fondo pensione pluricomparto, che costituirà l’oggetto della sperimentazione
descritta nel capitolo successivo.
Per definire i presupposti su cui costruire uno schema applicativo per la gestione
dinamica di questa tipologia di fondo pensione si è ipotizzato un fondo composto da
tre diverse linee di investimento che presentano problematiche di gestione differenti
e cioè: azionaria, bilanciata ed a rendimento minimo garantito. In base alle
caratteristiche descritte di questi comparti vengono definite le funzioni obiettivo più
adatte alle specifiche esigenze di gestione degli stessi. In particolare, per i comparti
azionario e bilanciato si è ritenuto corretto applicare i principi dell’ottimizzazione
stocastica ed, in particolare, l’equazione di Hamilton – Jacobi – Bellman, al fine di
definire la politica di investimento ottimale, mentre per la linea a minimo garantito la
scelta è caduta sulla tecnica dell’assicurazione di portafoglio continua e
proporzionale (continuous proportion portfolio insurance - CPPI) introdotta da
Black e Jones (1988) e da Black e Perold (1992).
E’ stato infine esaminato il regime a prestazione definita evidenziando le
caratteristiche della dinamica del valore di questa tipologia di fondo e le componenti
principali dei suoi incrementi infinitesimali. Anche in questo caso, dopo aver definito
la funzione obiettivo specifica del fondo, si è posta l’attenzione sulle tecniche di
gestione simultanea degli investimenti e delle contribuzioni.
La prima parte si conclude con la presentazione dei principali rischi presenti nei
fondi pensione: di investimento, demografico, di “benchmark”, fiscale.
Nell’appendice, viene descritto in termini analitici il modello univariato di Cox
Ingersoll e Ross (1985), applicato per descrivere il moto del tasso privo di rischio.
Vengono poi elencati i vari limiti qualitativi e quantitativi posti dal legislatore
italiano alla gestione del portafoglio dei fondi pensione. Infine l’appendice si
conclude con un esame delle differenze tra il sistema di capitalizzazione ed il sistema
di ripartizione.
Nella seconda parte viene descritta l’applicazione pratica di gestione integrata dei
portafogli delle tre linee di investimento in cui si ripartisce un ipotetico fondo
pensione a contribuzione definita “pluricomparto”.
Innanzitutto vengono descritte le modalità seguite per stimare i parametri del
modello CIR ed i parametri dei prezzi azionari in base ai dati storici. Quindi, in base
a tali stime, sono descritte le caratteristiche delle attività finanziarie interest rate
sensitive che compongono il portafoglio del fondo pensione.
A questo punto, gli schemi teorici ed operativi presentati nel primo capitolo trovano
applicazione in un programma di gestione, elaborato su foglio elettronico Excel,
capace di selezionare contemporaneamente tre diversi portafogli sulla base di tre
diverse funzioni obiettivo.
In un primo tempo le linee di investimento vengono gestite singolarmente, definendo
i portafogli ottimali di ciascun comparto, nel rispetto dei limiti agli investimenti
previsti sia dalla legge che dal regolamento; nella fase successiva si provvede ad una
gestione integrata delle tre linee e alla definizione del portafoglio complessivo del
fondo pensione, inserendo un ulteriore limite statutario al totale degli investimenti
del fondo. In questa parte viene posta una particolare attenzione alle problematiche
derivanti dall’impostazione del programma di gestione sul foglio elettronico di
Excel.
Infine vengono confrontati i portafogli dei tre comparti risultanti dalla gestione
singola e da quella integrata e analizzati gli effetti - sulle singole linee di
investimento - dell’inserimento di un vincolo aggiuntivo nel portafoglio complessivo
del fondo pensione.
