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tuttavia, narra i timori del popolo per la violenza con cui si giocava al pallone durante il
carnevale. In Francia, nello stesso periodo, si giocava esclusivamente con i piedi e in
modo assai violento: "la savate". Una lettera di grazia (1374), per il paese di Chanuy in
Francia, parla della "soule" come di contesa col pallone da lungo tempo praticata tra
villaggi. Ma la città dove il gioco del calcio ebbe il massimo fulgore fu la Firenze
medicea. Il vocabolario della Crusca, edito a Venezia nel secolo XVIII, dà del gioco del
calcio questa definizione: «È calcio anche nome di gioco, proprio e antico della città di
Firenze, a guisa di battaglia ordinata con una palla a vento, somigliante alla
sferomachia, passata dai Greci ai Latini e dai Latini a noi». Il calcio fiorentino, assai
diffuso a quei tempi, dava luogo a incontri ufficiali nelle grandi ricorrenze tra i partiti
dei "verdi" e dei "bianchi", rispettivamente della riva sinistra e destra dell'Arno. Il
campo di gioco era Piazza Santa Croce ed il partito che vinceva si appropriava delle
insegne avversarie.
Ogni partito era formato da 27 giocatori: 15, divisi in tre gruppi di 5, formavano la linea
degli "innanzi" che aveva compiti di attacco; 5, chiamati "sconciatori", formavano la
seconda linea e avevano il compito d'intralciare le manovre avversarie; 4 componevano
la terza linea ed erano i "datori innanzi", rilanciavano cioè la palla verso gli "innanzi"; 3,
infine, formavano l'estrema linea dei "datori indietro", che impedivano agli "innanzi"
avversari di raggiungere con la palla il fondo del campo e conquistare una "caccia".
Attualmente quell'antico gioco è ricordato a Firenze, ogni anno, con una fedele
ricostruzione in costume. Nel secolo XVII un gioco simile al calcio fiorentino si
praticava anche a Venezia e Bologna, dove però era stato proibito nel 1580.
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1.2 Inghilterra: culla del football
In Inghilterra, invece, Giacomo I Stuart, promulgando la Declaration of Sports, aboliva
nel 1617 divieti e restrizioni che avevano colpito il calcio, favorendone così la rapida
diffusione, specie nei colleges. Nel 1820 il calcio aveva già regole simili a quelle
moderne, tra le quali quella del fuorigioco, ma se ne osservavano di differenti da luogo
a luogo. Un primo tentativo di unificazione si ebbe con le "14 regole" di Cambridge
(1848), ma è solo nel 1863, precisamente il 26 ottobre, che il calcio nasce ufficialmente.
La strada è la Great Queen Street, il luogo è la Free Mason’s Tavern (la taverna dei
Framassoni o dei Liberi Muratori).Qui si danno appuntamento i rappresentanti di undici
club e associazioni sportive londinesi per creare una struttura unitaria che prenderà il
nome di Football Association. Scopo primario è codificare in maniera organica e
omogenea il nuovo gioco. Il regolamento che scaturisce dall’incontro mostra però un
evidente compromesso con lo sport per eccellenza nel mondo anglosassone che già
allora andava sotto il nome di “football”: il rugby. Queste influenze, infatti, rendono il
gioco ancora molto diverso da ciò che diverrà nell’arco di pochi anni, consentendo ad
esempio al giocatore di correre con la palla in mano o di caricare l’avversario. Ben
presto nascono obiezioni e il 24 novembre dello stesso anno i membri della Football
Association si riuniscono nuovamente. Due opposte fazioni si scontrano: da un lato
Mister Morley (segretario dell’associazione), deciso ad eliminare la matrice rugbystica
del nuovo gioco, dall’altro Mister Campbell (Presidente del club Blackheat), estremo
difensore di quella impostazione. Sono le ragioni del segretario ad imporsi ed il
successivo 8 dicembre vengono apportate sostanziali modifiche al regolamento, nessun
giocatore infatti potrà correre con la palla tra le mani o caricare l’avversario. Il calcio,
come oggi l’intendiamo, ha finalmente intrapreso la sua strada.
