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Capitolo 1) DALLE RISORSE AI RIFIUTI
1.1) Definizione del concetto di “risorsa” e di “rifiuto”
Con il termine “risorse naturali” si intendono le energie, i mezzi, le forze ambientali e
biologiche che sono proprie del nostro pianeta e che opportunamente valorizzate sono in
grado di produrre ricchezza
1
.
Per millenni l'uomo ha sempre utilizzato risorse che provenivano da "fonti rinnovabili":
l'energia solare, per produrre il cibo, la legna ed altri combustibili naturali come i rifiuti
organici per attività di vita ed artigiane, l'energia idraulica per attività produttive (mulini
ecc.); l'energia eolica per viaggiare e produrre (navigazione).
Con la rivoluzione industriale, queste fonti di energia divennero non più sufficienti al nuovo
sviluppo e così iniziò lo sfruttamento sempre più intensivo dei combustibili fossili, dapprima
il carbone, per arrivare poi, al petrolio ed al gas naturale. Le riserve di questi combustibili
fossili, formatisi nel nostro pianeta durante le ere geologiche, seppure presenti in grandi
quantità, sono limitate ed appartengono alle "fonti esauribili" di energia.
Con la crisi petrolifera degli anni settanta del XX secolo nasce il problema energetico
mondiale, con una nuova sensibilizzazione sull'uso razionale delle risorse, la ricerca di
nuove "fonti rinnovabili" e lo sviluppo di nuove tecnologie che ne favoriscano il risparmio.
Così come la risorsa rappresenta l‟inizio del processo economico che va dalla produzione
al consumo, il rifiuto, invece, ne rappresenta la fine. Pertanto risorse e rifiuti sono realtà
strettamente complementari: i rifiuti e la loro possibilità di crescita sono alimentati dalla
disponibilità del mondo sotto forma di risorse. .
Bisogna far sì che la maggior parte dei rifiuti e i processi di scarto siano dotati di valore e
siano necessari nella vita delle persone, delle cose, dei luoghi.
1
www.entropya.it/glossary/risorsanaturale
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Lo scarto - scrive Kevin Lynch
2
- è ciò che non vale niente o non ha uso per scopi umani;
è perdita, abbandono, separazione, è il materiale esaurito e privo di valore residuo di un
atto di produzione o consumo. Nel capitolo “ Scartare” di “ Wasting Away” (1990, postumo),
Lynch illustra un nuovo modo di pensare il rifiuto: “dobbiamo imparare a pensare in maniera
positiva e creativa agli scarti e allo scartare, perché è una parte essenziale della vita e dello
sviluppo: dobbiamo imparare a scartare bene e a trarne godimento. Lo scartare è una parte
necessaria della vita, tuttavia se i processi non sono ben gestiti, la vita stessa è
minacciata.”
Gli esempi riportati si ispirano esattamente al pensiero di Lynch sulla maniera creativa dello
scartare.
Fig 1.1 - Le Torri di Watts, Los Angeles Fig 1.2 – Chandigarth, India
Infatti le Torri di Watts di Simon Rodia (fig.1) sono state costruite con rottami e sono
diventate un elemento emergente a Los Angeles.
Nek Chand allo stesso modo ha costruito il suo noto giardino di rocce “ Chandigarth” con
rifiuti di apparecchi elettrici, vetri, ceramiche e sassi ed ad oggi il giardino richiama più di
2000 visitatori al giorno.
Pertanto bisogna riconsiderare il concetto di rifiuto non come oggetto privo di utilità ma
come una nuova risorsa da ottimizzare.
2
Kevin Andrew Lynch (Chicago, 1918 – Martha's Vineyard, 1984), urbanista e architetto statunitense
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1.2) I residui della Natura
Oggi si osserva una drastica variazione nel contenuto di anidride carbonica dell‟atmosfera.
