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Introduzione
Nel corso dei secoli abbiamo assistito ad un grande cambiamento che ha riguardato due
figure cardine nello sviluppo dei bambini, di coloro che saranno i futuri adulti e cittadini. Questo
cambiamento riguarda i genitori e gli insegnanti, che sono le figure che si occupano della
educazione dei bambini, della loro istruzione e del loro sviluppo. Ognuna di queste figure partecipa
al processo di crescita e di formazione ovviamente secondo le proprie competenze ed entrambe
costituiscono i principali agenti di socializzazione (si ricordi che la famiglia è sempre al primo
posto nella vita di un bambino in quanto agente di socializzazione).
Con il mutare dei tempi, sembra che queste figure abbiano perso quell’ “aura” di sacralità
che contraddistingueva il loro ruolo, che era fondato, principalmente, sull’autorità, ovvero quel
particolare ascendente, che faceva godere loro di stima e rispetto da parte dei ragazzi e dell’intera
società. Si pensi al ruolo del padre nella società “diretta dalla tradizione”
1
. Il padre, pater familias,
aveva la massima ubbidienza da parte di tutti i membri del nucleo familiare, era il modello per i
propri figli e insegnava loro a “succedere a lui”, piuttosto che ad avere successo. Stesso discorso
deve esser fatto per l’insegnante, dispensatore di nozioni, spesso poco attento ai problemi personali
degli alunni, ma rispettato e amato, proprio come il maestro del libro Cuore
2
.
Con l’avvento della società eterodiretta, di cui ha parlato Riesman, si verificano molti
cambiamenti. Cambiano i tempi, le tecnologie migliorano le condizioni di vita, si vive meglio, non
ci sono più le famiglie numerose di un tempo, aumenta la mobilità sociale, entrambi i genitori
lavorano e l’ascesa sociale viene vista come essenziale per vivere bene; eppure, aumenta
l’incertezza su come far crescere i propri figli. I genitori, di colpo, diventano insicuri, non hanno
1
Per questo concetto si veda Riesman D., La folla solitaria, Il Mulino, Bologna, 1956.
2
Scritto da Edmondo de Amicis nel 1886.
4
tempo e sono ansiosi. Tocca allora all’insegnante colmare queste ansie? Anche l’insegnante,
intanto, vede cambiare giorno dopo giorno il modo stesso di intendere la sua professione.
Fioriscono nuove teorie pedagogiche, aumenta inoltre il lavoro burocratico, che occupa gran parte
della giornata lavorativa di un insegnante; cambiano anno dopo anno i governi che cambiano l’anno
dopo ciò che è già stato “riformato” l’anno precedente. Cosa rimane allora del vecchio ruolo
dell’insegnante? È un dispensatore di nozioni? Un socializzatore? Un amico? Un intrattenitore? Un
adulto da combattere? O solamente un baby sitter?
È logico che, essendo queste due figure di adulti le responsabili della crescita dei ragazzi e
avendo esse, quindi, un “obiettivo” comune, la loro collaborazione sembra davvero basilare e quasi
scontata. Nella pratica è davvero così? Perché i genitori lamentano l’operato degli insegnanti dei
figli e contestano apertamente i giudizi e i voti assegnati dagli insegnanti ai loro figli? Prassi
impensabile qualche decennio fa. E perché gli insegnanti lamentano gli sconfinamenti di campo e le
continue critiche e ingerenze dei genitori verso il loro operato? L’ istituzione scolastica con chi si
schiera?
Lo spunto di questa riflessione parte da un articolo apparso il 29 Luglio del 2009 sul
quotidiano spagnolo El Pais, un articolo scritto da Mario Vargas Llosa
3
, dal titolo già abbastanza
incisivo “L’anno in cui nelle scuole morì l’autorità”. In esso lo scrittore peruviano elenca tutta una
serie di violenze subite da alcuni professori dei sobborghi parigini per sostenere che, quanto
avvenuto, sia sintomo della perduta autorità e rispettabilità della figura dell’insegnante. Lo scrittore
si spinge più in là con la riflessione sostenendo che “a partire dal 1968, l’autorità che castrava gli
istinti libertari dei giovani è finita in mille pezzi”, che i giovani furono i protagonisti di dure
battaglie il cui slogan era “Proibito proibire” e che ogni figura istituzionale fu messa in discussione.
Si badi che lo scrittore non parla di autorità in senso politico ma nel senso latino del termine:
3
Premio Nobel per la letteratura (7 ottobre 2010).