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A differenza degli esordi, che quasi non vedevano alcuna distinzione di ruoli tra i
giocatori, con il trascorrere degli anni nascono poco a poco "specializzazioni" che
porteranno ad una sommaria distinzione tra attaccanti e difensori. E’ questo il periodo in
cui si tende ad equilibrare la sbilanciamento in avanti delle squadre e il risultato più
evidente è l’arretramento di tre attaccanti: i mediani. Ma è con gli inizi del 1880 che lo
schieramento in campo assume quell’impostazione ben presto diffusa in tutto il mondo
costituita da un portiere, due terzini, tre mediani e cinque attaccanti. Nel 1871, intanto,
vengono codificate le dimensioni del pallone e nasce la federazione scozzese e nel 1875
è la volta di quella gallese. Solo tre anni più tardi un arbitro utilizzerà per la prima volta
un fischietto per dirigere una gara.
Notevoli e rapidi progressi si ebbero poi anche nei materiali usati per costruire il
pallone. Tutti i giochi con la palla infatti fino al XIX secolo furono condizionati dai
limiti tecnici della loro oggettistica: l’insicura elasticità delle vesciche di animali, la
scarsa sensibilità delle sfere di tela riempite di turaccioli, la difficoltà di reperire
sostanze espansive. La rivoluzione merceologica fu compiuta dall’avvento del caucciù,
che gli inglesi trapiantarono dalle foreste sudamericane nei loro possedimenti
dell’Oceano Indiano. L’invenzione della camera d’aria rese poi possibile un notevole
progresso nel controllo e nella mobilita’ della sfera. Nel 1880 si aggiunge un’altra
federazione alle tre già esistenti: quella irlandese. Sei anni dopo, nel 1886, viene fondato
l’International Football Association Board (IFAB),organo costituito dalle quattro
federazioni britanniche con il compito di far rispettare le regole del gioco e se
necessario, di apportarvi modifiche. Tale organo è tuttora in vigore ed è l’unico a
decidere in tema di regolamento del gioco. Sempre nel 1886 viene ufficialmente
riconosciuto il professionismo sportivo: i calciatori sono cioè equiparati alle altre
categorie di lavoratori e devono conseguentemente percepire un compenso per l’opera
prestata.
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Una decisione che provoca dure reazioni da parte di alcuni ambienti che, nel 1907,
daranno vita ad un’altra associazione. Nel 1890 le porte sono finalmente dotate di reti,
una innovazione importante basata sul brevetto di un cittadino di Liverpool: Mister
Broodie. Due anni più tardi fa la sua comparsa il rigore.
In Gran Bretagna il calcio si era ormai consacrato come fenomeno sportivo e sociale,
capace di coinvolgere migliaia di spettatori e affollare gli stadi. Alla finale di F.A. Cup
nel 1887 erano presenti 27.000 spettatori, che sarebbero diventati 110.000 quattro anni
più tardi. Alla passione degli studenti si aggiunse quella degli imprenditori. Questi
ultimi rimasti estranei ai primi passi del nuovo gioco, se ne erano innamorati solo
quando esso aveva completato le sue strutture formali. Contribuendo così alla
costruzione degli stadi, al finanziamento dei club, alla nascita del primo mecenatismo
sportivo al mondo.
Al football si erano orami avvicinati anche i ceti medi e i colletti bianchi delle
manifatture e delle banche, meno entusiasta era invece rimasto il mondo delle
professioni liberali, mentre quello degli intellettuali appariva abbastanza diviso, famosa
al riguardo è l’invettiva del Nobel Kipling contro gli entusiastici sostenitori del nuovo
sport :”voi che saziate le vostre piccole anime con gli idioti fangosi del football”.
Nonostante ciò il calcio era orami in grande ascesa in tutto il regno, pronto per varcare i
confini nazionali e diffondersi in tutta Europa.
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Cap 2:
Il calcio in Italia
2.1 Il Pallone arriva in Italia
Non vi è alcun documento che permetta di dare una data certa e precisa alla nascita del
football in Italia. Risalgono al 1886 le prime vaghe notizie di alcuni matches giocati tra
equipaggi della marina britannica a Genova, Livorno, Napoli e Palermo. Si trattava di
marinai della marina mercantile o più spesso di militari della marina militare.
La memoria storica del primo insediamento del calcio in Italia conduce a Torino. L’ex
capitale del regno aveva una antica e radicata tradizione di cultura fisica ed era inoltre
un importante centro di transito del commercio estero, residenza di numerosi agenti
italiani e stranieri di società commerciali inglesi e svizzere.
