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Tutto ciò può essere realizzato solo attraverso una adeguata gestione territoriale che non può
prescindere dalle conoscenze geologiche: dei fenomeni erosivo - evolutivi della costa, nonché delle
pericolosità che il territorio presenta.
2. INQUADRAMENTO GEOGRAFICO E INTRODUZIONE AL
LAVORO
Il territorio di Polignano a Mare si estende per circa 65 Kmq con altitudine massima di 290 metri e
una linea di costa lunga ben 16 Km, confina con Mola di Bari, Conversano, Castellana Grotte e
Monopoli, ricadendo nel Foglio 190 “Monopoli” dell’IGM e nel Foglio 178 “Mola di Bari”
dell’IGM.
Il tratto di costa studiato, lungo all’incirca 2,5 Km, si estende dallo Scoglio dell’Eremita, poco a
Sud dell’abitato cittadino, fino a Torre Incina, al confine con Monopoli.
Figura 1: inquadramento geografico del litorale studiato
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Le fasi di studio si sono suddivise tra ricerca bibliografica e cartografica, rilevamento sul campo e
analisi delle foto aeree.
La ricerca bibliografica è stata incentrata all’ottenimento di informazioni generali ma complete sulla
geologia regionale e sulla situazione locale del territorio polignanese, nonché sulle condizioni del
clima meteomarino.
Infine, le altre fasi di lavoro, suddivise tra rilevamento geologico di dettaglio del tratto costiero a
sud dell’abitato polignanese e studio di foto aeree, hanno permesso il riconoscimento delle unità
litostratigrafiche, dei loro caratteri tessiturali, nonché il riconoscimento delle forme del paesaggio
per poter meglio inquadrare l’evoluzione recente della costa in oggetto.
In primo luogo, quindi, si è proceduto ricostruendo la situazione geologica della costa tra Torre
Incina e lo Scoglio dell’Eremita, e successivamente la si è posta in relazione ai processi specifici
della dinamica costiera, il tutto finalizzato alla comprensione nello specifico dell’evoluzione
litoranea.
Infatti i litorali sono delle morfosculture in continua evoluzione che tendono a nuovi equilibri
morfodinamici tramite un susseguirsi continuo di forme e processi; la loro stabilità è in relazione ai
fattori resistenti e ai fattori aggressivi, nonché determinata dallo stadio evolutivo raggiunto.
I fattori aggressivi, si traducono nel moto ondoso e nello specifico del nostro caso di studio, anche
nella dissoluzione attuata dal carsismo.
Mentre i fattori resistenti sono rappresentati da unità litostratigrafiche affioranti, le quali hanno una
certa capacità di resistenza (o al contrario tendenza all’erosione), dovuta in primo luogo dalla natura
stessa della roccia ed in secondo luogo influenzata dai parametri strutturali quali, la giacitura dei
corpi rocciosi, il grado di fratturazione, la frequenza delle fratture e l’orientazione delle stesse.
L’efficacia di questi fattori, soprattutto del moto ondoso, viene a sua volta condizionata da differenti
parametri, dettati dalla condizione climatica e meteomarina, d’esposizione della costa ai marosi,
dalle condizioni batimetriche e infine, dalla disponibilità o meno di detriti che aumentano la
capacità erosiva del mare.
Nell’ultimo caso avranno quindi importanza le correnti marine che ridistribuiscono i sedimenti e in
misura minore le sorgenti costiere; queste però hanno importanza nel modellamento carsico e nella
“preparazione” della roccia al successivo attacco marino.
In conclusione i risultati di questo studio hanno permesso la realizzazione della carta geologico –
geomorfologica e di questo lavoro scritto, in cui vengono evidenziati i tratti litoranei instabili e
soggetti più di altri all’arretramento.
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3. INQUADRAMENTO GEOLOGICO
3.1 STRATIGRAFIA
La Puglia costituisce la più estesa area di avampaese non deformato del Mediterraneo, compresa tra
l’Adriatico meridionale e lo Ionio settentrionale, presenta una struttura uniforme basata su crosta
continentale e con una spessa copertura paleozoico - mesozoica alla quale si sovrappongono
depositi ceno-neozoici di limitato spessore ( Ciaranfi & Pieri, 1988).
Nello specifico, il litorale studiato occupa la porzione sud-orientale del versante adriatico
dell’Avampaese Apulo che da un punto di vista geologico è costituito dalle due unità stratigrafiche
del “Gruppo dei Calcari delle Murge”, il Calcare di Bari e il soprastante Calcare di Altamura, in
leggera discordanza angolare ( Ciaranfi & Pieri, 1988).
