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INTRODUZIONE
Il giornalismo sportivo non ha una vera e propria data di
nascita. Comincia a specializzarsi poco più di un secolo fa,
quando in Italia «La Gazzetta dello Sport» diventa
definitivamente un quotidiano. Inizialmente questa tipologia di
giornalismo non rientrava ancora nei canoni cui oggi è portata a
riferirsi. E’ soltanto nei decenni successivi che il giornalismo
sportivo cambia immagine, cercando di colmare la domanda
sempre più crescente dei numerosi lettori, che hanno il desiderio
di ricercare, all’interno di testi sportivi, un lessico di base non
aulico, ma nello stesso momento incisivo.
L’importanza dello sport nel palinsesto di un quotidiano
cresce, quindi, negli ultimi anni in modo davvero importante.
Quel settore, che un tempo veniva considerato la “Cenerentola”
della redazione, in molti casi ha conquistato e conquista oggi
l’obiettivo di porsi come “privilegiato”, in quanto le pagine dello
sport talvolta diventano le prime pagine da sfogliare e, di
conseguenza, meritano titoli rilevanti in prima pagina.
«Siamo da anni bombardati, almeno in Italia, da dosi sempre più
massicce di sport; le notizie sportive fanno parte
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dell’informazione giornaliera, alla pari, quando non con maggior
spicco, con i problemi politici ed economici più importanti della
nostra vita sociale»
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.
Di conseguenza, con il trascorrere degli anni, si affinano le
tecniche linguistiche che porteranno alla nascita e
all’affermazione in Italia, di quelli che di lì a breve diventeranno
i quotidiani sportivi più importanti, quali «La Gazzetta dello
Sport», il «Corriere dello Sport» e «Tuttosport». Tali giornali
ottengono punte di massima diffusione il lunedì, giorno in cui su
di essi vengono riportati la cronaca, le curiosità e i commenti
sulla gran parte delle partite del campionato di calcio.
Il giornalismo sportivo nel corso degli anni tende ad assumere
caratteristiche stilistiche che si differenziano dagli altri linguaggi,
vivendo una sorta di “doppia vita”. Il giornalista ha per questo
motivo una straordinaria libertà di invenzione, in quanto i fatti su
cui lavora sono ciò che acquistano rilevanza nell’immaginario
collettivo degli sportivi. Questo porta il giornalista sportivo a
cercare di trovare la giusta armonia tra i dati e le immagini
attraverso l’uso della “retorica dell’avvenimento” che prevale
sull’informazione. Nel senso che l’avvenimento non esiste, se
non nelle parole del giornalista che vengono avvalorate dal
lettore.
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Ida Magli, Quella porta da violentare, «la Repubblica», 17 maggio 1980, p. 17.
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«La retorica dell’avvenimento non può dimenticare
l’avvenimento. Il compito del giornalista dunque è quello di far
conoscere ai lettori cose che in genere già conoscono, in modo
che appaiono come nuove. E’ un cronista con l’imperativo di
trasformare la cronaca restando un cronista. Questa ambivalenza
è il segreto del lavoro del giornalista. I requisiti fondamentali
sono due: la conoscenza tecnica delle discipline sportive e la
padronanza del linguaggio e il possesso di uno stile. La
conoscenza tecnica è un presupposto di base, senza il quale non
si può praticare il giornalismo sportivo, perché vengono a
mancare i criteri specialistici di valutazione. Dalla padronanza
del linguaggio dipendono invece le possibilità di superare i
limiti della cronaca. Nel giornalismo sportivo l’oggetto della
notizia non è l’avvenimento in sé, ma ciò che esso significa
nell’immaginario collettivo».
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Molta cura, quindi, viene riservata al linguaggio e alla scrittura
di un articolo, il quale dovrà essere asciutto, ma allo stesso tempo
accattivante. Il linguaggio giornalistico richiede delle tecniche
sintattico - grammaticali quali il ricorso a frasi molto brevi, l’uso
di poche incidentali, la ricerca degli aggettivi adeguati e calibrati
se il fine è quello di rendere il discorso più fluido e brioso.
«Determinare la scelta degli aggettivi è molto importante: c’è
n’è sempre uno e soltanto quello rende meglio un’idea. Lo
sforzo è cercarlo e ricercarlo finché non lo si è trovato. In questo
esercizio noi giornalisti impariamo molto dalla scrittura dei
ragazzi. Gli sms hanno rivoluzionato il loro modo di
comunicare. I ragazzi sono brevi e nello stesso tempo incisivi
perché sono costretti dalle battute limitate di un sms ad essere
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Alberto Papuzzi, Professione Giornalista. Tecniche e Regole di un mestiere, Donzelli
editore, Roma, 2003, p. 211.
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completi in poche parole. Ecco, scrivendo in maniera adeguata
sul giornale si entra presto in sintonia con il pubblico lettore».
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I giornalisti sportivi, quindi, affinato la loro sensibilità a capire
i “campi” nuovi su cui giocare, che possano interessare, forse non
il lettore tradizionale, ma di certo la nuova fascia di lettori
giovani che per la prima volta si avvicina ad un quotidiano.
