2
possono ricavare due indicazioni generali: da una parte, è evidente come il settore delle ICT
sia trainante per la crescita economica europea; dall’altra, la staticità del livello
occupazionale testimonia come la crescita sia da imputare all’aumento della produttività del
lavoro (e non alla quantità dello stesso), mostrando quanto i ruoli professionali legati alle ICT
siano soggetti a esigenze di crescente qualità e preparazione.
Ne risulta l’evidenza che quello delle ICT sia un settore strategico per la competitività
europea a livello globale, come gli stessi Stati membri hanno riconosciuto nella formulazione
della Strategia di Lisbona, con la quale si sono assunti l’obiettivo di rendere l’Europa la più
competitiva e dinamica “knowledge-based economy”. Di conseguenza, essi hanno espresso la
necessità di elaborare politiche efficaci e coordinate di sviluppo e gestione delle competenze
professionali, in particolare in relazione ai ruoli che maggiormente hanno a che fare con la
gestione dell’informazione.
La competitività delle imprese europee, infatti, dipende sempre più dalla loro
conoscenza e capacità di utilizzo delle ICT, e quindi dalle conoscenze e abilità in possesso
del personale attualmente impiegato e impiegabile in futuro. Questa tesi, assieme alla
necessità di sviluppare politiche di istruzione e formazione a livello di singoli Paesi,
coordinate a livello europeo, è sostenuta da ricerche di mercato specializzate, come mostrato
in [IDC], che mettono in luce come le imprese europee si mostrino convinte della rilevanza
delle competenze ICT per la propria competitività ma, allo stesso tempo, reputino
insufficienti le competenze attualmente fornite dal sistema di istruzione europeo e trovino
critici, dal punto di vista dei costi e dei tempi, gli investimenti finalizzati all’incremento
interno delle stesse.
Per l’insieme di queste ragioni, nel 2002, la Commissione Europea ha deciso
l’istituzione, come risultato dell’European eSkills Summit svoltosi a Copenhagen, dello
European e-Skills Forum [e-Skills1]: punto di convergenza delle esigenze degli stakeholders
europei e di coordinamento delle loro iniziative. L’attività di valutazione del Forum ha
evidenziato come, nonostante gli anni negativi per il settore ICT conseguenti allo scoppio
della bolla della “New Economy”, la domanda di competenze ICT si sia mantenuta su livelli
superiori rispetto all’offerta, in particolare per quanto riguarda le imprese utenti di ICT. Ciò
testimonia come il peso crescente del settore ICT sull’economia europea rifletta la crescita
dell’adozione delle tecnologie digitali da parte delle imprese e, quindi, una maggiore
domanda di personale in possesso delle competenze necessarie per una loro efficace
applicazione.
Le eSkills Conference svolte a Tessalonica nel 2004 e nel 2006 sono state occasione
per tracciare le linee guida, condivise tra partner europei pubblici e privati (Unione Europea,
rappresentanti dell’industria, degli enti di formazione e degli enti di certificazione), di una
strategia comune di sviluppo e gestione delle competenze relative alle ICT.
3
In entrambe le occasioni è stata espressa la convinzione che l’insufficienza o
inadeguatezza di interventi che garantiscano la corrispondenza tra competenze ICT generate
dal sistema di formazione e competenze richieste dal mercato costituiscano un probabile
rilevante freno alla crescita economica europea.
1.1.1 Criticità nella gestione delle competenze ICT a livello
europeo
I messaggi chiave che la Commissione Europea ha ricavato dalle eSkills Conference
possono essere ricondotti a tre tematiche principali, come sostenuto dalla Commissione stessa
in [e-skills2]: la necessità di promuovere la competitività dei Paesi europei nel settore delle
ICT e, in particolare, lo sviluppo e l’occupazione della forza lavoro; la necessità di
cooperazione tra settori pubblico e privato, per abilitare il collegamento tra i diversi sistemi di
istruzione e di formazione; la necessità, infine, di promuovere l’immagine delle occupazioni
ICT, con lo scopo di prevenire carenze sistemiche di professionisti adeguatamente qualificati.
