2
Premessa.
“Terrorismo: Sistema di governanti, belligeranti, agitatori politici
che si valgono di mezzi atti ad incutere terrore.
Concezione e pratica di lotta politica che fa uso della violenza per
ottenere radicali cambiamenti sociali o istituzionali”.
Questa la definizione del Dizionario della lingua Italiana
Zingarelli.
O anche, “Metodo di lotta politica fondato sul ricorso sistematico
alla violenza (attentati, assassinii, sabotaggio, rapimenti di singole
persone, etc.), teorizzato e praticato da gruppi estremisti di
differenti tendenze politiche e da associazioni segrete a carattere
nazionalista”, secondo la definizione dell’Enciclopedia Rizzoli
Larousse.
Il dizionario di politica edito dall’Utet, in una lunga voce dal titolo
“Terrorismo”, a cura di Luigi Bonanate, dà questa definizione: “Si
qualifica proprio come lo strumento cui ricorrono determinati
gruppi per rovesciare un governo accusato di reggersi sul terrore”.
Di seguito sono elencate anche alcune caratteristiche fondamentali
del terrorismo politico: “Organizzazione: Il terrorismo, il quale
non può consistere in uno o più atti singoli, è la strategia scelta da
un gruppo ideologicamente omogeneo.
3
Questo svolge la sua lotta clandestinamente fra il popolo,
adottando per convincerlo: azioni dimostrative, che hanno in
primo luogo il compito di vendicare le vittime del terrore
esercitato dall’autorità e in secondo luogo quello di terrorizzare
quest’ultima, facendo vedere come la capacità di colpire al centro
stesso del potere sia il risultato di una salda organizzazione: di una
più ampia possibilità di azione: lo stillicidio degli attentati
simbolizza la crescita qualitativa ed anche quantitativa del
movimento rivoluzionario.
In sostanza la pratica terroristica si adatta ad una condizione
socio-politica di particolare arretratezza, nella quale è necessario
svegliare la coscienza popolare e farle compiere il passo dal
risentimento passivo alla lotta attiva attraverso quella che potrebbe
essere definita una vera e propria scorciatoia nel processo di
crescita rivoluzionaria”.
1
Il terrorismo interessa la Geografia politica proprio perché ha
motivazioni politiche e ignora molto spesso i confini degli Stati
2
.
1
Si deve notare come l’esposizione di queste caratteristiche da parte di Luigi
Bonanate si riferisce essenzialmente al terrorismo storico-rivoluzionario, poiché
la sua definizione non può certo adattarsi al terrorismo che colpisce Stati
industriali, moderni, e democratici, come ad esempio Italia, Germania o Stati
Uniti.
2
Martin Ira, Glassner. Manuale di Geografia politica. Vol. 2, pag. 97. Milano: 1995,
Angeli.
4
In questo lavoro si intende definire proprio un aspetto particolare
del fenomeno; con il termine “terrorismo internazionale”, infatti,
si definiscono le organizzazioni terroristiche che agiscono
travalicando i confini nazionali ovvero non facendo distinzioni di
nazionalità nella scelta della ubicazione delle basi, negli obiettivi da
colpire, nelle eventuali vittime, negli appoggi esterni.
Negli ultimi anni, il terrorismo transnazionale ha ampiamente
dimostrato la sua validità e pericolosità, tanto da essere definito da
alcuni esperti come una “Nuova Internazionale”.
La preparazione e l’itinerario percorso dai terroristi che l’11
Settembre 2001 hanno distrutto le Torri gemelle del World Trade
Center a New York è la più drammatica dimostrazione di questa
collaborazione tra terroristi.
E’ praticamente impossibile trovare una definizione che
comprende tutte le sfaccettature di un fenomeno così complesso
come il terrorismo internazionale.
