Considerando che la stampa può essere ritenuta lo specchio dei tempi, è concentrando la
riflessione su due delle più diffuse ed importanti riviste femminili statunitensi del
diciannovesimo secolo, il “Godey's Lady's Book” e il “Ladies' Repository”, che si è
giunti ad approfondire le caratteristiche peculiari delle convenzioni sociali strutturanti
l'esistenza femminile. L'analisi testuale degli articoli ha condotto ad interessanti risultati
non solo relativi alla diffusione dei valori del Cult of Domesticity, bensì strettamente
connessi ai tentativi della stampa di propagandare e diffondere tali principi.
La ricostruzione di un clima oppressivo come emerge dal lavoro di indagine svolto nella
prima parte di questo testo si arresta nel terzo capitolo. L'attenzione si concentra su
opere come “A Vindication of the Rights of Woman” di Mary Wollstonecraft, “Human
Rights not Founded on Sex” di Angelina Grimkè e “Letters on the Equality of the Sexes”
di Sarah Grimkè, scritti inaugurali di un movimento rivoluzionario che avrà il suo
culmine nella metà del diciannovesimo secolo.
Lo studio di tali opere risulta estremamente utile per introdurre quello che è il cuore del
terzo capitolo, ossia il testo considerato la pietra miliare del femminismo americano: la
Declaration of Sentiments, documento approvato durante la Convention di Seneca Falls
tenutasi nel luglio 1848 nello stato di New York.
Di grande interesse sono le strategie retoriche adottate dalle redattrici per la
legittimazione delle proprie rivendicazioni. L'analisi del documento, strutturato sul
celebre modello della Declaration of Independence, risulta funzionale ad evidenziare
l'accento rivoluzionario che tale testo acquisirà nell'immaginario americano divenendo
il vero punto di svolta verso l’emancipazione femminile.
Il capitolo si conclude evidenziando le reazioni che seguirono al neonato movimento
femminista. È illustrando parte della battaglia a mezzo stampa conseguente
all'approvazione del documento che affiora il clima di tensione e lo scontro sociale che
caratterizzò gli anni successivi alla Convenzione di Seneca Falls.
Nel quarto ed ultimo capitolo sono, infine, esaminate le trasformazioni avvenute al
termine del diciannovesimo secolo: mutamenti che interessarono sia la sfera pubblica
che quella privata. Una particolare attenzione è rivolta allo studio del nuovo modello di
donna, 'The New Woman', che vedrà la luce negli ultimi anni dell'Ottocento. La neonata
figura femminile e le sue caratteristiche, sia psicologiche che fisiche, sono affrontate da
due prospettive: da un lato l'indagine si fonda su l'analisi di testi che rivelano
un'accoglienza positiva e talvolta una glorificazione del nuovo soggetto attraverso
5
l'esaltazione della sua indipendenza, autonomia ed eroismo, dall'altro, mediante l'esame
di scritti come il saggio “The New Woman” di Sheila Kaye-Smith ed immagini satiriche
pubblicate sulla stampa dell'epoca, il focus si sposta sulle critiche che rivelano angosce
e timori, conferendoci così un'immagine quanto più possibile fedele ed esaustiva
dell'atmosfera di fine secolo.
6
Capitolo primo
The Cult of True Womanhood: Woman, a Cultural
Hostage
1.1. The Separate Sphere Ideology e l'inferiorità femminile
La Rivoluzione industriale non ha prodotto solamente innovazioni economiche e
scientifiche, il processo di industrializzazione ha causato profondi mutamenti anche dal
punto di vista culturale. Importanti conseguenze di questo evento si rintracciano nella
scissione tra luogo di lavoro e abitazione e nella separazione dei compiti tra i due sessi:
mentre la donna veniva destinata alla sfera domestica (“to woman the care of home, the
preparation of food, the Making of clothing, the nursing and the education of
children”2), l'uomo trovava la propria collocazione nella società.
Il periodo dal 1837 al 1901, denominato Epoca Vittoriana, in quanto coincidente con il
lungo regno della regina Vittoria di Inghilterra, icona di una femminilità imperniata
sulla famiglia, la maternità e la rispettabilità, fu caratterizzato non soltanto dal fiorire di
movimenti artistici, letterari, scientifici e politici, bensì da una forte repressione e da
un'eccessiva attenzione al pudore.
Per quanto concerne le condizioni di uomo e donna ed i loro rapporti, la società
vittoriana prevedeva una netta divisione tra questi. Si diffuse l'immagine stereotipata
della 'donna angelo del focolare', termine che divenne popolare a seguito della
pubblicazione nel 1854 dell'opera “The Angel in the House” di Coventry Patmore nella
quale il poeta propose la propria consorte Emily come perfetto modello di virtù.
La donna godeva di un unico status sociale, quello di madre e moglie; le erano negati
importanti diritti legali: non aveva diritto di voto né poteva possedere alcuna proprietà,
perfino la patria potestà era affidata al marito.