Inoltre, in affioramenti limitati e rinvenuti soprattutto lungo la fascia costiera, ritroviamo la
Calcarenite di Gravina, depositata lungo la piana costiera adriatica e nel bacino della Fossa
Bradanica.
Il Calcare di Bari (Barremiano – Cenomaniano), si presenta sottoforma di potenti strati o banchi
calcarei a carattere micritico e/o detritico, con granulometria fine e di colore biancastro, raramente
grigio chiaro, giallastro o rosato e con abbondanti microforamminiferi, nonché alghe calcaree,
lamellibranchi e gasteropodi ( Merla & Ercoli, 1971).
Il Calcare di Bari si alterna in sequenze deposizionali irregolari o cicliche, sempre ben stratificate,
con calcari dolomitici.
L’ambiente di deposizione è prevalentemente di piattaforma carbonatica soggetta a subsidenza e
compensata dalla sedimentazione di mare sottile e lagunare, evidenziata dalle sequenze cicliche
tidali ( Iannone et alii, 1980) e dalle facies organogene a Rudiste deposte in concomitanza di
oscillazioni marine positive.
Dal punto di vista biostratigrafico, importanti sono sia i livelli a Rudiste e macroforamminiferi, che
sebbene poco spessi sono estesi arealmente a scala regionale, e i peculiari taxa o biozone: a
Orbitolinopsis capuensis, a Salpingoporella biokovensis, a Palorbitolina lenticularis, a
Salpingoporella dinarica e Cisalveolina fallax ( Ciaranfi N. et alii, 1988).
Il tetto del Calcare di Bari è caratterizzato da una serie di strati sottili, potente un centinaio di metri,
di calcari detritici lastriformi che localmente prende il nome di “calcari a chiancarelle”, largamente
utilizzato in passato quale materiale ornamentale, soprattutto per la pavimentazione stradale.
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Al contatto con il soprastante Calcare di Altamura, si rinviene una breccia calcarea fortemente
alterata e con uno spessore massimo inferiore ai 10 metri.
Il Calcare di Altamura (Senoniano - Maastrichtiano), si presenta come calcari detritici organogeni
a grana più o meno fine, con intercalazioni lentiformi di calcareniti biancastre e di materiale terroso
rossastro.
E’ costituito anche da calcari micritici microfossiliferi e da calcari a Rudiste in sequenze
solitamente cicliche e ben stratificate.
Il contatto con il Calcare di Bari è in discordanza angolare e a luoghi con livelli di materiale
residuale rossastro (bauxite) al passaggio da una litologia all’altra.
Le condizioni paleoambientali di deposizione sono simili a quelle della formazione sottostante,
cioè, deposizione in mare sottile o lagunare intervallata da periodi di maggiore subsidenza o di
emersione, con conseguente erosione subaerea ( Merla & Ercoli, 1971).
Il contenuto microfossilifero peculiare è dato dai seguenti taxa (macroforamminiferi): Scandonea
samnitica, Murgella lata, Keramosphaera targestina, Orbitoides tissoti, Murciella couvilleri e
Raadshowenia salentina ( Ciaranfi N. et alii, 1988).
La Calcarenite di Gravina (Pliocene – Pleistocene), rappresentata l’unità di apertura del ciclo
bradanico, ed è costituita da depositi trasgressivi su piattaforma di erosione (Iannone e Pieri, 1982;
D’Alessandro e Iannone, 1983; Tropeano, 1994).
Al contatto tra questi depositi e le formazioni calcaree sottostanti, ritroviamo a luoghi un
conglomerato calcareo - dolomitico, con spessore variabile (generalmente di qualche metro),
dall’aspetto alterato e con clasti poco arrotondati.
La Calcarenite di Gravina, si presenta massiccia, con colorazioni bianco-giallastre a stratificazione
accennata e non ben visibile.
I grossi banchi, biocalcarenitici e biocalciruditici (con intercalazioni biocaciluditiche) spesso hanno
argilla e terra rossa prodotte dall’alterazione e accumulo residuale; questa frazione pelitica a luoghi
può diventare predominante e costituire livelli di marne argillose (Merla & Ercoli, 1971).
Il contenuto fossilifero abbonda di Echinidi e Molluschi: Turitella tricarinata, Murex brandaris,
Nassarius prysmaticus, Aequipecten opercularis e Spondylus crassicosta. Per quanto riguarda i
Foramminiferi si riscontrano: Spiroplectammina wrighi, Cassidulina carinata, Anomalina ornata,
Cibicides floridamus, Globigerina pachyderma, Elphidium complanatum e Hyalinea baltica ( Merla
& Ercoli, 1971).
