marketing e dei consulenti finanziari, in quanto ne venivano evidenziati e trattati i
soli aspetti finanziari ed organizzativi in senso stretto che, infatti, sono stati per
lungo tempo dibattuti ed elaborati dalla sola letteratura manageriale. In verità,
fusioni ed acquisizioni devono essere considerate, in primis, come fenomeni a
fortissimo impatto psicologico da parte delle persone che fanno parte
dell’organizzazione e, quindi, occorre dare maggiore attenzione anche e
soprattutto a tale dimensione umana intrinseca a qualsiasi riassetto organizzativo.
Tale disattenzione alla dimensione umana, tuttavia, è ancora ampiamente presente
nelle realtà aziendali italiane dove, i “decision makers”, cioè coloro che prendono
le decisioni e sovrintendono a tutte le fasi dell’integrazione, ignorano
completamente o quasi, l’aspetto umano e psicologico dell’azienda, o si limitano a
trattare tale livello del fenomeno come variabile accidentale, e quindi al di fuori di
qualsiasi azione strutturata e di programmazione. Per tale ragione, la variabile
“human resources” dell’azienda viene etichettata molto spesso come “fattore
trascurato o ignoto”.(Cartwright&Cooper 1992: 2)
Da quanto sopra esposto, si evince il motivo per cui, ancora oggi, si cercano le
cause dei fallimenti di fusioni o acquisizioni nei soli fattori strategici e finanziari e
quindi nelle sole ragioni economiche o comunque misurabili a livello matematico.
Coloro che hanno avuto modo di sperimentare il trauma che si vive in tali
circostanze, conoscono perfettamente la moltitudine di problemi che si possono
presentare da parte dei dipendenti e che inevitabilmente possono determinarsi,
molti dei quali richiedono delle decisioni, da parte dei managers, fuori dagli
schemi ordinari. Come suggerì un manager, sulla scorta della sua esperienza:
”coloro che sottostimano o ignorano il fattore umano lo fanno a loro scapito”.
(Cartwright&Cooper 1992: 5)
Molte compagnie all’avanguardia hanno perciò iniziato a comprendere
l’inadeguatezza delle tradizionali formule teoriche, in ambito di fusioni e
acquisizioni, e hanno iniziato a concepire la popolazione aziendale e le diverse
culture presenti nelle organizzazioni, come parti integranti dell’organizzazione
stessa e quindi come importantissimi elementi di analisi degli impatti scatenati dai
riassetti organizzativi.
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Ci sono, infatti, due aspetti essenziali che potremmo far rientrare tra i fattori
umani e che permettono di ottenere velocemente ed efficacemente l’integrazione:
da una parte la compatibilità tra le culture delle organizzazioni coinvolte dal
riassetto e quindi la risultanza delle dinamiche culturali stesse; dall’altra il modo
in cui il processo d’integrazione viene gestito, elaborato e quindi assorbito a tutti i
livelli.
Culture troppo divergenti possono creare inibizione e ostacolare i tentativi e gli
sforzi manageriali di creare una nuova realtà organizzativa coerente ed integrata.
Aziende appartenenti a differenti nazioni, e quindi di diversa matrice culturale,
possono incontrare profondi problemi ad integrarsi perfettamente.
Quanto finora detto è importante per farsi un’idea approssimativa, di quale
complesso e duro lavoro gestionale e di sviluppo debba essere messo in bilancio
in occasione di un riassetto, soprattutto, quando ci si trova davanti a realtà molto
complesse e, soprattutto, quale livello di impegno, energie e investimenti esse
comportino.
Scopo del presente lavoro è quello di analizzare i fenomeni di acquisizione e
fusione, focalizzando l’attenzione sui processi e gli strumenti di comunicazione e
formazione utilizzati a supporto della popolazione aziendale, nonché alle strategie
con cui le aziende veicolano il cambiamento al loro interno.
In particolar modo, si cercherà di dimostrare quanto la gestione strutturata della
comunicazione sia indispensabile in ogni fase dell’integrazione, affinché questa
abbia successo.
Si evidenzierà a tal proposito, quanto sia importante che in talune circostanze, le
aziende abbiano cura di scegliere opportunamente gli strumenti comunicativi e le
modalità più appropriate da adottare in ogni fase dell’integrazione, per informare,
formare ma soprattutto coinvolgere e motivare il dipendente, prevenendo o
comunque gestendo, nel modo più efficace, risposte individuali o di categoria al
cambiamento in atto, connotate da chiusura, strisciante ostruzionismo o
semplicemente disfunzionali.
