I
Premessa
el corso di questi anni di studio ho avuto modo di studiare e analizzare il
funzionamento della macchina “azienda”, attraverso diversi approcci e
perseguendo diversi obiettivi di apprendimento. Ho avuto modo altresì di
apprezzare e porre particolare attenzione e passione verso alcune tematiche specifiche,
come la Strategia e Politiche aziendali. Ho avuto l’opportunità di poter proseguire uno
studio approfondito di quest’area, un lavoro già iniziato nella tesi della laurea di 1° livello,
riguardante le strategia di crescita di una start-up, analizzando il caso di una azienda nella
fase embrionale della propria vita.
In questo lavoro di ricerca, invece, affronto la tematica della Responsabilità sociale e
Ambientale perseguita dalle imprese all’interno delle proprie strategie aziendali. Mi sposto
dunque da una prospettiva d’impresa in start-up a un’ottica di impresa multi-business.
Il mio intento, in questa seconda battuta di studio delle strategie aziendali, parte da delle
riflessioni personali nate nel corso di questi anni all’interno dei vari insegnamenti aziendali
dove la Responsabilità Sociale viene citata molto spesso e posta in stretto collegamento
con i diversi “ingranaggi” dell’azienda. Il mio pensiero, infatti, nasce dalla convinzione di
poter conciliare la destinazione economica della maggior parte delle aziende, cioè il
perseguimento del profitto, con un indirizzo di tipo etico. Coniugare dunque il profitto
con l’etica, attraverso la Responsabilità Sociale e/o Ambientale, due concetti una volta
considerati paradossali e contrapposti l’uno con l’altro ma che adesso sono imprescindibili
all’interno del complesso ingranaggio aziendale.
Quando decisi di voler occuparmi delle CSR pensavo mi aspettasse un lavoro molto duro
ma divertente, talvolta con materiale difficile da reperire e studiare. Ebbene scopersi che,
sebbene la CSR sia un argomento “giovane” radicato da circa un ventennio nelle
discipline economico/sociali, la letteratura in merito è molto vasta e i lavori di ricerca
sono frequenti. Tuttavia, sebbene la suddetta letteratura sia arrivata a dei risultati analoghi
a quelli che voglio dimostrare nella mia tesi, ho comunque deciso di continuare nel mio
N
Premessa
II
lavoro di ricerca, inserendo un caso aziendale da analizzare per rendere il lavoro di ricerca
caratteristico con risultati non per forza assodati e aprioristici.
Bisogna, infatti, fare attenzione a non cadere nella trappola di affermare aprioristicamente
che CSR implica “creazione di valore” o vantaggio competitivo. Si tratta piuttosto di una
considerazione fondata sull’analisi di alcune tendenze e osservazioni dove ho capito che il
rispetto per l’ambiente, l’attenzione sulla qualità dei prodotti e dei servizi resi dall’azienda,
uniti a molti altri fattori a questi collegati, sono elementi tenuti in considerazione e ritenuti
sempre più importanti e attraenti dagli stakeholders.
Le prime politiche di responsabilità sociali sono state tracciate da alcuni imprenditori
inglesi che, già nel XIX secolo decisero di iniziare ad investire il proprio capitale anche in
aree non proprio attraenti dal punto di vista reddituale per perseguire delle prime forme
“abbozzate” di welfare per i loro dipendenti. Solo dopo molti anni, però, si è radicato il
concetto di CSR, rendendo questa politica come qualcosa di imprescindibile a partire dagli
anni ’80 (Parte II – capp. I-II-III)
Perseguire un livello di sostenibilità sociale e/o ambientale vuol dire saper creare valore
anche attraverso delle azioni a favore della comunità o inserendo all’interno della catena
del valore strumenti atti a favorire un certo grado di sostenibilità sociale (Parte II cap IV).
In questo lavoro di tesi analizzerò il caso di una compagnia multinazionale con un
fortissimo orientamento alla Responsabilità Sociale e Ambientale, politiche che non
possono prescindere dall’attività caratteristica soprattutto se si opera in numerosi business
del settore energetico e del petrolio e in seconda battuta viste le grandi dimensioni che la
vedono protagonista. Stiamo parlando di BP plc.