La riconosciuta esigenza di sviluppare un’agenda europea di lungo termine, che
preveda un insieme di interventi a sostegno delle necessarie iniziative nazionali, si basa sul
riconoscimento di alcune grandi sfide relative al settore delle ICT:
ι La mancanza di una visione di lungo periodo circa le competenze ICT (e-skills);
data la rapida crescita della domanda di tali competenze e la ciclicità con cui essa si
manifesta, la Commissione Europea stima, per il 2008, una carenza di professionisti
con competenze tecnologiche avanzate;
ι La mancanza di un approccio unitario a livello europeo allo sviluppo delle ICT:
nonostante il settore ICT abbia dimensione globale, gli Stati dell’Unione Europea
operano in modo indipendente e sotto diversi regimi regolatori; alcuni di essi si
sono dotati di framework di competenze ICT, ma le loro esperienze dovrebbero
essere condivise;
ι Le difficoltà di immagine del settore ICT e la carenza di professionisti altamente
qualificati: con i mutamenti demografici globali, la crescente facilità di codifica e
replicazione delle competenze ICT standard e il conseguente aumento di offerta di
professionisti da parte dei Paesi emergenti, il segmento dei lavoratori europei meno
qualificati è, secondo la Commissione Europea, a rischio di disoccupazione;
ι L’esistenza di universi paralleli tra istruzione formale e istruzione professionale
settoriale: lo sviluppo continuo delle ICT rende difficile la formalizzazione degli
obiettivi per il sistema di istruzione; contemporaneamente, questo significa
disallineamento tra competenze prodotte e competenze richieste dalle
organizzazioni, che dovrebbe venire ridotto con una progressiva conversione delle
4
qualifiche, troppo orientate alle caratteristiche del percorso di apprendimento, verso
un orientamento ai risultati;
ι La persistente mancanza di cultura ICT di base: le statistiche Eurostat per l’anno
2006 affermano che il 37% della popolazione europea è totalmente priva di
competenze informatiche di base, così come il 60% di coloro che non accedono
all’istruzione secondaria superiore; questi fattori sono determinanti nel rallentare lo
sviluppo di sistemi di e-commerce e e-government e, allo stesso tempo, tendono ad
accentuare le disuguaglianze sociali e di istruzione.
Secondo la Commissione Europea, sia gli Stati membri che l’Unione non hanno a
disposizione gli strumenti per affrontare le criticità elencate agendo singolarmente. Pertanto,
è necessario che si sviluppino partnership di livello sopranazionale tra Unione Europea,
singoli Paesi e i diversi altri stakeholders.
1.1.2 Politiche europee per le competenze ICT
Riconoscendo che molti degli interventi richiesti dagli stakeholders del settore ICT
hanno una dimensione europea, la Commissione ha definito, e illustrato in [e-skills2],
un’agenda di iniziative, i cui risultati saranno valutati nel periodo 2007-2010. Le componenti
chiave alla base delle iniziative proposte sono: la cooperazione di lungo termine tra autorità
pubbliche, settore privato, Università, associazioni industriali e dei lavoratori per lo sviluppo
di forza lavoro altamente qualificata nelle ICT; l’investimento in risorse umane, sia pubblico
che privato, in particolare orientato allo sviluppo di e-skills; la promozione dell’attrattività
degli ambiti di studio scientifici, in particolare quello ICT, e dei profili professionali
collegati; lo sviluppo della cultura ICT di base, finalizzata all’aumento delle possibilità di
impiego e dell’integrazione nella società dell’informazione; lo sviluppo di sistemi di training
e formazione per l’apprendimento permanente e l’aggiornamento continuo delle competenze
ICT.
Le linee d’azione annunciate dalla Commissione Europea sono articolate in cinque
punti:
ι Promozione della cooperazione di lungo termine e monitoraggio dell’evoluzione
delle partnership tra i diversi enti coinvolti nello sviluppo delle competenze ICT;
ι Sviluppo di azioni e strumenti di supporto: tra questi, l’European e-Competence
Framework, in linea con l’European Qualifications Framework e basato sul lavoro
preliminare del Comité Européen de Normalization (CEN); il sistema Europass per
la mobilità delle qualifiche all’interno dell’unione; lo studio di fattibilità di un
“european e-skills and career portal”;
5
ι Sviluppo della consapevolezza dell’importanza delle ICT, incoraggiando gli Stati
membri allo scambio di informazioni circa le “good practices” e mediante apposite
campagne di comunicazione;
ι Incremento dell’idoneità della forza lavoro e dell’inclusione sociale, con l’obiettivo
di dimezzare il digital divide sofferto dalle fasce sociali a rischio di esclusione entro
il 2010;
ι Promozione di un uso maggiore e di migliore qualità dei sistemi di e-learning,
incoraggiando la disponibilità di corsi e la collaborazione tra enti di formazione e di
ricerca per una migliore comprensione delle necessità future di competenze ICT.
