeno del consumo di sostanze
7
D. De Masi, Giovani e Lavoro, Angeli, Milano, 1993, p. 59.
8
G. B. Toniolo, Gruppi formativi e progettualit , in S. De Pieri, G. Tonolo,
Preadolescenza. Le crescite nascoste, Armando, Roma, 1990, p. 56.
9
M. N. De Luca, Le Tribø dell ecstasy, Theoria, Roma-Napoli, 1996, p. 116.
10
D. Olivieri, Giovani e disagio giovanile, Il Segno, Verona, 1992, p. 139 e ss.
8
stupefacenti sta acquistando dimensioni di massa, diventando
sempre meno un fatto di protesta e di ribellione solitaria ed
"eroica" e sempre piø un fatto di costume e di consumo
11
. Oggi si
riconosce che le tossicodipendenze dilagano in tutti i contesti,
coinvolgendo ragazzi di diverse estrazioni sociali. Assistiamo
anche alla creazione di "musiche" adatte al consumo di droga, di
vestiti da indossare nei raduni Rave, in discoteca, che poi
diventano moda, diventano etichettanti di un gruppo sociale che
dell’uso di sostanze fa il suo "elemento di diversificazione", di
acconciature colorate, perchØ la parola d’ordine Ł "stupire",
"attirare l’attenzione" per non essere piø soli
12
.
Tutto questo non nega per una crescita dell’esperienza giovanile
legata all’associazionismo, realt estremamente flessibile,
dinamica, che ha saputo adattarsi ad una situazione, quella
"postindustriale", che si trova di fronte alla consistente
espansione del tempo libero - genericamente inteso come tempo non
lavorativo o non dedicato allo studio - assistendo parallelamente
alla richiesta di spazi di soddisfazione che trovano minore
realizzazione in ambito lavorativo
13
. L’esperienza associativa,
tende infatti, con le sue proposte e i suoi valori, ad incunearsi
tra questi due orientamenti (l’individualista e quella di perdita
degli ideali), offrendo occasioni di auto-realizzazione personale
e rispondendo alle domande di relazioni intersoggettive
significative.
E’ in questo contesto che si analizza maggiormente il fattore
"disagio". Da soggetto emergente e protagonista il giovane pare
ridursi a soggetto sommerso, ridiscendere nella clandestinit , nei
labirinti dell’anonimato e della instabilit rispetto alla
morfologia ed ai centri dell’organizzazione, della partecipazione,
della comunicazione sociale..."
14
. In questo clima si fa strada la
consapevolezza che i giovani: "...sono in realt un problema degli
11
E. Fizzotti, A. Gismondi, Il suicidio, SEI, Torino, 1991, p. 150 e ss.
12
Cfr. L. Grosso, La discoteca e l astronave, in Animazione Sociale, n. 126
Nov.-Dic. 1994.
13
D. Olivieri, Giovani e disagio giovanile, op. cit. supra n. 10, p. 65 e ss.
14
D. Olivieri, Giovani e disagio giovanile, op. cit. supra n. 10, p. 20.
9
adulti, i quali di fronte ad un incerto futuro si interrogano e
proiettano su di loro le proprie attese...".
15
Disagio Ł forse un termine adottato nell’intento di introdurre un
approccio adeguato a quei comportamenti e a quegli atteggiamenti
giovanili, che pur discostandosi dalle aspettative degli adulti,
non sono interpretabili tout court come trasgressivi o patologici,
ma come dimensione ancora latente di non completa integrazione.
Tale espressione sembra ancora legata alle esigenze di raccogliere
sotto un unico denominatore le variegate forme nelle quali si
esprime oggi un diffuso "malessere" che comprende in sØ
"disadattamento" e "devianza". Concetti fra loro non omogenei.
Infatti il disagio risulta frutto di una condizione di malessere
(il disagio "si sente" ma non necessariamente "si vede"), come una
"domanda non patologica inerente i problemi psicologici,
affettivi, le difficolt di relazione, quelle scolastiche, quelle
famigliari: piø in generale il malessere esistenziale connesso
agli squilibri che il processo di costruzione dell’identit
produce"
16
.
Il disadattamento, la sociologia ci insegna, Ł una relazione
disturbata con uno specifico ambiente, mentre la devianza,
analizzata soprattutto dalla criminologia, si manifesta con un
comportamento che infrange una norma e determina lo stigma
sociale
17
.
