Premessa La questione razziale all'interno degli Stati Uniti ha occupato una posizione centrale e spesso
di primo piano nella società e nell'agenda politica statunitense. Lo strumento di oppressione
utilizzato dalla classe dominante nei confronti della comunità nera fu il razzismo, istituzionale e
non. Nel 1865 il XIII emendamento alla Costituzione federale abolì la schiavitù, ma alla libertà
conquistata formalmente dagli afro-americani non corrispose un’automatica integrazione nella
società statunitense e la vita dei neri rimase per molti decenni condizionata da forme più o meno
latenti di discriminazione e di pregiudizio, annidate nello spesso celebrato e decantato American
dream.
A distanza di quasi un secolo dall'affermazione sul piano nazionale della questione razziale
-avvenuta durante la prima guerra mondiale in seguito alla consistente migrazione dei neri dal Sud
al Nord- nel novembre del 2008 è stato eletto il primo presidente afro-americano nella storia degli
Stati Uniti. Il nuovo corso di Obama avrebbe chiuso il ciclo politico del ventesimo secolo
connotatosi per l'eredità dello scontro razziale. Il successo del Presidente democratico avrebbe
eliminato dal sistema politico statunitense la frattura razziale apertasi con la guerra civile del 1861-
1865. A conferma di questa tesi ci sarebbe l'affermazione di Obama nel Sud dove, tra gli anni
Sessanta e Settanta, ci furono forti ondate di migrazione di molti bianchi appartenenti alla classe
media., che hanno costituito un bacino elettorale per il nuovo conservatorismo. Accanto al tema
razziale, in campagna elettorale Obama è riuscito a mobilitare anche altri due importanti settori
della società civile, i giovani e le donne. I giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni hanno
partecipato al voto più numerosi rispetto alle precedenti elezioni presidenziali 1
.
Allo stato attuale della presidenza è difficile dire se il successo di Obama produrrà una
ricollocazione dell'elettorato attorno al Partito Democratico. Ad ogni modo c on la vittoria elettorale
di Obama “c'è identità fra nero e America...da oggi l'America è la casa del nero” 2
. L'America del
2008 è capace di includere; inclusione che significa pacificazione di un popolo che solo ora può
lasciarsi alle spalle i sensi di colpa dei bianchi per il trattamento riservato ai neri e il senso di
frustrazione indotto nella comunità nera.
Se ciò è vero, rimangono ancora aperte questioni problematiche e strutturali nella vita dei
1
Sergio Fabbrini, Ma il Nuovo Secolo è iniziato il 4 novembre 2008?, “Il Mulino”, Vol. 57, Num. 6, novembre-
dicembre 2008, p. 1102.
2
Enrico Beltramini, L'America post-razziale. Razza, politica e religione dalla schiavitù a Obama , Torino, Einaudi,
2010, p. 4.
6
neri negli Stati Uniti. Il tasso di povertà cronica colpisce ancora molto più i neri rispetto agli altri
gruppi presenti nella popolazione statunitense. Dal 2004 al 2006 tale tasso sarebbe aumentato dal
6,6% all'8,4%
3
. I neri rimangono ancora il gruppo che con più fatica riesce ad uscire dalla povertà
anche rispetto agli ispanici. L’incidenza della povertà episodica dei neri, invece, non è troppo
differente in termini percentuali da quella che colpisce la parte restante della popolazione.
In uno studio pubblicato nel 2005 sul “Journal of Black Studies”, si evidenzia come i neri
abbiano modificato la percezione di se stessi come gruppo per quanto riguarda le proprie possibilità
economiche e il miglioramento di queste nel breve termine. Se negli anni Ottanta solo il 5% degli
afro-americani riteneva che il proprio tenore di vita e status economico fossero migliori rispetto a
quelli dei bianchi, nel 2000 tale percentuale si approssimava al 30%
4
. La spiegazione di questo
incremento significativo nel corso di un solo ventennio può essere in parte spiegata attraverso il
maggior senso di identificazione con il Partito Democratico che nel 2000 controllava la Casa
Bianca. Tuttavia quest'articolo non spazza via i dubbi circa la precarietà e le difficoltà presenti nella
vita degli afro-americani.
A dispetto del saggio appena citato, però, gli Stati Uniti hanno per decenni costruito e
architettato un sistema, non solo legislativo, che ha di fatto polarizzato i rapporti tra gruppi
all'interno del paese; facendo diventare la questione razziale una frattura sociale nei termini più
classici della scienza politica, contrapponendo di fatto la minoranza bianca a cui faceva riferimento
l' establishment, integrata nel sistema americano, alle altre minoranze presenti negli Stati Uniti, la
più importante delle quali – almeno fino all’inizio del Ventunesimo secolo – era quella nera.
Bianchi e neri, per lungo tempo, si sono percepiti come gruppi oggettivamente e soggettivamente
diversi, con due identità di gruppo difficilmente compatibili e conciliabili.