Ad illustrare tale argomento, sarà presentata un’indagine realizzata presso alcune
note aziende operanti sul mercato italiano, e dalle quali ho ottenuto, con non
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poche difficoltà, l’autorizzazione a veicolare una “survey”, opportunamente creata
e articolata, i cui livelli di analisi sono alla base dell’ipotesi sull’importanza
determinante della comunicazione, nei processi di riassetto organizzativo, che ho
inteso sostenere nel mio lavoro.
Le aziende che verranno presentate sono solo alcune di quelle effettivamente
contattate e, per alcune di esse, non è stata, tuttavia, impresa semplice, ottenere fin
da subito l’autorizzazione alla veicolazione del questionario.
Il numero limitato di aziende che hanno autorizzato la veicolazione della suddetta
survey, di per sé, è indicativo di quanto, ancora oggi, siano poco strutturate e
quindi poco disposte a lasciarsi analizzare le organizzazioni operanti in Italia
quando ad essere analizzate sono le dimensioni culturali, e, quanto,
probabilmente, non venga seriamente preso in considerazione il fattore umano,
ovvero tutto quell’insieme di aspetti interpersonali e psicologici che sono
altrettanto indispensabili per la buona riuscita dell’integrazione. Da ciò si deduce
che non è ancora presente una effettiva coscienza e quindi comprensione di
quanto importante e indispensabile sia una partecipazione attiva di tutti i membri
di un’organizzazione e, quanto possa essere dannoso, ai fini dell’integrazione
stessa, un clima generale di ansia e timore.
La survey si compone di dodici domande a risposta multipla, che toccano quattro
aree tematiche, oggetto di tale analisi.
Nella prima area, intitolata “Strumenti di comunicazione”, si cercherà di
individuare i mezzi comunicativi, di cui l’azienda generalmente si avvale, per dare
comunicazione ai propri dipendenti. Si è focalizzata l’attenzione alle diverse
forme di comunicazione, vale a dire sia di carattere generale che strettamente
inerenti il riassetto organizzativo in atto.
Si intende verificare, inoltre, quali di questi strumenti siano ritenuti più efficaci,
nel senso di maggiormente esplicativi, diretti e chiari per consentire una corretta
elaborazione dell’evento in atto da parte dei dipendenti.
La successiva area è quella della “Formazione”, volta a dimostrare la disponibilità
dell’azienda a fornire corsi mirati di formazione ai propri dipendenti e dove si
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cercherà di capire quanto questi siano stati valutati esaurienti e perciò di concreto
supporto.
La penultima area, tratterà invece il tema della “Cultura” aziendale, intesa come
quell’insieme di modalità con cui un’azienda intende trasmettere il cambiamento
nell’organizzazione. Si cercherà pertanto di analizzare i mezzi che sono stati
adottati a tal fine nelle realtà aziendali analizzate e in che misura l’azienda ha
tenuto conto delle problematiche incontrate e suggerite dai propri dipendenti. Da
ciò si valuterà, inoltre, in che modo sia stato percepito e quindi vissuto
soggettivamente il cambiamento, da parte della popolazione aziendale.
“Aspetto psicologico” è il titolo dell’ultima area, dove si vorrà analizzare quanto
l’azienda ha tenuto conto e quindi gestito l’aspetto psicologico ed emotivo dei
propri dipendenti e quali mezzi siano stati utilizzati a tale scopo.
Le risposte alle domande della survey, ottenute dal campione indagato, sono state
elaborate attraverso un tabulato di excell opportunamente formulato.
Nel primo capitolo verrà presentata una panoramica sulle diverse tipologie
esistenti di cooperazioni interaziendale e sulle motivazioni e gli obiettivi che
conducono un’azienda verso un determinato tipo di cooperazione piuttosto che un
altro.
Verrà dimostrato come lo scopo che l’azienda si prefigge, quando decide di
attuare operazioni di tal genere e di tale portata, sia nella maggior parte dei casi
quello di sviluppare valore aggiunto per se stessa nonché per tutti gli attori che
con essa attuano interazioni economiche e culturali.