Il primo nome del calcio italiano, secondo alcune fonti, fu quello di Edoardo Bosio.
Nato a Torino nel 1864, dopo aver conseguito il diploma di ragioneria, aveva
cominciato a lavorare in una ditta britannica di prodotti tessili: la Thomas Adams di
Nottingham. I suoi impegni di lavoro gli diedero l’opportunità di un lungo soggiorno in
Inghilterra, durante il quale ebbe la possibilità di frequentare assiduamente gli ambienti
calcistici di oltre Manica. Tornato a Torino nel 1887 d’intesa con i colleghi inglesi della
filiale della sua ditta e con le sue amicizie giovanili decise di creare un gruppo sportivo
dedito al canottaggio d’estate ed al football d’inverno. Secondo la tradizione, l’iniziativa
di Bosio si incrociò con quella di alcuni giovani esponenti dell’aristocrazia sportiva
piemontese che praticavano lo stesso gioco e che facevano capo al principe Luigi di
Savoia, duca degli Abruzzi, e al marchese Alfonso Ferrero di Ventimiglia.
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Nacque così nel 1881 la prima società di calcio italiana, l’International Football Club di
Torino, la cui denominazione derivava dal fatto che nella squadra potevano giocare
persone di varia nazionalità. Questa società fu una delle poche che praticò fin dalle
origini la sola specialità del calcio, secondo una singolarità che si ripeté nel 1894 con la
nascita del Football Club Torinese. Intanto nel 1893 era sorto per opera di G.D. Fawcus
per concessione del console britannico Mister Payton, il Genoa Cricket and Athletic
Club un insediamento sportivo riservato rigorosamente ai residenti inglesi nella città
ligure. Qui però il calcio non ebbe alcun ruolo fino al 1897, quando giunse a Genova
James R. Spensley, medico di una compagnia inglese con qualche esperienza del
football dei college universitari della sua terra.
Fu, infatti, lo stesso Spensley aiutato da Edoardo Pasteur a introdurre in quell’anno il
calcio nel club genovese. Il primo incontro storico ha luogo a Ponte Carrega il 6
gennaio 1898 fra il Genoa e l’Internazional di Torino. Autore dell’unico gol fu un certo
Savage del quale non si sa praticamente nulla, neppure la squadra di appartenenza. E'
possibile pubblicare la “ relazione finanziaria “
1
di quella storica partita:
ENTRATE
154 biglietti ingesso a L.1 L. 154
84 sedie numerate a L. 1 L. 84
23 ingressi soci a metà prezzo L. 11,50
6 ingressi al signor Fawcus L. 6
5 ingressi al signor Gianello L. 5
12 ingressi al signor Blake L. 12
4 ingressi al sigg. Grenet e Bown L. 4
4 ingressi al signor Spensley L. 4
Totale entrate L. 280,50
1
Fonte Ghirelli, Storia del calcio in Italia, Einaudi, Torino 1990
8
USCITE
Tram L. 2.90
Permesso in carta bollata L. 7,20
Tassa spettacoli L. 8
Lavori sul campo L. 3
Lavori terreno L. 13
Custode L. 1
Affitto sedie L. 40
Bigliettai L. 18
taglio erba L. 25
Servizio polizia L. 5
Piccole spese L. 2,40
Timbro gomma L. 5
Al signor Perasso per orifiamme L. 8
Rinfreschi L. 1,45
Sig. Blake, trasporto L. 0,20
Fischietto L. 2,50
Biglietti L. 13
Al signor Fawcus,segretario L. 3,40
Totale uscite L. 179,05
Differenza attiva L. 101,45
2.2 La Federazione Italiana del Football
Tre mesi dopo il 15 marzo 1898 nasce la Federazione Italiana del Football, con sede a
Torino. Tra le società fondatrici c’era anche la Società Ginnastica di Torino, di cui era
allora Vicepresidente colui che divenne il primo Presidente del calcio italiano: il conte
Enrico D’Ovidio. Oltre a questa vi aderiscono altre tre società: il Genoa, il F.C.
Torinese e l’Internazionale di Torino. Non ritennero di aderire e quindi non
parteciparono al primo campionato italiano altre società come l’Alessandria e la
Mediolanum di Milano.