Saltano millenari equilibri di retroazione e di omeostasi che garantivano i due cicli base
della vita: quello del carbonio e quello dell‟ossigeno. Molecole di Clorofluorocarburi
disperse nell‟atmosfera lacerano il manto di ozono stabile da milioni di anni.
L‟energia della biosfera, che ha origine nell‟energia luminosa del Sole, viene catturata dalle
piante e passa da una forma vivente all‟altra attraverso le catene alimentari. L‟energia
luminosa è captata dalla clorofilla, il pigmento verde delle piante, e immagazzinata nei
carboidrati secondo il processo della fotosintesi. I boschi e le foreste, tutta la vegetazione,
continuano da millenni a catturare l‟energia del Sole e a trasformarla in cibo, in fibre, in
materia, in lavoro, dando a tutta la biosfera la possibilità di vivere.
La stabilità degli ecosistemi naturali comporta che la resa energetica finale sia nulla, ad
eccezione di una piccola quantità di biomassa che viene sepolta in sacche sotto terra per
formare fossili successivamente.
La Natura utilizza queste sacche come pattumiere dell‟attività biologica, proprio per togliere
il carbonio in eccesso dai cicli vitali e realizzare quella giusta miscela di ossigeno e anidride
carbonica che è fonte di evoluzione biologica e di vita.
Per milioni di anni, i cicli biologici hanno sottratto il carbonio all‟atmosfera relegandolo nelle
viscere del pianeta, fuori dalla biosfera; i giacimenti di idrocarburi rappresentano, quindi,
proprio i residui della Natura.
Questi fossili (come petrolio, carbone e gas naturale) vengono utilizzati per le varie attività
antropiche, come la produzione di energia elettrica, plastiche, ecc. in un modo non del tutto
sostenibile: da residui della Natura sono diventati risorsa per l‟uomo.
Tutto ciò comporta che ora in soli cento anni, un tempo infinitesimo nella scala dei tempi
biologici, questo carbonio liberato viene immesso di nuovo nell‟atmosfera sotto forma di
anidride carbonica che causa l‟effetto serra e fa saltare la base stessa dell‟equilibrio della
vita sulla Terra, il ciclo del carbonio.
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Utilizzare energia prodotta dalle materie organiche presenti sotto terra è un grave danno
ambientale perché significa spargere in un solo giorno la spazzatura accumulata da una
città in ventimila anni nelle sue stesse strade.
1.3) Il vincolo dell’Entropia
Il pianeta Terra presenta oggi gravi problemi ambientali globali poiché è un sistema unico e
complesso, composto da varie parti fra loro interdipendenti. Ormai l'uomo, con il suo modo
di vivere e di produrre, sta intaccando i cicli bio-geochimici della biosfera e le catastrofi
ambientali, piccole o grandi che siano, sono i segni di una malattia generale del pianeta.
Il sistema in cui viviamo è un sistema finito e, in quanto tale, presenta vincoli di territorio, di
assorbimento dei rifiuti e degli inquinanti, vincoli relativi ai grandi cicli della vita (aria, acqua,
ossigeno ecc..). Tutto questo comporta perdita di biodiversità e saltano gli equilibri dei cicli
vitali del carbonio e dell'ossigeno (effetto serra), provocando cambiamenti di clima che si
ripercuotono sull‟ambiente.
La biodiversità è fondamentale per il mantenimento della vita, perché è il cuore
dell'evoluzione biologica e della sostenibilità della natura.
Una delle fondamentali leggi della natura è il secondo principio della Termodinamica, che
tiene conto del carattere di irreversibilità di molti eventi termodinamici, quali ad esempio il
passaggio di calore da un corpo caldo ad un corpo freddo.
Nella formulazione di Clausius, infatti, si afferma che è impossibile realizzare una
trasformazione il cui unico risultato sia quello di trasferire calore da un corpo più freddo a
uno più caldo. Non è possibile - nemmeno in linea di principio - realizzare una macchina
termica il cui rendimento sia pari al 100%.
