GHANA E NIGERIA: COMPARAZIONE DI DUE SISTEMI
SOCIALI E POLITICI (DALLA DECOLONIZZAZIONE
ALLA DEMOCRATIZZAZIONE)
INTRODUZIONE Il presente testo si propone di analizzare lo sviluppo del sistema politico ed
istituzionale in Ghana ed in Nigeria, Stati che hanno elaborato assetti costituzionali diversi
pur provenendo da un’esperienza coloniale simile, ma non sovrapponibile. In linea
generale, infatti, i citati paesi, posizionati nel Golfo di Guinea, hanno trascorsi storici
comuni. Entrambi oggetto di insediamenti commerciali europei prevalentemente costieri,
inizialmente portoghesi ( XVI sec. ) e poi nei secoli successivi britannici, danesi, svedesi,
ed olandesi, presentavano sul loro territorio conformazioni statuarie indigene di tipologia
variegata: da una centralità accentuata di tipo monarchico (regno del Benin in Nigeria ed
Asante in Ghana) ad organizzazioni acefale di tipo feudale (Igbo in Nigeria), fino a realtà
di tipo confederale (Fante in Ghana). Statualità che ebbero a confrontarsi e trasformarsi nel
tempo in conseguenza della presenza europea nell’area, dello sviluppo della “tratta degli
schiavi” e della rimodulazione commerciale dei rapporti con l'esistenza occidentale a
seguito della messa al bando del traffico di esseri umani. Ghana e Nigeria hanno, in
seguito, vissuto la comune esperienza coloniale britannica con l’applicazione della
filosofia gestionale dei territori dell’Impero d'Oltre Manica che si rifaceva al concetto
dell’’indirect rule’’
1
il cui teorico fu Sir Frederik Luggard 2
, già Alto Commissario del
Protettorato del Nord della Nigeria (1906) e poi Governatore Generale della Nigeria dal
1914 al 1919.
1“la politica coloniale è il risultato della proiezione oltremare di certe caratteristiche e filosofie interne di
un Paese e sistema” Lord Hailey's African Survey di Frank Hulme Melland (1938). In questa frase viene
riassunta in modo chiaro la base filosofica che sosteneva la politica coloniale britannica. L'''indirect rule'' era
una concezione opposta all'ideale universalista della politica coloniale francese, non voleva né pretendeva di
ottenere l'evoluzione delle società indigene verso la civilizzazione uniforme di stampo occidentale.
Manteneva, al contrario, ben scissa la diversità di razza e di istituzioni sociali e culturali. Nella pratica il
potere coloniale si esplicava sul territorio tramite il potere delle autorità locali che venivano di conseguenza
investite di potere derivato. I sistema dei capi veniva così articolato e disarticolato a seconda delle esigenze di
governo amministrativo e di controllo.
2Sir Frederik Lugard (1858-1945 ), pubblicò The Dual Mandate in British Tropical Africa nel 1922. Nel
suo lavoro l'autore cerca di dare una spiegazione razionale alla metodologia coloniale britannica. Lo stesso
coniò il termine di “backward tribes” per quelle entità sociali con potere decentralizzato. Secondo la teoria di
Lugard l'”indirect rule” doveva essere pragmatico e capace di riadattarsi alla realtà in cui si imbatteva o in
alternativa ricostruire ex novo autorità indigene che fossero riconosciute dalle entità tribali al fine di costruire
istituzioni ben identificabili. Attraverso la collaborazione di capi legittimi e legittimati il potere coloniale
poteva esercitare l'autorità anche attraverso l'applicazione di leggi consuetudinarie (native administrations).