Di conseguenza anche nella presente trattazione (come del resto
nella realtà dei fatti qui riportati), i confini tra terrorismo comune e
terrorismo internazionale possono talvolta essere così sfumati da
dar luogo a confusione.
Per dare una idea delle difficoltà a cui si va incontro basti pensare
5
a come di volta in volta viene usato il termine terrorista; da
governi di stati totalitari contro i dissidenti, da gruppi di dissidenti
contro i governi, da governi contro altri governi, da gruppi contro
altri gruppi, etc.
E’ quasi impossibile, poi, distinguere fra terrorista, guerrigliero,
partigiano ed altre denominazioni che vengono date di volta in
volta.
Le sfumature sono infinite e se può essere affermato senza
pericolo di smentita che il Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina è un gruppo terrorista, non altrettanto si potrebbe dire
per alcuni gruppi del centro e sud America, per esempio, che
appaiono più che altro come guerriglieri (Movimenti di liberazione
del Chiapas in Messico) che come terroristi.
Definendo, quindi, il terrorismo una modalità d’azione politica, si
può definire terrorista chi di questo modo di agire fa la sua
principale arma di lotta politica.
In proposito, il polemologo Bouthoul definisce come
caratteristiche proprie del terrorismo:
1. la clandestinità;
2. il colpire non solo i nemici ma anche innocenti;
6
3. il terrorista agisce segretamente, perché la minaccia sconosciuta
oltre ad essere di più difficile individuazione genera anche un
sentimento montante di angoscia nella popolazione;
4. altra caratteristica è l’imitazione delle tecniche usate, come si è
dimostrato dalle ondate di dirottamenti aerei negli anni settanta e
le bombe usate in questi ultimi anni.
7
Principali forme di terrorismo.
I terroristi possono essere ripartiti fra due categorie: ideologi e
separatisti, ovvero i gruppi terroristici possono essere classificati
secondo i loro scopi in due principali famiglie: quella dei gruppi
che operano per distruggere un sistema politico esistente in uno o
più Stati e quella dei gruppi che operano per ottenere
l’indipendenza di una nazione colonizzata o l’autonomia di una
nazione all’interno di uno Stato già esistente.
A sua volta in seno a questa famiglia si distingue una sotto-
famiglia costituita dai gruppi operanti per la costituzione di un
nuovo Stato nazionale che si sostituisca ad un altro Stato nazionale
già esistente.
Uno dei fattori alla base del terrorismo separatista è la reazione
alla tendenza generale, riscontrata negli Stati moderni, verso un
sempre maggiore accentramento di poteri, con conseguente
riduzione delle autonomie regionali.
L’intenso nazionalismo della fine del diciannovesimo secolo e
della prima metà del ventesimo, sta assumendo la forma di un
deciso regionalismo ed etnicità.
3
Questa è sicuramente la motivazione di fondo dei principali
3
Brian, Jenkins, International terrorism: trends and potentialities.
8
movimenti separatisti.
Allo stesso tempo, semprechè tali gruppi riescano a far maturare la
formazione di più piccole unità nazionali (uno stato palestinese, ad
esempio), questi piccoli stati, relativamente deboli, sarebbero
sempre più tentati dal ricorrere al terrorismo, o a minacciarlo,
quale surrogato di metodi di lotta più convenzionali.
Un’altra distinzione è quella fra un terrorismo “globale” e un
terrorismo con scopi particolari.
E’ definibile come terrorismo “globale” quello mirante al totale
sovvertimento dell’ordine mondiale esistente.
Questa forma di terrorismo è fortemente ideologizzata, in quanto i
gruppi che agiscono sul piano internazionale tendono a trascurare
i confini nazionali, stringendo anche alleanze e legami con gruppi
stranieri.
Nato nella seconda metà degli anni ’60 ed esploso in maniera
fragorosa nel corso degli anni ‘70 il terrorismo “globale” si è
fondato su una forte impronta ideologica dei suoi capi trasmessa,
poi, a tutti gli affiliati.
