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Questa ricerca nasce dal particolare interesse personale che nutro
per la Russia – Paese in cui ho avuto modo di abitare con la mia famiglia
per diversi anni negli anni Novanta – per la sua storia e per il suo
territorio. La tesi trae spunto, inoltre, dall‘attualità, che vede nel nostro
Paese il moltiplicarsi di polemiche sulla dipendenza energetica
dell‘Italia dalla Russia. Questi spunti hanno stimolato la mia curiosità
rispetto alla realtà dell‘industria energetica russa, alla sua storia e alle
sue problematiche attuali nonché agli effetti che essa produce
sull‘ambiente naturale e sulle popolazioni locali.
Questa tesi si propone dunque come uno studio del ruolo che gli
idrocarburi hanno avuto – e hanno tuttora – nello sviluppo della Russia.
La ricerca si apre con un breve excursus sull‘economia della Russia dagli
anni Settanta ad oggi, indispensabile per comprendere quanto gas e
petrolio siano risorse di importanza fondamentale per questo Paese,
tanto da aver contribuito a modificare, nel corso della storia, l‘intero suo
assetto economico e politico.
Nel primo capitolo ho cercato di fornire un quadro il più possibile
esaustivo della storia dell‘industria energetica del Paese e
dell‘evoluzione della politica energetica nel corso delle varie fasi
politiche attraversate dalla Russia negli ultimi 40 anni. In particolare ho
descritto le profonde trasformazioni subite dall‘industria del gas e del
petrolio durante la fase di transizione politica ed economica
sperimentata dalla Russia nel corso degli anni Novanta.
Nel secondo capitolo ho analizzato nel dettaglio il settore
energetico russo. Partendo da un esame delle risorse esistenti, della rete
di trasporto e delle principali compagnie energetiche pubbliche e
private operanti nel Paese, ho poi compiuto uno studio dei principali
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progetti di nuovi oleodotti e gasdotti in relazione agli stretti rapporti
commerciali che la Russia intrattiene da tempo con l‘Unione Europea e,
più di recente, con la Cina.
Infine, nel terzo capitolo ho voluto inserire un Case Study sui vari
progetti energetici al momento in corso sull‘Isola di Sakhalin – nel
Pacifico settentrionale – quale esempio pratico degli impatti che
l‘industria energetica ha sull‘ambiente e sulle popolazioni locali. Sulla
tematica del rapporto tra industria energetica e ambiente ho esaminato
anche il quadro giuridico esistente attualmente in Russia – compreso dei
più recenti Trattati internazionali – nonché l‘attività delle principali
organizzazioni ambientaliste operanti nel Paese.
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INTRODUZIONE
Tra l'inizio degli anni Settanta e la fine del secolo scorso
l'economia della Russia ha conosciuto una crisi prolungata e
profondissima, con pochi precedenti in un grande Paese moderno. Solo
nel primo decennio del nuovo secolo l'economia russa nel suo
complesso ha ripreso a crescere, anche se in modo irregolare e
disomogeneo e con caratteristiche molto diverse rispetto al periodo
precedente: più vicine a quelle di un Paese in via di sviluppo esportatore
di materie prime che a quelle di un grande Paese industriale.
Le ragioni della crisi – non solo dell'economia ma dell'intero sistema
sovietico – sono moltissime e solo in parte interne ai meccanismi
economici.
Il rallentamento dell'economia cominciò ad essere significativo
già durante il nono piano quinquennale
1
(1971-1975). L‘Urss subì le
conseguenze del declino delle riserve di manodopera e il colpo di due
raccolti falliti: nel quinquennio ‘71-‗75 furono, infatti, importate 14
1
Il piano quinquennale copriva tutti gli aspetti dello sviluppo, dai beni capitali ai
beni di consumo. I periodi coperti dai piani quinquennali coincidevano con gli
intervalli tra i Congressi del PCUS (Partito Comunista). Ad ogni Congresso, il
Comitato Centrale del Partito fissava le linee guida per il piano. All‘approvazione
da parte del Congresso seguiva lo studio delle priorità effettuato dal Consiglio dei
Ministri, che elaborava degli obiettivi e li inoltrava al Gosplan, incaricato di
raccogliere le statistiche necessarie per l‘implementazione. Questo (suddiviso in
dipartimenti industriali) stilava gli obiettivi preliminari che venivano assegnati alle
imprese subordinate. I piani elaborati dalle singole imprese venivano rimandati ai
ministeri per i dovuti controlli, poi nuovamente vagliati dal Gosplan, che li
rispediva al Consiglio ed infine al Congresso. La fine del processo segnava
l‘approvazione del piano e la sua trasformazione in legge.