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3.2 TETTONICA
L’Avampaese Apulo presenta nel complesso uno stile tettonico semplice, con le formazioni
mesozoiche a formare a grande scala un’estesa monoclinale, con immersione che ruota da SO (nella
parte settentrionale delle Murge) a S ( nella parte meridionale), ed interessate principalmente da
faglie e subordinatamente da blande pieghe legate a faglie, sulle quali poggiano i depositi terziari e
quaternari in assetto orizzontale ( Festa, 2003).
Le Murge, con una tipica struttura ad Horst e Graben, si mostrano sollevate rispetto al Graben
Bradanico e a quello Adriatico, nonché separate a Sud dalle Murge Salentine (Soglia Messapica) e
delineate a Nord dalla valle dell’Ofanto (Iannone & Pieri, 1980).
Le strutture disgiuntive maggiori corrispondono a sistemi di faglie che scompongono in blocchi il
substrato calcareo, originando una struttura a gradinata orientata da NO a SE, con le direttrici di tali
strutture corrispondenti appunto ai sistemi di faglie allineati sempre a NO-SE (Festa, 2003).
Tali faglie, quindi, delimitano le scarpate che dal blocco più elevato dell’alta Murgia, abbassano il
substrato calcareo, sia dal versante bradanico che adriatico, formando cosi i vari terrazzi e a luoghi
dei piccoli Graben.
Oltre al sistema di faglie allineate in senso NO – SE, lo stile tettonico pugliese è caratterizzato
anche da un altro sistema di faglia, quest’ultimo allineato però, in senso E - O.
Infine, il substrato carbonatico mesozoico presenta deformazioni plicative ad ampio raggio di
curvatura, con assi delle pieghe ad andamento simile alla direttrice appenninica, risultato appunto
dell’orogenesi degli stessi Appennini (Merla & Ercoli 1971).
I dati bibliografici sulle misure di strato dei calcari della Piattaforma, evidenziano due giaciture
principali, entrambe monoclinaliche, la prima con direzione NO - SE e la seconda N - S, entrambe
con immersione a S - O e inclinazione che raramente supera i 15° (Merla & Ercoli, 1971).
3.3 MORFOLOGIA
Il territorio delle Murge corrisponde ad un altopiano terrazzato e allungato in direzione ONO-ESE,
delimitato a SW dalla Fossa Bradanica e a NO dalla valle dell’Ofanto, in entrambi i casi con alte e
ripide scarpate e ripiani poco estesi, mentre, a NE è delimitato dal Mar Adriatico e qui l’altopiano
presenta terrazzi con ampi ripiani e piccole scarpate ( Ciaranfi N. et alii, 1988).
Gli elementi morfologici di maggior rilievo si sviluppano con direttrici ONO-ESE, oppure in
direzione E-O, cioè le stesse direttrici dei principali elementi tettonici.
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Le scarpate, individuate dalle faglie menzionate in precedenza, sono state appunto riconosciute
come scarpate di linea di faglia.
A riprova che i caratteri strutturali sono il fattore principale nel delineare il paesaggio pugliese,
come espresso da Iannone e Pieri (1982), anche i piccoli rilievi e le depressioni presenti sul
territorio, coincidono con strutture tettoniche tipo “Horst e Graben”.
Lungo il bordo adriatico, invece, numerose sono le documentazioni di carattere morfologico e
sedimentario, rappresentate in particolare da antiche linee di costa e da ripiani di abrasione e di
accumulo, disposti a gradinata digradante verso mare ( Ciaranfi N. et alii, 1994).
Infatti in prossimità del Mar Adriatico sono stati rilevati diversi terrazzi marini e se ne riconoscono
diversi a partire da una quota di 360 m.s.l.m. circa, con i gradini che li delimitano corrispondenti ad
antiche linee di costa ( Ciaranfi N. et alii, 1994).
3.4 EVOLUZIONE GEOLOGICA DELLA PUGLIA
Nell’era Mesozoica, tra i 200 e i 60 milioni di anni fa, la nostra regione era un altofondo
sottomarino con mare poco profondo e basse terre emerse, soprattutto isole, contraddistinto da
sedimentazione quasi esclusivamente intrabacinale.
Abbondavano, inoltre, gli ambienti lagunari, nel cui interno si riversavano ciclicamente
depositi più o meno fini portati dai corsi d’acqua.