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Il primo campionato fu disputato in un sola giornata l’8 maggio e consacrò il Genoa
vincitore. La prima partita ebbe inizio alle nove del mattino, la seconda semifinale alle
undici e nel pomeriggio la finale. Nell'atto conclusivo della giornata, alla presenza di
un centinaio di spettatori con un incasso di 197 lire, il Genoa in maglia bianca con
striscia rossa si impose sull’Internazionale di Torino, diventando così la prima squadra
“campione d’Italia”
2.3 Il calcio milanese
A Milano il calcio inizia ufficialmente sotto il nome di Mediolanum. Ben presto però,
esattamente il 18 dicembre 1899, gli si affianca un'altra squadra: il Milan Cricket and
Football Club (la data del battesimo ufficiale risale invece al 15 gennaio 1900). Campo
di gioco è il Trotter, un’area senza recinzioni e senza porte, dove più tardi sarebbe sorta
la Stazione Centrale. Proprio qui l’undici milanista colora per la prima volta la scena
calcistica, indossando una camicia a strisce rossonere chiusa da un colletto rigido,
pantaloni bianchi, calzettoni rossi e un cappello a righe. L’esordio avviene l’11 marzo
1900. I "diavoli meneghini" battendo con una doppietta la Mediolanum, si aggiudicano
la medaglia del Re ed il primo derby della storia milanese. La nuova compagine si
impone dunque come migliore immagine calcistica all’ombra della Madonnina e ben
presto fa sentire la sua presenza anche in campionato, contrastando lo strapotere di
squadre come Torino, Juventus e Genoa, diventando campione d’Italia nel 1901 e
ripetendosi nel 1906 e nell’anno successivo.
Giungiamo così al 1908, tempo di novità e profonde trasformazioni che stanno ormai
cambiando il calcio radicalmente, allontanandolo sempre di più dall’originaria aurea
pionieristica. Il suo diffondersi continuo ed il coinvolgere fasce sempre più vaste di
pubblico richiedono infatti nuove regole. La federazione pone allora il veto al
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tesseramento di giocatori stranieri, ma Milan, Genoa e Torino rifiutano. Tre storiche
maglie scompaiono così dalle domeniche italiane e presto, dopo solo due giornate,
anche la Juventus opta per il ritiro. La scomparsa di queste società favorì l'ascesa di
altri club, su tutti la Pro Vercelli, fondata nel 1892 da Marcello Bertinetti.
Per il Milan Cricket and Football Club, che nel 1905 si era trasformato in Milan
Football Club, è una stagione estremamente difficile, sospesa tra una forzata inattività e
crescenti malumori interni. Il 10 Marzo 1908, un quotidiano annuncia l’epilogo della
crisi rossonera: "ci perviene l’annuncio che alcuni soci dissidenti della società calcistica
Milan Football Club si sono riuniti ieri sera in una sala del ristorante Orologio per dare
vita ad una nuova società che si denominerà Football Club Internazionale Milano". A
guidare questa scissione è il pittore Giorgio Muggiani e sarà proprio lui a disegnare il
simbolo di un squadra destinata a lasciare un segno fondamentale nel panorama
calcistico mondiale.
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Cap 3:
Nasce l’Internazionale
3.1 Le origini
Avventurosi e romantici furono gli anni d’avvio per l’Inter, che grazie anche agli
aristocratici personaggi che ne avevano promosso la fondazione acquistò ben presto
rispetto e nobiltà calcistica. Il primo Presidente della storia nerazzurra, eletto per
acclamazione, fu Giovanni Paramithiotti. Giorgio Muggiani assunse invece la carica di
segretario. Fatta dunque la società, cominciava così il lungo cammino di una delle più
importanti squadre calcistiche mondiali.
La prima squadra ad essere allestita era quasi formata esclusivamente da stranieri,
d'altronde la scelta stessa del nome “internazionale” è da imputare alla volontà di
lasciare aperte le porte ai giocatori d’oltralpe. Proprio tra questi fu tra l’altro scelto il
primo capitano: lo svizzero Erner Mantkl.