14
milioni di tonnellate di grano
2
. Di fronte al rallentamento economico,
caratterizzato da una caduta del tasso di crescita del PIL e dal declino
nei rendimenti degli investimenti e nella crescita di produttività, il
governo decise di spostare l‘accento e gli incentivi dalla semplice
quantità della produzione, come era stato nei decenni precedenti, al suo
effettivo valore. La riforma risultò però ambigua e insufficiente e fu
fermata in corso d‘opera. Il decimo e undicesimo piano quinquennale,
dal 1976 al 1985, dimostrarono l‘incapacità della pianificazione sovietica
di raggiungere in qualsiasi modo i propri obiettivi, con un sempre più
debole aumento della produttività e numerosi altri sintomi di
stagnazione. Dal 1979, poi, si susseguirono altri quattro anni catastrofici
per i raccolti cerealicoli e tra l‘81 e l‘85 furono importate altre 42 milioni
di tonnellate di grano.
Da questo momento vi fu una svolta disastrosa: ingorghi nel settore dei
trasporti, difficoltà di assicurare una costante fornitura di energia,
aumento dell‘inflazione: tutti i fattori convergevano nel provocare un
ritardo crescente nello sviluppo economico.
Il governo di Leonid Brezhnev (1964-1982) aveva dato priorità assoluta
all‘aumento degli investimenti per la difesa, a scapito di quelli tesi al
rinnovamento del capitale fisso negli altri settori, sia per quanto
riguarda la produzione industriale di beni di consumo sia per quanto
riguarda le infrastrutture. Ciò impediva sia lo sviluppo dei settori
tradizionali che, soprattutto, quello delle nuove branche della
produzione, come l‘elettronica e l‘informatica. A contribuire
all‘inefficienza dell‘economia era anche lo spreco delle materie prime e il
2
AA.VV., ―The Soviet Grain Deficit‖, CIA Directorate of Intelligence, Washington
D.C., 1975; AA.VV., ―Ussr and East European Grain Purchases‖, CIA Directorate of
Intelligence, Washington D.C., 1975.
15
sottoutilizzo sia dell‘apparato produttivo che della forza lavoro.
Contemporaneamente, il metodo tradizionalmente utilizzato dal
governo per compensare i problemi strutturali e sostenere la produzione
usando energia e materie prime a basso costo divenne più aleatorio
perché energia e materie prime costituivano (così come oggi) anche la
base delle esportazioni.
Negli anni Settanta, in effetti, la stabilità di fronte ai fattori di crisi già
presenti era stata mantenuta principalmente grazie al notevole aumento
dei volumi di petrolio e gas naturale estratti nella Siberia occidentale e
all‘aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime sul mercato
mondiale
3
.
Fig. 1 Produzione di petrolio greggio in Unione Sovietica dal 1970 al 1991
4
3
Il volume di greggio prodotto in Urss salì da 6.99 a 11.38 milioni di barili al giorno
fra il 1970 e il 1979 (Fig.1).