Il Progetto ICT Lane, sul quale è concentrato questo lavoro, rientra nel filone delle
azioni e degli strumenti a supporto della gestione delle competenze ICT: il progetto, infatti,
prevede la definizione di un European ICT Qualifications Framework, per la mappatura delle
qualifiche, e di uno strumento informatico di supporto alla loro ricerca. In particolare,
l’obiettivo è facilitare l’incontro tra domanda e offerta di competenze ICT, permettendo a
organizzazioni e singoli individui, sulla base dei propri gap di competenze (collettivi o
individuali), di cercare i percorsi di qualificazione appropriati, erogati dai diversi Paesi
Europei. Il punto centrale dell’iniziativa è la definizione di un framework che sfrutti un
linguaggio condiviso per la descrizione di competenze (lato della domanda) e qualifiche (lato
dell’offerta).
Il progetto ICT Lane, inoltre, si inserisce in un quadro più ampio di attività che mira
allo sviluppo di un sistema articolato di eCareer services, in grado di coprire le diverse fasi
del ciclo della gestione delle competenze ICT, dall’assessment delle competenze individuali
(di cui fa parte il confronto tra esse e i profili di competenza richiesti dalle organizzazioni),
alla ricerca e selezione delle qualifiche necessarie per colmare i gap, alla definizione delle
qualifiche stesse (che devono dinamicamente adattarsi alla domanda del mercato), alla
valutazione dei risultati dei processi di apprendimento. Lo studio di fattibilità di un e-skills
and career portal europeo, infine, intende integrare in un’unica sede a livello comunitario gli
strumenti a supporto delle fasi citate.
1.2 Contributo di un modello ontologico
L’oggetto di questo lavoro è la valutazione dell’opportunità di applicazione di un
sistema ontologico, per la rappresentazione del dominio delle qualifiche ICT, al tool pilota
sviluppato nell’ambito del progetto ICT Lane
Se negli ultimi anni il termine “ontologia” è stato utilizzato, nell’ambito delle scienze
informatiche, per designare una pluralità di artefatti per la rappresentazione della conoscenza,
esistono ancora pochi esempi di applicazione di tali strumenti a problemi reali; in particolare,
6
nel campo della gestione delle competenze, sono reperibili quasi esclusivamente i risultati di
progetti recenti e, spesso, attualmente in corso. Tra gli esempi più significativi deve essere
citato il progetto eCCO (eCompetence and Certifications Observatory), nell’ambito del quale
è stato realizzato uno strumento di assessment delle competenze che sfrutta una rete
semantica per la rappresentazione e il confronto di profili professionali.
Nel campo delle ontologie applicate alle scienze informatiche, in tempi recenti si è
assistito allo sforzo, da parte delle maggiori comunità di pratiche, di convergere verso una
definizione condivisa, la quale descrive una ontologia come un artefatto finalizzato a
rappresentare un dominio del discorso, individuando i concetti che lo costituiscono e le
relazioni tra di essi, secondo una semantica ben definita e per mezzo degli strumenti della
logica formale.
Di conseguenza, la caratteristica principale di una ontologia è costituita dalla
possibilità di creare rappresentazioni che, rispecchiando la semantica del dominio di
interesse, sono intrinsecamente associabili a una interpretazione condivisibile da parte degli
agenti umani. Questo rende possibile sfruttare tali strumenti per una pluralità di scopi,
dall’analisi formale di un dominio, allo sviluppo di un modello normativo (che quindi indichi
come un particolare dominio debba essere rappresentato), allo sviluppo di una
rappresentazione condivisa che faciliti la comunicazione tra individui e organizzazioni
differenti.
Sono esattamente queste le motivazioni che rendono interessante l’approccio
ontologico nei confronti del progetto ICT Lane. In primo luogo, un linguaggio condiviso per
il dominio delle competenze e delle qualifiche ICT deve essere creato con uno sforzo di
formalizzazione, che può trovare nello sviluppo di ontologie un valido strumento di analisi e
una naturale finalizzazione.
Inoltre, un framework ontologico per le qualifiche, costruito sulla base del consenso
tra i principali stakeholders, può essere facilmente assunto come rappresentazione normativa
del dominio, fornendo una guida per i soggetti che, come gli enti dell’educazione e della
formazione, possono trarre vantaggio dall’esistenza di un linguaggio formalizzato e standard
per la descrizione delle qualifiche offerte.
In modo analogo, lo sviluppo di una rappresentazione ontologica condivisa tra gli
stakeholders, utilizzando una semantica indipendente dal linguaggio naturale (e quindi dalle
differenze linguistiche) e dalle influenze culturali locali, può costituire un valido strumento di
comunicazione tra individui e organizzazioni provenienti da background differenziati.
Infine, ma con particolare rilievo per questo lavoro, l’applicazione di un modello
ontologico al progetto ICT Lane può apportare rilevanti benefici dal punto di vista delle
funzionalità del tool informatico, sfruttando i servizi di ragionamento automatico che, in
7
tempi recenti, si sono sviluppati in relazione ai linguaggi logici formali. In particolare, oltre a
fornire le primitive per una rappresentazione strutturata, dal punto di vista semantico, del
dominio delle qualifiche e della sua relazione con quello delle competenze ICT, la capacità di
eseguire inferenze (ovvero, di condurre un ragionamento di tipo deduttivo), caratteristica dei
sistemi ontologici basati sulla logica formale, può abilitare lo sviluppo di funzionalità di
ricerca basate sulla struttura della rappresentazione e, quindi, sul significato che essa
incorpora.
La rilevanza della possibilità di eseguire elaborazioni, come la ricerca o il confronto
di informazioni contenute in una base di conoscenza, basate sulla semantica della
rappresentazione, nasce in particolar modo dalla possibilità di superare la logica sintattica
che, per quelle categorie di operazioni, è tipicamente utilizzata nelle applicazioni
informatiche. Dal momento che, all’interno di qualunque sistema informatico, la
manipolazione delle informazioni è necessariamente di tipo sintattico, il significato
generalmente attribuito a una operazione su di esse è codificato nelle procedure di
elaborazione, in modo non visibile all’utente. Un sistema ontologico, invece, stabilendo una
corrispondenza esplicita tra manipolazione sintattica e trasformazione dei concetti nel mondo
reale, rende l’elaborazione leggibile e comprensibile.
Nel caso specifico del tool ICT Lane, questo si traduce in un arricchimento della
funzionalità di ricerca: infatti, essa può fondarsi sulla struttura degli oggetti che fanno parte
della rappresentazione, come le competenze e le qualifiche, ottenendo risultati che non
dipendono dalla esatta corrispondenza tra le loro espressioni simboliche.
1.3 Struttura del lavoro
Il capitolo 2, che segue questa introduzione, è dedicato alla gestione delle
competenze. In primo luogo, basandosi sulla letteratura, tratta il problema della definizione
del termine “competenza”, della sua evoluzione nel tempo e delle diverse accezioni esistenti.
In particolare, sono analizzati i principali approcci alla tematica che si sono sviluppati, negli
ultimi decenni del ‘900, sia in Europa che nel mondo anglosassone. Successivamente è
introdotto l’ambito della gestione delle risorse umane, del quale la gestione delle competenze
costituisce una sotto-area. L’attenzione è rivolta principalmente all’approccio allo Human
Resource Management basato sulle competenze, ponendo le basi per la trattazione
dell’argomento più specifico del Competency Management, del quale è illustrato un modello
esemplificativo.
Nel capitolo 3 è affrontata la tematica dei framework per le competenze ICT,
assumendo un’ottica fondamentalmente europea, pur con qualche eccezione a scopo
comparativo. Dopo alcune valutazioni sull’accezione del termine generico di framework è
8
illustrata una rassegna, basata sulla letteratura, dei quadri per le competenze ICT
maggiormente rilevanti a livello europeo e delle loro possibili classificazioni. Allo spazio
dedicato alla descrizione dei casi notevoli segue, infine, un lavoro di comparazione, volto a
individuare i punti di forza e di debolezza dei framework considerati, nonché il loro
posizionamento relativo rispetto alle dimensioni di classificazione che la letteratura indica
come rilevanti. Il tutto, secondo l’obiettivo generale di evidenziare le principali criticità nel
panorama dei quadri, con particolare riferimento all’assenza di framework per le competenze
e, soprattutto, per le qualifiche ICT caratterizzati da uno scope pan-europeo.
Il capitolo 4 è dedicato all’illustrazione dell’insieme articolato delle iniziative europee
per il supporto alla gestione delle competenze ICT. Dopo aver messo un luce la complessità
del problema, sono illustrate le principali iniziative promosse dalla Commissione Europea.
Attenzione particolare è dedicata a quelle correlate con il progetto ICT Lane: l’European e-
Competence Framework e l’European e-Skills and Career Portal. La parte successiva del
capitolo è dedicata al progetto Leonardo da Vinci ICT Lane, del quale sono illustrate le
finalità e la metodologia, il programma di lavoro e i risultati ottenuti (in particolare,
l’European ICT Qualifications Framework). Infine, è illustrato il posizionamento di ICT Lane
all’interno della classificazione dei framework riportata nel capitolo 3.
