Introduzione
Si può parlare di giornali in termini di politica, di libertà
dell’informazione, in termini d’innovazione tecnologica, di economia e
via dicendo. Il termine in cui desidero affrontare la questione, riguarda
però un altro aspetto. Il mondo delle lettere, della letteratura, ha da
sempre esercitato nei miei confronti un richiamo particolare. Affascinato
dalle opere dei più grandi, dal legame che si può creare fra le parole
semplicemente disponendole in un modo al quale nessuno avesse mai
pensato prima. Un modo tale da dovere la sua forza al suo risultare
quasi banale, ovvio, e che in questo trova la sua più grande difficoltà.
Affascinato soprattutto dalla via di fuga dalla mortalità che la letteratura
offre, mi sono avvicinato alla materia attraverso tutti i modi possibili,
leggendo, scrivendo e studiandone la critica. Ed è proprio alle antologie
che devo lo spunto per questa tesi. E’ possibile notare infatti come
spesso e volentieri il mondo letterato nel suo senso più puro,
incontaminato, guardi a tutto ciò che non gli appartiene nella maniera
più pertinente, attraverso un certo snobismo. Sono invece convinto che
la Letteratura, intesa come forma d’arte, quella per intenderci in grado
di sopravvivere al tempo, non debba obbligatoriamente trovar residenza
all’interno delle cattedrali delle lettere.
Giornalismo e letteratura vivono da sempre una relazione
complessa, nonostante le loro diverse funzioni, entrambi lavorano sulla
stessa materia, usano la lingua per dire, per raccontare. La letteratura
contempla, guarda al passato e immagina il futuro; il giornalismo
informa, è attualità. Tra queste due forme di espressione c'è sempre
stato uno stretto rapporto di convivenza, nel tempo altalenante, con
punti fondamentali d'incontro, e senza dubbio alcuno si tratta di un
rapporto sorto per motivi tutt'altro che casuali. L'avvicinarsi del
giornalismo alla letteratura si può, sicuramente, definire istintivo, sia dal
punto di vista della scrittura sia da quello dei contenuti. Le tappe di
questo percorso giornalistico-letterario, che ha origine lontane, sono
tante e si allineano lungo un arco di oltre tre secoli. C'è un rapporto
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dinamico che cambia, condizionato dalle situazioni storiche da cui è
impossibile prescindere e che si adegua alle esigenze del giornalismo da
una parte e alle tendenze letterarie dall'altra. Giornalismo e letteratura
si mescolano fino, e soprattutto, dalle prime gazzette, e, a prescindere
dalle infinite discussioni fra giornalisti e letterati allo scopo di tracciare
tanto inutili quanto sommarie linee di confine, si può dire che l'incontro
tra letteratura e giornalismo sia stato comunque prezioso. Il legame fra i
due poli, che potrebbe tranquillamente dirsi indissolubile, ha portato
benefici a entrambi. Il giornale ha potuto beneficiare della creatività,
dello stile, ma cosa più importante, del modo di pensare in riferimento
alla parola tipico del mondo letterario. La letteratura, dal canto suo,
anche se nelle sue accezioni più ottusamente chiuse fatica a
riconoscerlo, ha invece trovato nel giornale uno strumento di diffusione
quale l’editoria libraia non era mai stata in grado d’offrire. L’intrecciarsi
di questi due mondi della parola, ha portato in diversi casi alla creazione
di forme ibride, come ad esempio è avvenuto attraverso la terza pagina,
argomento che troverà ampia trattazione più avanti, o all’interno di
figure come quelle degli Scrittori-Giornalisti e dei Giornalisti-Scrittori.
Anche se a prima vista sembrerebbe trattarsi della medesima persona è
opportuno precisare che mentre i primi li potremmo definire come
scrittori prestati al giornalismo. Professionisti che, senza conoscere il
mestiere, con un atteggiamento istintivo, scrivono senza tradire il
proprio stile di narratore. I secondi sono quei giornalisti capaci di
trasformare l'attualità in pagine di antologia, che cominciano a parlare di
stile, strutture narrative, creatività. Basti pensare ai reportage di guerra
di Moravia o di Oriana Fallaci dal Vietnam, fino ad arrivare ad
Hemingway, Dos Passos, Calvino, Vittoriani. La lista potrebbe
proseguire, passando per figure come quelle di Capote, Buzzati( del
quale ricordiamo una memorabile descrizione del giro d’Italia del 1949
per le strade della Cassino da ricostruire), ma anche Vergani ed Ometti
“letterati” nati dal e con il giornalismo, all’interno del quale sono stati in
grado di forgiare il proprio talento.
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Detto questo, è necessario precisare che differenze fra i due
mondi sono esistite e continueranno a esistere. Innanzitutto il rapporto
non è perfettamente speculare. Il giornalismo, infatti, si è sempre
ispirato alla letteratura, fin dalla sua nascita, la letteratura, dal canto
suo, non ripaga il giornalismo con la stessa moneta. Nella critica, nella
storia letteraria la letteratura non ha mai riconosciuto il giornalismo
come una possibile forma letteraria o di scrittura esteticamente valida.