Originariamente British Petroleum, è una società del Regno Unito operante nel settore
energetico e soprattutto del petrolio e del gas naturale, settori in cui è uno dei quattro
maggiori attori a livello mondiale (assieme a Royal Dutch Shell, ExxonMobil e Total). La
sede è a Londra. BP è presente in oltre 80 paesi, produce circa 3,8 milioni di barili di olio
equivalente al giorno e dispone di 22.400 stazioni di servizio in tutto il mondo e al 31
dicembre 2009 aveva un totale di riserve comprovate commerciale di 18,3 miliardi di barili
di olio equivalente. La sua più grande divisione è BP America, che è il più grande
produttore di petrolio e gas e ha sede a Houston, in Texas. Il nome "BP" deriva dalle
iniziali di uno dei nomi di ex legale della compagnia, la British Petroleum.
Premessa
III
BP, come prima accennato, è una compagnia con un fortissimo approccio alle politiche di
CSR, già ancora prima del clamoroso disastro ambientale che l’ha vista protagonista
nell’ultimo anno. Infatti, la società è stata coinvolta in una serie di gravi incidenti
ambientali e di sicurezza e ha ricevuto critiche per la sua influenza politica, sia per la sua
partecipazione alla costruzione dell'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, sia per il disastro
ambientale, come si diceva, avvenuto nel corso del 2010 nella piattaforma petrolifera
Deepwater Horizon, situata nel golfo del Messico. Il 20 aprile 2010, infatti, una falla alla
piattaforma petrolifera Deepwater Horizon situata al largo della Louisiana, causa la
fuoriuscita di greggio, riversando in oceano milioni di litri di greggio ogni ora e causando
un disastro ecologico secondo, per ora, solo al disastro petrolifero della Guerra del Golfo
del 1991. I danni ambientali sono incalcolabili e per cercare di porvi rimedio, la BP ha
adottato diverse soluzione con non poche difficoltà.
Tuttavia nel 1997, BP è stata la prima compagnia petrolifera a riconoscere pubblicamente
la necessità di adottare misure contro il cambiamento climatico, e in quell'anno stabiliva
un obiettivo di tutta l'azienda per ridurre le proprie emissioni di gas ad effetto serra. BP
investe attualmente più di 1 miliardo di dollari anni nello sviluppo di fonti energetiche
rinnovabili, ed è imopegnata spendere 8 miliardi dollari in energie rinnovabili nel periodo
2005-2015.
Il lavoro di ricerca di questa tesi si prefigge di valutare se e come le politiche di Corporate
Social & Environmental Responsibility di un’azienda con un forte orientamento a questi temi
creino valore congiuntamente alle strategie dei diversi business su cui opera una
conglomerata.
Cercherò di quantificare l’influenza delle politiche di CS&ER sulla creazione (o
distruzione) di valore totale per gli stakeholders, ponendo un accento particolare
sull’azionista.
Il caso analizzato nella fattispecie è, inoltre, molto influenzato dall’ultimo scandalo
ambientale di cui è stato responsabile e questo renderà sicuramente il lavoro di ricerca
molto più interessante, singolare e con un taglio “sperimentale”, poiché, a oggi, non si
può dire aprioristicamente se l’azienda riuscirà a perseguire comunque le proprie strategie
aziendali o addirittura – usando un tono provocatorio – se l’intera azienda riuscirà a
sopravvivere.
IV
Introduzione
ino alla metà del ventesimo secolo l’impresa ha assunto sostanzialmente un unica
destinazione economica, la massimizzazione del profitto. Infatti, la teoria classica
economica afferma che etica e profitto sono concetti inconiugabili. I cardini di
questa teoria sono sostanzialmente tre e spiegano l’assunto classico appena enunciato. Il
primo cardine è ricondotto ad una affermazione del presidente della General Motors, in
cui “quello che è attraente per GM è attraente per il paese”. Il secondo cardine è insito
nelle teorie di Adam Smith, il quale afferma che la soddisfazione ideale del consumatore
avviene quando la ricerca del profitto è condotta con i minimi valori possibili da parte
della società. Infine, il terzo cardine si basa sull’assunzione che la vera responsabilità
sociale dell’impresa è perseguire elevati profitti. Questo è quello che asserisce Friedman,
premio Nobel per l’economia nel 1976.
I critici della responsabilità sociale d’impesa concludono quindi che l’unica responsabilità
è quella di stabilire condizioni ideali affinché ogni singola organizzazione massimizzi il
proprio profitto.
Nel corso del tempo è in atto un cambiamento della filantropia sociale, in cui l’etica si va
via via introducendo nei rapporti economici. Infatti nell’ultimo ventennio sono emersi
diverse politiche di business incentrate non più sul mero perseguimento del profitto, bensì
strumenti destinati a conciliare quest’ultimo a responsabilità sociale. Un esempio è la
Finanza Etica, dove gli investitori decidono di operare in Fondi dove il denaro viene
destinato a investimenti con finalità etiche o di impatto ambientale.