4
Produzione di petrolio greggio in Urss (milioni di barili per giorno): 1970-6.99;
1971-7.48; 1972-7.89; 1973-8.32; 1974-8.91; 1975-9.52; 1976-10.06; 1977-10.60; 1978-
11.11; 1979-11.38; 1980-11.71; 1981-11.85; 1982-11.91; 1983-11.97; 1984-11.86; 1985-
16
Ciò rese possibile incrementare le importazioni di beni di consumo e
migliorare le condizioni di vita della popolazione. Ma il venir meno di
queste condizioni negli anni Ottanta portò l‘economia sovietica sull‘orlo
del collasso. Lo sfruttamento sconsiderato messo in atto tra la fine degli
anni ‘70 e i primi anni ‘80 nelle aree di estrazione di gas e petrolio causò
poi, negli anni successivi, serie difficoltà nell‘espandere la produzione
(fra il 1980 e il 1989 la produzione di greggio oscillò del 2-3% intorno a
11.70 milioni bpd
5
). Lo stesso accadde anche in agricoltura, dove
pratiche di sfruttamento troppo intenso provocarono un rapido e
drammatico peggioramento della qualità dei suoli, riducendo lo strato
di humus e quindi la superficie coltivabile.
Diversi indicatori
6
segnalano il disastroso livello della
perfomance economica dell‘Urss al momento dell‘insediamento al
potere di Gorbaciov, nel 1985.
Riduzione del tasso di crescita dell‘economia: nell‘81-‘82 il
rallentamento, che durava da circa un decennio, si trasformò in
una riduzione assoluta del volume del reddito nazionale, con un
pesante declino dell‘efficienza nella produzione. In soli due anni
il rapporto capitale/output diminuì del 7%, la produttività del
5% e il rapporto materie prime/output del 5%;
Peggioramento dell‘indice di crescita dei consumi interni: se nel
decennio 1960-1970 la crescita media dei consumi era stata del
11.59; 1986-11.90; 1987-12.05; 1988-12.05; 1989-11.72; 1990-10.98; 1991-9.99. Fonte:
International Energy Agency (IEA).
5
Bpd = barili per giorno.
6
Fonti CIA, Michele Testoni, ―Le cause materiali del declino sovietico: alcune
riflessioni sulle teorie egemoniche della I.P.E.‖, XXII Convegno Annuale della
Società Italiana di Scienza Politica (SISP), 2008; Riasanovsky N.V., Storia della Russia
dalle origini ai giorni nostri, Bompiani, Milano, 1992.
17
4,5% annuo, nel quinquennio successivo calò al 3,7, in quello
dopo al 2,7 e fra il 1980 e il 1985 addirittura al 2,0%;
Peggioramento dei tassi di crescita della produzione industriale:
tra la fine degli anni ‘60 e la fine degli anni ‘70 i valori si
dimezzarono, passando dall‘8,5% al 4,4%;
Riduzione della crescita media annua della produttività dei
fattori e indice della produttività del capitale costantemente
negativo dagli anni ‘60 in poi;
Calo della crescita media annua degli investimenti lordi e degli
investimenti totali di capitale;
Aumento del disavanzo dello Stato: nell‘85 ammontava al 2,3%
del PIL (pari a 18 miliardi di rubli), nell‘86 triplicò toccando il 6%
e nell‘88 oltrepassò la soglia del 10% (pari a oltre 90 miliardi di
rubli);
Aumento del debito estero, che passò dai 1,8 miliardi di dollari
nel ‗71 ai 20,9 del ‗81;
Dinamica negativa nella bilancia dei pagamenti: si passò da un
saldo attivo di 1,8 miliardi di rubli nell‘84 ad un passivo di -4,1
miliardi nell‘89.
Nel 1986 le riforme che la leadership sovietica, guidata da
Gorbaciov, riteneva fondamentali incominciarono a precisarsi. Per la
loro attuazione – la cosiddetta perestroika – venne costituita una
commissione governativa con a capo Leonid Abalkin, vice Primo
Ministro. Si procedette innanzitutto a una vasta riorganizzazione del
settore agricolo; contemporaneamente la riforma faceva i suoi primi
passi anche nel settore industriale. Fra le prime disposizioni adottate,
quella che istituiva un servizio ispettivo sulla qualità delle produzioni,
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con sanzioni per le imprese la cui produzione non avesse superato il
vaglio degli ispettori. Nel 1986 fu adottata una legge sul lavoro
individuale e familiare che permetteva la formazione di piccole unità
economiche private. Nel luglio del 1987 fu adottata la legge sull‘impresa
socialista, con cui veniva fatto obbligo alle imprese di amministrarsi
secondo i criteri del ―calcolo economico‖ e di provvedere con i propri
redditi alla propria gestione. Nel maggio del 1988 fu emanata la legge
sulle cooperative con cui veniva incoraggiata la formazione di imprese e
società di servizi su base cooperativa. Furono altresì introdotte
disposizioni atte a permettere agli agricoltori di affittare appezzamenti
di terreno per lunghi periodi di tempo. Annunciata sin dal 1986, la
riforma dei prezzi venne invece più volte rinviata per timore di un forte
processo inflazionistico e delle conseguenze sociali che ne sarebbero
derivate. Con la legge sulle joint venture fu permesso agli investitori
stranieri di investire nell‘Urss attraverso la formazione di joint venture
con le imprese statali e con le cooperative.
Nell'insieme, le riforme mettevano in crisi i fondamenti ideologici e gli
schemi di funzionamento tradizionali dell'economia sovietica, senza
però riuscire a creare un sistema alternativo funzionante. La mancanza
di dati statistici affidabili rese difficile valutare l‘efficienza reale delle
nuove forme di gestione, i risultati della cooperazione, l‘attività
lavorativa del singolo, il leasing e le joint venture. Nei mesi successivi
all‘introduzione di queste riforme fu necessario ammettere che la
perestroika procedeva lentamente ed incontrava ostacoli di varia natura.
Le imprese facevano fatica ad adottare i criteri del ―calcolo economico‖
perché la massima parte della loro produzione veniva comunque
commissionata dalla Commissione Statale per la Pianificazione
(Gosplan) e ―precettata‖ dal Comitato per l'Approvvigionamento delle
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Materie Prime e degli Impianti delle Aziende (Gossnab). Gli addetti al
servizio ispettivo sulla qualità della produzione erano spesso costretti a
chiudere gli occhi per non dare sanzioni che avrebbero aggravato la
penuria dei beni e messo sul lastrico migliaia di operai. Al tempo stesso,
gli enti e i consorzi autorizzati a trattare con l‘estero per la realizzazione
di imprese congiunte si muovevano su un terreno ignoto.
Il contesto globale delle riforme era inoltre molto sfavorevole,
perché nella seconda metà degli anni ‘80 vi fu un generale, pesante calo
dei prezzi delle materie prime e soprattutto del petrolio sui mercati
mondiali, che provocò una conseguente riduzione delle entrate in valuta
forte derivanti dalle esportazioni
7
. L‘Urss aveva un estremo bisogno di
valuta forte per importare la tecnologia occidentale necessaria alla
modernizzazione del suo apparato produttivo, ma la caduta del prezzo
del petrolio e il deprezzamento del dollaro avevano fortemente colpito,
già dall‘85, le sue esportazioni di prodotti energetici e diminuito di circa
un quarto le sue risorse valutarie, contribuendo all‘aumento
significativo del debito estero.
Agli inizi del ‘91 l‘economia russa era ormai in caduta libera: il
PIL reale scese del 15% rispetto all‘anno precedente; il deficit del
bilancio statale crebbe enormemente a causa del declino nella
produzione e del collasso della disciplina nel sistema di tassazione.
L‘emissione di moneta per coprire il deficit portò ad una crescente
inflazione, con il conseguente aggravamento del deficit di prodotti di
consumo, dell‘uso del baratto e della crescita del mercato nero; lo
smantellamento politico del blocco sovietico distrusse l‘equilibrio della
7
Secondo la CIA alla fine degli anni ‘70 il 40% di valuta forte di cui poteva disporre
l‘Urss proveniva dall‘esportazione di petrolio verso i Paesi occidentali – AA.VV.,
―The impending Soviet oil crisis‖, CIA Directorate of Intelligence, Washington D.C.,
1977.