Il primo terreno di gioco trovato dalla società fu uno piccolo spiazzo in Ripa Ticinese,
sulle rive del Naviglio. Il rigido inverno del 1908 obbligò però la società a cercare
subito nuove soluzioni. Attraverso la mediazione delle autorità cittadine, i dirigenti
nerazzurri ottennero alla vigilia della stagione 1909 di poter far giocare la squadra
all’Arena, vecchia roccaforte milanista. Confermata la disponibilità dell’Arena,
nonostante i problemi sollevati dalla indispettita dirigenza rossonera, i nerazzurri si
iscrivono al loro primo campionato, che non li vedrà comunque recitare un ruolo di
primo piano. La stagione successiva l’Inter si presenta riveduta e corretta in tutti i suoi
reparti e finalmente più competitiva. Anche se l’avvio non è dei più brillanti la squadra
si dimostra da subito ben strutturata, tanto da essere in testa ad una sola giornata dal
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termine del torneo. Per vincere il suo primo scudetto le basterebbe pareggiare a Genova,
dove invece viene travolta 4-0, permettendo così alla Pro Vercelli campione in carica
l’aggancio.
La Federcalcio con una decisione sorprendente sceglie di far giocare la partita a Milano
il 24 di aprile. Naturalmente la squadra piemontese contesta la scelta. La protesta
riguarda soprattutto la data a causa della concomitanza di una partita della nazionale,
alla quale la Pro Vercelli offre in quel momento un grosso contributo di uomini. La
Federcalcio da il suo benestare però solo per il cambio di campo, ma non quello della
data. Per protesta il 24 aprile a Vercelli la società manda in campo la squadra ragazzi
che viene travolta dall’Inter di Fossati 10-3. L’Inter dunque è campione d’Italia per la
prima volta nella sua storia, ma l’amarezza per quella vittoria contro dei ragazzini non
le permette di gioire fino in fondo.
Il titolo di campione porta grande euforia in tutto l'ambiente nerazzurro. Intanto al
livello societario Paramithiotti dopo aver tracciato la strada, aveva lasciato il comando
della società a Ettore Strauss e da questi il testimone era poi passato a Carlo De
Medici. La vittoria di quel gruppo fu però sopravvalutata dai dirigenti dell'epoca e ciò fu
pagato a caro prezzo con alcune stagioni di totale anonimato. I dirigenti interisti non
furono infatti in grado di comprendere le rapide trasformazioni del gioco del calcio, che
vedeva sempre più la tecnica sovrastare il pur pregevole agonismo dei primi pionieri.
Tra il 1910 e il 1914 si registrò a livello nazionale la prima impennata di pubblico.
Certo era ancora poca cosa, specie se confrontata con le grandi folle sportive del
ciclismo (il 30 maggio 1909, quando Milano non superava i 600 mila abitanti, 100 mila
persone avevano assistito alla fasi di arrivo del primo Giro d’Italia), ma già si
intravedeva la sicura tendenza alla crescita.
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Nell’incontro inaugurale del campo di Marassi, (primo impianto sportivo italiano
costruito esclusivamente per il football) giocato a Genova il 23 gennaio 1911 tra il
Genoa e l’Internazionale di Milano, si contavano infatti quasi 4000 spettatori.
3.2 I fratelli Cevenini
In quegli stessi anni sulla massima poltrona nerazzurra si alternarono ben quattro
presidenti, a De Medici era subentrato Emilio Hirzel, a questi Luigi Ansbcher ed infine
il comando era passato nelle mani di Giuseppe Visconti di Modrone. Proprio sotto la
sua presidenza si registrò il primo clamoroso colpo di mercato della storia del nostro
calcio: l’acquisto in blocco dal Milan dei fratelli Cevenini. Il più forte dei quali, Luigi
detto Zizì, ebbe un ingaggio di 500 lire al mese passando alla storia come il giocatore
più pagato di un epoca dove quasi tutti pagavano per giocare. L’arrivo dei Cevenini
coincise con quello di nuovi soci e ciò diede finalmente la possibilità di risolvere anche
la questione del campo. A partire dal 1913 la squadra giocava infatti in un campo di
Via Goldoni, vicino la ferrovia, ed erano i giocatori stessi a curarne la manutenzione.
L’Inter dunque, grazie alla ”fuga” dal Milan dei cinque fratelli Cevenini, era riuscita a
sistemare le cose sia dal punto di vista finanziario che puramente tecnico, tanto da
essere accreditata da molti come l’unica squadra in grado di contrastare lo strapotere
della ormai "mitica" Pro Vercelli. Ma alle porte d’Italia c’è purtroppo la guerra, la
Grande Guerra. Dall’Inter, così come da tutte le altre società, furono molti i giovani a
partire per il fronte e a non farvi mai più ritorno. In via Goldoni all’ingresso del campo,
alla fine del conflitto in onore dei caduti venne affisso un elenco di ben 26 nomi.