5
auctoritas come prestigio o credito che si riconosce ad una persona o istituzione per la sua
competenza in qualche materia o per la sua rispettabilità. La prima istituzione a uscirne sconfitta è
stata quella scuola, che adesso è diventata sinonimo di nemica e ha perduto quella legittimità che
stava alla base della sua funzionalità. Mario Vargas Llosa dice anche che la scuola non ha perso
solo agli occhi dei ragazzi, “ma anche a quelli degli stessi genitori e filosofi rivoluzionari che
identificavano nel maestro uno dei sinistri strumenti di cui l’establishment si serve per mettere le
briglie allo spirito critico e alla sana ribellione di bambini e adolescenti”
4
. Molti maestri, pertanto, si
sono adattati alla tendenza generale, ritenendo dannoso rimproverare o bocciare i cattivi studenti o
stilare graduatorie in base al rendimento. A cosa ha portato tutto ciò? Sicuramente alla perdita della
rispettabilità e dell’autorità di cui gli insegnanti e le scuole godevano prima. Lo scrittore peruviano
parla però soltanto degli insegnanti, mentre la perdita della “aura di sacralità” è un fenomeno che
riguarda, e moltissimo, pure i genitori e con loro tutte le figure che vengono viste come
rappresentanti delle istituzioni: magistrati, funzionari pubblici, poliziotti, sacerdoti, ecc..
C’è, poi, un altro punto su cui bisogna riflettere. Fino a qualche decennio fa, scuola e
famiglia erano le uniche agenzie di socializzazione, o comunque le principali, nella vita di un
ragazzo e portavano avanti valori molto simili. Con il passare del tempo e l’avanzare delle
tecnologie le cose sono molto cambiate. Si pensi all’influenza, sempre maggiore, del gruppo dei
pari, che si configura come una specie di “mondo a sé stante” e opposto a quello dei grandi. E si
pensi ai valori trasmessi dai mass media che non sempre combaciano con quelli delle istituzioni;
mass media che, per il loro messaggio invitante, fatto di immagini di facile accesso, opposto a
quello “dei grandi”, captano l’attenzione dei ragazzi in maniera più immediata.
Da queste considerazioni emerge la necessità di una collaborazione tra insegnanti e genitori,
che dovrebbero cooperare anziché screditarsi l’un l’altro. Occorrerebbe che rilanciassero le loro
4
M. V. Llosa, El Pais, luglio 2009.
6
figure e quelle delle istituzioni che rispettivamente rappresentano: scuola e famiglia. Dovrebbero
concorrere, in un dialogo costruttivo, alla formazione di futuri adulti e di cittadini leali e rispettosi.
In questo elaborato mi prefiggo di esaminare cosa è cambiato nel modo di intendere
l’autorità dopo il ’68, partendo dai cambiamenti che le figure di genitori e insegnanti hanno subìto
lentamente nel corso dei secoli, e drammaticamente dopo il ’68, per studiare quali sono i nuovi
agenti di socializzazione che si scontrano con loro e per trovare, infine, un loro possibile punto
d’incontro.
7
Capitolo primo: L’Autorità
1.1 Riflessioni sul concetto di autorità
Autorità (dal latino auctoritas, da augeo, accresco) indica, oltre alla “forza vincolante per
disposizioni di legge”
1
, anche “ascendente, influsso che una persona esercita sulle altre”
2
, nonché
“chi, per grande esperienza, competenza e sim., gode di un particolare ascendente e di un‟alta stima
nell‟ambito dei suoi interessi, studi, attività”
3
.
Erroneamente si usa la parola autorità quale sinonimo di potere, cioè “capacità di
influenzare in modo determinante persone o situazioni”
4
. Secondo la definizione sociologica di Max
Weber invece, il potere è la possibilità che un individuo, agendo nell‟ambito di una relazione
sociale, faccia valere la propria volontà anche di fronte ad un‟opposizione.
Bisogna altresì chiarire anche il vero significato di altri due termini utili al nostro discorso:
autoritarismo e autorevolezza.
L‟autoritarismo è una“forma di esagerata autorità esercitata da persone o istituzioni”
5
, che
trascurano, quindi, i limiti legali del proprio potere. Non a caso, quindi, il termine indica anche il
1
Lo Zingarelli 2001, Vocabolario della Lingua Italiana, Zingarelli Zanichelli editore, Bologna, p. 183.
2
Ibidem.
3
Ibidem.
4
Ivi, p. 1387.
5
Ivi, p. 183.