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Nella fisica moderna però la formulazione più ampiamente usata del secondo principio della
Termodinamica è quella che si basa sulla funzione Entropia:
l‟Entropia è ciò che viene definito dall‟equazione dS = dQ/T .
E‟ il rapporto del calore acquisito sulla temperatura, e la sua variazione indica la quantità di
energia immessa nel sistema che non partecipa al lavoro meccanico.
Questo principio evidenzia la tendenza verso il disordine (in termodinamica, la tendenza
verso la massima entropia), con perdita della disponibilità di energia utile, raggiungendo il
cosiddetto "equilibrio termodinamico", cioè la morte dei sistemi biologici e degli ecosistemi
attraverso la distruzione delle diversità.
Due sono i percorsi che possono portare a questa situazione:
1. Livellamento della temperatura: se la temperatura è costante in ogni punto, non
avviene lo scambio di energia utile;
2. Mancanza di flusso di materia e di energia: quando un sistema è isolato e consuma
le proprie risorse, si ha un grande aumento di entropia interna ed, in ultima analisi,
si arriva alla distruzione del sistema. Per questa ragione i sistemi viventi cercano di
evitare la situazione di "equilibrio termodinamico", auto-organizzandosi grazie ai
flussi di materia e di energia, che ricevono dall'esterno e da sistemi in condizioni di
temperatura e di energia diverse dalle loro.
La biosfera viene considerata come un sistema chiuso, dove l‟unico flusso presente con
l‟ambiente esterno è quello di energia solare.
Se questo scambio fosse impedito, cioè se il Pianeta fosse avvolto da una membrana
adiabatica (effetto serra), tutti i processi viventi cesserebbero di esistere in tempi brevissimi
e il sistema decadrebbe verso lo stato di equilibrio, cioè verso la morte entropica.
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Un esempio della variazione di entropia è il tizzone di carbone ardente che, durante la
combustione rilascia calore ed emissioni di carbonio: una parte del calore viene convertito
in energia lavoro (es. turbine mosse dal vapore), un'altra parte del calore viene però
dispersa nell'ambiente senza essere più recuperabile a causa proprio del secondo principio
della Termodinamica.
L'energia presente nelle emissioni di carbonio si identifica come un'energia non disponibile;
quindi, durante ogni conversione di energia se ne perde per sempre una parte in modo non
reversibile.
Fig. 1.3 – Energia disponibile ed Entropia
Un secondo esempio molto diffuso è quello dell'attività di riciclaggio del metallo; per quanto
ci si sforzi, non si riuscirà mai a riciclare il 100% del metallo dai rifiuti delle merci. Anche se
tutte le merci fossero recuperate tramite la Raccolta Differenziata al 100%, comunque una
parte dei metalli sarebbe andata precedentemente perduta per usura durante il loro utilizzo.
La materia, quindi, si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la
sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse
nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo,
possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore ed a prezzo
di un alto dispendio di energia.
Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia
relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. La realtà obbedisce a leggi ben
diverse da quelle economiche e invece del "tempo economico" riconosce il "tempo
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entropico". I limiti delle risorse, i limiti di resistenza del nostro pianeta e della sua atmosfera
indicano chiaramente che quanto più acceleriamo la crescita e la produzione, tanto più
accorciamo il tempo reale a disposizione della nostra specie. Quindi il tempo economico è
inversamente proporzionale al tempo entropico.
Un organismo che consuma più rapidamente di quanto l'ambiente produca per la sua
sussistenza non ha possibilità di sopravvivenza.
Il padre della termodinamica, Rudolph Clausius, così scriveva nel 1885:
“Nell'economia di una nazione c'è una legge di validità generale: non bisogna consumare in
ciascun periodo più di quanto è stato prodotto nello stesso periodo. Perciò dovremmo
consumare tanto combustibile quanto è possibile riprodurre attraverso la crescita degli
alberi. “
L‟economista Herman Daly
3
parte dal primo principio della termodinamica e cioè dal fatto
che l'energia e la materia non possono essere né create né distrutte, ma solo trasformate:
"l'uomo trasforma le materie prime in merci e le merci in rifiuti."