La lotta condotta dagli afro-americani per scardinare dall'interno tale sistema discriminatorio
e spesso intrinsecamente razzista, per l'affermazione dei propri diritti civili e politici nel corso degli
anni, è da leggere come un percorso di stop and go, di arresti e ripartenze. Non sono mancati
momenti di contestazione, anche radicale all'insieme di valori statunitense e al sistema politico e
partitico. La contestazione nasceva dal sentimento di esclusione e di insoddisfazione diffuso nella
comunità afro-americana. I valori, anche culturali tradizionali, della società americana bianca, così
come quelli dell'establishment, erano ritenuti dai neri estranei al loro gruppo. Questo per due
motivi di fondo: gli afro-americani non avevano partecipato alla loro diffusione e in più godevano
sulla carta di diritti di fatto inesigibili.
3
U.S. Bureau of the Census, Dynamics of Economic Well-Being: Poverty, 2004-2006, Marzo, 2011
<http://www.census.gov/hhes/www/poverty/publications/dynamics04/P70-123.pdf > consultato il 7 luglio 2011.
4
Melissa Harris-Lacewell e Bethany Albertson, ”Good Times?” , “Journal of black Studies”, Vol. 35, Num. 5 maggio
2005, pp. 662-64.
7
Il percorso di rivendicazione dei neri, così come l'orientamento dei propri leader, si è
articolato nel tempo attorno a tre varianti della contestazione al sistema: quella dell' accomodation ,
strategia portata avanti da Booker T. Washington; quella dello scontro engagé di W. E. Du Bois e
per ultimo quella della ricerca di una separazione, come scelta autonoma, maturata
consapevolmente dai neri e non più imposta dai bianchi a cui sono state associate alcune figure a
partire da Marcus Garvey. Booker T. Washington rappresenta l'elemento più vicino al mondo
bianco, il più moderato tra i leader afro-americani, che si ritrovò spesso a parlare a platee composte
da bianchi, come avvenne in occasione della Cotton States Exposition nel 1895 ad Atlanta. Secondo
la strategia di Washington, i neri avrebbero dovuto privilegiare una formazione professionalizzante
per raggiungere la parità economica con i bianchi, solo allora avrebbero potuto lottare e rivendicare
i diritti civili. Questo discorso è stato definito “compromesso di Atlanta”, simbolo dell'aspetto più
remissivo del pensiero di Washington.
Su posizioni opposte si situava il pensiero di W. E. Du Bois, il quale riteneva che gli afro-
americani non potevano rimanere confinati a svolgere solo lavori manuali, in quanto ciò non
avrebbe generato leader autorevoli capaci di guidare il movimento di rivendicazione. La lotta alla
segregazione e alla discriminazione doveva essere condotta anche sul piano legale, appoggiandosi
alla politica della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP). Garvey,
dal canto suo sosteneva la necessità di risvegliare l'orgoglio di razza tra i neri e lottare contro il
sistema coloniale che aveva soggiogato l'Africa. I temi centrali di Garvey erano il richiamo al
nazionalismo e all'afrocentrismo, elementi che consentirono la nascita nel 1914, del primo grande
movimento di massa degli afro-americani, l' Universal Negro Improvement Association and African
Communities Imperial League (UNIA)
5
. Il differente successo che ebbero queste tre varianti di lotta
di rivendicazione è da collegare al carisma e al grado di popolarità dei tre leader , così come alla
differente percezione degli obiettivi che essi ponevano in gioco. Garvey colse la trasformazione
negli anni Venti di Harlem in ghetto e vi stabilì il centro delle proprie iniziative. Gli obiettivi di
Garvey, per quanto in alcuni punti eclettici e stravaganti, potevano contare sul maggior entusiasmo
rispetto alle battaglie legali più a lungo corso della NAACP.
Un'altra questione è quella delle strade seguite per giungere all'integrazione negli Stati Uniti;
quella dall'alto e quella dal basso. Con la prima si intende il ruolo svolto dalle istituzioni
democratiche americane, per il miglioramento della condizione dei neri e per la fuoriuscita di questi
ultimi dalle condizioni vessatorie e discriminatorie in cui spesso versavano. Le decisioni e le scelte
delle istituzioni, non sempre di segno positivo per la fine del sistema razzista americano, quando lo
5
John W. Cell, The Highest Stage of White Supremacy. The Origins of Segregation in South Africa and the American
South , New York, Cambridge University Press, 1982, pp. 257-62.
8
furono, specie nel Sud, vennero non di rado avversate dai comportamenti conservatori e razzisti
messi in atto dai privati cittadini e da una società maggiormente chiusa all'integrazione rispetto a
quella del Nord.
L'integrazione dal basso, quella frutto della mobilitazione popolare e dell'azione di leader a
stretto contatto con le comunità, fu possibile grazie alle dimensioni di massa raggiunte dal
movimento nel secondo dopoguerra. In questa seconda fase le lotte furono condotte negli Stati della
ex Confederazione dove rimaneva viva la segregazione de lege . Negli Stati del Nord, invece, la
discriminazione rimaneva de facto , conseguenza non dell'impianto legislativo, che rispetto a quello
del Sud rimaneva più aperto e attento alle condizione degli afro-americani, ma dei comportamenti e
degli atteggiamenti dei bianchi.
Le scuole di pensiero che ritengono una dimensione prevalere sull'altra fanno iniziare così la
lotta per i diritti civili dalla sentenza Brown v Board of Education of Topeka del 1954
6
nel caso delle
iniziative istituzionali, oppure dalla vicenda del tentativo di boicottaggio degli autobus segregati a
Baton Rouge nel 1953, nel caso della tesi movimentista. La sentenza Brown produsse nei
segregazionisti una forte reazione e ciò, a sua volta, generò un interessamento e una presa di
coscienza da parte degli afro-americani che in seguito sostennero e ingrossarono le file del
movimento per i diritti civili 7
.
Indipendentemente dalle due scuole di pensiero e dalle loro diverse considerazioni, gli anni
Cinquanta e Sessanta rappresentarono un momento di eccezionale vitalità nella lotta afro-americana
all'interno del sistema statunitense. Due protagonisti su tutti guidarono la lotta in questi anni,
catalizzando su di sé le speranze e le energie di una popolazione non più disposta a subire. Queste
figure furono due soggetti politici nel pieno senso della parola, due leader tanto carismatici quanto
segnati da profonde differenze personali e ideologiche, che hanno costituito due tra i più importanti
e influenti movimenti di lotta degli afro-americani: Martin Luther King Jr. e Malcom X. I due leader
neri furono i fari di un popolo, quello afro-americano, alla ricerca di un nuovo paradigma autonomo
per definire se stessi in positivo e non più in negativo come fino ad allora era stato. Il movimento
per diritti civili, animato in larga misura da King, ebbe il suo picco di attività tra il 1954 e il 1965
mentre il Black Power, che si ispirava ad alcuni aspetti delle riflessioni di Malcolm X, fu
particolarmente attivo tra il 1966 e il 1975
8
.
6
La sentenza Brown v. Board of Education of Topeka è una sentenza emessa dalla Corte Suprema degli Stati Uniti. La
sentenza dichiarò incostituzionale la segregazione razziale nelle scuole pubbliche, rendendo incostituzionale il
principio “separate but equal”. Tale sentenze venne integrata con la sentenza Bolling v. Shape , che estese il
principio della sentenza Brown al District of Columbia, cioè al distretto federale su cui sorge W ashington.
7
Michael J. Klarman, From Jim Crow to Civil Rights. The Supreme Court and the Struggle for Racial Equality , New
York, Oxford University Press, 2004, p. 289.
8
Peniel E. Joseph, Historians and the Black Power Movement , “Organization of American Historians Magazine of
History”, Vol. 22, Num. 3, Luglio, 2008, pp. 8-15.
9
Il presente lavoro di tesi, si pone l'obiettivo di esaminare, il ruolo del Black Power nel più
ampio contesto della lotta per i diritti degli afro-americani. Si tratta di un movimento che, nella
società come nella storiografia americana, è rimasto controverso e spesso avvolto dal mistero. La
divisione maggiore tra gli studiosi riguarda il significato da attribuire all’espressione Black Power.
In particolare è controverso se i suoi militanti abbiano perseguito l’aspirazione della conquista del
potere da parte dei neri o se, al contrario, abbiano cercato di innovare radicalmente le strategie di
lotta degli afro-americani, costruendo un'alternativa profonda anche da un punto di vista culturale.
Le risorse principali di questa ricerca, oltre agli studi susseguitisi nel corso degli anni, sono
state le fonti primarie di studiosi e militanti del Black Power assieme alle autobiografie dei
protagonisti del movimento. Tra le fonti primarie ci sono i discorsi tenuti in raduni e assemblee dai
membri del partito delle pantere nere, in particolare Huey Newton, Bobby Seale, Eldridge Cleaver e
Stokely Carmichael. Anche le autobiografie hanno avuto un ruolo importante nella ricostruzione
degli eventi e delle dinamiche interne al Black Power sebbene queste ultime siano meno numerose
rispetto a quelle dei leader -anche bianchi- del movimento per i diritti civili 9
. Per ricostruire le basi
teoriche del Black Power invece, i discorsi di Malcom sono stati di fondamentale importanza nella
stesura della tesi, anticipando alcuni punti centrali del partito delle pantere. In questo modo, dando
maggiore importanza alle fonti primarie, si è cercato di cogliere il significato più profondo e
autentico del Black Power, in una logica funzionale alla comprensione del fenomeno. Inoltre si è
tenuto separato l'aspetto emotivo e l'enfasi, spesso presente in un'autobiografia, dall'aspetto della
ricostruzione storica e ideologica dal movimento.
All’inizio degli anni Sessanta la figura di maggior rilievo della lotta dei neri era King. Il suo
obiettivo era l’integrazione tra bianchi e neri. Per esempio, il 26 marzo 1965, davanti al palazzo del
Governo di Montgomery nell'Alabama, al termine di una marcia di cinquanta miglia iniziata a
Selma, King dichiarò: “Nell'Alabama la segregazione razziale è sul suo letto di morte. L'unico
problema è vedere quale sarà il costo del funerale... Noi continueremo a marciare fino alla piena
realizzazione del Sogno Americano” 10
. Come dimostrato da questa citazione, King, per molto tempo
incentrò la lotta di rivendicazione sull'idea dell'esistenza di un'unica comunità ideale, nella quale, in
nome di un americanismo unitario, i bianchi dovevano riconoscere i neri come propri concittadini ai
quali non era più possibile negare i diritti.