Pur nei limiti oggettivi di questo studio, necessariamente parziale e limitato ad un
aspetto della complessa attività di gestione dei fondi pensione, si devono evidenziare,
a conclusione, due risultati:
™ il tentativo di definire un quadro teorico ed operativo di riferimento per le
problematiche della gestione finanziaria degli impieghi dei fondi pensione, sia a
contribuzione che a prestazione definita;
™ lo sforzo di impostare una procedura di programmazione per la gestione dinamica
di un fondo pensione pluricomparto che consenta di applicare in pratica i principi
di asset allocation, nel rispetto dei vincoli sia di legge che regolamentari.
Il presente lavoro si pone dunque come uno stimolo per futuri approfondimenti che
possano rimuovere gradualmente alcune ipotesi semplificatrici adottate e introdurre
ulteriori elementi di complessità nell’analisi quantitativa quali: la dinamica salariale
degli aderenti al fondo, le ipotesi attuariali su cui si fondano i piani pensionistici, le
problematiche relative all’inflazione e alla fiscalità del fondo, l’eliminazione
dell’ipotesi di stazionarietà della popolazione compresa nel fondo pensione.
Inoltre, la procedura applicativa di gestione - limitata agli impieghi - potrebbe
estendersi alla gestione complessiva del fondo, comprendendo nell’analisi anche il
versamento delle contribuzioni ed il pagamento delle prestazioni finali. Infine, dal
portafoglio considerato sono stati esclusi i prodotti derivati ed i titoli in valuta estera:
un’analisi più realistica richiederebbe l’introduzione anche di questi aspetti.
PREMESSA
Il sistema pensionistico italiano
Il sistema pensionistico italiano si struttura in tre ambiti principali che costituiscono
tre veri e propri pilastri tra i quali ogni contribuente ha la possibilità di ripartire la
propria pensione.
Primo pilastro
Il primo pilastro è rappresentato dalla Previdenza Pubblica, quella che tutti chiamano
“pensione”. Lo scopo della Previdenza Pubblica è quello di erogare un contributo
pensionistico minimo finanziato dai lavoratori e dai loro datori di lavoro, il tutto
secondo la logica di un sistema a ripartizione per cui i contributi versati dai lavoratori
vengono utilizzati dallo Stato per pagare la pensione di chi lavoratore non è più.
Purtroppo, l’attuale andamento demografico caratterizzato dall’invecchiamento della
popolazione e, conseguentemente, da una crescente sproporzione tra pochi lavoratori
attivi e molti pensionati, sta mettendo in crisi questo sistema che non sembra più
essere in grado di garantire un contributo adeguato alle prossime generazioni di
pensionati.
Secondo pilastro
Il secondo pilastro è costituito dai Fondi Pensione che sono gestiti da soggetti diversi
dallo Stato secondo il principio della capitalizzazione
1
. Questo significa che i
contributi versati da ogni singolo lavoratore sono destinati alla sua posizione
individuale; il gestore del fondo (sia esso privato o di categoria) investe sui mercati
finanziari questi contributi in modo da costituire un capitale che, al termine del
periodo lavorativo, servirà ad erogare una pensione integrativa al lavoratore stesso
Questa forma previdenziale è, ad esempio, quella che viene offerta dalle Casse
Nazionali delle diverse categorie professionali.
1
Per un esame più approfondito dei sistemi a ripartizione e di capitalizzazione si rimanda
all’appendice al capitolo primo, paragrafo A.3.
Terzo pilastro
Tanto il primo quanto il secondo pilastro costituiscono delle forme previdenziali
collettive; diversamente, il terzo pilastro è costituito dalla Previdenza Integrativa
Individuale che ciascuno può realizzare attraverso forme pensionistiche individuali e
indipendenti dall’appartenenza ad una determinata categoria, al fine di integrare le
pensioni fornite dai primi due pilastri e di mantenere così invariato il proprio tenore
di vita anche al termine dell’attività lavorativa.
A questo punto è evidente come solo l’incentivazione degli ultimi due pilastri possa
permettere allo Stato di diminuire le proprie prestazioni senza per questo
compromettere il tenore di vita potenziale dei lavoratori al momento della pensione.