Daly individua nel secondo principio e nell'entropia la coordinata fisica fondamentale della
scarsità: "se non fosse per la legge dell'entropia, non ci sarebbe alcuna perdita; potremmo
bruciare lo stesso litro di benzina in eterno, ed il nostro sistema economico non avrebbe
alcun rapporto con il resto del mondo della natura".
L'entropia pone, quindi, un limite invalicabile all'equilibrio perenne del primo principio,
infondendo anche un po‟ di pessimismo nella visione di lungo periodo al punto da
sconfinare nel filosofico.
In realtà la conoscenza della funzione entropia rappresenta una sfida per allontanare i limiti,
migliorare il riciclaggio dei materiali per rallentare il più possibile i processi distruttivi.
3
Herman Daly (Washington 1938) professore alla scuola di ordine pubblico dell'Università del Maryland, è
uno dei maggiori economisti ecologici.
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Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola
capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici, cambiando
modo di pensare e di sfruttare le risorse.
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Capitolo 2) NORMATIVA IN MATERIA DI RIFIUTI
2.1) La normativa europea e nazionale di riferimento in materia di rifiuti
Uno dei primi settori, in cui la Comunità Economica Europea (CEE) ha assunto iniziative di
disciplina normativa, è stato quello dello smaltimento dei rifiuti, al fine di armonizzare le
legislazioni nazionali e contrastare le distorsioni alla concorrenza tra imprese dei diversi
Stati membri. Distorsioni rese più marcate dal legame tra merci (che possono circolare
liberamente) e rifiuti (sottoposti a regime amministrativo per motivi di protezione sanitaria
ed ambientale).
Il primo incontro significativo a livello mondiale si ebbe a Stoccolma nel 1972; nell‟ottobre
dello stesso anno, a Parigi, la Conferenza dei Capi di Stato confermò la necessità di attuare
una politica comune dell‟ambiente ed invitò le istituzioni comunitarie ad elaborare un primo
programma d‟azione.
A metà degli anni ‟70, la Comunità Europea adottò un primo programma in materia
ambientale avente gli obiettivi di proteggere la salute umana contro gli inquinamenti, di
salvaguardare l‟ambiente naturale e di migliorare la qualità di vita dell‟uomo.
La normativa europea imponeva agli Stati membri appropriate misure per la gestione dei
rifiuti che, partendo dall‟esigenza di una riduzione della produzione e della loro pericolosità,
passassero per lo sviluppo di tecnologie pulite finalizzate al recupero degli stessi.
La prima Direttiva in materia di ambiente, concernente lo smaltimento dei rifiuti, è la
Direttiva CEE 75/4426 i cui obiettivi sono la protezione della salute umana e dell‟ambiente
contro gli effetti nocivi della gestione dei rifiuti. Nel 1989 la Commissione Europea
presentava al Consiglio una Comunicazione dal titolo “Prima strategia comunitaria in
materia di gestione di rifiuti” che si basava su cinque orientamenti strategici: prevenzione,
rivalorizzazione, ottimizzazione dello smaltimento finale, regolamentazione, azioni di
risanamento.
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La normativa comunitaria è stata aggiornata con altre importanti Direttive, quali la n.
94/62/CE relativa agli imballaggi e rifiuti di imballaggio, e con altre particolari Direttive in
materia di trasporto transfrontaliero, incenerimento e gestione di particolari categorie di
rifiuti (oli esausti, fanghi, ecc.).
In seguito, l‟Unione Europea ha emanato la Direttiva CE 99/31 (del 26/04/99) relativa alle
discariche dei rifiuti; essa prevede, per i rifiuti da smaltire e per la gestione dell‟intero ciclo
di vita delle discariche, rigidi requisiti operativi e tecnici volti a minimizzarne le ripercussioni
negative sull‟ambiente.