Il Black Power invece, si pose un obiettivo radicalmente diverso: mirò alla separazione degli
afro-americani anziché alla loro integrazione, secondo una nuova strategia di lotta per la quale i neri
dovevano contare solo su loro stessi come gruppo senza fare affidamento sulla legge o sulla
9
Peniel E. Joseph, The Black Power Movement, a State of the Field, “The Journal of American History” , Vol. 96,
Num. 3, Dicembre, 2009, p. 744.
10
Martin Luther King, Jr., cit. in Charles Silberman, Crisi in Bianco e Nero , Torino, Einaudi, 1971, p. 10.
10
religione poiché entrambe erano state manipolate dai bianchi per assicurarsi l’egemonia
11
. Per i
sostenitori della separazione dai bianchi era ormai evidente che il messaggio integrazionista di
Martin Luther King aveva perso fascino. In questa prospettiva, la cultura americana era macchiata
da oltre quattro secoli di discriminazioni e, pertanto, occorreva che gli afro-americani ne
prendessero le distanze e non esprimessero più la loro fiducia nell'idea mitizzata di una società
pronta ad includere e a fornire uguali possibilità a tutti.
L'impostazione giuridico-morale di King per anni coinvolse anche la componente liberal del
partito democratico e i repubblicani progressisti, tanto che Malcom X in molti dei suoi discorsi non
esitò a criticare con aspri toni il reverendo King. Il 3 luglio 1964, Malcom X, in occasione di un
raduno a Cleveland nella Cory Methodist Church, pronunciò uno dei suoi discorsi più taglienti
contro la democrazia americana. Il dilemma di base era tutto legato alla possibilità di migliorare la
condizione degli afro-americani attraverso il voto elettorale. Nella visione di Malcom X, la
partecipazione elettorale dei neri di fatto non aveva prodotto alcun risultato tangibile nella
produzione legislativa del Congresso. Il voto dei neri aveva “eletto un'amministrazione che si è
prima preoccupata di chissà quali leggi e poi, per ultimi, di voi, arrivando, come se non bastasse il
resto, a servirsi sistematicamente dell'ostruzionismo parlamentare” 12
. Il governo di Washington,
ritenuto incapace di ascoltare le richieste degli afro-americani, avrebbe dovuto prendere coscienza
che la minoranza nera non era più disposta a tollerare questo atteggiamento. La scelta degli afro-
americani era tra la “scheda o il fucile” 13,
un espressione che non doveva allarmare i neri, ma aiutarli
a prendere atto della situazione.
A sostegno della visione di Malcom X, si potrebbe citare un episodio emblematico
all'interno del partito democratico che avvenne ad appena un mese dal discorso del leader nero. Il
partito democratico vinse le elezioni presidenziali nel 1960, ricevendo il 68% del voto afro-
americano. Nonostante ciò, Kennedy dovette sin da subito edulcorare l'immagine troppo liberal del
proprio partito, visto il breve stacco in termini di voti dal partito repubblicano. Per fare ciò, scelse
come candidato alla vicepresidenza Johnson, senatore del Texas, che avrebbe dovuto rassicurare
l'elettorato bianco del Sud. Dopo la morte di Kennedy e il passaggio di consegne a Johnson le
difficoltà per il partito democratico apparvero evidenti nell'agosto del 1964, alla convenzione
nazionale del partito. Il Mississippi presentò due diverse delegazioni, una eletta con le primarie da
cui era stata esclusa gran parte della popolazione di colore dello Stato e l'altra, composta
esclusivamente da bianchi, designata in modo informale dagli afro-americani a cui era stato
impedito di votare. Ciò fu possibile grazie al lavoro di attivisti che nella stessa estate erano scesi dal
11
Enrico Beltramini, L'America post-razziale , cit., p. 127.
12
George Breitman,(a cura di), Malcom X Ultimi discorsi, Torino, Einaudi,1968, p. 48.
13
Ivi, p. 49.
11
Nord per registrare gli elettori di colore in vista delle elezioni presidenziali. Il Mississippi Freedom
Democratic Party rifiutò il compromesso del presidente Johnson, il quale aveva proposto di
accreditare solo due membri della delegazione afro-americana e di accogliere i restanti membri di
colore come ospiti della convenzione. Secondo Malcom X il partito democratico era colpevole di
non aver cacciato fuori dal partito gli eletti negli stati del Sud, colpevoli di ostruzionismo rispetto
alle proposte favorevoli agli afro-americani. Malcom X e Potere Nero si esclusero da ogni discorso
partitico, riconoscendosi nei “ventidue milioni di uomini dalla pelle nera che sono vittime
dell'americanismo... ventidue milioni di vittime della democrazia che non è altro che un'ipocrisia
travestita” 14
.
Nella presente tesi, con particolare riferimento al secondo capitolo, si cercherà di valutare
più criticamente la contrapposizione dualistica, che ha visto dominante anche nella storiografia una
contrapposizione antitetica tra King e il Black Power, e si adotterà la prospettiva di considerare gli
elementi e le sfaccettature comuni ai due leader piuttosto che evidenziarne le differenze. L'analisi
prenderà in considerazione la dimensione sociale, identificando di conseguenza i gruppi a cui il
movimento faceva riferimento.
Il programma d'azione e di riforma radicale della società americana coinvolse maggiormente
quella massa di giovani neri che affollavano i quartieri più poveri delle grandi città del Nord,
tagliati fuori da ogni speranza di mobilità e ascesa sociale: il sottoproletariato urbano. Per
conseguire questo obiettivo, i militanti del Black Power misero in moto una macchina solidaristico-
volontaristica che di fatto andò a supplire alle mancanze di uno stato sociale ridotto al minimo per
gli afro-americani dei ghetti. In questo ambito, la tesi passerà in rassegna le principali e più
importanti iniziative in tal senso, spesso auto organizzate dal basso, sotto la direzione del Black
Panther Party for Self-Defense (BPP) .
Il partito delle pantere nere introdusse un'importante discontinuità rispetto ai movimenti di
lotta che si richiamavano a idee marxiste e leniniste. Se per Marx occorreva mobilitare il
proletariato per sovvertire lo Stato borghese, per i membri del Black Power ci si doveva rivolgere al
sottoproletariato nelle grandi città, concentrato e stipato nei ghetti, contenitori sociali delle classi
più diseredate. Nella visione marxista e leninista, il sottoproletariato non avrebbe potuto fare niente
per la rivoluzione. Come affermò uno dei cofondatori del BPP, Bobby Seale, “ È probabile che Marx
e Lenin si rivolterebbero nella tomba se potessero vedere come i sottoproletari afro-americani
stanno mettendo insieme l'ideologia del BPP” 15
.
Nel presente lavoro verrà dato spazio nel terzo capitolo all'elaborazione ideologica del Black
14
Ivi, p. 47.
15
Bobby Seale, Cogliere l'occasione. La Storia del Black Panther Party e di Huey P. Newton , Torino, Einaudi, 1971,
p. ix.
12
Power, ricostruendo in parte anche quella delle organizzazioni che confluirono in Potere Nero,
cercando eventuali sintesi o cesure storico-ideologiche. Specificamente si valuterà l'impatto di tali
organizzazioni sui militanti e sul sistema statunitense. Data la diffusa preminenza del ruolo del
leader all'interno del movimento, con forti tratti di egemonia politica e culturale, la dialettica delle
piattaforme ideologiche spesso rientrava nella più ampia dimensione della lotta per il potere
nell'organizzazione.
Un punto di partenza per collocare il partito delle pantere nere nel movimento della
contestazione di fine anni Sessanta, è l'analisi del pensiero di Huey Newton, storico leader e
Ministro della Difesa nel governo ombra costituito dalle pantere nere. Egli fu una delle figure più
carismatiche del partito. Identificò nel ghetto e nei giovani del sottoproletariato la linfa vitale del
movimento. Il ghetto era diventato una realtà urbana simile ad una zona di guerra, in cui gangs
rivali affermavano la propria presenza sul territorio attraverso l'uso delle armi, spesso il giudice
ultimo dei conflitti 16
.
I giovani afro-americani dei ghetti dovevano essere organizzati, disciplinati e indottrinati
come primo passo per una lotta a più livelli contro il razzismo statunitense. In molteplici occasioni
sia Bobby Seale, sia Huey Newton non mancarono di fare riferimento alle idee di Frantz Fanon.
Quest'ultimo, nell'opera I dannati della terra, sostenne la necessità di evitare di lasciar libero e
senza guida il sottoproletariato, “se così fosse la struttura di potere lo organizzerà contro
l'organizzazione” 17
. Il sottoproletariato costituiva per Fanon il principale agente potenziale del
mutamento sociale.
Nel decennio compreso tra gli anni Cinquanta e Sessanta dal ghetto emerse una intera nuova
generazione di leader. Il loro passato era spesso burrascoso, fatto di espedienti e problemi con la
legge. Tra questi, uno su tutti, Malcom X brillò per l'oratoria e per la forze delle proprie idee. Venne
considerato dagli stessi militanti del Black Power, un punto di riferimento culturale e ideologico
dell'intero movimento. Per questo motivo, nella tesi, verranno evidenziati i legami ideologici tra il
partito delle pantere nere e Malcom X.
I quadri dirigenti e i leader del Black Power spesso condivisero una forma di machismo
latente, relegando anche all'interno del movimento per i diritti civili le donne a ruoli marginali, con
un sistema gerarchico che di fatto le confinava in posizioni inferiori, nonostante lavorassero
attivamente per la causa del movimento stesso. Rimane celebre a questo proposito la frase
pronunciata da Stokely Carmichael per rispondere ad un saggio dell'attivista dello Student
16
Errol A. Henderson, The Lumpenproletariat as Vanguard?: The Black Panther Party, Social Transformation, and
Pearson's Analysis of Huey Newton , “Journal of Black Studie”s, Vol. 28, Num 2, novembre 1997, pp. 8-12.
17
Seale, Cogliere l'occasione , cit., p. 37.
13
Nonviolent Coordinating Committee (SNCC) Ruby Doris Smith Robinson 18
sul trattamento
riservato alle donne all'interno dell'organizzazione: “The only position for a woman in the
movement is prone” 19
. A questo tema sarà dedicato il quarto capitolo della tesi, prendendo in esame,
tra gli altri casi di attivismo femminile, quello di Angela Davis e Elaine Brown. La Davis, iscritta al
partito comunista americano e attivista nella cellula Che-Lumumba fu coinvolta nelle dinamiche del
Black Power. Dopo una dura reclusione in carcere la Davis venne alla ribalta nel contesto nazionale,
all'interno del movimento femminista. I temi principali delle sue battaglie furono la liberazione dei
prigionieri politici, il sessismo, lo sfruttamento. Proprio per questi elementi la Davis ha conservato
una posizione che rimane per certi versi ancora attuale. Elaine Brown rappresenta un altro caso di
militanza all'interno del BPP, particolarmente attiva in iniziative sociali come i programmi per la
distribuzione di pasti gratuiti nella comunità afro-americana. Nonostante avesse assunto la carica di
dirigente nel partito non mancò di denunciarne le difficili condizioni in cui versavano le donne nella
loro quotidiana attività candidandosi assieme a Bobby Seale alle elezioni a Oakland nel 1973.
Il BPP, così come molti leader del Black Power, furono oggetto di indagini da parte del
Federal Bureau of Investigation (FBI) di J. Edgar Hoover, attraverso il programma di
controspionaggio Counter Intelligence Program (COINTELPRO). Il COINTELPRO fu attivo dal
1956 al 1971 inizialmente in funzione anti-comunista. Dopo il 1960 vennero inclusi nuovi bersagli
per essere adoperato contro altri gruppi interni come il Ku Klux Klan (KKK), la New Left , il
Socialist Workers Party (SWP), il BPP e altri gruppi che erano espressione di minoranze etniche
quali quelle messico-americane
20
. Il COINTELPRO risultò essere un piano di interventi senza
precedenti destinato neutralizzare il partito delle pantere nere, screditando i leader che avrebbero
perso la capacità di reclutare e mobilitare nuovi militanti. L'attività dell'FBI ruotava attorno a cinque
pilastri. Questi dovevano impedire la creazione di una coalizione di militanti nazionalisti neri
attorno a una delle personalità carismatiche del movimento. Una delle possibili guide era
sicuramente Stokely Carmichael, dotato delle capacità necessarie per diventare il leader del
movimento, così come si apprende da alcuni memorandum dell'FBI. Per tutti questi obiettivi
vennero utilizzati infiltrati per spiare e minare l'unità delle cellule del partito, si sfruttarono tutti i
possibili cavilli legali per rendere difficile la militanza agli attivisti, vennero diffusero false notizie
per mettere le cellule del BPP contro altri gruppi militanti 21
. Le attività dell'FBI furono imponenti e
18
Viet Nam Generation, Student Nonviolent Coordinating Committee Polition Paper: Women in the Movement ,
<http://www2.iath.virginia.edu/sixties/HTML_docs/Resources/Primary/Manifestos/SNCC_women.html > consultato
il 4, luglio, 2011.
19
Mumia Abu-Jamal, We Want Freedom. A Life in the Black Panther Party , Cambrid ge, MA, South End Press, 2004,
p. 160.
20
Federal Bureau of Investigation, COINTELPRO , < http://vault.fbi.gov/cointel-pro >, consultato il 4 luglio 2011.
21
J. Edgar Hoover cit. in Maurizio Molinari, Svelati tutti i trucchi adottati dall’FBI. Infiltrati e guerra psicologica
sconfissero le Pantere Nere , “Gnosis. Rivista Italiana di Intelligence” , 2, 2006
14
comportarono la mobilitazione di una buona dose di uomini e di risorse. Tuttavia sembrano
eccessive le preoccupazioni di Hoover, quando affermava che la Pantere Nere costituivano “la più
grave minaccia alla sicurezza interna della nazione” perché “si tratta di militanti formatisi sugli
insegnamenti marxisti-leninisti e dei comunisti cinesi che aggrediscono agenti di polizia e girano
negli Stati Uniti per diffondere un vangelo di violenza non solo nei ghetti, ma anche tra gli studenti
dei college, delle università ed anche dei licei” 22
.
Se questa era stata la valutazione di Hoover, nel 1968, dopo solo due anni, le conclusioni
della Commissione per la Sicurezza Interna, che aveva iniziato le indagini nell'ottobre 1969,
ridimensionò notevolmente il peso del BPP. Esso venne definito come un'organizzazione che
esercitava un certo fascino sulla sinistra e in parte degli ambienti liberal , ma che di fatto incentrò
l'attenzione e il proprio raggio d'azione sui problemi del ghetto, cercando di dare un senso di
orgoglio alla comunità nera
23
. Se la capacità di mobilitazione del partito delle pantere nere –
attraverso un risveglio dell'orgoglio di razza, espresso dal motto “Black is Beautiful” – era alta,
tuttavia il partito non raggiunse mai un numero elevato di militanti che fosse tale da mettere in
pericolo la sicurezza della nazione. In più, gli elementi che portarono al netto ridimensionamento
del partito, furono spesso endogeni e strutturali; non tanto la conseguenza di un forte apparato
repressivo predisposto dalla macchina statale statunitense. A questo proposito l'ultimo capitolo della
tesi verrà dedicato ad alcune operazioni dell'FBI dirette contro il BPP, passando in rassegna i
principali metodi usati dall'apparato repressivo federale nella lotta al partito.
<http://www.sisde.it/gnosis/Rivista7.nsf/ServNavig/19>, consultato il 30 giugno 2011.
22
Ibidem .
23
U.S. House of Representatives, 92
th Congress, 1
st Session, The Black Panther Party, 1966-1971. Report by tht
Committee on Internal Security, Washington , DC, U.S Government Printing Office Washington, 1971,
<http://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=uc1.b3891226;size=75;view=1up;page=root;seq=11;num=vii;orient=0 > cit.
p. 7, consultato il 4 luglio 2011 .
15
Capitolo 1
1.1 Il quadro storiografico di un movimento controverso Di quale considerazione gode il Black Power nella storiografia? Qual è il suo posto nella
storia degli Stati Uniti? Quali sono gli orientamenti più diffusi tra gli studiosi circa il rilievo del
Partito delle Pantere Nere all'interno della lotta per l'affermazione dei diritti degli afro-americani?
Sono queste le domande preliminari e introduttive a cui occorre rispondere prima di analizzare, nel
seguente lavoro di tesi, dal punto di vista storico e ideologico il fenomeno del Black Power.
Per lungo tempo la storiografia statunitense si è poco occupata del movimento n ero radicale
e di quello giovanile, quest'ultimo espressione della 'controcultura', considerandoli esperienze
controverse e relativamente superate da tenere ai margini della memoria collettiva del paese, una
parentesi ormai chiusa e conflittuale. Nella seconda metà degli anni Sessanta negli Stati Uniti
sorsero movimenti di contestazione che produssero un rinnovamento delle tematiche di lotta della
sinistra tradizionale. La nuova società non avrebbe dovuto basarsi sulla gerarchia e sulla burocrazia
ma su una democrazia quanto più possibile partecipativa
24
. Tuttora tra molti studiosi c'è la tendenza
a “leggere gli anni Sessanta in termini di controcultura, con Woodstock e magari con una
dimostrazione o due contro la guerra in Vietnam (viste non come fatti politici, ma delle Woodstock
ambulanti e senza musica) inserite come buon peso” 25
. Le richieste spesso radicali -tipicamente
antirazziste, antiautoritarie e antimilitiriste- su cui conversero, anche se in alcuni casi non
mancarono screzi e dissidi, gli studenti bianchi dello Students for a Democratic Society (SDS)
interna alla più eterogenea organizzazione della New Left spesso furono raramente interpretate
come azioni collettive e partecipate. Questa considerazione, negli Stati Uniti del post-maccartismo,
finì per coinvolgere anche il movimento del nazionalismo nero degli anni sessanta, fase storica in
cui l'establishment e l'apparato repressivo della società bianca si ritrovarono a dover sostenere un
duro scontro, in cui non furono assenti episodi di violenza da ambo le parti, con le componenti più
militanti del Black Power.
Tuttavia, nel 2006, in occasione del quarantennale dalla nascita del Black Panther Party for
Self-Defense (BPP), si è risvegliata l'attenzione degli studiosi per quest'organizzazione politica che
ebbe il periodo di massima diffusione e forza tra il 1966 e il 1975. Questo nuovo 'corso' ha
24
Digital History, America in Ferment: The Tumultuous 1960s,
<http://www.digitalhistory.uh.edu/database/article_display.cfm?HHID=376 >, consultato il 9 luglio 2011.
25
Bruno Cartosio, Gli “anni Sessanta” di cui si parla: politica e movimenti sociali, “Acoma”, Vol. 15, Num. 15, 1999,
p. 2.
16
focalizzato la propria analisi sulle dinamiche politiche strutturatesi per tutti gli anni Sessanta e in
particolare nel 1968; l'anno in cui la contestazione giovanile, studentesca e operaia sembrava poter
valicare i confini statali sotto il principio dell'uguaglianza e della giustizia sociale.
Il Black Power inizialmente è stato considerato come una “cometa” all'interno del
movimento per il riscatto dei neri, la cui retorica delle armi e della violenza veniva posta in risalto
rispetto all'attivismo sociale e all'impatto su questioni quali le relazioni tra razze, la violenza
istituzionalizzata della polizia, la cittadinanza e il funzionamento della democrazia statunitense
26
.
La tendenza inizialmente più diffusa è stata quella di vedere nel Black Power, e più
specificamente nel Black Panther Party, una degenerazione, o meglio una perversa involuzione nella
violenza del movimento per i diritti civili guidato dal reverendo Martin Luther King Jr., un
esp erimento politico tanto velleitario quanto eterogeneo, un'aspirazione non meglio definita al
potere nero, dei neri per i neri, da conquistare con tutti i mezzi disponibili 27
. Gli storici hanno
collocato i due movimenti in antitesi, sottolineando gli elementi di misoginia, di nazionalismo e di
violenza urbana del Black Power che hanno provocato un maggiore irrigidimento nella percezione
del fenomeno da parte della comunità bianca
28
. Il Black Power, irrompendo sulla scena nazionale,
avrebbe chiuso non solo il ciclo di lotte del movimento dei diritti civili ma più in generale sarebbe
giunto a maturazione in un momento storico in cui l'ottimismo e la fiducia nel cambiamento
iniziavano a venire meno. Del resto la condizione economica di larghi strati della comunità afro-
americana, specie di quella dei ghetti, per tutta la metà degli anni Sessanta rimase debole e limitata
costituendo un freno al processo di ascesa e auto-realizzazione sociale dei neri. L'estromissione di
buona parte della popolazione di colore dall' American Dream venne percepita da questa come una
rinnovata forma di discriminazione nei propri confronti. In sostanza sebbene fosse terminata
l'esperienza della segregazione razziale, questa continuava a far sentire il proprio peso essendosi
tradotta e concretizzata negli ostacoli elevati dal sistema economico capitalista americano.
Sembrava quindi non risolta ma solo mutata la contraddizione segnalata nel 1944 dallo studioso
Gunnar Myrdal, nel celebre saggio An American Dilemma: The Negro Problem and Modern
Democracy ; nel quale era sottolineata l'antinomia tra gli ideali di democrazia e partecipazione su
cui erano fondati gli Stati Uniti da un lato, e la diffusione delle segregazione razziale e delle
pratiche discriminatorie contro i neri dall'altro 29
. Diverse teorie hanno cercato di analizzare le
26
Peniel E. Joseph, Reinterpreting the Black Power Movement, “Organization of American Historians Magazine of
History” , Vol. 22, Num. 3, Luglio, 2008, p. 5 .
27
George Bretman, Introduzione , in Malcolm X, Ultimi Discorsi , a cura di George Bretman, Torino, Einaudi, 1968, p.
15.
28
Joseph , Black Power's Quiet Side , “New York Times”, 19 giugno 2006 ,
<http://www.nytimes.com/2006/06/19/opinion/19joseph.html?scp=1&sq=peniel+joseph&st=nyt > consultato il 9
luglio 2011.
29
Gunnar Myrdal, An American Dilemma. The Negro Problem and American Democracy, New York, Harper, 1944.
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ragioni di questo divario tra l' American creed e il ruolo imposto ai neri nella società. Nonostante le
spiegazioni siano state molteplici ma spesso parziali, molte di queste hanno fatto riferimento ad una
non ben specificata superiorità bianca nei confronti degli appartenenti ad altre razze, che avrebbe
creato “a psychology of racism that has continued to taint white and nonwhite dealings. Thus, as
long as the ideology and psychology exist, human relationships and the society's institutional
arrangements will remain racially biased”
30
. Per discutere del problema della razza negli Stati Uniti,
e per risolvere lo storico divario tra bianchi e minoranza di colore, secondo l'opinione di Cornel
West, intellettuale nero engagé e studioso dell’esperienza afro-americana, occorre “cominciare non
dai problemi della gente nera, ma dalle carenze della società statunitense- carenze radicate nelle
disuguaglianze storiche e nei persistenti stereotipi culturali” 31
.
La perdita di speranza nella possibilità di migliorare le condizioni degli afro-americani è
stata motivata dagli storici con una serie di eventi che si sono succeduti in un breve arco di tempo:
dall'assassinio di John F. Kennedy, all'opposizione alla guerra in Vietnam, all'omicidio di King fino
all'elezione di Nixon alla Casa Bianca. Con questa ricostruzione si perde il carattere di lungo
periodo e di continuità tra le lotte degli anni della depressione economica prebellica e quelle del
radicalismo nero degli anni Sessanta e Settanta
32
. L'ottimismo della prima metà degli anni Sessanta
sarebbe giustificato dalla presenza del movimento per i diritti civili, dal carattere interrazziale dello
Student Nonviolent Coordinating Committee (SNCC) fino a prima dell'elezione a presidente di
Stokely Carmichael e dalla spinta dell'idealismo giovanile all'interno della SDS. In
contrapposizione il Black Power sarebbe caratterizzato dalla onnipresenza del BPP, degli scontri e
delle rivolte e dal separatismo nero 33
.
Alcuni studiosi hanno considerato la storiografia sul Black Power come un sottoinsieme del
più vasto ambito degli studi sul movimento per i diritti civili degli afro-americani. Alla luce di
nuovi studi però, il Black Power si è progressivamente dotato di una dimensione autonoma nella
produzione scientifica, ritagliandosi un campo distinto e definito, sintetizzato da Peniel E. Joseph
con la formula “Black Power Studies” 34
. Il campo dei Black Power Studies tenta di offrire, anche
alla luce dei nuovi documenti emersi, una nuova interpretazione del Black Power, che demistifichi e
ribalti quel processo di demonizzazione, anche intellettuale, di cui sono stati oggetto gli attivisti del
Potere Nero. Con quest'opera di rilettura storiografica è più facile collocare il movimento all'interno
30
John T. McCartney, Black Power Ideologies:an Essay in Africa-American Political Thought , Philadelphia, Temple
University Press, 1992, p. 13.
31
Cornel West, Imparare a parlare di razza , in Bruno Cartosio, (a cura di), Senza illusioni. I neri negli St ati Uniti
dagli anni Sessanta alla rivolta di Los Angeles, Milano, Shake Edizioni, 1995, p. 241.
32
Joseph, Reinterpreting the Black Power Movement, cit., p. 9 .
33
Joseph, Black Liberation Without Apology: Reconceptualizing the Black Power Movement , “The Black Scholar”,
Vol. 32, Num.3-4, autunno-inverno 2001, pp. 3-9.
34
Joseph, Historians and the Black Power Movement , cit., p. 8.
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