Verranno mostrate anche le molteplici difficoltà a cui le aziende devono far
fronte, a causa dei profondi cambiamenti che l’integrazione comporta, sotto
l’aspetto della struttura organizzativa, delle procedure, dei processi di
comunicazione e della cultura stessa.
Sono infatti tali profondi cambiamenti, in particolar modo quelli di natura
culturale che attivano dinamiche ed interazioni spesso conflittuali, e che possono
condurre inesorabilmente al fallimento della tentata integrazione.
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Nel secondo capitolo si cercherà invece di capire le modalità e gli strumenti di
comunicazione con cui le aziende veicolano il cambiamento e in che modo
intervengono nella creazione di un clima sereno e di collaborazione tra i membri,
prevenendo così possibili risposte negative quali atteggiamenti ostili, eccessiva
apprensione o percezioni soggettive di minaccia ed insicurezza generale.
Si cercherà di mostrare inoltre quanto sia importante motivare e coinvolgere i
dipendenti, attraverso una comunicazione sempre attiva, efficace e bi-direzionale,
da e verso il management, e quanto sia necessario trovare e modulare
costantemente gli strumenti adeguati e atti a mantenere un rapporto quanto più
possibile diretto con gli stessi.
Si dimostrerà infatti quanto una comunicazione ben condotta e strutturata sia
fondamentale ad aumentare la visibilità sia esterna che interna dell’integrazione e
a far meglio comprendere ed elaborare il cambiamento da parte di tutti i membri
dell’organizzazione.
Il ruolo della formazione è oggetto del terzo capitolo, in cui si mostrerà quanto
indispensabile sia da parte dell’azienda, preparare al cambiamento i propri
dipendenti non solo dal punto di vista del know how tecnico, ma anche e
soprattutto sul piano psicologico e cognitivo.
Verranno utilizzati dei modelli teorici che saranno utili a comprendere i modi in
cui gli individui sperimentano il cambiamento e come sia possibile motivarli
positivamente. Tali schemi, saranno inoltre utili a scoprire in che modo si può
rendere attraente il cambiamento, dando la corretta visibilità alle concrete
possibilità di ottenere in prospettiva benefici e vantaggi più o meno diretti. Infine,
verranno valutate tutte le possibili risposte delle diverse personalità, costituenti la
popolazione aziendale, e le modalità con cui è possibile guidare le nostre riposte e
quelle degli altri.
Nel quarto capitolo saranno mostrati ed esaminati i risultati della survey,
formulata attraverso la compilazione di un questionario che è stato
opportunamente veicolato presso alcune importanti e rinomate aziende presenti
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sul territorio italiano, tutte passate attraverso varie forme di riorganizzazione
aziendale.
Attraverso la presentazione di alcuni grafici, si evinceranno quali strumenti di
comunicazione e formazione sono stati adottati da queste aziende e verso chi
siano stati indirizzati, in che modo abbiano veicolato il cambiamento e, infine, in
che misura e con quali strumenti sia stata gestita la dimensione psicologica del
dipendente, inteso come attenzione a che questo rispondesse in modo positivo e
costruttivo al riassetto organizzativo.
I risultati delle surveys esposte saranno oggetto di approfondimento, al fine di
mostrare l’impatto che le diverse culture delle singole aziende, analizzate in
questo studio, hanno esercitato nella scelta degli strumenti di comunicazione e
quindi nella modalità di veicolare il nuovo riassetto organizzativo.
Si procederà, pertanto, ad una verifica dell’efficacia nella gestione del
cambiamento scaturita dall’analisi delle strategie utilizzate dalle singole aziende,
per poi procedere ad una comparazione tra i principi ed i presupposti cognitivi alla
base delle diverse culture.
Le considerazioni finali a cui sono pervenuta, sulla base dell’indagine svolta e dei
dati raccolti, rappresentano una effettiva messa a punto di una vera e propria
metodologia della gestione del cambiamento, cui le aziende potrebbero ispirarsi
nel far fronte ai riassetti organizzativi di cui si è trattato, adottando le migliori
strategie di comunicazione e quindi massimizzando la performance d’insieme
dell’impresa.
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CAPITOLO 1
ALLEANZE INTERAZIENDALI COME STRATEGIA
D’IMPRESA
Nello scenario competitivo in cui viviamo oggigiorno, caratterizzato dal
fenomeno sempre più marcato della globalizzazione dei mercati, le imprese, per
non perdere il confronto con le grandi organizzazioni aziendali concorrenti, si
vedono costrette ad espandersi, oltre i propri confini nazionali.
La new economy ha infatti aperto nuove frontiere di mercato, ha ridotto
drasticamente i tempi di maturazione degli eventi ed accelerato la produzione. Ciò
ha prodotto non solo notevoli benefici per le aziende e l’economia dei paesi
toccati, ma anche un aumento costante della produttività ed una flessibilità del
lavoro che ha determinato un sempre più veloce ricambio delle risorse.
Per restare competitivi sul mercato, tuttavia, occorre mantenere livelli di
innovazione sempre costanti nel tempo, ed è per questo che le aziende devono
apportare al loro interno delle continue opere di cambiamento sia a livello
tecnologico che per quanto concerne le proprie risorse umane, al fine di
mantenersi in linea con l’andamento fluttuante e dinamico del mercato
E' importante perciò uniformare le tecnologie ai tempi, ma lo è ancora di più
formare il personale per un corretto utilizzo delle stesse o, se ciò non fosse
possibile, sostituirlo con delle risorse specializzate e maggiormente rispondenti ai
livelli di produttività richiesti.
Tutte queste attività finalizzate al cambiamento organizzativo di un’azienda che
ha necessità di rinnovarsi per restare al passo coi tempi e quindi per continuare ad
essere competitiva, rientra in ciò che viene definito “change management” ossia
“gestione del cambiamento”. Il change management è diventato oramai un
imperativo categorico per le aziende che intendono rimanere competitive sul
mercato e ciò implica un reinvestimento continuo dei propri profitti a favore di
una politica di innovazione e di crescita sempre più incessante.
Le imprese devono pertanto disporre di mezzi finanziari consistenti e solidi, per
poter investire nei settori della ricerca, del marketing e della comunicazione e per
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poter articolare in modo sempre più adeguato e funzionale la propria struttura
organizzativa.
L’attuale scenario economico sembra infatti favorire aziende di grandi
dimensioni, presenti a livello internazionale e per loro natura connotate da un
forte potere di mercato.
Le alleanze interaziendali acquisiscono perciò un valore strategico sempre più
importante, non solo perché consentono alle aziende di svilupparsi
strutturalmente, ma anche perché le permettono di espandersi in nuovi mercati.
Per tali ragioni si é assistito, negli ultimi anni, ad una crescita considerevole di
fenomeni quali fusioni ed acquisizioni, in tutti i settori industriali e di business.
Le grandi dimensioni, tuttavia, non bastano da sole a far fronte all’imprevedibilità
dei mercati. L’azienda, infatti, deve anche essere in grado di conservare una certa
flessibilità che le consenta di poter meglio modulare le proprie strategie, al fine di
adattarsi o, comunque, anticipare i cambiamenti che possono insinuarsi sul
mercato.
Il concetto di flessibilità, tuttavia, non si concilia sempre bene con una struttura
organizzativa troppo estesa. Le alleanze interaziendali possono, anche in questo
contesto, essere molto utili e vantaggiose poiché consentono, alle imprese, di
potersi espandere in tempi relativamente brevi e nelle modalità più opportune.
Tali fenomeni sono pertanto diventati dei veri e propri strumenti atti a rispondere
in modo adeguato e pronto ai notevoli cambiamenti presenti nel contesto
economico e sociale che, nel tempo, hanno generato una situazione mutevole e
complessa.
Lo scenario economico in continua evoluzione, la dilagante diffusione di mezzi
tecnologici sempre più all’avanguardia, unitamente all’uniformità dei
comportamenti e degli stili di vita presenti nei vari paesi, per effetto della
globalizzazione, hanno determinato l’affermazione sempre più frequente e
collaudata di tali forme di riassetto aziendale.
Nella realtà odierna, infatti, ogni cliente esige, a prescindere dal Paese di
provenienza, un prodotto di qualità che sia la più elevata possibile e ad un prezzo
competitivo, indipendentemente dal Paese di produzione.
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Tali prodotti vengono realizzati con un mix di tecnologie altamente sofisticate
che, un’azienda da sola, difficilmente riuscirebbe a possedere così come
altrettanto difficilmente potrebbe espandere la propria attività in tempi brevi,
senza avvalersi di partners alleati e competitivi.
L’alleanza, dunque, si presenta come l’unica possibilità per dominare un mercato
fortemente competitivo e che richiede, allo stesso tempo, un elevato impegno di
energie e di mezzi finanziari.