Tuttavia solo nel 2006 con l‟emanazione della Direttiva
4
del Parlamento Europeo e del
Consiglio relativa ai rifiuti, si arriva ad un quadro di gestione coordinata dei rifiuti negli stati
membri europei, volto a limitarne la produzione e a organizzarne nel modo migliore
possibile lo smaltimento.
In Italia lo smaltimento dei rifiuti era originariamente disciplinato sia dal Testo Unico delle
Leggi Sanitarie
5
, che attribuiva ai Comuni il compito di provvedere ad esso, sia dalla legge
20 marzo 1941 n.366 che regolava la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti solidi
di origine urbana.
L‟obiettivo principale deI Testo Unico era quello di eliminare gli sprechi di materie prime
recuperabili in relazione allo sforzo bellico in atto.
Successivamente il D.P.R. 915/82 definiva le modalità di smaltimento dei rifiuti, senza
fornire indicazioni relative all‟attuazione di una vera e propria politica del recupero.
In seguito, il D.P.R. 915/1982 è stato integrato da una serie di norme tecniche e di apposite
leggi: la legge 441/1987 sull‟emergenza rifiuti, il D.M. del 22.10.1988 n.457 sui criteri in
4
Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006 relativa ai rifiuti
5
(RD 27/7/1934, n.1265).
20
materia di esportazione e importazione dei rifiuti ed il D.M. del 29.5.1991 sulla Raccolta
Differenziata dei rifiuti urbani, fornendo un quadro più completo in materia.
Il Decreto Legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, il cosiddetto "Decreto Ronchi”, ha il merito
di spostare l‟attenzione dallo smaltimento alla gestione dei rifiuti, attuando le direttive
europee in merito: il nuovo sistema proposto dal suddetto decreto si basa su una logica di
prevenzione, con la riduzione a monte dei rifiuti e del loro riutilizzo.
La normativa di riferimento a livello nazionale in materia di rifiuti è rappresentata oggi dal
Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006, il cosiddetto “ Codice Ambiente”, che stabilisce
le “norme in materia ambientale”:.
Il Decreto Legislativo 152/2006 (Codice dell‟ambiente) è articolato in 6 parti e 318 articoli:
Le sei parti del Codice sono le seguenti:
• Parte I – Disposizioni comuni
• Parte II – Procedure per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), per la Valutazione
d‟Impatto Ambientale (VIA) e per l‟Autorizzazione ambientale integrata (IPPC)
• Parte III – Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle
acque dall‟inquinamento e digestione delle risorse idriche
• Parte IV – Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinanti
• Parte V – Norme in materia di tutela dell‟aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera
• Parte VI – Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all‟ambiente.
La parte sulla quale è opportuno soffermarsi è quella relativa alle “Norme in materia di
gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati” (parte IV).
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2.2) Norme in materia di gestione dei rifiuti
La norma in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati ha modificato
l‟approccio normativo in materia di rifiuti, senza comunque stravolgere i dettami della
precedente disciplina, perseguendo la linea già definita dal “Decreto Ronchi”.
Nell‟articolo 179 infatti, vengono ridefiniti i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, presenti
nella normativa suddetta:
Prevenzione e riduzione della produzione attraverso un uso più razionale ed un
maggiore risparmio di risorse naturali;
Recupero dei rifiuti attraverso il riutilizzo, reimpiego ed il riciclaggio;
Smaltimento dei rifiuti che costituisce la fase residuale della gestione ed è
effettuato previa verifica dell‟impossibilità tecnica ed economica di esperire le
operazioni di recupero.
Viene confermato, quindi, l‟approccio non più basato sullo smaltimento dei rifiuti, ma sulla
loro gestione: lo smaltimento è l‟ultima situazione di una gerarchia comportamentale che
individua nella prevenzione e nel recupero le fasi su cui investire maggiormente.