I
Nel periodo del secondo dopoguerra furono poste le basi per l'ottenimento
dell'indipendenza del continente africano, processo che ebbe la sua cuspide nel 1960,
denominato “l'anno dell'Africa” 3
in quanto ben 17 paesi acquisirono la propria auto-
determinazione. Ghana e Nigeria, rispettivamente nel 1957 e 1960, ebbero un percorso
simile a quello della maggior parte delle ex colonie britanniche, con un andamento che
ebbe, a differenza delle colonie francesi 4
, uno sviluppo di concessioni di rappresentanza
decentralizzate. Tale concessioni che permettevano votazioni per l'elezione di
rappresentanti locali (Local Authorities) di fatto contribuirono alla nascita di partiti politici
su base etnica ristretta, con l'emergere di cleavages politiche ben definite e polarizzate. Le
classi politiche locali, formatesi nelle scuole europee e nelle università di prestigio dei
rispettivi Paesi (Accra ed Ibadan), si svilupparono in senso elitario, acquisendo un perfetto
bilinguismo culturale capace di interagire con le istanze delle basi popolari e della periferia
(spesso emarginata dall'autorità coloniale), ma, al tempo stesso, conoscitrici della
macchina amministrativa e quindi idonee a rapportarsi con l'Autorità dei governatorati
europei. Queste élite seppero catturare ed intercettare i consensi anche periferici in un
graduale processo di politicizzazione della società africana, che ebbe un progressivo e
rapido sviluppo con la fine della seconda guerra mondiale.
Nell’epoca post-indipendenza i due Paesi anglofoni in argomento hanno
comunemente sperimentato l'alternanza tra governi civili, giunti al potere tramite elezioni
popolari, e teocrazie militari autrici di colpi di stato. Fattori che, comunque, non hanno
impedito la costruzione di una società civile radicata e stratificata, che rappresenta uno
zoccolo sociale fondamentale per l’arena dove i contendenti politici contemporanei si
trovano ad operare. Altro fattore di comunanza è l'elevato livello culturale soprattutto degli
istituti universitari di Legon (Accra – Ghana) e di Ibadan (Oyo State - Nigeria), che i due
stati hanno sviluppato sin prima dell'indipendenza, permettendo la formazione culturale dei
livelli dirigenziali e manageriali.
Nondimeno appare sin dall’inizio importante evidenziare che esistono dei fattori
differenziali peculiari che potrebbero aver influito profondamente nello sviluppo
associativo post era coloniale delle due realtà statuali. “In primis”: l’enorme divario
3In tale anno ottennero simultaneamente l'indipendenza la maggioranza dei paesi sotto l'egida coloniale
francese (14).
4La decolonizzazione francese in linea generale procedette a livello territoriale dall'alto verso il basso.
Con una espansione centrifuga verso le aree distrettuali della organizzazione amministrativa coloniale,
favorendo di fatto la nascita di partiti meno etnicizzati e più nazionali.
II
dell’elemento demografico e la scoperta delle risorse petrolifere nigeriane. Altro elemento
di divergenza importante tra i due paesi è l’evento della guerra secessionista del Biafra 5
in
Nigeria, esperienza devastante per portata e conseguenze sui futuri rapporti sociali e di
potere tra le tre maggiori etnie nigeriane.
Si cercherà, quindi, di fornire gli elementi strutturali di analisi idonei per la
comprensione dei fenomeni socio-politici nigeriani e ghaneani, partendo da un breve
accenno all’evento della “tratta”, spesso indicato come unica ed ancestrale ragione della
instabilità politico-istituzionale delle realtà statuali africane. Nei capitoli seguenti verranno
analizzate le esperienze storico-politiche e costituzionali dell’era post indipendenza
singolarmente per i due Stati, al fine di delineare i contorni organizzativi e sociali che li
caratterizzano nell’odierno.
La sostenibilità democratica risulta legata alla capacità di sviluppare una
competizione politica correlata alla fornitura di politiche di “governance” adeguate e non
unicamente dovuta alla pratica di politiche clientelari private elargite su presupposti di
“inner-circle”. Il consolidamento della democrazia, con un processo di legittimazione dal
basso verso l'alto che di fatto cementifica l'istituzione dello stato, in Africa potrebbe
avvenire anche sulla base storica di partiti politici fortemente legati a determinate aree
territoriali e culturali. Questo grazie al ruolo delle “swinging constituencies” e a quello
dello “split voting” che, in sistemi maggioritari uninominali secchi, legano strettamente il
candidato al serbatoio elettivo di riferimento. In tale prospettiva, le tradizionali politiche
clientelari 6
private si trasformano in “clientelismi pubblici” che si rapportano alla capacità
del politico/parlamentare di negoziare a livello centrale risorse ed investimenti pubblici in
favore della periferia. L'attività parlamentare diviene più dinamica e meno schiacciata sul
potere esecutivo (di norma monocolore), abbandonando quel ruolo di mero ratificatore
legislativo delle decisioni del gabinetto ministeriale.
