II
Essa si rivela insieme, oltre che come senso stesso dell'attività
pittorica baconiana e d'una riflessione a questa connessa, come possibile
terreno di confronto per verificare - e in qualche modo sviluppare - la
portata euristica della lignée Merleau-Ponty/Maldiney/Deleuze, quale lo
stesso Deleuze ha delineato - proprio in rapporto a Bacon - nella sua logica
della sensazione
4
.
Riflettere e descrivere il lavoro pittorico di Bacon, che della
"brutalità del fatto"
5
sensibile ha cercato di fare, in ultima analisi, la cifra
stessa della sua peculiare "logica della sensazione", può allora divenire un
modo per sperimentare, anche sul terreno del "pensiero", ciò ch'egli stesso -
tra l'altro - ha inteso significare attraverso i suoi frammenti e studi pittorici:
«che il tema non è esaurito, ma continua» a offrirsi all'interpretazione
6
.
Il nostro lavoro, dapprima interessato a una messa in prospettiva -
tanto "tematica" quanto "metodologica"
7
- di alcuni concetti fondamentali
dell'operare baconiano, sarà in seguito caratterizzato da un'esplorazione del
suo peculiare "terreno preistorico"
8
. In questo potranno vedersi via via
approfondite, in un continuo "intreccio" irriducibile che interessa vari
livelli, le due componenti fondamentali del "sensibile" e dell'"insensibile".
[e] germinanti attese»; dall'altra, però, impegnata nell'espressione - non soltanto dell'asse, per così
dire, visibile-invisibile, bensì, specialmente - di quello, più "agonistico" e "brutale", sensibile-
insensibile.
4
Titolo, invero, del fondamentale testo di Gilles Deleuze ispirato a Francis Bacon: G. Deleuze,
Francis Bacon. Logique de la sensation, La Différence, Paris 1981; tr. it. di S. Verdicchio,
Francis Bacon. Logica della sensazione, Quodlibet, Macerata 1995. Che sarà infatti, in un
confronto - soprattutto - col lavoro degli altri due pensatori francesi, uno dei riferimenti
fondamentali per il nostro lavoro.
5
Significativo titolo, questo, dato da David Sylvester a una serie di conversazioni (tenutesi a
partire dal 1962, e protrattesi fino al 1986), avute con lo stesso Bacon. Cfr. D. Sylvester, The
Brutality of Fact. Intervews with Francis Bacon, Thames and Hudson, USA 1981, Londra 1987
3
;
tr. it. di N. Fusini, F. Bacon, La brutalità delle cose. Conversazioni con David Sylvester, Fondo
Pier Paolo Pasolini, Roma 1991.
6
Ovvero, come afferma Merleau-Ponty nel suo scritto sul dubbio di Cézanne, che «l'espressione
di quel che esiste è un compito infinito. Cfr. M. Merleau-Ponty, Sens et non-sens, Editions Nagel,
Parigi 1948; tr. it. di P. Caruso, Senso e non senso, Il Saggiatore, Milano 1962, p. 34, il corsivo è
nel testo.
7
E, in ciò, "terminologica".
8
In questo senso, oltre che "ampliamento" dell'idea di "visibile" sviluppata da Cacciari, e terreno
di confronto delle riflessioni "estetiche" relative ai tre autori francesi sopra ricordati, tale
"preistoria del sensibile" intende non solo avvicinare l'approccio precipuamente - e
"complessivamente" - sensibile dell'atto pittorico baconiano, ma soprattutto scrutarne, ricercarne
e rivalutarne il fondamentale momento nascente, così spesso dimenticato a favore del "risultato", e
invece, per Bacon, così importante e pluricomposto.
III
Infatti, nel primo capitolo si cercherà di circoscrivere - e di
caratterizzare preliminarmente - la direzione e l'accezione di alcuni termini
chiave desunti dallo stesso Bacon: cercando di far sì, in questo modo, che
siano essi stessi - idee, concetti o immagini -, ad emergere da sé, e
ampliandone poi, con apporti, richiami e confronti provenienti - soprattutto
- dagli autori sopra ricordati, la portata significativa. Alla iniziale e
fondamentale «concentrazione» baconiana, cifra - insieme - del suo
inestinguibile lavoro di sintesi e della sua riduzione sensibili, potrà così
vedersi affiancato, non senza interesse, ciò che Deleuze prospetta, a partire
da una lacerante «dualità dell'estetica», come possibile «congiungimento»
dei due "corni" di quest'ultima: il momento in cui, cioè, «l'opera d'arte [...]
appare realmente come sperimentazione
9
».