La prevenzione, intesa come maggior controllo sulla qualità e sulla quantità di rifiuti
prodotti, si traduce in un risparmio di risorse sia economiche che naturali.
Per il recupero sono previsti degli iter agevolati, ad esempio l‟adozione di accordi e misure
economiche che favoriscono le attività di riutilizzo, reimpiego e riciclaggio.
Per lo smaltimento, invece, ci sono alcune limitazioni che dovrebbero sfavorirne l‟attività:
ad esempio, è vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in Regioni diverse da quelle
dove gli stessi sono prodotti.
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I principi che hanno guidato la predisposizione delle norme in materia di gestione dei rifiuti
e di bonifica dei siti inquinati sono volti essenzialmente a:
assicurare un'efficace azione di prevenzione, intesa come riduzione della quantità e
della pericolosità dei rifiuti;
semplificare e razionalizzare le procedure di gestione dei rifiuti speciali;
promuovere il riciclaggio ed il recupero di energia dai rifiuti;
razionalizzare il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti urbani, secondo forme
diverse dalla discarica;
assicurare una più razionale definizione della tariffa sui rifiuti urbani.
Il Codice dell‟Ambiente (parte IV) fissa tra gli obiettivi la percentuale minima di Raccolta
Differenziata da conseguirsi per ambito territoriale ottimale, amplia le competenze dell‟Albo
nazionale gestori ambientali ed istituisce una “Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti”.
Nelle norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati (parte IV) è
presente l‟articolo 183, che definisce il “rifiuto”
6
come “qualsiasi sostanza od oggetto che
rientra nella categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente Decreto e di cui
il detentore si disfi, abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.
Le parole "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" hanno un significato ben
preciso che va chiarito in modo dettagliato:
a) "si disfi" significa “qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto
una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di
smaltimento o di recupero”;
6
Le categorie dei rifiuti sono riportate nell‟allegato A alla Parte IV del D.Lgs. 152/06, noto più
comunemente come “Catalogo Europeo dei Rifiuti” (CER).
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b) "abbia deciso" indica “la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di recupero
sostanze, materiali o beni”;
c) "abbia l'obbligo di disfarsi" denota “l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un
bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di legge
o da un provvedimento delle pubbliche autorità, o dal fatto che siano compresi
nell'elenco dei rifiuti pericolosi”.
In base alla normativa vigente (D.lgs. 152/06), qualunque rifiuto è individuato da un codice a
sei cifre, raggruppate a due a due e così distinte:
- la prima coppia identifica una delle venti classi di attività da cui il rifiuto proviene;
- la seconda coppia identifica una delle sottoclassi in cui si articola ciascuna classe di
attività;
- la terza coppia identifica la specifica categoria di rifiuti.
Inoltre i rifiuti vengono classificati in base a due criteri di riferimenti:
Origine Caratteristiche di pericolosità
Rifiuti urbani Rifiuti pericolosi
Rifiuti speciali Rifiuti non pericolosi
Rifiuti urbani
Il comma 2 dell‟articolo 184 del D.lgs. 152/06 stabilisce che sono rifiuti urbani:
a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile
abitazione;
b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla
lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità;
c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;
d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle
strade private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e
sulle rive dei corsi d‟acqua;
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e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;
f) i rifiuti provenienti da esumazioni nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale.
Rifiuti speciali
Il comma 3 dell‟articolo 184 del D.lgs. 152/06 stabilisce che sono rifiuti speciali:
a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;
b) i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che
derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 186;
c) i rifiuti da lavorazioni industriali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 185
d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;
e) i rifiuti da attività commerciali;
f) i rifiuti da attività di servizio;
g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla
potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e
da abbattimento di fumi;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;
i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
j) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;
k) il combustibile derivato da rifiuti;
l) i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani.