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INTRODUZIONE
Lo scopo di questa tesi di laurea è di confrontare e mostrare le analogie
nella costruzione dell’intreccio e dell’impianto narrativo tra il romanzo Il fu
Mattia Pascal (1904) di Luigi Pirandello e Juegos de la edad tardía (1989)
di Luis Landero.
Se Luigi Pirandello è un autore ampiamente conosciuto e studiato, Luis
Landero è ancora poco noto in Italia. Generalmente, si associa Pirandello
con altri autori a lui contemporanei come ad esempio l’autore spagnolo Mi-
guel de Unamuno
1
. Tuttavia, quando ho letto per la prima volta Juegos de
la edad tardía, mi è riaffiorata alla memoria la storia di Mattia Pascal, le
sue frustrazioni e le sue avventure. In particolare, la trappola familiare, so-
ciale e professionale che aliena i due protagonisti, i quali non si tireranno
indietro quando il destino gli presenterà all’improvviso un’apparente via
d’uscita per liberarsi dalla soffocante realtà. Entrambi assumeranno un nuo-
vo nome e costruiranno un proprio passato, completamente opposto a quello
che avevano vissuto. Diventeranno uomini di mondo, esperti viaggiatori e
filosofi della vita, in netta antitesi con la loro inettitudine quotidiana. Tutta-
via, la tanto agognata libertà finisce per intrappolarli nuovamente ma questa
volta in un mondo che non esiste, fatto solo dalle menzogne che essi rac-
contano. Alla fine, entrambi i protagonisti decidono di assumere di nuovo
l’identità rinnegata ma il tentativo di tornare a quella realtà che avevano la-
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Nel 1923, Unamuno scrive un articolo intitolato: Pirandello y yo, nel quale evidenzia come en-
trambi pur non conoscendosi esprimano una concezione della vita e dell’arte simile. Unamuno
non ha modo di conoscere nulla di Pirandello nemeno quando viene in Italia nel 1917.
Nell’articolo pubblicato su La Nación di Buenos Aires, nel 1932,Unamuno scrive: “è un fenomeno
curioso e che si è dato molte volte nella storia della letteratura, dell’arte, della scienza e della fi-
losofia, quello che due spiriti, senza conoscersi né conoscere una per una le loro opere, senza
porsi, in relazione l’uno con l’altro, abbiano perseguito uno stesso cammino es abbiano tramato
analoghe concezioni o arrivati agli stessi risultati. Si direbbe che è qualcosa che fluttua
nell’ambiente. O meglio, qualcosa che è latente nelle profondità della storia e che cerca chi lo ri-
veli”. Cfr Carmine Luigi Ferraro, Luigi Pirandello e Miguel de Unamuno: fra "identità" e "creazione
del personaggio", Universitá degli Studi di Torino, 2005.
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sciato fallisce perché nel frattempo le cose sono cambiate e dovranno fare i
conti con la nuova condizione a metà tra il vecchio e il nuovo io.
Inoltre, soffermatami più attentamente sulle somiglianze che avevo nota-
to da una lettura veloce, mi sono resa conto che le congruenze non erano so-
lo da un punto di vista tematico ma riguardavano anche gli espedienti narra-
tivi utilizzati. Pertanto, la scelta di affrontare lo studio comparato delle due
opere.
La nostra tesi di laurea è divisa in tre capitoli. In primo luogo, menzione-
remo le vite degli autori e le opere prese in esame. Successivamente, ana-
lizzeremo l’intero processo di trasformazione dei protagonisti che parte dal-
la consapevolezza del fallimento delle loro illusioni giovanili, prosegue con
la costruzione della nuova identità e si conclude con il rifiuto della nuova
maschera, ormai opprimente e rea di intrappolare un’altra volta i personaggi
in un mondo fittizio e inesistente. Nell’ultimo capitolo, guarderemo più da
vicino la costruzione della struttura tripartita dell’opera e le scelte stilistiche
riguardanti narratore, focalizzazione e manipolazione dello spazio e del
tempo.
Non essendoci molti studi che comparano direttamente Pirandello e Lan-
dero, il mio metodo di ricerca si è basato essenzialmente sull’analisi separa-
ta delle due opere e la conseguente relazione tra le analogie che sono affio-
rate.
In conclusione, nonostante gli ottantacinque anni che separano i due ro-
manzi, è possibile osservare un percorso simile compiuto dai rispettivi auto-
ri. Speriamo, pertanto, che questa tesi di laurea possa offrire degli spunti per
proseguire in un campo d’indagine nuovo e molto interessante.
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CAPITOLO I
L’INQUIETUDINE DELL’ESSERE
1 BIOGRAFIE
Nel 1904, Luigi Pirandello pubblica Il fu Mattia Pascal che ottiene subito
uno strepitoso successo. Ha trentasette anni. Nel 1989, Luis Landero dà alle
stampe Juegos de la edad tardia, ricevendo il Premio della Critica, il Pre-
mio Nazionale della Narrativa e il Premio Icaro. Landero ha quarantun anni.
Nonostante il lasso temporale che divide Pirandello e Landero sia abba-
stanza ampio, le loro ansie e le loro proposte non sono così diverse. Forse il
motivo si può ritrovare nelle origini che accomunano i due autori. Entrambi
nacquero e crebbero in un ambiente rurale e periferico. Entrambi scrissero
le loro opere nel “mezzo del cammin”
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della loro vita, in una sorta di esame
di coscienza con quello che erano riusciti (o non riusciti) a realizzare nella
loro esistenza. In aggiunta, non solo gli autori transitano dalla prima alla se-
conda maturità, ma anche i protagonisti, Mattia Pascal e Gregorio Olías. È
l’età in cui tante illusioni sono ormai svanite e nemmeno ci si aspetta che la
vita possa offrire delle novità
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. I progetti giovanili sono naufragati e si fa i
conti con la realtà che in maniera più o meno cosciente abbiamo costruito.
Luigi Pirandello
Sono nato in Sicilia, e precisamente in una campagna presso Girgenti, il 28
giugno del 1867
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“Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura. La Divina Commedia di
Dante Alighieri inizia con questi versi.
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Cfr. Luis Landero, Juegos de la Edad Tardía, 2007, Tusquets Editores, Barcelona, Prologo p 8
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L. Pirandello, Saggi, Poesie, Scritti vari, a cura di Manlio Lo Vecchio–Musti, 1960, Arnoldo Mon-
dadori Editore, Milano. “Questo Frammento fu dettato da Luigi Pirandello a Monte Cavo, nell'e-
state 1893, all'amico Pio Spezi, e da questi dopo moltissimi anni pubblicato nella Nuova Antologia
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Luigi Pirandello nasce il 28 giugno 1867, nei pressi di Girgenti (l’attuale
Agrigento), nella tenuta paterna denominata Caos
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. Il padre Stefano, di ori-
gine ligure, proprietario di solfare, era stato garibaldino; la madre Caterina
apparteneva a una famiglia di tradizioni antiborboniche. La vita familiare
non era affatto serena a causa della personalità forte e prevaricatrice del pa-
dre: forse già da questa precoce esperienza Luigi Pirandello ricavò la con-
cezione della famiglia come trappola, luogo soffocante in cui i rapporti non
possono essere autentici. Pirandello cresce a Girgenti, periferia della perife-
ria, geograficamente remota e quasi irraggiungibile. Girgenti è arcaica, il
tempo è fermo, ancor più che altrove nell’isola, e se ne sente l’antichità e il
respiro. Tuttavia, nel latifondo medievale di Girgenti, inizia a mescolarsi il
primo segnale di novità: si scavano miniere di zolfo. L’universo dei conta-
dini e dei pescatori è contaminato da una razza nuova quella degli operai e
dei minatori. Pirandello è il figlio del padrone, ma non è un aristocratico né
tanto meno possiede quel savoir – faire dell’uomo di città. Presto abbando-
(fascicolo del 16 giugno 1933). Pirandello, quantunque avesse dato all'amico Spezi l'autorizzazio-
ne a stampare il «frammento», non riconobbe affatto al testo pubblicato la sua paternità, e giun-
se anche a mettere in dubbio alcuni particolari biografici, come la fuga a Como. (Si noti, però, che
un chiaro accenno ad un soggiorno a Como è contenuto nella poesia intitolata Convegno, com-
presa nella raccolta: Fuori di chiave).Informato dai familiari di questo fatto, volli interpellare lo
Spezi, che invece mi confermò quanto è scritto nella nota di presentazione dettata per la Nuova
Antologia, e cioè che la pagina fu da lui stenografata e trascritta «con la massima esattezza». Di
ciò avvertito il lettore, riproduco a mia volta esattamente il testo conservato da Pio Spezi”.
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“Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra
campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli
abitanti di Girgenti, corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco Kaos” – L. Pirandel-
lo, Frammento d'autobiografia, 1893 consultato online il 25/04/2013 e accessibile da
http://www.classicitaliani.it/pirandel/pira78.htm.