A questi apporti fluviali, si sommava l’accumulo dei resti di organismi marini, a guscio
calcareo, e in misura minore agivano le colonie di biocostruttori, formando estese scogliere
(Ciaranfi N. et alii, 1988).
Il risultato ultimo era la deposizione di materiale fine, alternato a depositi grossolani, con
formazione di rocce calcaree a luoghi dolomitiche o marnose, sia in strati che in banchi grigio-
biancastri.
Tutta la piattaforma apula era inoltre interessata da subsidenza, che ha permesso la formazione
della potente successione di rocce carbonatiche, spessa all’incirca 3000 m.
Il passaggio Secondario- Terziario segna la fine della sedimentazione intrabacinale e l’inizio di
una lunga fase di continentalità a seguito del sollevamento regionale indotto dalla collisione
Europa – Africa (Cretaceo sup-Paleogene ?).
Questa imponente emersione è testimoniata dalle numerose forme carsiche, epigee e ipogee,
nonché dalle “terre rosse residuali” e dai livelli bauxitici.
Successivamente, tra il Pliocene med.-sup. e il Pleistocene inf.- med. a seguito di un ampia
trasgressione, sull’impalcatura cretacea calcarea del Horst Murgiano, si depositò la Calcarenite
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di Gravina in sedimenti calcareo- sabbioso- argillosi.
Nel tardo Pleistocene vi è stata un’inversione di tendenza, con un generale ritiro del mare,
interrotto da brevi oscillazioni eustatiche positive (fasi calde interglaciali) e in tempi più
recenti, tra 25.000 e 18.000 anni fa (al termine dell’era Würmiana) si è avuto il massimo della
regressione con il livello marino arretrato in corrispondenza dell’attuale isobata -100 metri.
A partire da 15.000 anni fa si è verificata l'ultima grande trasgressione marina (trasgressione
versiliana) che ha portato il mare, nell'arco di 8-9.000 anni, a sommergere un vasto territorio,
già interessato dalla presenza dell'uomo preistorico.
Il mare, innalzandosi ad una velocità stimata di 1 cm all’anno, si attestava all'optimum
climatico olocenico (6.000 anni fa) ad un’altezza di circa 3 metri sull’attuale livello,
limitandosi negli ultimi 5-6.000 ad oscillare attorno all’odierna posizione.
Durante la prima parte dell’Olocene, quindi, nella recente evoluzione delle coste, il mare,
favorito dalla debole inclinazione delle superfici che invadeva, ha sommerso e distrutto
progressivamente le forme che aveva appena modellato, riproducendone altre simili, a quote
topografiche maggiori.
In tempi successivi all'optimum climatico quando già la situazione era molto prossima a quella
attuale, si sono verificati fondamentalmente due processi: un arretramento della linea di costa
ad opera dell'aggressione meteomarina e un rapido rinascimento di sedimenti della costa nei
pressi degli sbocchi al mare dei corsi d'acqua con bacino idrografico ampio, favoriti da una
piovosità media annua superiore ai 700 mm.
3.5 CARSISMO MARINO
In ambiente marino, il fenomeno carsico si manifesta sia con le tipiche grotte e cavità e sia con una
tipica zonazione in microambienti, a quest’ultima corrispondono delle tipiche microforme come
osservato in vari studi ( Kellertat D, 1974; Trudgill S.T., 1977; Mazzanti R. & Parea G.C., 1977;
U.Sauro, 1980).
Questa zonazione dipende dal prevalere dell’erosione meccanica operata dal moto ondoso e dagli
spruzzi, o dal prevalere invece della dissoluzione carbonatica o infine della disgregazione salina, e
pertanto i vari microambienti saranno in relazione con la quota e la distanza dal mare.
Partendo dalla linea di costa, ritroviamo come forme carsiche il solco di battente, modellato
soprattutto da azioni biocarsiche ma anche dal moto ondoso di calma, le marmitte, formate per
cavitazione dal sedimento smosso dalle onde, le guglie e gli spuntoni, modellati dagli spruzzi e
infine la vaschette, generate quasi esclusivamente dalla dissoluzione carbonatica dell’acqua piovana.
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3.6 CARATTERI IDROGEOLOGICI
L’idrografia della Puglia è caratterizzata dall’assenza di corsi d’acqua a carattere perenne e da
reticoli idrografici poco estesi e scarsamente gerarchizzati, ma di contro, vi è una cospicua falda
sotterranea, galleggiante a luoghi sull’acqua di intrusione marina e a luoghi da essa separata, poiché
confinata in sistemi carsici isolati, in pressione al di sotto del livello marino (Grassi, 1974) .