Infatti, con il nuovo sistema contributivo la pensione garantita dalla previdenza
pubblica non andrà oltre il 50-60 per cento dell’ultima retribuzione (ad essere più
penalizzati in termini di percentuale dell’ultima retribuzione saranno i redditi più
elevati) e l’adesione ad un fondo pensione chiuso di categoria potrà aggiungere
un‘ulteriore percentuale dell’ultima retribuzione.
I fondi pensione: cosa sono e chi può aderire
I fondi pensione possono essere definiti strumenti previdenziali a carattere collettivo
con adesione volontaria, negoziale o non negoziale, la cui finalità precipua è quella
di erogare trattamenti pensionistici complementari rispetto al trattamento
pensionistico pubblico riveniente dalla contribuzione obbligatoria
2
.
Essi possono essere di due tipi diversi: chiusi o aperti.
Fondi chiusi
I fondi pensione chiusi sono fondi di categoria, cioè sono rivolti esclusivamente ai
lavoratori, siano essi dipendenti o autonomi, di un determinato settore: ad esempio,
vi sono fondi di categoria per i lavoratori del comparto edile, chimico,
metalmeccanico eccetera. Nel caso dei lavoratori dipendenti, l’adesione ad un fondo
chiuso avviene normalmente nell’‘ambito della contrattazione nazionale di categoria
o all’interno di un accordo integrativo aziendale, mentre, per quanto riguarda i
2
De Pascalis (1997a).
lavoratori liberi professionisti, sono i sindacati o le associazioni di categoria ad
offrire la possibilità di adesione.
La gestione dei fondi chiusi è affidata alle associazioni di categoria.
Fondi aperti
Diverso il caso dei fondi aperti, ai quali possono aderire persone provenienti da
settori diversi, senza vincoli legati alla professione, ma che rientrino comunque in
determinate categorie:
™ I lavoratori che non sono tenuti ad aderire ad un fondo aziendale o di categoria,
come ad esempio i lavori autonomi, i liberi professionisti e coloro che svolgono
attività di collaborazione coordinata e continuativa.
™ I lavoratori dipendenti il cui contratto collettivo nazionale permette l’adesione, in
forma collettiva, a fondi pensione aperti.
™ I lavoratori che perdono i requisiti per continuare ad essere iscritti ad un fondo
chiuso di categoria e non desiderano iscriversi ad un altro fondo chiuso (ad
esempio un lavoratore dipendente del settore metalmeccanico, che cambia attività
e si mette in proprio).
™ I lavoratori autonomi che decidono di passare dal fondo chiuso di categoria al
quale sono iscritti ad un fondo aperto.
I fondi aperti possono essere istituiti e gestiti solo da alcune categorie di enti stabilite
dalla legge, che possiedano certi requisiti patrimoniali minimi: banche, società di
assicurazioni, SIM (società di intermediazione mobiliare), società di gestione di
fondi comuni di investimento.
Naturalmente i soldi versati dai contribuenti non possono essere investiti dai gestori a
proprio piacimento, ma vi sono delle regole ben precise che limitano e indirizzano la
tipologia dell’investimento e la sua durata
3
.
Al di là dell’ovvio beneficio rappresentato dall’integrazione della propria pensione,
l’adesione ai fondi presenta anche una serie di vantaggi fiscali non irrilevanti: infatti,
il contributo versato al fondo viene dedotto dal reddito annuale del lavoratore, cioè
chi aderisce ad un fondo pensione non paga le tasse sulla quota del proprio reddito
che versa nel fondo.
3
Per un esame più approfondito di questo aspetto, si rimanda all’appendice al capitolo primo,
paragrafo A.2.