Tuttavia, il caos è anche una delle caratteristiche principali della poetica pirandelliana e che deri-
va dalla vicinanza di Pirandello alle teorie relativistiche di inizio Novecento. In particolare, George
Simmel, uno dei padri del relativismo moderno, afferma che l’uomo si avvale nelle sue ricerche di
categorie psicologiche e quindi soggettive. Anche le ricerche storiche non danno come risultato
finale dei dati oggettivi ma piuttosto l’interpretazione che lo storico gli ha dato. La vita, inoltre, è
un continuo fluire, senza ragione e senza scopo. Sono create di volta in volta delle “forme” ideali
(scienze, religioni, arti) che saranno sistematicamente distrutte e sostituite da altre. “Vita” e
“forma” sono i termini che l’autore siciliano utilizzerà nel suo saggio L’umorismo. È il relativismo
che rivela a Pirandello il caos del mondo e l’umorismo è la forma d’arte più adatta per esprimer-
lo. Pirandello, definendosi figlio del caos, ricordava il luogo della sua nascita, ma soprattutto in-
tendeva proporsi come lo scrittore che testimonia la relatività di ogni cosa, il Caos, lo sparpaglia-
mento, il flusso incessante del divenire. Cfr., M. Sambugar & G. Salà, Gaot 3, dalla fine
dell’Ottocento alla letteratura contemporanea, 2004, La Nuova Italia, Milano, p 540.
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na la sua Girgenti e come molti suoi predecessori si porta dietro il fardello
dell’emigrante. Prima si iscrive all’università di Palermo, poi passa alla Fa-
coltà di Lettere dell'Università di Roma, ma a causa di un contrasto con il
preside, si trasferisce all'Università di Bonn, dove nel 1891 si laurea in Filo-
logia romanza con una tesi in lingua tedesca sul dialetto di Girgenti. Nel
'92, fermamente deciso a dedicarsi alla sua vocazione letteraria, si stabilisce
a Roma, dove vive con un assegno mensile del padre. Nell'ambiente lettera-
rio della capitale conosce e stringe amicizia con il conterraneo Luigi Ca-
puana, che lo spinge verso il campo della narrativa. Compone così le prime
novelle e il suo primo romanzo d’ispirazione verista
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, uscito nel 1893 con il
titolo L'esclusa. Apparentemente può sembrare una storia della provincia
siciliana, arretrata e ancorata ai suoi tabù, ma è invece un’indagine sulla
psicologia della protagonista, Marta Ajala, non tanto esclusa dalla società
perché accusata ingiustamente di adulterio, ma esclusa dalla vita per la sua
incapacità di vivere e di amare. Nel 1894 sposa a Girgenti, con matrimonio
combinato tra le famiglie, Maria Antonietta Portulano, figlia di un ricco so-
cio del padre, bellissima ma di salute cagionevole e psicologicamente fragi-
le. Gli inizi del matrimonio sono abbastanza felici e allietati dalla nascita
dei tre figli: Stefano (1895), Rosalia (1897) e Fausto (1899). Tuttavia Pi-
randello avverte sempre il forte peso delle norme comportamentali risalenti
alle radici siciliane. Nel 1903, una frana distrugge la miniera di zolfo, dove
il padre di Pirandello aveva investito anche la dote di Antonietta. In seguito
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Il verismo è una corrente letteraria italiana nata all'incirca fra il 1875 e il 1895. Subì l’influsso del
Realismo e Naturalismo europeo e della corrente filosofica del Positivismo. Tra gli autori più letti
e a cui i narratori italiani si ispirarono furono Flaubert, Zola, Dickens, Tolstoj. I maggiori rappre-
sentanti del Verismo furono poeti meridionali, nonostante il centro di diffusione della nuova sen-
sibilità letteraria fu Milano. In effetti, era il Sud dove si riscontravano in maniera più evidente le
condizioni di arretratezza e degrado che i Veristi volevano denunciare. Il caposcuola del Verismo
è senza dubbio Giovanni Verga. Nelle sue opere (I Malavoglia, Mastro Don Gesualdo, L’amante di
Gramigna), Verga utilizza le tecniche della nuova corrente letteraria, che basandosi
sull’esaltazione del metodo scientifico, ha come scopo quello di rappresentare la realtà in manie-
ra impersonale e oggettiva, senza l’intervento dell’autore, il quale si limita a denunciare le situa-
zioni di precarietà e le problematiche degli uomini del suo tempo. I protagonisti non sono più eroi
ma persone comuni, povere, inette che devono affrontare i pregiudizi e le miserie della società in
cui vivono. Cfr. M. Sambugar, cit., p 34.