Il concetto di Responsabilità sociale delle imprese significa essenzialmente avere un
riguardo verso gli stakeholder delle aziende e verso l’ambiente in cui opera l’azienda. Le
imprese sono sempre più consapevoli del fatto che la responsabilità sociale può rivestire
un valore economico diretto. Anche se l’obiettivo principale rimane quello di generare
profitti, le imprese possono al tempo stesso contribuire ad obiettivi sociali e alla tutela
dell’ambiente, integrando la Responsabilità sociale come un investimento strategico nel
F
Introduzione
V
quadro della propria strategia commerciale, nei loro strumenti di gestione e nelle loro
operazioni.
La Responsabilità sociale delle impresa, così come la gestione della qualità, deve essere
considerata un investimento e non un costo. La CSR è una nuova politica con il quale le
imprese si mettono in gioco sul mercato. Le imprese oggi si sentono “soggetto sociale” e
destinano parte del proprio budget alla realizzazione di partnership con la comunità e con
il territorio. All’interno delle imprese, le prassi socialmente responsabili prevedono diversi
stadi di attivazione, in relazione al livello di attività rivolte alla sostenibilità socio-
ambientale.
Attualmente, una delle maggiori sfide che debbono affrontare le imprese è di attrarre e
mantenere i lavoratori qualificati. Particolare attenzione riveste l’istruzione e la formazione
lungo tutto l’arco della vita con i responsabili locali che elaborano i programmi di
istruzione e formazione, facilitando il passaggio dei giovani dalla scuola al mondo del
lavoro attraverso, ad esempio posti di apprendistato; valorizzando la formazione, in
particolare grazie alla convalida dell’esperienza precedente e instaurando un ambiente
propizio all’istruzione e alla formazione lungo tutto l’arco della vita, più in particolare dei
lavoratori meno istruiti, meno qualificati , e più anziani. Tradizionalmente i temi della
salute e della sicurezza nel lavoro sono stati affrontati prevalentemente attraverso misure
legislative e coercitive. Le imprese, i governi e le organizzazioni professionali si
interessano sempre di più a forme complementari di promozione della salute e della
sicurezza, facendo di questo elemento un criterio di relazione per l’acquisto di prodotti e
servizi. Una serie di criteri di salute e di sicurezza nel lavoro sono stati inseriti, a vari
livelli, nei programmi esistenti di certificazione e di etichettatura dei prodotti o
attrezzature. Le ristrutturazioni su grande scala registrate in Europa suscitano inquietudine
in tutti i lavoratori dipendenti e nelle altre parti interessate, poiché la chiusura di
un’impresa o massicci licenziamenti possono provocare una crisi economica, sociale o
politica grave in una comunità.
Secondo uno studio, meno di una ristrutturazione su quattro raggiunge gli obiettivi e
porta a ridurre i costi, aumentare la produttività e migliorare la qualità e il servizio alla
clientela, poiché essa spesso crea condizioni pregiudizievoli alla motivazione, alla creatività
e alla produttività del personale.
Introduzione
VI
Nella gestione degli effetti sull’ambiente e delle risorse naturali, la riduzione del consumo
delle risorse o delle emissioni inquinanti e dei rifiuti può comportare una diminuzione
delle ripercussioni sull’ambiente. Tale strategia può recare vantaggi all’impresa riducendo
la sua fattura energetica e le spese di materie prime e di misure contro l’inquinamento. La
responsabilità sociale delle imprese si estende al di là del perimetro dell’impresa,
integrando la comunità locale e coinvolge, oltre ai lavoratori dipendenti e gli azionisti, una
ampio ventaglio di parti interessante: partner commerciali e fornitori, clienti, poteri
pubblici e ONG che rappresentano la comunità locale e l’ambiente: le imprese recano il
loro contributo alla comunità locale fornendo posti di lavoro, salari e prestazioni ed
entrate fiscali. Lavorando in stretta collaborazione con i partner commerciali, le imprese
sono in grado di ridurre la complessità delle loro operazioni e i costi, aumentando la
qualità. Le grandi imprese hanno anche rapporti commerciali con le piccole società in
qualità di clienti, fornitori, subappaltatori o concorrenti. Alcune grandi imprese
manifestano la propria Responsabilità sociale promuovendo lo spirito imprenditoriale
nella regione ospitante. Una delle dimensioni della Responsabilità sociale delle imprese è
fortemente collegata ai diritti dell’uomo in particolare per quanto riguarda le operazioni
internazionali e le catene di produzione a livello planetario. Questo aspetto è riconosciuto
da strumenti internazionali quali la Dichiarazione dell’OIL relativa ai principi e diritti
fondamentali nel lavoro e i Principi direttivi dell’OCSE destinanti alle imprese
multinazionali. Il tema dei diritti dell’uomo è estremamente complesso e pone dei
problemi di ordine politico, giuridico e morale.