In sintesi si può affermare che lo scopo principale di tutte le forme di
riorganizzazione aziendale previste in seno a fusioni ed acquisizioni consiste nel
creare un valore aggiunto, inteso come scelta oculata tra più aziende che, per
raggiungere un determinato target di mercato, necessitano di sinergie e valore
superiore che, diversamente, non potrebbero realizzare se rimanessero
indipendenti. [Haspeslagh, Jemison, 1992; Ward, Rossettie, 1998; Comito, 1999].
Il termine valore deve intendersi non solo in termini economico-finanziari, ma
soprattutto in termini di crescita delle capacità strategiche dell’impresa, attraverso
un vantaggio competitivo e l’utilizzo di sinergie produttive, organizzative e
commerciali con le imprese coinvolte.
Ciò rappresenta la chiave di successo dell’impresa che le consentirà di migliorare
i risultati economici nonché la propria competitività, con la soddisfazione di tutto
il management.
Affinché l’integrazione si riveli efficace, tuttavia, particolare attenzione va rivolta
alla cultura delle imprese coinvolte, poiché è essenziale che quella che si verifichi
sia un’effettiva affermazione di valori guida comuni più o meno tacitamente
condivisi, volti al raggiungimento degli obiettivi strategici della nuova realtà
aziendale.
1.1 Le tipologie di alleanze interaziendali
Tutte queste forme di alleanze potrebbero sembrare ai non addetti ai lavori, ad una
prima analisi di superficie, piuttosto simili tra loro, ma in verità, ognuna di esse è
connotata da una diversa impronta giuridica e tecnica e ciascuna ha luogo e si
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determina nei fatti solo a condizione che si verifichino determinate circostanze
contingenti.
La fusione aziendale, ad esempio, si verifica quando due o più società decidono di
unirsi, per collaborare in modo del tutto paritetico alla creazione di una impresa
“ex nova”, in cui verranno trasferiti i loro patrimoni di natura economica,
culturale e tecnica. La risultante di tale occorrenza è pertanto un soggetto
giuridico nel quale si concentrano generalmente imprese di ugual dimensione,
proprio per via del rapporto paritetico che sta alla base.
Il processo di acquisizione si realizza invece quando un’ azienda decide di
acquistare, in misura parziale o totale, le azioni o le quote di una o più imprese,
allo scopo di realizzare, attraverso il controllo delle stesse, benefici di natura
economico-finanziaria. Si parlerà pertanto di acquisizione completa quando
l’azienda acquirente otterrà l’intero capitale dell’azienda acquisita e, di
acquisizione parziale, quando invece verrà ottenuta solo una sua quota azionaria.
Rispetto alla fusione, le imprese oggetto dell’acquisizione mantengono la propria
autonomia sul piano giuridico, mentre sul piano economico sono guidate dalla
società acquirente che ne determina l’orientamento strategico.
Sono state create e sviluppate negli anni anche altre tipologie di integrazione o
semplicemente di accordi tra le aziende, che prevedono altre finalità e rendono
necessario il ricorso ad altri mezzi.
E’ il caso delle joint ventures , in cui due o più imprese mantengono la propria
indipendenza giuridica, mettendo insieme in modo sinergico i loro punti di forza
per gestire un business comune. Metteranno perciò a disposizione dell’alleanza le
proprie competenze organizzative, tecnologiche, gestionali, ecc… e le proprie
risorse materiali, finanziarie, umane ecc… In questo modo ogni azienda
partecipante all’accordo potrà sfruttare i vantaggi competitivi delle altre, pur
mantenendo la propria autonomia giuridica ed economica.
Il franchising è invece costituita da un rapporto di collaborazione di sole due
imprese che esplicano due ruoli distinti e tra loro complementari: il “franchisor”
(affiliante, l’azienda cioè che produce un qualche bene o servizio) ed il
“franchisee (affiliato, l’azienda dettagliante che commercia tali beni o servizi ). Il
primo si impegna a fornire al franchisee assistenza gratuita per ciò che concerne
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gli aspetti organizzativi, il marketing e la formazione del personale. L’affiliato
invece si impegna perentoriamente a vendere esclusivamente i prodotti del
franchisor, alle condizioni stabilite dallo stesso in merito a prezzi, promozioni e
pubblicità.