Quando trattiamo di "disagio giovanile" intendiamo allora
affrontare i problemi a cui un giovane va incontro nella
transizione all’et adulta, ed i condizionamenti a cui Ł
sottoposto a contatto con la societ complessa. Una condizione di
"difficolt a crescere" che investe la totalit dei giovani e
tende a confondersi con la cosiddetta normalit
18
, e che perci non
pu essere ricondotta ad una categoria distinta; nella realt se
ne possono incontrare innumerevoli forme. Ci sar utile allora
considerare il disagio non come una dimensione dinamica, non come
15
A. Cavalli, De Lillo, Giovani anni 80, Il Mulino/Contemporanea, Bologna 1988
p. 14
16
A. Fabbrini, Melucci, L Et dell oro, adolescenti tra sogno e realt ,
Feltrinelli, Milano 1992, p. 82.
17
V. Andreoli, Giovani, op. cit. supra n. 4, p. 117.
18
G. Tonolo, S. De Pieri, L et incompiuta, op. cit. supra n. 1, p. 206 e ss.
10
uno stato, ma come un processo, un percorso, una serie combinata
di difficolt che deve essere gestita mettendo a frutto le proprie
risorse e le opportunit offerte dall’ambiente. Proprio in questa
tipologia fenomenica rientrano l’approccio alle droghe leggere,
l’uso delle droghe da week-end, la sensazione entusiastica di
benessere che ne deriva, ed il proseguimento della vita normale.
Il disagio resta cos sullo sfondo di una vita apparentemente
normale, come un ricordo remoto od un rischio improbabile,
ampiamente rimpiazzato da esperienze fra cui anche quella di
assunzione di sostanze stupefacenti, che permettono di "ridurre la
complessit ", dando alla vita significati concreti.
Su queste condizioni di sostanziale appagamento su livelli di
progettualit non eccelsi Ł facile accanirsi con giudizi che
peccano di moralismo; infatti il giovane che rientra in questa
dimensione Ł spesso identificato con il cinico consumista. In
realt si tratta di un adattamento prevedibile, che privilegia
l’aderenza alla quotidianit , con pragmatismo e flessibilit .
11
2.1 LA REALTA’ FAMILIARE
2.1.1 Una relazione in mutamento. In un’analisi del disagio
giovanile, non si pu prescindere dall’affrontare in termini
articolati ed approfonditi il notevole processo di evoluzione che
il contesto familiare ha subito all’interno della nostra societ .
Infatti, la famiglia rappresenta a tutt’oggi il luogo piø idoneo
per la formazione dei figli ed il punto di riferimento ideale di
solidariet e di assistenza per l’intera societ .
Quest’istituzione ha vissuto per nel corso degli anni una
profonda trasformazione, in particolare per la diffusione, almeno
nelle regioni di Nord-Est, di un benessere mai goduto fino ad ora,
ed il conseguente superamento della struttura di vita
tradizionale.
Nel rapporto giovani-droga il ruolo della famiglia, la sua
armonia ed il numero dei componenti, rappresentano variabili
importanti, come risulta dall’inchiesta di D. Olivieri, nel libro
Giovani e disagio giovanile, condotta per l’Istituto di Statistica
dell’Universit degli Studi di Verona; i giovani che vivono da
soli e che hanno fatto uso di droghe sono il 23,8%, mentre la
percentuale di coloro che vivono in comunit famigliari piuttosto
estese sale al 29,9%
19
. Il primo caso implica una mancanza di
contatto immediato, continuo e diretto con i genitori. Questo
potrebbe giustificare un vuoto di affettivit che rende piø facile
la ricerca di esperienze pericolose, mentre di fronte alle
famiglie numerose si pu pensare, ad una difficolt maggiore di
affrontare e risolvere i mille problemi che esse richiedono, dati
anche dalla diversit generazionale, capace di contrapporre in
comunit cos estese, giovani adulti ed anziani.
Un elemento essenziale per percepire la qualit della convivenza
all’interno di una famiglia dunque, riguarda il tipo di rapporto
che lega il giovane con gli altri membri del nucleo. Alla
specifica domanda il 53,7% degli intervistati ha definito "Buoni"
i propri rapporti con i genitori, il 36,7% li ha definiti
19
D. Olivieri, Giovani e Disagio giovanile, op. cit. supra n.10, p. 85 Tab. 1.
12
"Discreti"
20
. Sempre dai risultati della ricerca di D. Olivieri
sembra che si stagli in netta evidenza il dato che, per evitare il
consumo, i giovani devono vivere in un ambiente sereno, con buoni
rapporti interpersonali, quali il dialogo, la comprensione, la
solidariet , la condivisione delle gioie e dei dolori. In questi
ambienti, la probabilit di incontrare consumatori appare quasi
dimezzata (3,5%) rispetto a quelli dove la convivenza Ł stata
definita "Discreta" (6.7%). Piø che doppia, invece, per i membri
di famiglie caratterizzate da incomprensione (14,6%) e diviene
preoccupante dove regna l’indifferenza (28,6%)
21
. Questi dati,
seppur numerici, danno la sintomatologia del rischio a cui sono
soggetti i ragazzi inseriti in contesti familiari deteriorati. Un
altro spunto di analisi pu essere dato dalla presenza di uno o di
entrambi i genitori. Dalla ricerca risulta che il 92,1% convive
con entrambi i genitori, il 5,7% solo con la madre e l’1,1% solo
con il padre. Anche in questo caso la disaggregazione consente di
mettere in luce l’importanza della presenza congiunta in famiglia
dei due genitori. In questa situazione il tasso di assunzione di
droga da parte dei figli Ł del 5,7%. Per converso sembra meno
influente la mancanza del padre, 8%, mentre nell’ipotesi contraria
il tasso sale al 10%
22
.