5La guerra di secessione del Biafra ebbe luogo tra il 6/6/1967 e il 13/01/1970 e fu il tentativo delle
regioni sud-orientali del Paese, a maggioranza di etnia Igbo, di separarsi dal resto della confederazione. Lo
scoppio della contesa fu dovuta principalmente all'allargamento della divisione originaria della Nigeria da tre
a dodici stati che di fatto tendeva a marginalizzare e ridurre il peso degli Igbo nella arena politica nonché
distogliere la disponibilità di ingenti risorse economiche (petrolio). Nel conflitto perirono circa tre milioni di
persone, principalmente per la fame e le malattie e la parte infrastrutturale delle regioni Igbo fu
completamente distrutta.
6Il clientelismo politico è stata una pratica quasi inevitabile del governare, non estranea alle democrazie
occidentale, in Africa era una procedura di “inglobamento”, in poteri estremamente accentrati, di tutta la
realtà composita dello stato. La ridistribuzione delle risorse diveniva funzionale al mantenimento del potere
anche se la ridistribuzione aveva canali che erano filtrati dalle Autorità locali. Questo non significa che anche
il clientelismo non possa sviluppare una sorta di competizione politica anche in spazi elettorali molto chiusi
in quanto le promesse non mantenute divengono in ogni caso unità di misura.
III
L'analisi non può comunque essere estrapolata da un contesto generale che pone
interrogativi circa il significato della ricerca di una stabilità istituzionale in forma di
statualità sovrana unitaria. Soprattutto quanto tale brama abbia utilità in una realtà
mondiale, permeata dalla globalizzazione 7
, che sembra aver decretato la fine del modello
Stato/Nazione 8
o, al contrario, quanto tale ricerca possa essere necessaria e prodromica alla
costituzione di cellule regionali stabili con forte connotazione identitaria. Cellule inserite in
più ampie organizzazioni federali a livello continentale a cui sia devoluta la gestione dei
macro-interessi comuni (moneta, sicurezza, politica estera). Tanto alla luce di un'era che ha
eroso il ruolo della politica nella società moderna, in quanto è l'economia che si serve della
politica e non viceversa.
Quanto sia possibile la costruzione odierna di una identità nazionale politica che
racchiuda tradizioni etniche e religiose diverse e il contemporaneo sviluppo del concetto di
Sovranità Nazionale unitaria in un mondo globalizzato, dove il potere degli stati appare
ridimensionato rispetto a Organizzazioni Internazionali che hanno assunto ruoli
sovranazionali cogenti. Un mondo globalizzato che permea i confini statali spazio-
temporali, grazie alle tecnologie moderne, sia dal punto di vista comunicativo che
economico e, di fatto, depaupera il potere degli stati di applicare politiche sociali di
controllo del welfare sindacale e sociale. Citando Mongardini 9
“un capitalismo che abbatte
le barriere dello Stato/Nazione”, dove spazio e tempo vengono compressi e non riescono
più a rappresentare le barriere entro i quali confini avvengono le interazioni sociali e
l'applicazione delle “policy”. Uno stato in cui l'area di “policy making” è sminuzzata,
permeata e regolata da attori economico/politici che trovano origine in luoghi diversi dal
territorio dello stato, che non è più attore principale della “governance”. Tanto produce un
sistema di “governance a più livelli” che determina un potere diffuso (poliarchico) in cui
7“globalizzazione come prodotto del capitalismo finanziario e della sua esigenza di abbattere le barriere
e universalizzare e creare sottocultura dell'immagine per il consumo” ; “ l'idea di globalizzazione va
considerata un'ideologia che maschera i rapporti di dominio economico avanzando l'immagine di un sistema
economico mondiale autoregolato, o al di fuori, dall'intervento da parte dei centri di decisione politica”;
“decenni di globalizzazione hanno imposto criteri di valutazione quasi esclusivamente economici, che hanno
portato al trionfo di un individualismo disgregatore. Alain Touraine, la Globalizzazione e la fine del sociale,
2008.