Con la comparsa della sperimentazione si rivelano invero interessati
alcuni elementi fondamentali della pittura di Bacon: nonostante essi
ricorreranno e si specificheranno nel corso del lavoro, saranno tuttavia, fin
da subito, previamente richiamati e affrontati. In primis, certamente - e
altrettanto determinante quanto la «concentrazione», va menzionato senza
dubbio l'«abbandono
10
» baconiano: in forte risonanza con la stessa idea
variamente espressa da Merleau-Ponty
11
, esso caratterizza del resto il
rapporto stesso di Bacon con «caso» e «inconscio». L'abbandono si rivela
così non solo come cifra della sua stessa sperimentazione pittorica, ma offre
altresì, con questa, la possibilità concreta di una rivalutazione ontologica e
di una rimessa in gioco del sensibile e dell'insensibile. D'altra parte, con il
9
Cfr. G. Deleuze, Logique du sense, Les Editions de Minuit, Paris 1969; tr. it. di M. de Stefanis,
Logica del senso, "Campi del sapere", Feltrinelli, Milano 1984², p. 229. In tale situazione, secondo
Deleuze, i due sensi dell'estetica - e cioè: «teoria della sensibilità come forma dell'esperienza
possibile», e «teoria dell'arte come riflessione dell'esperienza reale» -, riescono a trovare un
terreno comune precisamente nel confluire «delle condizioni dell'esperienza in generale» verso le
stesse «condizioni dell'esperienza reale». Ciò che fa sì, appunto, che l'opera d'arte non "rispecchi"
più, né del resto si "adegui" ad alcun concetto pregiudiziale, ma veda piuttosto il suo sorgere in
una pratica sperimentale e "abbandonata".
10
Cfr. F. Bacon, La brutalità delle cose. Conversazioni con David Sylvester, cit., ad es. pp. 93-95.
11
Cfr. M. Merleau-Ponty, Le visible et l'invisible, texte établi par C. Lefort, Gallimard 1964; tr. it.
di A. Bonomi riveduta da M. Carbone, Il visibile e l'invisibile, Bompiani, Milano 1993: ad es., pp.
260-3, laddove l'autore parla di «cecità (punctum caecum)» e di «Offenheit»; pp. 277-9, dove si
parla di simultaneità di «prendere ed esser preso», e di creazione di «un nuovo tipo di
intelligibilità, in virtù del mondo e dell'Essere così come sono».
IV
suo «lasciar essere
12
» peculiarmente sensibile e, insieme, creativo
(strettamente connesso, appunto, a «caso» e «inconscio»), tale abbandono
richiederà la corroborazione di una "figura" per lo più obliata dal classico
binomio platonico composto da "modello" e "copia". In questo senso, il
«simulacro» - quale delineato da Deleuze in Logica del senso e in
Differenza e ripetizione -, ben si presterà, con la sua mobilità ideale e con la
sua sperimentazione differenziale, a una tale necessità: quella, cioè, di
approfondire e di perlustrare la «radicalizzazione del gioco
13
» baconiana; e
quella, nondimeno, di render conto - per così dire, positivamente -, della
sua peculiare distorsione e della sua rivalutazione del sensibile.
L'abbandono, per questa via, potrà caratterizzare l'approccio
segnatamente sensibile (fino all'«insensibile puro
14
» costituito appunto, in
Bacon, da caso e inconscio) in direzione del «fatto brutale», ogni volta
riaffrontato dal pittore irlandese in una nuova contesa agonistica e
preoggettuale: certo più tattica che strategica, più presente che calcolante,
più impulsiva che predeterminata.