Nel capitolo 5 sono trattate le basi teoriche della parte sperimentale di questo lavoro:
gli strumenti ontologici. Dopo una illustrazione delle definizioni e delle caratteristiche
principali delle ontologie nelle scienze informatiche, è dato spazio a un breve resoconto
storico dell’evoluzione dell’uso del termine “ontologia”, a partire dalla tradizione filosofica,
fino all’applicazione recente al campo dell’informatica, in generale, e dell’intelligenza
artificiale in particolare. Successivamente è affrontato l’argomento della semantica formale,
ovvero di come i sistemi di rappresentazione della realtà possano stabilire una corrispondenza
con gli elementi di un dominio del discorso. Attenzione particolare è dato allo strumento
delle logiche descrittive, il quale si dimostra particolarmente promettente nell’ambito della
costruzione di applicazioni ontologiche. La parte successiva del capitolo è dedicata a una
rassegna delle classificazioni che, secondo la letteratura, hanno per oggetto le ontologie, cui
segue l’illustrazione di alcuni esempi rilevanti di sistemi ontologici applicati all’ambito della
gestione delle competenze. La parte finale, invece, è costituita dall’esposizione dei principi e
delle metodologie affermati per la progettazione di ontologie.
Il capitolo 6 è dedicato all’illustrazione delle funzionalità del tool ICT Lane, espresse
in termini di casi d’uso e corredate da schermate di esempio tratte dalla versione dello
strumento disponibile sul Web. Sono descritti, in modo separato, il primo prototipo e il
prototipo definitivo e, per ognuno, le sezioni dedicate alle utenze amministrative e agli utenti
finali.
Infine, nel capitolo 7 è illustrata la progettazione di un’ontologia per il tool ICT Lane.
Le fasi del processo di sviluppo considerate sono quelle di identificazione di obiettivi e
vincoli, definizione informale e definizione formale dell’ontologia. Per quanto gli aspetti
9
tecnici dell’implementazione esulino dagli scopi di questo lavoro, un tool di sviluppo di
ontologie è stato utilizzato per valutare la correttezza della formalizzazione. La definizione
informale, o concettuale, dell’ontologia è dedicata all’individuazione dei concetti e delle
relazioni appartenenti al dominio delle qualifiche ICT, secondo i risultati del gruppo di lavoro
di ICT Lane riassunti, in particolar modo, nell’ICT Qualifications Framework. La
definizione formale, esposta successivamente, è costituita dalla formulazione dell’ontologia
secondo una teoria logica, utilizzando il formalismo delle logiche descrittive. La seconda
parte del capitolo è dedicata al test del modello realizzato, sulla base di un set di istanze
estratto dalla base di dai del tool. Viene fatto particolare riferimento al processo di
normalizzazione dei dati e all’applicazione, su di essi, di procedure di ragionamento
automatico che implementano la funzionalità di ricerca delle qualifiche a partire da un
insieme di competenze.
Nelle conclusioni, infine, sono illustrate le considerazioni che è stato possibile fare a
valle dello sviluppo dell’ontologia, con particolare riferimento ai vantaggi conseguibili
mediante l’applicazione dell’approccio ontologico e alle possibili evoluzioni, per il progetto
ICT Lane, in questa stessa direzione.
10
Capitolo 2 - Competency Management
Nel presente capitolo sono introdotte alcune definizioni, fondamentali nel contesto di
questo lavoro. Oltre ad una rassegna delle accezioni più significative del concetto di
competenza (competence o competency), di quelli correlati di conoscenza (knowledge) e
abilità (skill) e delle principali impostazioni alla gestione delle competenze attualmente
riscontrabili in Europa e negli USA, è illustrata la proposta di un framework terminologico di
sintesi per la gestione di competenze e qualifiche.
Successivamente, è introdotto l’ambito all’interno del quale la gestione delle
competenze si posiziona, ovvero la gestione delle risorse umane. In particolare, in seguito
all’illustrazione di un approccio generale e largamente accettato allo Human Resource
Management, l’attenzione è dedicata ai recenti sviluppi nel campo, centrati sulle competenze,
che sono raccolti sotto il nome di Competency-based Human Resource Management.
All’interno di esso hanno particolare importanza, per le finalità di questo lavoro, le attività
che ricadono sotto la definizione di Competency Management, le quali rappresentano lo
sforzo compiuto dalle organizzazioni per allineare le competenze delle risorse umane
disponibili con quelle necessarie al raggiungimento dei propri obiettivi. Come esempio
concreto, è riportato un modello di Competency Management espressamente sviluppato per
introdurre un collegamento tra le attività, correlate alla gestione delle risorse umane,
caratteristiche dei diversi livelli di un’organizzazione: quello degli obiettivi corporate, quello
strategico e quello operativo.
2.1 Le competenze
Nella letteratura internazionale, il termine competence non è univocamente associato
ad una definizione universalmente accettata. Essa varia, oltre che in funzione del periodo
storico di riferimento, anche in relazione allo specifico ambito di attività in cui è utilizzata e
alle specifiche influenze del contesto culturale.