8
tipo di “organizzazione politica” che ha caratterizzato alcuni stati europei, e non solo, nel corso del
Novecento
6
.
Autorevolezza, invece, è sinonimo di autorità morale, prestigio, influenza.
I due termini hanno la stessa radice, appartengono alla stessa famiglia lessicale ma
differiscono tra loro in maniera sostanziale.
Detto questo, e tornando al concetto di autorità, notiamo che il termine stesso ha richiamato
le riflessioni di molti studiosi nei campi più svariati del sapere. Già gli antichi romani distinguevano
tra auctoritas (sinonimo di autorità, prestigio, importanza, credito), potestas (potenza, potere, forza,
efficacia) ed imperium (diritto di comandare, ordine, comando), ma è stato con la nascita degli Stati
nazionali che la riflessione si è ulteriormente sviluppata e ha coinvolto non pochi pensatori.
Riflessioni in cui noi non ci addentreremo sino in fondo, ma che ci saranno utili per ricordare come
la parola autorità abbia assunto vari significati nel corso dei secoli. Due esempi per tutti:
Auctoritas Augustea. Il concetto di auctoritas nell‟antica Roma era legato alla
personalità di Augusto. Egli stesso spiega che tutto quel potere, che gli fu riconosciuto, lo
ottenne perché fu visto come il cittadino dotato di maggiore auctoritas: ovvero lo spessore
che aveva assunto la sua persona, in virtù delle gesta e delle imprese militari delle quali si
era reso protagonista e che gli permisero di accumulare un potere enorme, nonostante non
ricoprisse cariche politiche ufficiali.
Auctoritas Medievale. Nel Medioevo godevano di auctoritas tutti i grandi
autori considerati ormai dei classici (non solo però gli autori del mondo classico), cioè degli
autori che dovevano essere assunti come modello ed esempio.
6
Secondo H. Marcuse (in L’autorità e la famiglia, Einaudi, Torino, 1970, cit. p. 21), quando l‟autorità assume queste
forme si ha “la rinuncia dell‟autonomia a se stessa (autonomia del pensiero, del volere, dell‟agire), la subordinazione
della propria ragione e della propria volontà a contenuti assegnati ad altri, e ciò in modo che essi, così come sono,
valgono come norme vincolanti per la sua ragione e la sua volontà.”
9
Questi esempi, apparentemente lontani dall‟argomento della mia tesi, vogliono dimostrare
come il termine autorità nel corso dei secoli sia stato usato per designare tante qualità diverse e che,
quando Mario Vargas Llosa nel suo articolo intitolato “L‟anno in cui nelle scuole morì l‟autorità”
7
alludendo al fatto che dopo il ‟68 la scuola e, in generale, tutte le altre istituzioni considerate prima
inattaccabili, hanno perso “quell‟aura di sacralità”
8
che le caratterizzava, vuole forse indicare che è
cambiato, in esse e per esse, in conseguenza di ben noti avvenimenti storici, proprio il concetto
stesso di autorità.
A tale proposito confrontiamoci con una delle più “autorevoli” riflessioni degli ultimi anni.
1.2 L’Autorità secondo Richard Sennett
Il titolo del libro di Sennett è, tradotto in italiano: Autorità. Subordinazione e
insubordinazione: l’ambiguo vincolo tra il forte e il debole. Già il titolo dice molto sul pensiero di
Sennett: autorità come vincolo ambiguo. Alla base dell‟autorità per Sennett ci sta il vincolo: parola
ambigua giacché indica sia un legame che un impedimento e una costrizione. I bambini non
possono crescere, non possono sviluppare la loro personalità autonoma senza riconoscere l‟autorità
dei genitori; eppure gli adulti, secondo Sennett, temono che l‟autorità possa trasformare i futuri
uomini in docili schiavi.
L‟autorità non è la sola “emozione sociale” che governa il nostro vivere. Sennett ne
riconosce quattro: autorità, fratellanza, solitudine e rituale. Tre di queste stabiliscono legami con gli
7
Uscito sul quotidiano El Pais il 29 Luglio 2009.
8
L‟espressione indicante la perdita dell‟aura di sacralità é stata coniata per indicare la perdita di privilegio sociale,
dell‟immagine di sacralità, superiorità ed eccezionalità subìta dall‟artista in generale, e da poeti e scrittori in particolare,
verificatosi tra la fine dell‟800 e l‟inizio del „900 a causa della industrializzazione e della conseguente massificazione ed
omogeneizzazione della società. Il termine aura (lett. venticello, brezza) indica in questo caso l‟emanazione magica o
divina emessa da un corpo umano e intende quindi esprimere la perdita di centralità sociale subita dall‟artista che
diventa un uomo qualsiasi, uno della folla, costretto a vendere la sua arte come se fosse una merce.