BP, azienda oggetto di studio e applicazione di concetti o osservazioni teoriche di questo
elaborato, nonostante la sua pessima reputazione all’interno della critica economica e a
sostegno della salvaguardia dell’ambiente, ha sostenuto investimenti in tecnologie
cosidette “verdi” per un ammontare non ancora sufficientemente “rilevante” ma a conti
fatti pur sempre maggiori di altre compagnie petrolifere, sue concorrenti.
BP, nel corso del tempo, si è posta sempre con maggiore interesse e dedizione alla
rigenerazione della propria reputazione sociale completamente devastata dopo gli ultimi
disastri ambientali che l’hanno battezzata come “Greenwashing company”.
A supporto di questa tesi, BP sostiene e cerca di sviluppare la sua CSR, distinguendosi tra
le altre compagnie petrolifere.
Introduzione
VII
Concludendo, mi rendo conto che questo risulta essere un lavoro di ricerca
apparentemente facile e tutt’altro che “pacifico” nel tentare di studiare le politiche e
strategie di CSR di una compagnia come BP. Sicuramente il Codice Etico di BP con i
Valori che esso esprime, assieme alla Corporate Identity e alla propria Vision fungeranno
da linee-guida assolutamente rilevanti e determinanti nel dimostrare che Profitto ed Etica
vanno sempre verso un risultato positivo e, inoltre, che durante un percorso aziendale, ed
estensivamente in tutti i percorsi che la vita offre, si può cadere nell’errore, talvolta si può
sbagliare causando disastri ed indignazione ma comunque l’impegno e la Sostenibilità
sociale risulterà un arma vincente, talvolta rafforzativa rispetto al passato.
1
Parte I – IL CONTESTO DI RIFERIMENTO PER LA CSR
“Senza valori e obblighi morali comunemente condivisi e ampiamente radicati, né la legge, né il governo democratico, nemmeno
l'economia di mercato funzioneranno correttamente.”
Václav Havel
2
Il fenomeno della CSR può essere interpretato come il tentativo delle imprese di
rispondere – in modo più spesso reattivo, talvolta anticipatorio – a cambiamenti
strutturali del contesto sociale ed economico. Il modello rappresentato nella figura – che
abbiamo denominato “il motore della CSR” – evidenzia la varietà delle forze in campo e i
principali nessi che collegano le stesse. Per semplificarne la lettura, tali forze sono
ricondotte alle seguenti classi:
a. Macro-fenomeni sociali ed economici;
Globalizzazione
Il problema ecologico
Integrazione dei mercati finanziari
Studi di management
Consumo responsabile
Scandali e fallimenti aziendali
Diritti umani e dei lavoratori
b. Regolamentazione;
c. Certificazioni e standard;
d. SRI (Socially Responsible Investing);
e. Centri propulsori della CSR, i servizi e le iniziative per le imprese;
f. La società civile e le imprese.
1
Capitolo I - I macro-fenomeni sociali ed ambientali.
Soprattutto dalla seconda metà degli anni Novanta l’attenzione alla CSR è stata alimentata
da alcuni grandi fenomeni in ascesa nel contesto internazionale. Si tratta di forze che
spingono l’impresa a farsi carico di problemi e attese in precedenza considerate di
esclusiva competenza dello Stato o della società civile. Di seguito si identificano alcuni
fenomeni di particolare rilievo.
1.1 La Globalizzazione
Questo fattore costituisce il primo e fondamentale segno di trasformazione dell’economia
mondiale. L’irreversibile processo, se da un lato apre grandi opportunità per la creazione
di nuova ricchezza, dall’altro suscita il motivato timore di allargare il divario esistente tra
aree ricche e povere del mondo
1
. Di qui la necessità di un attento governo del fenomeno,
nel quale le imprese, soprattutto quelle di grandi dimensioni, sono chiamate a un ruolo
primario in virtù del crescente potere assunto
2
. Le scelte relative alle condizioni di lavoro
in cui si svolgono le attività produttive delocalizzate nei paesi a una bassa tutela dei diritti,
per esempio, hanno largo influsso sulla qualità della vita in quei contesti.