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Sono due i contesti specifici, di interesse per questo lavoro, all’interno dei quali si è
sviluppato, nel corso degli ultimi decenni del XX secolo, il dibattito intorno alla definizione
del concetto di competenza: la teoria dell’impresa basata sulle risorse e la gestione delle
risorse umane basata sulle competenze. Françoise Delamare-Le Deist e Jonathan Winterton,
in un lavoro del 2005 [Delamare], riportano un esauriente resoconto dell’evoluzione
dell’approccio alle competenze, con particolare attenzione al punto di vista della formazione
professionale. Oltre a una valutazione critica e una chiarificazione delle definizioni
terminologiche proposte in diversi contesti e momenti cronologici, il lavoro passa in rassegna
le principali impostazioni della gestione delle competenze come funzione del contesto
geografico-culturale nel quale si sono sviluppate, per finire con una proposta di sviluppo di
un framework per la rappresentazione delle competenze che sintetizzi i risultati
precedentemente raggiunti.
All’interno della teoria dell’impresa basata sulle risorse, Hamel e Prahalad
definiscono le competenze (competence) come “ciò che è collettivamente appreso
dall’organizzazione, con particolare riguardo alla coordinazione delle diverse abilità
produttive e all’integrazione di una molteplicità di tecnologie”. Una simile definizione
risponde all’intento di spiegare il successo dell’impresa sulla base della sua capacità di
formare e trattenere competenze distribuite al suo interno. Il successo di un’organizzazione,
di conseguenza, è legato alla sua capacità di acquisire e utilizzare competenze rare o uniche,
difficili da imitare e non sostituibili.
Differentemente, nell’ambito della gestione delle risorse umane basata sulle
competenze, le differenti finalità (ovvero l’insieme delle attività di ricerca, reclutamento,
formazione e gestione delle risorse) impongono una focalizzazione dell’attenzione sulle
competenze maggiormente trasferibili. Questo significa che l’analisi delle competenze non è
svolta, come nel caso della teoria dell’impresa, a partire dalle evidenze del legame tra
successo dell’organizzazione e competenze che essa possiede. Al contrario, tale analisi parte
dalla valutazione delle posizioni e dei ruoli professionali, mostrando quindi un’impostazione
prevalentemente occupazionale.
I due approcci appena descritti si sono sviluppati parallelamente e si pongono in una
evidente contrapposizione; tuttavia, essi convivono in numerose formulazioni dei modelli di
rappresentazione e gestione delle competenze, compresi i più recenti, sottolineando come la
gestione delle competenze richieda, contemporaneamente, sia il controllo del punto di vista
strategico, rivolto alle prestazioni, che quello del punto di vista operativo, rivolto alla
standardizzazione e alla trasferibilità.
In modo analogo, le diverse impostazioni della gestione delle competenze sembrano
convergere verso un modello che sintetizzi le principali peculiarità degli schemi che si sono
sviluppati, nel corso degli ultimi decenni, negli USA e in Europa (in particolare, nel Regno
Unito). Il primo approccio pone al centro le competenze di tipo “comportamentale”
12
(behavioural), e si è sviluppato nello stesso contesto delle teorie strategiche dell’impresa
basate sulle risorse; il secondo, invece, è centrato sulle competenze di tipo funzionale, quindi
ricavate dall’analisi delle posizioni e dei ruoli professionali, collegandosi così all’approccio
alle competenze maggiormente caratteristico della gestione delle risorse umane.
Le difficoltà incontrate nel tentativo di dare una definizione universalmente accettata
di competenza sono testimoniate da alcune formulazioni emblematiche: da una parte, quella
di Boon e van der Klink, che nel 2002 parlavano di competence come di un “concetto
sfumato” (fuzzy concept), riconoscendo ad esso, tuttavia, l’importante ruolo di “ponte tra
istruzione e requisiti professionali”; dall’altra, la definizione autoreferenziale data da Dooley
e altri nel 2004, secondo i quali un comportamento competente (competency-based) richiede
la capacità di dimostrare l’acquisizione di conoscenze, abilità e competenze (competency).
A questo si deve aggiungere l’ulteriore complessità introdotta dalla distinzione
esistente tra i due termini anglosassoni competence (al plurale competences) e competency (al
plurale competencies): essi, infatti, sono stati storicamente usati in modo non nettamente
distinto (e talvolta anche come sinonimi) fino alla formalizzazione di una distinzione coerente
operata da alcuni autori a partire dagli anni ’80. Tra i primi, nel 1982, Boyatzis ha definito il
concetto di competency come “l’insieme delle caratteristiche comportamentali che
consentono ad un individuo di ottenere una prestazione elevata in un determinato ruolo”. Del
termine competence, invece, Fletcher ha dato, nel 1991, la definizione di “capacità di un
individuo di eseguire le attività che costituiscono un’occupazione professionale
conformemente ad uno standard di prestazione assegnato”. Coerentemente con queste
formalizzazioni, Burgoyne ha espresso, nel 1988, la distinzione tra “essere competente”,
inteso come “essere adatto alla domanda professionale”, e “avere competenze”, inteso come
possesso degli attributi necessari per conseguire una prestazione professionale efficace.
Infine, nel 1991, Woodruffe ha fornito l’espressione dotata di maggiore chiarezza,
distinguendo tra aree di competenza (competence areas), descritte come “aspetti del lavoro
che un individuo è in grado di eseguire efficacemente”, e competency, descritta come “il
comportamento umano sottostante alla performance professionale”. Queste definizioni
evidenziano la differenza tra competenza intesa come output della prestazione (competence) e
competenza intesa come input, o risorsa della stessa (competency).
Una delle principali finalità nell’ambito dello studio delle competenze è la creazione
di quadri descrittivi, o framework, che costituiscano rappresentazioni formalizzate dei set di
competenze specifiche legate a determinati domini di applicazione. Lo scopo principale è
quello di condividere, tra i soggetti interessati al dominio, un dizionario e uno strumento per
esprimerne i concetti e un elenco delle descrizioni degli stessi. Ne segue che, coerentemente
con le definizioni date al capoverso precedente, il termine “competency framework” sia
riferito generalmente a un insieme di competenze (e di strumenti per esprimerle e valutarle),
focalizzato sullo sviluppo delle prestazioni dell’individuo. Il termine “competence
13
framework”, invece, ha come oggetto le competenze intese come insieme delle attività
professionali che un individuo può efficacemente eseguire [Horton].
Sia intendendo le competenze come input di una prestazione professionale che
considerandole l’output di essa, si mantiene invariabilmente un legame tra una competenza e
la prestazione stessa, permettendo di dedurre che la prima non sia identificabile se non in
relazione a uno specifico contesto di applicazione. A favore di questa tesi si sono schierati
alcuni autori, tra cui Fischer e altri, che nel 1993 hanno affermato che “le persone non hanno
competenze indipendenti dal contesto”.
Lo stesso punto di vista è sostenuto dagli approcci interpretativo e costruttivista alle
competenze, secondo i quali queste sono funzione del contesto nel quale vengono applicate.
Questi approcci, sottolineando come gli individui acquisiscano, nel corso della vita
lavorativa, conoscenze e abilità legate alle specifiche situazioni di lavoro (e quindi specifiche
in relazione al contesto), sostengono che gli attributi che consentono una efficace prestazione
professionale siano largamente indipendenti dal livello di competenza raggiunto prima
dell’inserimento nel contesto in cui la prestazione si verifica. Essi riconoscono, di
conseguenza, una particolare importanza alla costruzione sul campo di conoscenze e abilità
tacite, tipicamente sottovalutate dagli approcci basati sulla descrizione formale delle
posizioni e dei ruoli professionali.
Per arrivare a un quadro di sintesi delle definizioni e degli approcci alle competenze
che costituiscono le premesse al contenuto di questo lavoro, nei prossimi paragrafi sono
descritte le principali impostazioni che si sono affermate nel corso degli ultimi decenni, in
particolare in USA, nel Regno Unito e in Paesi dell’Europa continentale come Francia e
Germania.
2.1.1 L’impostazione comportamentale
L’impostazione comportamentale (behavioural) si è sviluppata nell’ambito della
cultura d’impresa degli USA durante la seconda metà del ‘900. L’introduzione, nel 1959, del
termine competence per descrivere le caratteristiche personali di un individuo associabili con
una performance professionale di rilievo è da attribuire a White, il quale ha ipotizzato, in
aggiunta, l’idea di una componente motivazionale della competenza come base della
prestazione. Questa convinzione è stata in seguito ripresa da McClelland, al quale si deve
l’idea dei test motivazionali, contrapposti a quelli di intelligenza, come predittori del successo
professionale. Inoltre, è stato lo stesso autore, nel 1976, a introdurre l’utilizzo del termine
competency per indicare una caratteristica sottostante ad una performance superiore, ponendo
le basi per il consolidamento del significato esposto nel precedente paragrafo.
14
Da queste premesse si è sviluppata la scuola di pensiero identificata dal nome di
competence approach, la quale prevede di estrapolare le competenze (secondo la definizione
di McClelland) mediante l’osservazione del comportamento di soggetti caratterizzati da
eccezionali prestazioni professionali. Dal momento che l’oggetto dell’osservazione è il
comportamento, ciò che è rilevato è un insieme di abilità e disposizioni che includono anche
aspetti della personalità; tuttavia, ricadono sotto il nome di competencies solo quelle che,
essendo indipendenti dalla personalità individuale, possono essere acquisite tramite istruzione
e addestramento.
Dall’impostazione pragmatica dell’approccio statunitense consegue l’accento posto
sulla misurabilità delle competenze: Spencer e Spencer sostenevano, nel 1993, la tesi che le
competenze includano tutte le caratteristiche individuali che possano essere misurate in modo
affidabile e che siano in un rapporto di causalità con la qualità della prestazione
professionale.
Nonostante l’impostazione descritta sia esplicitamente orientata alla spiegazione delle
prestazioni superiori alla media, negli USA si è parallelamente sviluppato un approccio,
sostenuto tra la fine degli anni ’80 e la fine degli anni ‘90 da iniziative da parte del Governo,
centrato sulle competenze generiche e finalizzato a costruire un framework di definizioni
standard delle caratteristiche necessarie per spiegare le performance professionali.
Quest’ottica risponde, anziché alle esigenze dell’analisi strategica delle attività di impresa, a
quella della gestione delle risorse umane, le cui attività sono facilitate dalla standardizzazione
e dalla trasferibilità delle competenze. L’esistenza di due impostazioni differenti ha richiesto
di trovare dei punti di contatto, individuati nelle attività di modellazione (modelling) e di
valutazione (assessment): da una parte, la prima permette di definire gli attributi individuali
alla base delle prestazioni professionali superiori in termini di competenze trasferibili
(standardizzazione); dall’altra, la valutazione permette di costruire profili professionali che
mostrino in che misura gli individui siano in possesso delle competenze critiche evidenziate
dall’osservazione dei comportamenti eccellenti. Le relazioni appena esposte sono illustrate
graficamente in Figura 2-1.
Figura 2-1: Interdipendenze tra competenze critiche (approccio strategico) e
competenze generiche (approccio della gestione delle risorse umane)
Performance
superiore
Competenze
critiche
Osservazione e
modellazione
Valutazione Profilo individuale
delle competenze
Competenze
generiche
15
Le conseguenze della convivenza tra approcci differenti si sono manifestate, nel corso
degli ultimi dieci anni, in termini di un allargamento dell’impostazione della gestione delle
competenze: anche se di stampo comportamentale, questa tende attualmente ad integrare, nel
concetto di competenza (competency), sia conoscenze e abilità che disposizioni,
comportamenti, abitudini di lavoro e caratteristiche personali.
La letteratura recente evidenzia, infine, come l’impostazione prevalente in USA si stia
spostando verso un approccio di tipo olistico, includendo nei framework di competenze
alcuni standard occupazionali e dei processi (competenze funzionali); continuando a
focalizzarsi, tuttavia, sulle caratteristiche comportamentali che ne stanno alla base.
2.1.2 L’impostazione funzionale
In risposta alla constatazione di una sostanziale inadeguatezza del sistema di
formazione nazionale, il Governo del Regno Unito ha introdotto, nel corso degli anni ’80, un
approccio alla formazione professionale (Vocational Education and Training) basato sulle
competenze, finalizzato a definire un quadro delle qualifiche unitario a livello nazionale.
In quest’ottica sono stati definiti dei nuovi quadri delle qualifiche (National
Vocational Qualifications per Inghilterra e Galles e Scottish Vocational Qualifications per la
Scozia), centrati su standard occupazionali di competenze e basati sull’analisi funzionale
delle posizioni professionali. Il passaggio tra standard occupazionali e dettaglio delle
competenze è ottenuto mediante un processo di scomposizione gerarchica: i ruoli identificati
come chiave dal punto di vista professionale vengono scomposti in un numero variabile di
unità di competenze (units of competence); queste, a loro volta, sono suddivise in elementi di
competenza (element of competence), per i quali sono definiti dei criteri di valutazione della
prestazione (performance criteria).
Questa impostazione alla gestione delle competenze è saldamente radicata nella realtà
del lavoro; sia le associazioni delle imprese che quelle dei lavoratori sono attivamente
coinvolte nella validazione dei framework (NVQ e SVQ). Ad essa, tuttavia, sono mosse
critiche per la presunta difficoltà dei sistemi di valutazione nel cogliere gli aspetti informali
dell’apprendimento sul lavoro e per l’eccesso di attenzione alla dimostrazione di competenze
rilevabili sul posto di lavoro a scapito di quella per l’acquisizione sistematica di conoscenza.
Coerentemente con quanto detto, la definizione di competenza (competence) data nel
1996, durante una revisione da parte del Governo del sistema delle qualifiche professionali è
“l’abilità di applicare conoscenza, comprensione e abilità nell’esecuzione di un lavoro
secondo lo standard richiesto dall’occupazione. Questa include la risoluzione di problemi e
l’adeguamento a una domanda mutevole”.