Essi, infatti, non pretendono di rappresentare nel loro paese una
classe oppressa.
Nell’insieme, essi sono figli di società benestanti, della stessa
9
civilizzazione industriale moderna.
Non a caso gran parte degli aderenti a questo tipo di terrorismo
proveniva dalla città.
Centro della vita culturale ed intellettuale per tradizione, la città
contiene una maggioranza di cittadini istruiti e di popolazione
studentesca.
Ciò che essi hanno respinto è la loro origine borghese, ma non in
favore di una classe lavoratrice oppressa.
Questa ripulsa della propria classe di origine e la creazione di una
nuova entità anti-borghese sul modello di un Terzo Mondo
rivoluzionario, implica che tra questi terroristi sussista tutta una
serie comune di valori e di modalità d’azione che è alla base
dell’estesa cooperazione nella lotta contro il nemico comune (la
moderna democrazia industriale dell’Occidente) e per conto dei
popoli oppressi del Terzo Mondo.
Un terrorismo diverso ma pur sempre di stampo ideologico è poi
quello proveniente dai gruppi di estrema destra che non nutrono
alcuna fiducia nella capacità dell’autorità legittima di affrontare il
terrorismo di sinistra, o preoccupati per tutto ciò che essi
ritengano sia una minaccia generale della sinistra.
Ora, sia che ciò prenda l’aspetto dei “Vigilantes” argentini, o di
10
operazioni occulte strutturalmente simili a quelle del terrorismo di
sinistra, come è accaduto in Italia e Spagna sul finire degli anni ’60
e nel corso degli anni ’70, il tutto rappresenta un ulteriore
logoramento delle leggi vigenti, contribuisce a rafforzare lo
sviluppo della violenza ed è chiaro indice di una società alla deriva.
In poche parole si tratta di una minaccia altrettanto grave quanto
quella rappresentata dal terrorismo dell’estrema sinistra.
Il terrorismo con scopi particolari, invece, è esercitato per ottenere
un risultato limitato ed i gruppi che lo praticano non sono
prevalentemente interessati a risultati su scala mondiale.
Anche in questo caso, però, i confini della suddivisione non sono
perfettamente delineati ma, senza dubbio, c’è una notevole
differenza tra Osama bin Laden, che persegue scopi globali e i
terroristi dell’Ira o dell’Eta basca, che invece, perseguono o hanno
tentato di perseguire scopi limitati alle realtà a cui appartengono.
Vi sono, poi, dei casi in cui è difficile, se non impossibile,
classificare un gruppo come perseguente scopi globali o
particolari; per esempio, è questo il caso della maggior parte dei
gruppi palestinesi.
Infatti, se talvolta le loro azioni sembrano guidate unicamente da
scopi nazionalistici, un esame attento della loro ideologia mostra,
11
come scopo proclamato, la cosiddetta “rivoluzione mondiale”
tanto da essere strettamente collegati proprio con le armate di
Osama bin Laden.
Proprio il terrorismo di origine islamica (sul quale ci soffermeremo
ampiamente nel seguito di questa trattazione) è oggi la minaccia
principale, visto che nel corso dell’ultimo ventennio il terrorismo
politico di matrice ideologica sia di sinistra che di destra è andato
via via sparendo.
Questo, però, non vuol dire che sia del tutto scomparso e lo
dimostrano per esempio nel nostro paese gli efferati attentati nei
quali hanno perso la vita i professori Massimo D’Antona (1999) e
Marco Biagi (2002) e lo scontro a fuoco nel quale sono stati uccisi
l’agente Petri e il terrorista Galesi (2003).
Questi episodi sono stati, infatti, rivendicati da sedicenti gruppi di
matrice comunista che, a circa vent’anni dalla scioglimento delle
Brigate Rosse, sembrano essersi arrogati il ruolo di guida per una
ripresa della lotta armata contro il sistema.