Inoltre il mondo giornalistico è giudicato per il suo ambiente e per i suoi
protagonisti, come un mondo senza ideali, valori e senza scrupoli. Ne
abbiamo esempi in romanzi come “Bel ami di Guy” de Maupassant o ne
“Le illusioni perdute” di Balzac, esempi di giornalismo vissuto,
testimonianze di una relazione che si risolve in conflitto. Senza
considerare il modo in cui Oscar Wilde fosse solito giudicare il
giornalismo: “La differenza tra la letteratura e il giornalismo? Il
giornalismo è illeggibile e la letteratura non è letta”
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. Affermazione, nella
sua durezza capace di sottolineare allo stesso tempo sia quanto per
l’autore siano i due mondi distanti, ma anche quanto l’uno abbia bisogno
dell’altro. Indro Montanelli, scrittore tanto quanto autentico giornalista,
era solito ricondurre le distanze fra i due mondi ad una sola dicotomia:
“Scrivendo si lavora per l’eternità o per la giornata. Se si lavora per la
giornata, la sera lo scritto si butta via e s’intasca il compenso; se si
lavora per l’eternità, non c’è bisogno di ricorrere ad un foglio di carta,
così fragile e di corta vita come il giornale.
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”
Inoltre esistono limiti ben più materiali fra i due mondi. Il
giornale, data la sua pubblicazione quotidiana, è di per se nido di un
numero non indifferente di nemici della letteratura e del bello scrivere:
la fretta, lo spazio compresso, l’obbligo dell’attualità, il gusto comune, le
mode...Mentre la letteratura ha il compito di fornire all’uomo gli
strumenti per rapportare se stesso con la realtà che lo circonda, il
giornale ha il compito di raccontarla quella realtà, il lettore vuole vedere
come il giornale ha trattato quella realtà come l’ha inquadrata all’interno
dell’arco di tempo rappresentato dal giorno precedente. Il lettore del
giornale sa, anche inconsapevolmente, meglio del lettore del libro il
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motivo che l’ha spinto a leggere. Questo perché il lettore di giornale, a
differenza di quello di un libro, sa cosa cerca, le prime notizie che
cerchiamo la mattina sono quelle che già conosciamo, inoltre il lettore di
giornale da al suo autore un feed-back quotidiano, cosa che il lettore di
libro non può fare. Ma la più grande differenza che passa fra i due
mondi, è riconducibile ad un solo elemento: il tempo. E’ il tempo a
delineare i confini, ad evidenziare in maniera marcata cosa può definirsi
giornalismo e cosa può definirsi letteratura. Pensiamo innanzitutto ai
luoghi dove giornalismo e letteratura si conservano, o meglio vengono
consumati. Se infatti i libri si conservano in luoghi come le biblioteche, i
giornali trovano collocazione all’interno delle edicole. Costruzioni
certamente meno nobili e sicuramente più effimere. Le parole del
giornale poi, debbono essere diverse da quelle del libro, devono
tallonare la realtà, il tempo, raccontare le cose, quelle della letteratura
cercano invece di staccarsene. L’informazione nasce dalle cose, ha
radice immediata nella realtà, la letteratura invece può staccarsi da
essa. Ed è per questo forse fatale che, il giornale, che tallona così
strettamente il tempo dal tempo stesso venga subito cancellato.Troppo
crudele il tempo? Forse si, ma è anche vero che il giornale, volendo
corrergli a fianco, cerchi d’imporgli un fotogramma d’immobilità. Come
si potrebbe altrimenti apprezzarne l’operato? E’ovvio che si tratti di una
sfida persa in partenza. Mentre la Letteratura, capace di tenerlo ad
orgogliosa distanza, ne ricava rispetto e qualche volta salvezza.
Insomma il tempo brucia chi gli corre dietro come il giornale, ormai
arrivato grazie a internet quasi alla sovrapposizione con il tempo stesso.
Nei confronti della letteratura invece il tempo può agire lentamente e
magari pure con perfidia esemplare, ma con quella tenacia che però
sottolinea rispetto e considerazione. Il tempo solo in definitiva è l’unico
elemento capace di tracciare una linea netta all’interno di ciò che può
definirsi letteratura e ciò che invece può definirsi giornalismo.
Data l’importanza che il tempo ricopre all’interno della mia trattazione,
la stessa non poteva cominciare, se non da un’attenta analisi di come
giornalismo e letteratura sono andati ad intrecciarsi all’interno della
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storia. L’arco di tempo preso in considerazione comincia a partire
dall’uscita delle prime gazzette a pubblicazione regolare (“Leipziger
Zeitung” (1660)) fino ai giorni nostri. Ampio spazio verrà dedicato alle
vicende della terza pagina, invenzione tipicamente italiana, dove
giornalismo e letteratura sono andati a mescolarsi in modo quasi
inscindibile. Se all’interno della sezione storica verrà messo in evidenza
quanto la figura del letterato e di conseguenza le lettere siano stati
importanti, all’interno della creazione e diffusione dei giornali; le ultime
due sezioni della tesi affronteranno invece l’aspetto inerente ai benefici,
in termini di diffusione che la letteratura ha potuto sfruttare attraverso i
giornali. Parlerò de “La Lettura”, periodico del “Corriere della Sera”
pubblicato a scadenza mensile a partire dal gennaio del 1901 fino
all’ottobre del 1952. Tratterò infine del Romanzo d’appendice, forse il
miglior esempio di come giornali e lettere abbiano saputo collaborare
trovando reciproca soddisfazione. Il Romanzo d’appendice, garantendo
agli scrittori un mezzo capace d’arrivare dove non era possibile
permettersi libri, consentiva altresì al giornale di raggiungere le masse,
vincolandole poi, attraverso quel meccanismo che oggigiorno
definiremmo tipico della fiction o delle telenovela.
1
OSCAR WILDE, Aforismi, A CURA DI ALEX R. FALZON, MONDADORI, 2000
2
CLAUDIO MARABINI (1995), Letteratura Bastarda. Giornalismo, narrativa e terza
pagina. Camunia editrice srl.
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