La spinta verso una dimensione internazionale dei processi produttivi e la progressiva
omogeneizzazione sia dei consumatori che dei mercati, fanno sì che a volte il processo di
internazionalizzazione perda in parte quella differenziazione che le era propria in passato,
fra locale/nazionale ed internazionale.
In altre parole, la facilità con cui un business può, nella realtà di oggi, divenire globale e le
dinamiche concorrenziali che non conoscono ormai confini, fanno sì che la maggioranza
dei mercati, neppure quello locale o di nicchia, o interno, possano considerarsi sicuri.
L'unico modo per difendersi è competere ed uno dei modi per farlo è scegliere la via
dell'internazionalizzazione del proprio business. Questo è valido per la grande impresa ma
1
Talvolta in proposito si accenna alla CSR come a una risposta all’iniquità distributiva connessa ai processi di
globalizzazione.
2
Cfr. AccounAbility, Does Reporting Work? The effect of Regulation, London, 2003.
Cap. I – I macro – fenomeni sociali ed ambientali
2
soprattutto per la dimensione più piccola che dovrà da oggi orientarsi verso politiche che
mirino ad inserire all'interno delle strutture organizzative, dei processi di produzione, delle
politiche commerciali e di internazionalizzazione, delle relazioni fra imprese, elementi
innovativi di competitività strutturale.
Il processo di acquisizione, di difesa e di implementazione a volte è strutturato all'interno
delle aziende ed a volte manca di una nervatura in grado dare struttura e slancio.
Quindi la PMI ha bisogno di munirsi di nuovi strumenti che possano aiutare o far nascere
la struttura dell'internazionalizzazione. Si pensa che per migliorare l'internazionalizzazione
sia anche necessario passare attraverso la cultura della CSR.
Già il governo italiano, tramite il Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale sostiene la diffusione del CSR presso le aziende italiane.
La Corporate Social Responsibility affronta diverse tematiche separate o
contemporaneamente e quindi la prima cosa da definire è che questo nuovo modo di fare
impresa non si limita a temi quali le donazioni o i rapporti con la comunità, ma, al
contrario intende porre al centro dell'attenzione del management aziendale una serie di
veri ed intensi problemi della vita dell'impresa e, in particolare, le implicazioni di natura
sociale e ambientale delle attività aziendali. In tal senso, in un'epoca di globalizzazione, i
temi fondamentali della CSR hanno un duplice obiettivo:
- Rispetto dell'ambiente umano, sociale, dove si va a vendere;
- Il controllo etico delle catene di fornitura.
I due obiettivi alla fine si intersecano, perché anche se una azienda vende soltanto i suoi
prodotti, deve essere comunque alla ricerca di quei fornitori che attuano il controllo etico
delle catene di fornitura.
Lo sviluppo del controllo etico delle della Supply Chain e delle vendite è, dunque,
innanzitutto il modo con cui le imprese tentano di rispondere al problema morale e al
rischio reputazionale connessi ai processi di internazionalizzazione, perché sempre più
aziende chiedono, oltre ai prodotti, la qualità, il prezzo, la cosiddetta etica degli affari,
perché il problema è sentito in tutti i Paesi del mondo.
La CSR Corporate Social Responsibility ovvero la Responsabilità Sociale d'Impresa è un
pensiero nuovo che pare si stia trasformando in una sorta di istituzione organizzata a
livello comunitario che detta precise regole perfettamente recepite anche in Italia. Quindi
Cap. I – I macro – fenomeni sociali ed ambientali
3
“Export CSR” sono le azioni ed il riconoscimento che l'impresa deve attuare in contesti
sociali esteri con una visione che va al di la del contesto sociale domestico o regionale.
Imparare ad avere rapporti e relazioni con la comunità in cui si tende a rimanere per lungo
tempo e quindi rapporti diretti ed indiretti verso lavoratori dipendenti, fornitori ma anche
verso territori e istituzioni locali del mercato di riferimento.