In questo tipo di collaborazione, a fronte dei reciproci impegni, entrambe le
imprese ottengono degli importanti benefici. Se infatti da un lato il franchisee può
contare su una certa stabilità delle vendite, quando il marchio dei prodotti o dei
servizi venduti è particolarmente apprezzato dalla clientela e può, inoltre, contare
su un supporto continuativo, strutturato e gratuito da parte del franchisor,
dall’altra l’affiliante ha il vantaggio di disporre di punti vendita esclusivi e ciò gli
permette di controllare al meglio il mercato e di adeguare l’offerta dei propri
prodotti e/o servizi alle necessità espresse dal mercato.
La collaborazione denominata associazione in partecipazione prevede,
diversamente, che l’azienda associata svolga la sola mansione di finanziatore nei
confronti dell’impresa associante, attraverso la cessione di beni o denaro,
ottenendo in cambio una partecipazione agli utili dell’impresa associante.
L’associato infatti non acquisisce alcun potere all’interno dell’azienda associante,
dove diritti e doveri inerenti rapporti con terzi, restano prerogativa di
quest’ultima.
Altra tipologia di associazione è detta associazione temporanea dove avviene la
stipula di un accordo tra le aziende facenti parte del medesimo settore, allo scopo
di realizzare congiuntamente un prodotto e/o un servizio che richiede delle
competenze e del know-how che nessuna delle due possiede completamente.
[D’Amico, 1996]
Esistono poi delle forme di contratto, come il caso del contratto di venture
capital, in cui un’impresa favorisce l’avvio di un’azienda in via di sviluppo, che
possiede già ottime potenzialità e prospettive di crescita, offrendole risorse
finanziarie manageriali. L’impresa partecipa al capitale, acquistando azioni o
quote della nuova azienda che, superata la prima fase di start up, le cederà tali
quote o azioni, consentendole così di ottenere un notevole guadagno.
Sempre nel settore della piccola e media impresa, si può sviluppare un forma di
partecipazione e collaborazione tra imprese, che prende il nome di consorzio. Nel
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consorzio gli imprenditori stipulano un contratto, con il quale decidono di creare
un’organizzazione che servirà per gestire alcune attività di interesse comune, quali
il coordinamento del personale, la distribuzione dei prodotti, una particolare fase
del processo produttivo, ecc… Questa forma di cooperazione permette alle
imprese partecipanti di contenere i costi, in quanto usufruiscono di una struttura
comune, che offre ai consorziati prodotti e servizi a prezzi più bassi rispetto al
mercato, aumentando così la loro competitività, anche nei confronti di aziende di
più grosse dimensioni. [Frignani A., 1993]
Piccole e medie imprese raggiungono una migliore posizione competitiva sul
mercato anche attraverso la formulazione di accordi con altre imprese di Paesi
europei diversi, con cui vanno a creare quella forma di cooperazione che va sotto
il nome di G.E.I.E. (Gruppo Europeo d’Interesse Economico). Tale accordo può
prevedere diverse finalità quali: l’integrazione di alcune attività; la
razionalizzazione dei processi; l’attuazione di investimenti comuni; la gestione di
risorse comuni; ecc…
Il G.E.I.E. rappresenta una valida soluzione nelle strategie di sviluppo
dimensionali, in quanto non risulta sempre facile per le imprese, soprattutto quelle
di dimensioni molto ridotte, svilupparsi in modo del tutto autonomo, facendo
ricorso alle sue sole risorse. Questa ultima possibilità risulta infatti molto difficile
da realizzarsi per le aziende, soprattutto perché richiede capacità ed energie che
non sempre sono disponibili al loro interno. Attraverso questa forma, inoltre, si
può far affidamento sulle competenze e sul know-how delle altre imprese
partecipanti, oltre alla possibilità di utilizzare strutture comuni, che consentono di
contenere i costi, agevolando così il processo di sviluppo.