Alessandro Cavalli, analizzando i risultati dell’Indagine Iard su
un campione di 4000 giovani dai 15 ai 24 anni, "estratti in modo
da garantire la rappresentativit statistica dell’universo di
riferimento", nota che "per i giovani la famiglia Ł al vertice
delle cose che contano nella vita" e che ci "vale senza
distinzione di sesso, di condizione sociale, al Nord come al Sud,
tra giovani che lavorano come tra quelli che studiano"
23
. Circa
l’80% dei giovani afferma di stare bene in famiglia - lo conferma
la relazione di sintesi di Matza - anche se danno l’impressione di
una reazione ostile.
24
20
D. Olivieri, Giovani e Disagio giovanile, op. cit. supra n. 10, p. 86
21
D. Olivieri, Giovani e Disagio giovanile, op. cit. supra n. 10, p. 86, Tab, 2
22
Cfr. D. Olivieri, Giovani e disagio giovanile, op. cit. supra n. 10, p.24
23
A. Cavalli, De Lillo, Giovani anni 90, Il Mulino, Bologna 1993, p. 25.
24
D. Matza, Come si diventa devianti, Il Mulino, Bologna 1986, p.32
13
Sembra dunque che la riduzione della famiglia a "casa" od ad
"albergo", dove soddisfare i propri bisogni economici ed
affettivi, sia smentita dai recenti sondaggi. La posizione di
permanenza "forzata" e, ancor piø di rifiuto della famiglia,
sembra essere ridotta ad una ristretta minoranza. Il suo
riconoscimento e la sua accettazione come qualcosa di piø della
"camera di compensazione dei redditi, dei consumi e delle tensioni
individuali", di cui parlava nel 1977 il X Rapporto sulla
situazione sociale del paese, svolto dal CENSIS per conto del
CNEL
25
, sembrano dovuti alla consapevolezza delle gravi difficolt ,
oggettive e soggettive, di realizzare esperienze alternative,
oltre che considerarla come valore che non delude e dove la realt
Ł sicura e rassicurante.
Negli anni ’70 la famiglia veniva infatti condannata ad un
inesorabile declino, o alla piø relegata funzione di "riproduzione
sociale", in particolare la si riteneva esaurita nel suo ruolo.
Successivamente, grazie alla capacit di adattamento, di reazione
e di innovazione che Ł riuscita a trovare in sØ stessa, ed alla
crisi del "Welfare State", si Ł contribuito a recuperare la
consapevolezza del suo ruolo, tanto che quando si chiede ai
giovani piø grandi (21-24 anni) entro quanto tempo prevedono di
realizzare i loro progetti per il futuro, si va incontro a non
poche sorprese; quasi la met dei giovani non prevede di andare a
vivere per conto proprio. La casa dei genitori, lungi dall’essere
un luogo che si vuole lasciare per affermare la propria
indipendenza, resta il territorio dell’infanzia e
dell’adolescenza, un comodo rifugio che si esita ad abbandonare.
26
Su questi migliori rapporti fra giovani e famiglia ha influito
quindi il processo di mutamento in atto della stessa, divenuta piø
tollerante e permissiva di un tempo, specie nei confronti dei
maschi; non Ł piø considerata da coloro che ne fanno parte come
l’unico luogo di appartenenza, data la pluralit di "appartenenze"
e dato "l’allargamento degli ambiti di riferimento relazionale ",
25
Cfr. Quindicinale Censis, 1 Aprile 1977, p. 377
26
V. L. Carminati, R. Ghidelli, Adolescenza sfida e risorsa della famiglia, Vita
e Pensiero, Milano 1993, p.101
14
che spesso la svuotano del suo ruolo di agenzia educativa
primaria
27
.
Anche per quanto riguarda le loro aspettative, i ragazzi
attribuiscono importanza alla famiglia, in vista della
realizzazione del proprio futuro. La maggioranza ha intenzione di
sposarsi e di avere dei figli
28
.
Nota per Cavalli che qualche maggiore difficolt di rapporto con
la famiglia d’origine Ł avvertita dagli studenti-lavoratori,
perchØ il lavoro conferisce loro la sicurezza di non subire troppe
interferenze dei genitori nella vita.