Gestione diretta ed indiretta
Con riferimento alla gestione delle risorse del fondo pensione è stato sancito il
principio della separazione tra fondo e soggetto gestore in base al quale il fondo non
potrà investire direttamente le proprie risorse ma dovrà affidarne la gestione, dopo
aver stipulato un’apposita convenzione, ad uno dei soggetti previsti tassativamente
dalla legge
4
. A tale principio il legislatore ha però posto due eccezioni al fine di
consentire al fondo di effettuare investimenti diretti nel mercato immobiliare ed in
quello delle piccole e medie imprese. In particolare, potranno essere sottoscritte o
acquistate azioni o quote di fondi comuni di investimento mobiliare e immobiliare
chiusi
5
che complessivamente considerate, sulla base dei limiti indicati dalla legge,
potrebbero raggiungere quantitativamente il 50% del patrimonio del fondo pensione.
Quindi le possibilità offerte dalla legislazione vigente alla gestione diretta degli
investimenti non sono affatto esigue in termini quantitativi anche se si prevede che,
almeno in una fase iniziale, l’esercizio di tale facoltà risulterà estremamente limitato
specialmente nei fondi di più piccole dimensioni. Di conseguenza, prevarrà la
gestione indiretta attraverso i soggetti abilitati con i quali i fondi dovranno stipulare
delle apposite convenzioni gestorie
6
.
Criteri di gestione
Anche per i fondi pensione è stato sancito il principio della sana e prudente gestione,
nel senso che il fondo dovrà operare in modo che le proprie disponibilità siano
gestite in maniera sana e prudente e in modo tale da raggiungere i seguenti obiettivi:
™ diversificazione degli investimenti;
™ efficiente gestione del portafoglio;
™ diversificazione dei rischi, compreso quello di controparte;
™ contenimento dei costi di transazione, gestione e funzionamento del fondo;
™ massimizzazione dei rendimenti netti
7
.
4
banche, compagnie di assicurazione, sim, fondi comuni di investimento.
5
Gli investimenti in quote o azioni di fondi di investimento mobiliare o immobiliare chiusi non
potrranno superare il 25% del capitale del fondo stesso.
6
De Pascalis (1997b).
7
I tre obiettivi di diversificazione dei rischi, contenimento dei costi e massimizzazione dei rendimenti,
appaiono un’inutile esplicitazione in quanto, evidentemente, gli stessi risultano strumentali al
raggiungimento dei due precedenti obiettivi di diversificazione degli investimenti ed efficiente
gestione del portafoglio.
Nella gestione delle proprie disponibilità il fondo pensione dovrà, inoltre, tenere
presenti le esigenze di finanziamento delle piccole e medie imprese.
I risultati conseguiti dal soggetto a cui il fondo avrà affidato le risorse dovranno
essere verificati e potranno essere misurati mediante parametri oggettivi che saranno
inseriti nella convenzione gestoria con le modalità che verranno stabilite dalla
Commissione di Vigilanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 124/93.
Dell’intera attività del fondo, che dovrà ispirarsi al principio della trasparenza,
bisognerà fornire adeguata informativa agli iscritti.
CAPITOLO I
Fondi pensione: aspetti teorici
1.1 Introduzione
In questo capitolo vengono esaminati i principali aspetti teorici delle problematiche
di gestione dei fondi pensione.
Dopo una breve descrizione delle differenze tra i due principali regimi, si procede a
definire il portafoglio del fondo pensione. A questo punto si passa ad un’analisi più
dettagliata dei fondi a contribuzione definita, studiandone la dinamica in tempo
continuo.
Il lavoro prosegue definendo la struttura specifica e le politiche di asset allocation del
fondo pensione a contribuzione definita pluricomparto che costituirà oggetto
dell’applicazione pratica del capitolo successivo.
L’ultima parte di questo capitolo si concentra sullo studio dei fondi pensione a
prestazione definita e si conclude passando al vaglio i rischi tipici sia dei fondi a
contribuzione definita che quelli a benefici definiti.
1.2 Fondi pensione: i regimi di prestazione
Per i fondi pensione sono ammessi dal legislatore italiano due regimi di prestazione:
il regime a contribuzione definita e il regime a prestazione definita
8
. Le loro modalità
di funzionamento seguono logiche diametralmente opposte.
Nel caso, infatti, del regime a contribuzione definita, l’unico elemento
predeterminato è il livello dei contributi, e quindi le prestazioni dipenderanno
solamente dal risultato complessivo della gestione delle risorse accantonate; il fondo
pensione, in altri termini, non si assume alcun impegno a erogare prestazioni legate a
determinati parametri (quale, ad esempio, una quota dell’ultima retribuzione del
8
In base alla normativa italiana vigente, i lavoratori dipendenti possono accedere solamente al primo
regime di prestazione, mentre i lavoratori autonomi e i liberi professionisti possono optare per l’uno o
per l’altro alternativamente.
beneficiario), ma si limita a gestire secondo criteri professionali di oculatezza le
risorse accumulate: alla scadenza pattuita, tali risorse saranno erogate ai beneficiari
come prestazione pensionistica. La gestione così condotta delle risorse del fondo può
essere assimilata a quella eseguita con criteri prevalentemente di natura finanziaria
(tipici della gestione dei fondi comuni di investimento mobiliare) come quelli che si
fondano sul principio della “diversificazione efficiente”, che consiste, come è stato
illustrato dalla moderna teoria del portafoglio, nel massimizzare il rendimento atteso
per ogni livello prefissato di rischio
9
. Sulla base di tale principio, le scelte di
portafoglio del fondo pensione saranno condizionate dalle concrete opportunità di
diversificazione offerte dal mercato finanziario in cui si troverà ad operare e dal
grado di avversione al rischio del fondo pensione medesimo.
Quindi, nei regimi a contribuzione definita l’elemento di incertezza riguarda il livello
delle prestazioni.
Nel caso, invece, del regime a prestazione definita, il fondo pensione si impegna a
corrispondere una prestazione predeterminata. In questo caso il rischio di gestione
viene trasferito interamente al fondo. Ciò comporta una valutazione periodica,
condotta con criteri di natura assicurativo-attuariale, dell’adeguatezza patrimoniale
del fondo a far fronte all’onere previsto per le prestazioni.
Può succedere che il fondo pensione risulti scarsamente dotato patrimonialmente, a
causa del rendimento delle risorse investite che non consente di far fronte agli
impegni assunti. In questo caso, per evitare il verificarsi di una situazione di
insolvenza, bisognerà cercare una strategia di investimento e/o dovranno essere
incrementati i contributi in modo tale da ripristinare quel determinato livello di
patrimonializzazione coerente con il valore attualizzato delle prestazioni future
10
.
Nel caso, invece, il fondo pensione a prestazione definita abbia un patrimonio
superiore a quanto sia prevedibilmente necessario per il pagamento delle
prestazioni
11
, può essere ipotizzata una riduzione dei contributi o, addirittura, una
sospensione più o meno prolungata del loro versamento (contribution holiday); in
9
Porta.
10
Anche se bisogna considerare che non si può incrementare il valore attuale del fondo pensione investendo
in titoli con maggiore rischio e rendimenti attesi più elevati: quindi, se i titoli sono correttamente valutati, il
valore attuale del fondo rimane invariato a prescindere dalla composizione del suo portafoglio.
11
Cioè nel caso in cui si trovi in una situazione di “overfunding”.
alternativa il fondo potrebbe incrementare l’investimento in titoli di capitale, nei
limiti di tale eccedenza, al fine di massimizzare la ricchezza dei beneficiari
12
.
Quindi nei regimi a prestazione definita l’elemento di incertezza riguarda l’entità dei
contributi necessari a costituire le risorse adeguate a garantire le prestazioni
promesse.