Questa tipologia è vantaggiosa anche nelle strategie di sviluppo di mercati esteri,
come alternativa alle fusioni o acquisizioni, in quanto permette di usufruire del
know-how di imprese già presenti nel mercato, che oltremodo conoscono le regole
competitive e la cultura imperante nel contesto geografico coinvolto, pur
rimanendo realtà economiche e giuridiche distinte. Ciò permette di evitare quei
problemi di diversità culturale, che spesso sorgono nel caso di fusioni e che sono
spesso causa di grosse difficoltà in termini di gestione e controllo. [Tedeschi
G.A.,Torno G., 1991]
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Ultima forma di collaborazione è quella definita costellazione di imprese. Il nome
trae origine dagli accordi, in genere non formalizzati, che vengono presi tra più
imprese, allo scopo di realizzare prodotti complessi che prevedono l’impiego di
competenze specialistiche e di natura diversa, difficilmente realizzabili da
un’unica impresa.
A prescindere da tutto, comunque, la principale motivazione che conduce le
imprese ad adottare tali forme di cooperazione é pressoché la stessa, vale a dire
quella di acquisire una posizione competitiva sul mercato, attraverso obiettivi di
natura strategica, economico-finanziaria o di mercato quali: un aumento del potere
contrattuale o di quello economico-finanziario; l’ampliamento del mercato; la
creazione di barriere alla concorrenza; la limitazione dei rischi del proprio
business; l’ottenimento di importanti sinergie o economie di scala; l’aumento
della competitività di mercato grazie all’acquisizione di maggiore know-how e di
nuove competenze e infine l’ottenimento di vantaggi a livello fiscale.
Nella pratica vera e propria è comunque difficile riuscire a trovare una
corrispondenza perfetta a tali tipologie, che rappresentano appunto delle varianti
teoriche di un mutare delle organizzazioni che nella contingenza della realtà si
realizza sempre secondo dinamiche e peculiarità difficilmente inquadrabili in una
casistica accademicamente definita. Le imprese tendono spesso, infatti, ad
adottare soluzioni di tipo misto, come nel caso delle fusioni per incorporazione,
dove una delle due società incorpora l’altra, acquisendone l’intero capitale sociale.
Altra tipologia di soluzione mista si verifica quando un’azienda decide di
acquisire un’altra società, tramutando poi nel tempo il loro rapporto, in quella che
può definirsi una vera e propria fusione delle due, al fine di raggiungere risultati
maggiormente soddisfacenti. [Haspeslagh, Jemison, 1992]
Per tali ragioni si tende molto spesso a considerare sinonimi i termini fusione ed
acquisizione, ed è sempre per le stesse ragioni che questi due termini sono spesso
studiati ed analizzati insieme, per ciò che concerne le problematiche di carattere
strategico, organizzativo, culturale e comunicazionale che sollevano.
Qualunque sia la tipologia d’integrazione o cooperazione su cui possa ricadere la
scelta da parte delle aziende, ciò che é indispensabile, affinché queste raggiungano
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i loro intenti, è che definiscano con chiarezza gli obiettivi e raggiungano una
collaborazione proficua.
Per raggiungere una collaborazione proficua, è necessario che tutte le imprese
partecipanti accettino e si impegnino al mantenimento di alcuni presupposti
fondamentali quali: la fiducia e il rispetto reciproco; la consapevolezza che per
giungere ad una perfetta e proficua collaborazione, è necessario del tempo
fisiologico perché maturino le condizioni ideali; la presa d’atto ragionata e
consapevole da parte del management che sono le persone e la loro effettiva
integrazione psicologica e culturale a far funzionare l’alleanza e quindi che
l’impegno verso questo obiettivo dovrà essere perseguito in modo strutturato
nell’ambito delle varie iniziative volte a favorire il cambiamento in atto; le
aspettative di tutti i partners sono le medesime e, pertanto, tutti devono ottenere
dei benefici, in particolar modo di tipo remunerativo, a condizione che ciascuno
sia disposto a delle rinunce; la consapevolezza che esistono delle differenze
culturali, sia di carattere aziendale che geografico, che possono condurre a
percepire in modo completamente diverso le situazioni e le problematiche;
occorre approfondire la conoscenza reciproca per imparare a collaborare nel
migliore dei modi, evitando l’innalzamento della conflittualità; occorre avere la
coscienza che le condizioni di mercato, nonché diverse motivazioni dei partners,
possono mutare all’improvviso e ciò richiede una particolare attenzione al fine di
gestire le diverse situazioni con molta chiarezza e la massima flessibilità; infine la
formalizzazione del contratto, nel quale occorre mettere in chiaro impegni, diritti e
doveri, in modo che non possano sorgere, in un momento successivo, questioni su
argomenti che non erano stati adeguatamente previsti o sufficientemente
approfonditi.
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