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3.3 Il primo dopoguerra
Ovunque si cerca di ricostruire e di ritornare a quella normalità pre-bellica, fatta anche
di sport e di calcio. L’Inter si trova in pratica a ricominciare daccapo, priva addirittura
dello stesso campo di gioco, quello in via Goldoni era infatti orami semidistrutto. Al
vertice della società il posto di Giuseppe Visconti di Modrone fu preso da Giorgio
Hulss. Il nuovo presidente decise di rifondare la squadra attorno al portiere Campelli e
al solito Zizì Cevenini, divenuto ormai una vera e propria bandiera della società. Siamo
ormai negli anni 20 e la voglia di calcio ha contagiato tutti, come testimonia l’iscrizione
di ben sessantasette squadre al campionato del 1920.
L’Inter viene naturalmente inserita nel gruppo settentrionale, dove guadagna l’accesso
alla finale. Nell’altro girone, quello centro-meridionale, ad affermarsi è invece il
Livorno. Il 20 giugno 1920 l’Inter affronta, sul campo neutro di Bologna, gli amaranto
nella finalissima e pur soffrendo li batte 3-2 laureandosi per la seconda volta campione
d’Italia. Ma questa squadra manca di continuità ed i sostituti sono difficili da trovare, e
così nel ’22 i nerazzurri rischiano addirittura la retrocessione mentre in seno alla società
nascono forti polemiche. Al Presidente Hulls succede Enrico Olivetti che manterrà la
presidenza fino al 1926, per poi cedere il passo a Senatore Borletti che in pratica
concluderà l’epoca pionieristica.
3.4 I primi sponsor
Negli anni '20 si verificò un fenomeno destinato ad avere straordinari sviluppi:
l’incontro tra industria, pubblicità e calcio. Intorno ai campi di gioco delle grandi città
fecero così la loro comparsa i grandi cartelloni pubblicitari della Pirelli, della Perugina e
di molte altre industrie prime fra tutte quelle alimentari e farmaceutiche. Nelle réclame
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cominciarono a comparire le immagini dei giocatori, di solito abbinate a prodotti di
consumo corrente come la brillantina, ma che in alcuni casi venivano anche associate a
beni di alto consumo, come le automobili. Grande successo ebbero in quegli anni anche
le cartoline sportive diffuse dalla Zaini Cioccolata e dalla ditta Wafer (dovette passare
però circa un decennio perché l’idea si consolidasse, con i grandi concorsi della
Caffarel e soprattutto della Perugina).
La presenza di queste pubblicità mette in evidenza l’interesse crescente e non più
occasionale che il mondo industriale aveva ormai nei confronti del gioco del calcio.
Gran parte del mondo imprenditoriale italiano si interessò subito al fenomeno,
nacquero così e si moltiplicarono rapidamente molte iniziative industriali che permisero
al calcio italiano di contare finalmente su generosi mecenati ed iniziare dunque una
nuova fase. Piero Pirelli ne fu senza dubbio l’antesignano: padrone del Milan dal 1908
al 1929, fu il primo industriale a concepire il calcio come canale pubblicitario. A lui si
aggiunsero poi tra il ’23 e il ’27 Senatore Borletti, Edoardo Agnelli e Renato Sacerdoti,
rispettivamente presidenti dell’Inter, della Juventus e della Roma. Era l’inizio del
patrocinio industriale del football. Il quale tuttavia scelse raramente la via diretta della
promozione di squadre aziendali. Le prime squadre con l’insegna industriale furono
quella della fabbrica di Motori Marchetti di Sesto Calende sorta nel 1911 e quella del
centro siderurgico dell’Ilva, fondata a Napoli nel 1912. Fu però nel primo dopoguerrra
che la nascita dei club di fabbrica sembrò ricevere un maggiore impulso: a Rumianca in
Piemonte e ad Angri in Campania gli impianti industriali innalzarono i loro vessilli
calcistici. Nel 1921 nacquero le squadre aziendali della Pirelli a Milano e dell’Ilva di
Savona ed anche la Fiat fondò nel 1925 una sua squadra aziendale. Infine nel 1929 fece
la sua comparsa la squadra di Radaelli a Milano.