8Lo Stato/Nazione come si è sviluppato nella cultura occidentale per circa 150 anni, caratterizzato dalle
componenti sovranità/territorio/popolo in senso fortemente unitario di comunanza di lingua, cultura e spesso
religione, viene ad essere limitato da forze esogene quali istituzioni sovranazionali ed esigenze economiche
internazionali e da forze endogene che esigono la devoluzione alla periferia di potere al fine ridurre il
distacco centro/periferia che determina la mancanza dell'incontro delle istanze sociali.
9Carlo Mongardini, Capitalismo e politica nell'era della globalizzazione, 2007. In tale teso l'autore
analizza lo sviluppo del “capitalismo estremo” quello finanziario che ha ripercussioni estreme sulla vita
sociale odierna, al fine di comprendere la nuova società che sta sorgendo nell'era moderna.
IV
gli attori sociali, specialmente quelli abituati a stati che regolano fortemente tutti gli aspetti
anche più dettagliati della convivenza sociale, avvertono disorientamento e mancanza di
riferimenti certi a cui indirizzare le proprie istanze.
In tale scenario lo stato africano, già associato alle definizione di Gunnar Myrdal 10
di “stato soffice” che si sovrappone alla società senza invaderla troppo, sembra galleggiare
sulle istituzioni preesistenti e:
• non è totalizzante, pervadendo limitativamente la vita del cittadino che è abituato
ad avere un panorama di scelte cui rivolgersi e che gli sono storicamente più vicine
(chieftancy, organizzazioni religiose e corporativistiche, forti legami familiari
allargati);
• accetta di essere solo una delle componenti istituzionali nell'arena dove vengono
prese le decisioni.
Tale “stato leggero” appare, nel panorama internazionale moderno, probabilmente
essere più capace ad adattarsi agli scenari evolutivi politici del futuro. Una poliarchia di
istituzioni a cui il mondo occidentale non è abituato come schema mentale della struttura
sociale. Gli Stati africani, nonostante le critiche che dal tempo della decolonizzazione
hanno sempre additato questa mancanza di radicalizzazione ed istituzionalizzazione
centralizzata come causa del mancato sviluppo e dell'instabilità politica, sono sempre in
larga parte riusciti a non implodere, mantenendo il rispetto dei confini segnati dall'epoca
coloniale. Configurazione geo-politica che, sin dall'istituzione dell'OAU nel 1963
11
, era
10Gunnar Myrdal (Gustafs, 6 dicembre 1898 – Danderyd, 17 maggio 1987) è stato un economista e
politico svedese, vincitore del Premio Nobel per l'economia nel 1974. Professore di Economia internazionale
alla Università di Stoccolma, socialdemocratico, fu ministro del commercio dello stato svedese, ed in seguito
Segretario Esecutivo della CEE e si occupò della povertà dei paesi sottosviluppati. Emanò la teoria del “soft
state” già negli anni sessanta soprattutto analizzando il caso dell'indipendenza dell'India, sostenendo la
necessità del rafforzamento della struttura statale al fine di indirizzare efficaci politiche economiche di
sviluppo, abbattendo al contempo la elevata corruzione degli apparti dirigenziali dello stato.
11 Nel 1960 anno dell'Africa numerose nazioni ottennero la libertà dal potere coloniale in quella che
viene ritenuta dagli storici la prima fase delle indipendenze dell'Africa. Nello stesso anno scoppiò la crisi del
Katanga (regione della parte sud dell'ex Congo Belga oggi Repubblica Democratica del Congo) che tendeva
alla secessione della area meridionale dell'RDC , non sulla base di reali differenze etnico-culturali dell'area,
ma in funzione di interessi economici forti principalmente attribuibili ad una multinazionale mineraria
L'union Minière Du Haut Katanga. La medesima tendeva a preservare i diritti estrattivi soprattutto del rame,
ma anche altri metalli preziosi quale zinco, cobalto, stagno e uranio. La guerra civile che ne derivò e che ha
ancora ripercussioni con l'attuale instabilità del Paese mise in serio pericolo la nascente statualità africana e
nel 1963 ad Addis Abeba, sotto l'egida del re etiopico il Negus Haliè Selassiè, 31 paesi indipendenti si
riunirono per firmare la carta istitutiva dell'Organizzazione dell'Unità Africana. In tale documento venivano
incanalate le teorie filosofiche del Panafricanismo del neo Presidente del Ghana Kwame Nkrumah (“Africa
must unite”) con un compromesso che di fatto postulava il rispetto della sovranità e dell'integrità territoriale
degli Stati membri sull'assetto dei confini ereditati dall'epoca coloniale. I paesi si impegnavano a rispettare le
reciproche sovranità nazionali secondo il principio di non interferenza nelle questioni interne e
dell'intangibilità delle frontiere, spostando l'obiettivo comune nell'impegno alla liberazione totale del
continente dal colonialismo. L'OAU (Organization of Africa Unity) ,negli anni fino alla sua trasformazione in
V
stata il principio di relazione e riconoscimento politico dei paesi del continente. Nei tempi
attuali, quindi, le nazionalità africane, proprio in quanto meno strutturate dal punto di vista
del lavoro sociale 12
ed organizzativo, sembrano possedere maggiori capacità di potersi
adattare al futuro globalizzato, anche per la maggiore elasticità del rapporto
centro/periferia che hanno saputo produrre, in funzione della composita etnicità sociale
sottesa al sistema.
Lo Stato africano sembra sia riuscito, nell'estrinsecazione del potere e della
statualità, ad applicare i concetti di “libertà negativa”. Tale assunto, elaborato da Benjamin
Constant 13
in contrapposizione al concetto “libertà positiva” (idea di superiorità
roussoniana della volontà collettiva rispetto a quella individuale), cercava di valorizzare
quella forma di libertà che consiste nella affermazione che: un uomo è libero se la sua
azione non subisce costrizioni esterne. Quindi fare od essere ciò che si è capaci di fare o di
essere, senza interferenze da parte del potere politico . Detta anche “libertà dallo stato”, la
libertà negativa consiste in tutto ciò che non è vietato secondo il principio del “silentium
legis” e quindi “ libertà di comprare, di vendere, e di fare contratti l’uno con l’altro, e di
scegliere la propria dimora, il proprio cibo, il proprio modo di vita” 14
. Tanto maggiore è il
campo di determinazione delle regole volutamente omesse dall'autorità statale, tanto
maggiore sarà la libertà sociale e politica degli individui. Secondo tale schema, le realtà
africane, in considerazione della loro composita società, sono riuscite ad evitare
quell'eccessivo dirigismo culturale centralizzato in funzione della tenuta unitaria dello
stato, nel rispetto delle variegate lingue, tradizioni, istituzioni locali secondo una
stratificazione di diversi livelli di appartenenza sociale che viene riconosciuta all'individuo.
AU a Lomè nel 2000, non riconobbe mai alcun movimento di rivendicazione etnica che mirasse alla
secessione territoriale come avvenne ad esempio nel caso della guerra del Biafra in Nigeria 1967-1970. Solo
recentemente nel 2010 tale principio è stato superato con il referendum che ha decretato la secessione della
parte meridionale del Sudan in una nuova realtà statuaria indipendente, aprendo scenari politici prospettici
nuovi per il continente.
12 Gli Stati africani non sono passati attraverso il “modello fordista” della produzione di massa
industriale instauratosi nel mondo occidentale dall'inizio del XX secolo e che ha permesso di strutturare le
basi di elevazione minima sociale di garanzia dei diritti e l'instaurazione di un sistema di protezione sociale
(welfare) .
13 “Nella facoltà di fare tutto ciò che non nuoce ad altri, ovvero nella libertà d’azione; il diritto di non
essere costretti a professare alcuna fede, fosse anche quella della maggioranza, di cui non si sia convinti,
ovvero nella libertà religiosa; nel diritto di manifestare il proprio pensiero, con tutti i mezzi di espressione, a
patto che questa espressione non nuoccia ad alcun individuo e non provochi alcuna azione colpevole; infine
nella certezza di non essere trattati arbitrariamente, come se si fossero superati i limiti dei diritti individuali,
vale a dire nella garanzia di non essere arrestati, detenuti giudicati che secondo la legge”, Benjamin Constant
(1767-1830), Principi della politica” 1806.
14Thomas Hobbes, il Leviatano, 1651.
VI
Un sistema di “balancing” che è evidente nella organizzazione della Nigeria, dove tutte le
differenziazioni e le peculiarità sono accettate con bilanciamenti regionali e locali. Non
sembra un caso, di conseguenza, che esempi potenti di resistenza al pervasivo
imperialismo culturale americano di schemi e modelli identificativi monocolori, soprattutto
indirizzati ai giovani in quanto bersagli preferenziali in funzione della ricerca di mercati
economici, nascano ad esempio in Nigeria con il fenomeno di Nollywood 15
.
Il modello di democrazia “esportata” 16
a ritmi forzati secondo gli schemi
occidentali, al fine dell'integrazione dei paesi nel sistema economico mondiale del capitale
e della competizione globale, che nelle intenzioni doveva sviluppare contesti stabili e
duraturi tanto da elevare le condizioni economiche a livelli minimi di base delle
popolazioni, non appare un modello idoneo ed applicabile. Tanto in considerazione delle
risposte violente di rifiuto dell'assimilazione che ha provocato nell'area medio orientale e
che stanno prosperando anche in diversi settori del continente africano.
In ultima analisi non si può tralasciare di prendere in considerazione se il sistema
degli aiuti, ristrutturazioni del debito estero ed l'imposizione di politiche monetarie rigide
rispetto ai livelli inflazionistici da parte delle organizzazioni internazionali (FMI e WB),
siano di aiuto allo sviluppo autoctono di una classe politica competente ed a trovare le
“soluzioni finanziarie ai problemi delle nazioni in via di sviluppo” 17.
Nondimeno se tali
approcci siano prodromici a sviluppare quella contesa politica di confronto sui programmi
attuativi di miglioramento della realtà sociale, contribuendo alla evoluzione dei partiti
patrimoniali 18
, a quelli di base puramente etnica e/o ai poteri gerontocratici che ancora
15Col termine Nollywood (fusione di Nigeria e Hollywood) si intende l'industria cinematografica
nigeriana. Questa industria del cinema popolare, che fa affidamento sulle «immagini africane per gli
africani», secondo l'espressione del regista Claude Balogoum, si nutre di satire socio-politiche, di storie di
gelosia, di stregoneria, di religione, di vendetta, di petrodollari e d'insicurezza. Storie che colgono
l'immaginario culturale locale facendo riferimento a credenze e tradizioni autoctone che riscuotono un
enorme successo di pubblico. Questo fenomeno nel 2006 aveva sorpassato la produzione cinematografica
statunitense, collocandosi al secondo posto dopo l'India per numero di produzioni mondiali.
16Nel dicembre 2007 l'Amministrazione Bush rilasciò un documento dal titolo “ Dichiarazione di
principi per una relazione a lungo termine di cooperazione ed amicizia tra la Repubblica dell'Iraq e gli Stati
Uniti d'America”. Il punto 5 di tale documento dichiarava “Sostenere la Repubblica dell'Iraq per ottenere
condizioni positive e preferenziali per l'Iraq all'interno del mercato globale inclusa l'adesione
all'Organizzazione Mondiale del Commercio e lo status di nazione più favorita con gli Stati Uniti”. Sebbene
il documento fosse riferito specificatamente alla realtà irachena, esso in larga parte esplicita il concetto della
democrazia “esportata” e della visione del fine della stessa nel contesto mondiale.