In realtà, le differenze nelle strategie di investimento qui descritte tra i due tipi di
fondi tendono ad annullarsi in caso di adozione di un modello gestionale basato sulla
tecnica dell’asset and liability management, anche se, d’altra parte, è chiaramente
impossibile, date le molteplici peculiarità, delineare una politica di investimento
univoca valida per entrambi i regimi pensionistici. Una corretta politica di
investimento richiederà, infatti, una pianificazione strategica che, partendo da
un’analisi delle caratteristiche del fondo, definisca gli obiettivi da raggiungere nel
lungo periodo e programmi i passi necessari per conseguirli.
1.3 Definizione del portafoglio del fondo pensione
Si ipotizza che il portafoglio del fondo pensione sia costituito da n + 1 attività in cui
impiegare le risorse raccolte con le contribuzioni, di cui una è un titolo privo di
rischio ed i restanti n sono titoli azionari e titoli di stato (titoli IRS).
Attività priva di rischio
Innanzitutto si ha un’attività 0 priva di rischio che ha un valore al tempo t di:
t
eRtR
0
)0()(
00
µ
= essendo dttd
R
tdR
00
0
0
)(
)(
µδ ==
Dove )(
0
tdδ rappresenta il tasso di rendimento istantaneo dell’attività priva di
rischio. Per questo tasso viene adottato un modello di diffusione relativamente
12
Questo tipo di investimento, però, dovrà essere ridotto, qualora il valore di mercato delle attività del
fondo pensione si avvicinasse al valore delle passività pensionistiche. Una simile strategia di investimento
costituisce una tipologia di assicurazione del portafoglio, conosciuta come immunizzazione contingente.
semplice, che dipende da un fattore o fonte di casualità. L’equazione differenziale
stocastica
13
che descrive l’evoluzione nel tempo di )()(
0
tdtr δ= è data da:
)())(())(()( tdZtrdttrtdr
rrr
σµ +=
dove le funzioni ))(( tr
r
µ e ))(( tr
r
σ sono deterministiche
14
e dove )(tZ
r
è un moto
Browniano standard.
La dinamica di {})(tr è completamente descritta dalla media e dalla varianza
infinitesime
15
, cioè da ))(( tr
r
µ e ))((
2
tr
r
σ . In questo senso i processi di diffusione
costituiscono la naturale estensione al continuo dei classici modelli media–varianza
uniperiodali
16
.
Si suppone che il processo del tasso locale sia un processo di Markov, cioè che la
distribuzione di probabilità dei valori futuri di {})(tr sia determinata unicamente in
base al valore che il processo assume nell’istante corrente e non dipenda invece
dall’intera storia del processo.
Si è scelto per descrivere il moto del tasso locale )(tr il modello di Cox Ingersoll e
Ross, il quale rappresenta tale processo attraverso la seguente equazione differenziale
stocastica:
[] )()()()( tdZtrdttrtdr ργα +−= con 0,, >ργα , 0)( ≥tr
In questo caso quindi si avrà una variazione istantanea attesa del tasso locale pari a:
))(( tr
r
µ = [])(tr−γα e una volatilità istantanea uguale a: ))(( tr
r
σ = )(trρ .
Per quanto riguarda le n attività rischiose, si ipotizza che le prime g siano titoli
azionari mentre le attività che vanno dalla g + 1 alla n siano titoli di stato con diverse
scadenze.
13
La teoria delle equazioni differenziali stocastiche può essere fatta risalire ai lavori pioneristici di
Gihman e Ito. Nonostante alcune definizioni possono apparire eccessivamente formali e certi risultati
non sono intuitivi, il metodo fornisce una serie di regole di calcolo che consentono di ottenere risultati
generali senza richiedere la specificazione esplicita delle distribuzioni di probabilità sottostanti ed
evitando la manipolazione di espressioni lunghe e complicate. De Felice, Moriconi (1991)
14
Baxter e Rennie (1996).
15
La denominazione di media e varianza istantanea attribuita alle due funzioni deterministiche è
giustificata da De Felice Moriconi (1991).
16
De Felice Moriconi (1991).