La cronaca dell’evento viene ridotta all’essenziale. Grande
importanza assumono le valutazioni che vengono date ai singoli
protagonisti attraverso le così dette “pagelle”. Il giornale inizia a
puntare sui commenti di personaggi di rilievo, come ad esempio
ex atleti che vengono ricordarti con piacere, o anche sull’analisi
da parte di una firma importante. Si cercano spunti tecnici da
approfondire, si raccontano i personaggi che hanno segnato
l’avvenimento o si fa ricorso a interviste il più possibile
esclusive.
Il compito del giornalista per questo diventa sempre più
complicato e ricco di fantasia, dovendo essere originale e
accattivante e dovendo proporre notizie innovative e interessanti
che siano in grado di fronteggiare il fenomeno “televisione”, che
negli anni ha portato ad una riduzione sostanziale delle vendite
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Antonello Capone, Come si scrive un giornale sportivo, «Il quotidiano in classe» a cura
dell’Osservatorio permanente - Giovani editori, Laterza Editore, 2009, p. 3.
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dei quotidiani. Ma paradossalmente è stata proprio la televisione,
acerrima nemica della carta stampata, ad accendere i fari sul
“Pianeta Sport” aumentando, con l’ampliamento dei canali
satellitari, Sky su tutti, curiosità ed interesse.
«Noi giornalisti della carta stampata dobbiamo continuamente
controllare ciò che offre la televisione per discutere con i
colleghi inviati a seguire un evento e confezionare un giornale
che il giorno dopo sia diverso pur partendo da quegli
avvenimenti che proprio in tv registrano picchi assoluti di
audience. Se un giornale non sa offrire arricchimenti,
approfondimenti, succosi retroscena, interviste esclusive, se un
giornale non sa percorrere le vie che la televisione ancora non ha
scoperto o calca in modo limitato anche per i limiti del mezzo,
non ha futuro in edicola. Il giornale quindi deve catturare le
novità proposte dalla televisione per offrire più notizie al
pubblico ben felice di recepirle».
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Vengono, così, introdotti nuovi punti di attenzione per il
lettore, che fino a poco tempo prima erano stati caratteristici di
altri settori del giornale, come ad esempio il ricorso al corsivo,
velenoso e provocatorio, o al retroscena. Congiuntamente, grazie
all’introduzione e al conseguente utilizzo del colore, nelle pagine
sportive, vi è un uso importante della fotografia e dell’infografia.
Questi due elementi permettono al quotidiano di non perdere
terreno nei confronti della televisione, o meglio ancora, nei
confronti di Internet, sempre più all’avanguardia.
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Ibidem.
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Ma la singolarità del linguaggio sportivo consiste nella sua
possibilità di rielaborazione da parte del giornalista. Per questo
motivo il linguaggio sportivo come in nessun altro campo è così
creativo e metaforico. Si rivela essere tra quelli settoriali il
linguaggio più disinvolto, anche nello sfruttare al massimo le
tendenze e le possibilità della lingua come l’uso dello stile
nominale, del linguaggio ellittico, della semplificazione
sintattica, dell’ uso dei regionalismi etc.
Il linguaggio giornalistico sportivo consente di utilizzare anche
metafore che in tale campo possono acquisire una valenza
tecnica, per cui si trasformano in un lessico specialistico, come
ad esempio “zona Cesarini”
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, “abatino”
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o anche “risultato ad
occhiali”
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, mentre in un altro campo l’uso della metafora è
inopportuno e forzato. Molti sono i giornalisti sportivi che fanno
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Espressione che indica la fase finale di una partita di calcio o di un qualsiasi evento
sportivo. Prende il nome da Renato Cesarini, calciatore della Juventus che aveva avuto
la fortuna di segnare diversi gol proprio nei minuti finali di diversi incontri. Uno in
particolare, però, sarebbe quello che avrebbe permesso al suo nome di diventare un
modo di dire, ed è quello segnato al 90' contro l’Ungheria allo stadio Filadelfia di
Torino il 13 dicembre 1931. Il goal risolse una partita particolarmente tesa ed
agonisticamente accesa, in cui gli Azzurri erano andati due volte in vantaggio e
altrettante volte erano stati raggiunti sul pareggio dai Magiari, fino alla vittoria per 3-2
proprio con il goal di Cesarini. La settimana successiva, durante un incontro di
campionato, il giornalista sportivo Eugenio Danese, commentando un goal segnato
all'89', parlò di “caso Cesarini” riferendosi appunto ai minuti finali della partita.
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Termine coniato da Gianni Brera. Molto vicino al cicisbeo. “Omarino fragile ed elegante,
così dotato di stile da apparire manierato e qualche volta finto”. Questa definizione
nasce per battezzare Gianni Rivera, considerato tanto bello a vedersi, quanto povero di
coraggio fisico e vigore atletico (cfr. Andrea Maietti, «Il calciolinguaggio di Gianni
Brera», Lodigraf s.p.a, Lodi, 1976).
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Termine che indicata un incontro conclusosi sullo zero a zero.
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ricorso frequentemente a queste tecniche, ma davvero pochi sono
coloro che hanno saputo crearsi un proprio stile. Il nome più
diffuso e importante in tal senso è quello di Gianni Brera, che ha
saputo rinnovare il linguaggio del calcio italiano, attraverso
l’invenzione di un proprio canone linguistico, che nel corso degli
anni è entrato definitivamente e con forte innovazione a far parte
linguaggio di tutti i giorni.