10
uomini. “La solitudine è un‟emozione suscitata dall‟assenza, l‟autorità è un vincolo tra ineguali, la
fratellanza è un vincolo stabilito fra simili, il vincolo del rito si forma tra persone riunite siano esse
uguali o no; […] tanto più gli uomini sono impegnati, compromessi e coinvolti emotivamente nella
vita sociale, tanto più necessariamente, avvertiranno discordanze”
9
.
I bambini hanno bisogno di autorità. Come possono crescere senza una figura autorevole che
li guidi e li rassicuri (si badi bene, si parla di autorevolezza e non di autoritarismo)? Fin da piccoli
quindi gli adulti incarnano quello strano concetto di autorità (strano per i bambini) e man mano che
crescono, prima i genitori, poi gli insegnanti, i parroci, l‟allenatore di calcio, il maestro di danza,
saranno le figure che li guideranno verso il futuro adulto nella vita. Una delle prime conclusioni cui
dobbiamo giungere, non solo perché ce lo dice Sennett, è relativa ad un vero e proprio “bisogno” di
autorità.
Queste figure autorevoli, però, come si diceva prima, sono ambigue; da una parte ci
attraggono, ci seducono, ci danno sicurezza, dall‟altra parte ci fanno quasi paura. Per spiegare cos‟è
l‟autorità e chi incarna queste sembianze, Sennett ci parla del direttore d‟orchestra Pierre Monteux,
che lui stesso aveva avuto modo di osservare mentre dirigeva l‟orchestra, e che presentava un
“autocontrollo rilassato e totale che era alla base della sua autorevolezza”
10
. Riferisco questo per far
capire che una persona autorevole non è affatto dispotica, ma una persona che incute rispetto e
ammirazione per la sua personalità complessiva. Per lo scrittore una persona autorevole deve avere
le seguenti qualità: padronanza, superiorità di giudizio, abilità nell‟imporre la disciplina, capacità di
incutere paura.
Proprio la paura dell‟autorità può generare tre tipi di rifiuto di quest‟ultima:
9
Sennett R., Autorità. Subordinazione e insubordinazione: l’ambiguo vincolo tra il forte e il debole, Bruno Mondadori,
Milano, 1980, cit. p. 9.
10
Ivi p.16.
11
1. “La dipendenza ribelle”
11
.
2. Il tentativo di costruirsi un‟immagine positiva, ideale dell‟autorità.
3. Il tentativo di costruirsi la fantasia che l‟autorità scompaia.
Per spiegare cos‟è la “dipendenza ribelle”, sicuramente il meno chiaro dei tre tipi di rifiuto,
Sennett fa l‟esempio della signorina Helen Bowen, un vero “caso clinico”. “La signorina Bowen è
schiava dei genitori; le decisioni riguardanti la sua vita erotica dipendono, innanzitutto, e
soprattutto, dalla conoscenza dei criteri in base ai quali i genitori approvano o rifiutano una persona.
Ciò che essi vorrebbero, lei lo rifiuta: ha scelto due uomini che, come ben sapeva, sarebbero incorsi
nella loro disapprovazione. In ogni caso essi desidererebbero esercitare un controllo”
12
. Tutto ciò
serve a spiegare come l‟elemento più incisivo nella pratica della “dipendenza ribelle” è la
trasgressione, che non è un semplice dire no, ma implica lo scegliere qualcosa che gli altri non
approverebbero.
L‟autorità può pure essere rifiutata in maniera diretta cioè negando palesemente l‟esistenza
di quella figura. Questo avviene quando, ad esempio, a scuola, il professore nega all‟alunno il
permesso di uscire e l‟alunno esce lo stesso.
“Il linguaggio della ribellione contro l‟autorità, risale ad un nobile fine emerso negli ultimi
decenni del XVIII secolo: instillare il desiderio di libertà nelle masse popolari”
13
. Questo vincolo
del rifiuto, iniziato in modo nobile ed ineccepibile, si è esteso, però, a macchia d‟olio. Si è infatti
passati dalle rivolte popolari contro la miseria, sicuramente condivisibili (visto che ai miglioramenti
11
Sennett R., Autorità. Subordinazione e insubordinazione: l’ambiguo vincolo tra il forte e il debole, cit. p. 27.
12
Ivi p. 31.
13
Ivi p. 38.