17Dambisa Moyo, La carità che uccide , 2009.
18Lo stato patrimoniale fu già descritto da Weber come “un'autorità politica che si differenzia dalle
autorità di lignaggio appoggiandosi non più solo sulla parentela come nelle forme “tradizionali” ma anche su
gruppi di fedeli e servitori che costituiscono un corpo amministrativo legato al sovrano da un'obbedienza
fondata …... sulla capacità del sovrano di premiare economicamente la fedeltà”. Nelle forme patrimoniali il
potere non è stabile e si basa sulla capacità del sovrano di acquisire risorse finanziarie adeguate e
VII
insistono in alcune realtà africane.
Per concludere si è cercato di analizzare fonti storico-politiche prevalentemente di
origine ghaneana e nigeriana, anche per cercare di leggere il passato e lo sviluppo moderno
con l'esperienza culturale e dottrinale proveniente dai paesi in analisi. Il fine di limitare, per
quanto possibile, una lettura neo-coloniale della realtà odierna era obiettivo primario del
compilatore.
redistribuirle in forma clientelare per il mantenimento del potere. All'interno di tali stati non vi è distinzione
tra pubblico e privato , il sovrano amministra la cosa pubblica come fosse un bene appartenente al suo ambito
familiare con mancanza di istituzionalizzazione del potere. Le gerarchie diventano il frutto di rapporti di
potere non legittimati, ma piuttosto soggetti a logiche clientelari.
VIII
CAPITOLO I
LA TRATTA DI ESSERI UMANI
PREMESSA Questa breve panoramica storica sull'evento in titolo ha il solo scopo di dare una
base di lettura interpretativa ad uno degli occorsi storici più incidentali per la storiografia
africana. Essa diviene una base importante per la lettura dei seguenti capitoli, anche in
considerazione che Ghana e Nigeria furono geograficamente e logisticamente al centro
della “tratta atlantica” e sede delle maggiori installazioni fortificate utilizzate per il
commercio umano. Installazioni che ancora oggi rimangono a testimonianza degli eventi
del tempo.
LO SVILUPPO
La “tratta” , come viene storicamente definita , è una delle pagine più negative della
storia umana, con conseguenze sociali e culturali che ancora hanno ripercussioni nella
realtà attuale a livello mondiale. Le motivazioni generali dello sviluppo di tale crimine
furono essenzialmente commerciali. Esisteva la necessità contingente di trovare mano
d’opera umana resistente per le piantagioni di zucchero, tabacco e cotone dell’area dei
Caraibi, dopo che le popolazioni autoctone erano state decimate principalmente a causa
delle malattie importate dai bianchi e dell’eccessivo sfruttamento lavorativo a cui non
erano abituati . La tratta specialmente nel suo sviluppo prettamente commerciale, diede
origine alla nota triangolazione “triangolar slave trade” che prevedeva ad un cargo di
effettuare un turnazione commerciale completa trasportando schiavi nelle Americhe, quindi
zucchero e cotone in Europa e tessuti, perle di vetro, armi e utensili in Africa, con un
percorso economico altamente remunerativo.
Appare inoltre fondamentale ricordare che secondo alcuni storici gli ingenti ricavi
provenienti dalla tratta contribuirono in maniera decisiva allo sviluppo industriale del
continente europeo, fornendo i capitali necessari per gli investimenti infrastrutturali e al
tempo stesso aprendo nuovi mercati utili ad assorbire la produzione delle merci tessili,
armi da sparo, utensili etc.. La ricchezza europea sarebbe dovuta, in parte, anche allo
sfruttamento dell’Africa sia come approvvigionamento di forza lavoro che come mercati
dove indirizzare il surplus di una incalzante produzione industriale .
La presenza britannica in africa occidentale nel 1700 era di cento uomini divisi in
1