29
Altri autori mettono in
risalto come la maggiore conflittualit sia legata appunto alla
piø intensa comunicazione ed alla maggiore simmetricit dei
rapporti fra genitori e figli, anche se riduttivamente non vengono
affrontati problemi di fondo come scuola, lavoro, politica,...
trattando invece problemi relativi alla moda, alle uscite serali,
all’impiego del denaro,...mentre il sesso risulta quasi un "tabø"
per le met delle famiglie Italiane
30
. Ci non fa altro che
confermare quanto gi detto nei dati sopra espressi; mancando una
funzione affettiva della famiglia, oltre che quella dialettica, di
confronto intergenerazionale, e, di trasmissione dei valori di
socializzazione, i soggetti piø deboli, piø indifesi, piø
indecisi, finiscono talora per avvertire dei sintomi di malessere.
Il consumo di sostanze pericolose sembra, almeno in molti casi, un
segnale idoneo ad identificarli.
Si pu dire che, dal punto di vista educativo, l’atteggiamento
prevalente dei genitori e degli adulti in genere, dopo essere
stato a lungo il "lasciar fare", tenda negli ultimi anni ad
oscillare incoerentemente fra autoritarismo, e permissivismo. Al
posto della dialettica fra autorit degli adulti ed emergente
soggettivit dei giovani, si Ł instaurata una reciproca
"indifferenza", non solo per l’impoverimento dei rapporti
interpersonali, ma anche per l’irrigidimento dei comportamenti.
Prevale infatti il sistema sociale con i suoi ruoli di produzione
e di consumo sulle relazioni familiari, ma soprattutto manca il
27
A. Cavalli, De Lillo, Giovani annni 90, op. cit. supra nt. 23, p.25
28
D. Olivieri, Giovani e disagio giovanile, op. cit. supra nt. 10, p. 24
29
Cfr. A. Cavalli, De Lillo, Giovani anni 90 , op. cit. supra nt. 23 , p.107
15
coraggio degli adulti ad essere tali, per l’abdicazione dalla loro
funzione, che dovrebbe essere quella di sostenere la "dipendenza"
dei ragazzi dalla famiglia e di confrontarsi con la nascente
"indipendenza" degli adolescenti e dei giovani.
Certo Ł che i grandi cambiamenti che hanno caratterizzato la
nostra societ , hanno portato in particolare ad una crisi della
famiglia-unita-patriarcale depauperata numericamente, lasciando
spazio alla famiglia "nucleare". Secondo i sociologi V. Fontana e
G. Tonolo, una delle caratteristiche principali di questa
metamorfosi riguarderebbe il lento declino di miti quali la
sicurezza, l’affetto, la solidariet , la partecipazione, la
comprensione, che costituivano le fondamenta dei rapporti
familiari patriarcali. Si Ł assistito quindi ad un cambiamento
delle relazioni sociali, permettendo un sistema di ruoli piø
flessibile, con coppie che hanno cominciato ad abbandonare metodi
di insegnamento e di educazione a lungo seguiti
31
.
Il consistente cambiamento nell’organizzazione famigliare, con
entrambi i genitori spesso assenti perchØ impegnati fuori casa per
lavoro, le modificazioni nella gerarchia dei valori, la
flessibilit e reversibilit dei ruoli, il ricambio generazionale,
le tante contraddizioni dell’intero sistema sociale, hanno
concentrato nel nucleo famigliare molti elementi di disagio, di
difficolt e di crisi. Di qui il modificarsi di tempo, di energie
e risorse da dedicare ai figli. Ci pu generare distacco,
sfiducia od addirittura rifiuto da parte delle generazioni dei piø
giovani verso i valori tradizionali, e dal versante opposto
smarrimento ed incertezza fra gli stessi genitori nei confronti
dei valori da trasmettere
32
. La stessa presenza di numerose
strutture fuori dal nucleo famigliare, alle quali si delega talune
funzioni educative, fa si che si generino individui sottomessi ed
autocentrici, scarsamente autonomi e comunicativi, che promuovono
azioni autodistruttive, o di ricerca quasi sfrenata del piacere e
di quell’appagamento che non trovano altrove
33
.
30
A. Cavalli, De Lillo, Giovani anni 90 , op. cit. supra nt. 23, p.106
31
Cfr. V. Fontana, G. Tonolo, Adolescenti e famiglia, in G. Tonolo, S. De Pieri,
L’et incompiuta, op. cit. supra nt. 1, p. 122 e ss.
32
D. Olivieri, Giovani e disagio giovanile, op. cit supra nt. 10, p. 48,.
33
V. Andreoli, Giovani, op. cit. supra nt. 4, p.128