Si sviluppò quella che fu denominata 'Ideologia delle sfere separate' che, sulla base di
leggi naturali e divine, legittimava la scissione delle sfere di influenza di uomo e donna:
“[...]It is evident that it was intended by God that they should move in different spheres,
2
Burnap, G.W., “The Sphere and Duties of Woman. A Course of Lecture”, J. Murphy, J. Fullerton
Baltimore, Philadelphia, 1848, p. 46.
7
and of course that their powers should be developed in different directions”3 .
La 'Separate Spheres Ideology' trovava fondamento in una serie di asserzioni
scientifiche che sostenevano l'esistenza di una diversità biologica tra i due sessi: “they
must be different, and in many respect the opposites of each other; to fill their different
spheres. This difference runs throught the whole of their physical, moral and
intellectual costitution. This radical and universal difference points out distinctly, a
different sphere of action and duty”4.
Quella che all'epoca fu utilizzata come giustificazione per l'esclusione della donna dalla
sfera pubblica fu la sua presunta debolezza rispetto al genere maschile.
Le ragioni a sostegno dell'inferiorità femminile sono diverse e complesse, tuttavia una
delle più importanti fu certamente il Darwinismo.
Il principale fondamento del ruolo subordinato della donna si ritrova nel trattato “The
Descent of Man” del 1871 nel quale Darwin sostenne esplicitamente la superiorità della
figura maschile: “Man is more courageous, pugnacious and energetic than woman, and
has a more inventive genius. His brain is absolutely larger”5.
La mente della donna, definita uno stadio intermedio tra bambino e uomo6, non era
considerata pienamente sviluppata ed evoluta come quella maschile.
Alcuni scienziati, sulla base di metodi illogici come la misurazione del teschio ed una
correlazione tra questa e l'intelligenza, affermarono, date le inferiori dimensioni del
cranio della donna, la sua minore capacità mentale.
La craniologia è un metodo che si riscontra anche all'interno della stessa opera di
Darwin, “as the various mental faculties gradually developed themselves, the brain
would almost certainly become larger […] that there exists in man some close relation
between the size of the brain and the development of the intellectual faculties...”7.
L'inferiorità psichica della donna fu sostenuta anche dalla frenologia, dottrina
pseudoscientifica secondo la quale le funzioni mentali dipendevano da varie zone del
cervello, e quindi attraverso lo studio della morfologia del cranio si riusciva a
comprendere le caratteristiche psicologiche dell’individuo e la sua personalità; sulla
base di ciò il cervello femminile fu definito più piccolo, primitivo e semplice rispetto a
quello maschile.
3
Ivi, p. 45.
4
Ivi, p. 46.
5
http://www.infidels.org/library/historical/charles_darwin/descent_of_man/.
6
Ibidem.
7
Ivi, Cap II.
8
La collocazione nella sfera domestica trovava, inoltre, giustificazione nella debolezza
fisica della donna che non le permetteva di affrontare il faticoso e malvagio mondo
esterno, “Her finer but more fragile conformation, the quicker pulsation of her heart,
the more exquisiste sensibility of her nerves, the delicacy of her organs […] render her
constitutionally unfit for incessant and weighty cares, for the duties of the state...”8.
La separazione delle sfere di influenza era rappresentata come un fattore essenziale per
la preservazione stessa della figura femminile, una necessità dettata dalle sue
caratteristiche e volta alla sua salvezza.
Come affermato da John Angell James la donna poteva essere paragonata ad una pianta,
nel proprio habitat (sfera domestica) era in grado di emanare colori brillanti e un dolce
profumo, ma sradicata dal proprio terreno e trasportata in un campo aperto, perdeva la
propria bellezza e fragranza.9
1.2. The Cult of True Womanhood e le quattro virtù cardinali
Il culto della femminilità autentica può essere considerato un'estensione dell'ideologia
delle sfere separate.
Denominato anche 'The Cult of Domesticity', esprime perfettamente il sistema valoriale
sul quale si strutturava la medio-alta società americana del diciannovesimo secolo.
Il Cult of True Womanhood, che delineava un preciso ideale di femminilità, si radicò
fortemente nella realtà statunitense tanto da essere considerato una sorta di ordine
divino, un qualcosa di ineluttabile: “If anyone, male or female, dared to tamper with the
complex of virtues which made up True Womanhood, he was damned immediately as an
enemy of God, of civilization and of the Republic”10.
Il Cult of Domesticity diede vita al binomio inscindibile donna-casa: la figura femminile
era considerata come il centro della sfera domestica e incarnava perfettamente ogni
virtù morale.
Come afferma Ruth Schawartz Cowan, nella sua opera “More Work For Mother. The
Ironies of Household Tecnology from the Open Heart to the Microwave”: “ 'home' came
to be associated with a particular sex 'woman', with a particular emotional tone
8
James, J.A., “Female Piety: The Young Woman's Guide through Life to Immortality”, Robert Cartner &
Brothers, 1860, p. 93.
9
Ivi, p. 90.
10
Welter, B., “The Cult of True Womanhood: 1820-1860”, in “American Quarterly”, The Johns Hopkins
University Press, Vol 18, No.2, Part 1 (Summer 1966), p. 152.