Le motivazioni per questo assetto idrografico sono da ricercare nei caratteri climatici dell’area
mediterranea, ma in primo luogo, nella natura carbonatica e quindi solubile del substrato roccioso
soggetto al carsismo, fenomeno provocato appunto dalle acque meteoriche che dissolvono e
modellano il calcare infiltrandosi nel sottosuolo.
Il tutto determina degli impluvi drenanti solo quel surplus d’acqua che il terreno saturo non riesce
ad assorbire e la presenza d’acqua in superficie è limitata agli eventi piovosi cospicui o prolungati.
Queste linee di impluvio, localmente chiamate lame o gravine, si ampliano divenendo anche
imponenti incisioni all’approssimarsi alla costa, nel versante adriatico, o alla Fossa Bradanica, nel
versante ionico e generalmente si impostano su discontinuità tettoniche come vie preferenziali di
deflusso.
Inoltre, nel versante adriatico dove esse si prolungano in ambiente subacqueo, smaltiscono il
materiale detritico dalle acque incanalate trasportandolo al largo.
La falda profonda è alimentata esclusivamente dalle acque meteoriche che si infiltrano nel
sottosuolo, principalmente grazie agli inghiottitoi, ai pozzi carsici e alle doline disseminate per tutto
l’altopiano murgiano; spesso queste forme tipicamente carsiche sono ostruite da materiale terroso,
le terre rosse residuali, che non ne alterano, però, la capacità drenante ( Cotecchia & Magri, 1966).
In profondità, la permeabilità dei calcari, sostanzialmente bassa e per fratturazione, risulta
comunque estremamente variabile e irregolare.
Questo, sia per un carsismo disomogeneo orizzontalmente e verticalmente, che per la presenza di
livelli compatti (dolomitici – marnosi) o meno permeabili (strati di argilla o brecce calcaree-
dolomitiche a cemento argilloso).
Ne consegue che il deflusso avviene in pressione e per mezzo di cunicoli, gallerie o veri e propri
fiumi sotterranei, con la falda assestata su più livelli separati dalle litologie impermeabili (Grassi,
1974).
Oltre a questi aspetti, si registra le presenza di numerose falde sospese a debole profondità dal piano
campagna e di numerose piccole falde spesso a carattere artesiano nei depositi quaternari, da
sempre sfruttate dall’uomo.
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Alcune falde secondarie sono state riconosciute come serbatoi idrici, cioè formazioni
idrogeologiche delimitate da litologie impermeabili che possono dar luogo a piccole scaturigini
nell’entroterra (Grassi, 1974).
Infine, lungo tutta la costa adriatica, sono frequenti le manifestazioni sorgentizie diffuse e con basse
portate o anche isolate ma con notevoli portate dell’ordine di 700 l/s, con l’acqua sfociante a mare
dopo aver percorso parecchi chilometri nel substrato calcareo mesozoico; infine, numerose sono
anche le sorgenti carsiche ascendenti subacquee conosciute anche come polle e in questo caso
l’acqua emerge ad una certa distanza dalla linea di costa ( Cotecchia & Magri, 1966).
4. CARATTERI CLIMATICI DELL’AREA DI STUDIO
In questo paragrafo vengono analizzati i dati sulle precipitazioni, i dati anemometrici e infine i dati
ondametrici, acquisiti dal Servizio Mareografico dell’APAT, dall’Ufficio Idrografico e
Mareografico di Bari e infine dall’Istituto Idrografico della Marina Militare.
4.1 CLIMA E PRECIPITAZIONI
La zona climatica entro cui ricade la Puglia è quella mediterranea (clima umido, temperato caldo)
con estati secche e inverno mite e piovoso.
La temperatura media annua, alquanto elevata, è di 15 -16°, con minime che raramente scendono
sotto lo zero, anche nei giorni di freddo più intenso (gennaio) e massime che superano i 30-35°
(luglio), inoltre in concomitanza con i venti spiranti dai quadranti meridionali, non è raro che si
superano i 40-45°.
Le precipitazioni rilevate a Polignano a Mare, tipiche del versante adriatico meridionale, si
concentrano nel tardo autunno e nel periodo invernale attestandosi intorno ai 600 mm annui, con
punte di 700 mm nelle annate eccezionalmente piovose, come si può vedere dalle tabelle sotto
riportate (Tab. I e Tab.II).