Cap. I – I macro – fenomeni sociali ed ambientali
4
1.2 Il problema ecologico
L’effetto serra, l’ampiezza delle conseguenze
di alcuni disastri ambientali connessi ai
settori del petrolio e dell’energia nucleare, il
timore di mutazioni climatiche indotte
dall’uomo hanno messo in rilievo l’entità del
problema ecologico e la sua natura
sistemica. Nei grandi summit internazionali
è stato prima introdotto e poi diffuso a tutti
i livelli il concetto di sviluppo sostenibile. Assai rilevante è, inoltre, la convenzione sui
cambiamenti climatici denominata protocollo di Kyōto. Esso è un trattato internazionale
in materia ambientale riguardante il riscaldamento globale sottoscritto nella città
giapponese di Kyoto l'11 dicembre 1997 da più di 160 paesi in occasione della Conferenza
COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
(UNFCCC). Il trattato è entrato in vigore il 16 febbraio 2005, dopo la ratifica anche da
parte della Russia.
Il trattato prevede l'obbligo in capo ai paesi industrializzati di operare una riduzione delle
emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio ed altri cinque gas serra, ovvero
metano, ossido di diazoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi ed esafluoruro di zolfo) in
una misura non inferiore al 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990 — considerato
come anno base — nel periodo 2008-2012
Il protocollo di Kyōto prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti
Meccanismi Flessibili; il principale meccanismo è il Meccanismo di Sviluppo Pulito.
L'obiettivo dei Meccanismi Flessibili è di ridurre le emissioni al costo minimo possibile; in
altre parole, a massimizzare le riduzioni ottenibili a parità di investimento.
Perché il trattato potesse entrare in vigore, si richiedeva che fosse ratificato da non meno
di 55 nazioni firmatarie e che le nazioni che lo avessero ratificato producessero almeno il
55% delle emissioni inquinanti; quest'ultima condizione è stata raggiunta solo nel
novembre del 2004, quando anche la Russia ha perfezionato la sua adesione.
Premesso che l'atmosfera terrestre contiene 3 milioni di megatonnellate (Mt) di CO2, il
Protocollo prevede che i paesi industrializzati riducano del 5% le proprie emissioni di
Grafico 1 - - L'aumento della temperatura terrestre.
http://data.giss.nasa.gov/gistemp/graphs
Cap. I – I macro – fenomeni sociali ed ambientali
5
questo gas. Le attività unmane immettono 6.000 Mt di CO2, di cui 3.000 dai paesi
industrializzati e 3.000 da quelli in via di sviluppo; per cui, con il protocollo di Kyōto, se
ne dovrebbero immettere 5.850 anziché 6.000, su un totale di 3 milioni. Ad oggi, 174
Paesi e un'organizzazione di integrazione economica regionale (EEC) hanno ratificato il
Protocollo o hanno avviato le procedure per la ratifica. Questi paesi contribuiscono per il
61,6% alle emissioni globali di gas serra.
Il protocollo di Kyōto prevede inoltre, per i Paesi aderenti, la possibilità di servirsi di un
sistema di meccanismi flessibili per l'acquisizione di crediti di emissioni:
Clean Development Mechanism (CDM): consente ai paesi industrializzati e ad economia in
transizione di realizzare progetti nei paesi in via di sviluppo, che producano benefici
ambientali in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo economico e
sociale dei Paesi ospiti e nello stesso tempo generino crediti di emissione (CER) per i
Paesi che promuovono gli interventi.
Joint Implementation (JI): consente ai paesi industrializzati e ad economia in transizione di
realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello
stesso gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite.
Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra paesi industrializzati
e ad economia in transizione; un paese che abbia conseguito una diminuzione delle
proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo può così cedere (ricorrendo
all’ET) tali "crediti" a un paese che, al contrario, non sia stato in grado di rispettare i
propri impegni di riduzione delle emissioni di gas-serra.
1.3 Integrazione dei mercati finanziari
La globalizzazione finanziaria consiste nel crescente flusso di scambi finanziari tra Paesi.
A partire dal 1989 vi `e una tendenza generalizzata alla liberalizzazione dei movimenti di
capitale e il totale delle transazioni in valuta giornaliero `e passato da 15 milioni di dollari
nel 1973 a 3.200 miliardi ad Aprile 2007 (BIS, il PIL mondiale del 2006 `e stato pari a
48.200 miliardi di dollari). Se da un lato esiste ormai un consenso piuttosto diffuso sugli
effetti benefici dell’apertura commerciale sia per i Paesi ricchi che per quelli in via di
sviluppo, dall’altro il dibattito sulla liberalizzazione finanziaria è più accesso: alcuni
economisti ritengono che alcune limitazioni sul movimento dei capitali siano necessarie