9
'warmth' and with a particular form of behavior 'passivity' while at the very same time,
'work' became associated with hardheartedness, excitement, aggression and
immorality”.11
Barbara Welter nel saggio del 1966 “The Cult of True Womanhood 1820-1860” analizza
approfonditamente la collocazione della donna nella società americana ottocentesca:
“Woman in the Cult of True Womanhood [...] was the hostage in the home”12.
L'opera fu la prima a definire e schematizzare i principi del sistema valoriale
strutturante l'esistenza femminile nel corso del diciannovesimo secolo.
Attraverso un'attenta analisi di sermoni, articoli di giornale, opere letterarie, la scrittrice
dimostra come l'insieme di alcune convenzioni sociali permeasse con vigore l'America
dell'Ottocento.
Nel saggio la Welter focalizza l'attenzione su quattro virtù cardinali, i pilastri della
femminilità autentica: “The attributes of True Womanhood, by which a woman judge
herself and was judged by her husband, her neighbors and society could be divided into
four cardinal virtues: piety, purity, submissiveness and domesticity”13.
La società americana aveva creato un vincolo indissolubile tra donna e religione:
“Religion or piety was the core of woman’s virtue, the source of her stength […]
Religion belonged to woman by divine right, a gift of God and nature”14,“Religion is as
much her vocation as that of the other sex”15.
La religione, oltre che un dono di Dio, era dipinta come fattore essenziale dell'esistenza
femminile: “The position and habits of woman are comparative favourable to piety, she
needs solace and occupation and religion affords her both. Without it her character is
sadly defetive” 16, “Woman has many trials, and she therefore peculiary needs support;
and religion is her asylum”17.
La straordinaria rilevanza attribuita alla fede era frequentemente giustificata attraverso
l'esaltazione del ruolo giocato dal Cristianesimo rispetto alla creazione di una posizione
sociale dignitosa per la donna. Si affermava che precedentemente alla nascita della
religione cristiana e nei luoghi in cui questa non aveva avuto sviluppo la condizione
femminile fosse stata estremamente inferiore: “Sometimes worshiped as a goddess, next
11
http://www.geocities.com/Athens/Aegean/7023/cultoflady.html.
12
Welter, B., Op.Cit., p. 151.
13
Ivi, p. 152.
14
Ibidem.
15
James, J.A., Op.Cit. p. 73.
16
Sandford, J., “Woman in her Social and Domestic Character”, Longman et.al., London, 1831, p. 35.
17
Ivi, p. 37.
10
fondled as a toy; then punished as a victim, she could never attain to dignity”18.
Una virtù necessariamente presente nella donna era la purezza. La 'True Woman' doveva
essere pura nel cuore, nella mente e nel corpo; l'assenza di castità sia fisica che
spirituale caratterizzava un individuo indegno di essere denominato donna: “without it
she was, in fact, no woman at all, but a member of some lower order”19.
La purezza, oltre ad essere associata alla concezione del corpo come una sorta di tempio
che la donna doveva preservare nella sua integrità, si concretizzava anche in un
abbigliamento morigerato. La repressione sessuale trovava espressione attraverso una
moda contrassegnata da un vestiario che copriva interamente il corpo in quanto persino
la vista della caviglia era considerata scandalosa.
Si sviluppò un'ossessione per il pudore che provocò mutazioni anche all'interno dello
stesso linguaggio. Per evitare ogni possibile allusione al corpo femminile, la carne di
pollo o tacchino (Breast Meat) fu denominata 'White Meat'; era comunemente utilizzato
il termine 'limbs' in riferimento agli arti inferiori ed era usanza frequente il rivestimento
delle gambe del mobilio in modo che queste non potessero richiamare la parte del corpo
femminile.
La prima notte di nozze era considerata uno degli accadimenti più importanti nella vita
di una donna attraverso la quale si donava completamente al proprio coniuge “[…] and
from that time on was completely dependent upon him, an empty vassel”20.
Nella società americana del diciannovesimo secolo il matrimonio era ritenuto
un'istituzione strettamente correlata alla felicità in quanto attribuiva alla donna una
collocazione sociale maggiormente dignitosa 21.
L'affermata debolezza della figura femminile e l'estrema rilevanza attribuita al
matrimonio giustificavano quello che era il terzo carattere essenziale nella donna
autentica, la sottomissione nei confronti dell’uomo, in modo particolare del marito. La
supremazia maritale divenne così allo stesso tempo causa e conseguenza della fragilità
femminile.
La donna viveva in una sorta di perpetua fanciullezza durante la quale era la figura
maschile a prendere le decisioni ed ad attuarle, “men are the movers, the doers, the
actors. Women were the passive, submissive responders”22.
18
James, J.A., Op. Cit., p. 11.
19
Welter, B., Op.Cit., p. 154.
20
Ivi, p. 155.
21
Burnap, G.W., Op.Cit., p. 102.
22
Welter, B., Op.Cit., p. 159.
11