Con ciò si è però già passati al secondo capitolo: che cerca di
delineare, attraverso la progressiva (ma anche simultanea) radicalizzazione
pittorica baconiana, il particolare rapporto costitutivo non solo tra "pittore"
e "opera", ma soprattutto, nell'opera stessa, tra i suoi stessi elementi.
Seguendo un percorso "ideale" segnato da tappe via via più radicali,
secondo le espressioni prese di volta in volta da Deleuze (matters of fact),
dallo stesso Bacon o da Sylvester (brutality of fact), e da Merleau-Ponty
(être brut), si cercherà di dar conto a ciò che in realtà accade
simultaneamente e, per lo più, involontariamente. La modalità della
presenza esplicata dalla pittura di Bacon - ovvero la sua peculiare via di
"realismo" -, potrà così essere spinta a fondo fino ad avvicinare, in ultima
analisi, i suoi stessi elementi costitutivi essenziali: l'«intensità» e le «forze»
12
Termine, invero, heideggeriano-merleau-pontyano, che ben si presta alla "fenomenologia
pittorica" baconiana.
13
Cfr., F. Bacon, op. cit., pp. 26-7.
14
Cfr., per tale espressione, G. Deleuze, Différence et répétition, Presses Universitaires de France,
Paris 1968; tr. it. di G. Guglielmi, riveduta da G. Antonello ed A.M. Morazzoni, Differenza e
ripetizione, Raffaello Cortina Editore, Milano 1997, pp. 182-3.
V
grezze. I quali rappresentano più propriamente, nel particolare incontro
agonistico-pittorico baconiano, l'"insensibile da dipingere".
E infatti, nel terzo capitolo, a perlustrare come il rovescio sensibile
di tale radicalizzazione del gioco, sarà preso in esame il suo verso
"visibile", costituito precipuamente dalla carne e, soprattutto, dalla carne
pittorica. Attraverso la considerazione dei vari livelli secondo i quali questa
è affrontata, si cercherà di descrivere il rapporto con essa da parte di Bacon,
secondo quanto potrà delinearsi, invero, come peculiare "fenomenologia
pittorica" baconiana. Precipuamente sensibile e agonistica (e perciò
tutt'altro che "concettuale" e "oggettiva"), questa stessa porrà del resto il
problema se, oltre alla "carne", non sia necessario - per Bacon -
"qualcos'altro": per sorreggere quest'ultima, e per mostrarne le intensità e
le forze sotterranee. Le risposte saranno cercate nella "carne pittorica"
stessa così com'è modulata e affrontata dal pittore irlandese, in modo che
siano il colore e i materiali pittorici, così come sono trattati, a rivelarne il
significato
15
.
Nel quarto capitolo, infine, attraverso un confronto, prima con
Beckett, e poi con la "fotografia", si tematizzeranno due questioni rimaste
finora pressoché implicite nel lavoro di Bacon: e cioè, il "tempo" e le
"trappole" pittorici implicativi. Seguendo, per lo più, quasi soltanto lo
"spunto" offerto da Nadia Fusini
16
, nel primo caso si cercherà di reperire
17
negli stessi lavori di Bacon e di Beckett, e con la mediazione più o meno
esplicita, talvolta, di alcuni loro precisi "riferimenti" letterari, il particolare
tempo pittorico implicato nella pittura baconiana. Di esso, fin d'ora, si
potrebbe però affermare ciò che non pare riguardare: e cioè, né un "tempo
oggettivo" e sempre uguale a se stesso (senza un passato realmente
trascorso, e senza, perciò, lo choc e l'abbandono di un a venire); né, d'altra
15
Cfr., al riguardo, le pregnanti riflessioni di Sylvester relative a Three Studies of the Human
Head, 1953, contenute in D. Sylvester, Images of the Human Body, in Francis Bacon: The
Human Body, catalogo pubblicato congiuntamente da Hayward Gallery e Univesity of California
Press, Berkeley - Los Angeles - London, in occasione dell'esposizione "Francis Bacon: The
Human Body", Hayward Gallery, Londra, 5 febbraio - 5 aprile 1998, a cura di David Sylvester, p.
25
16
Cfr., al riguardo, cap. IV; e, più in particolare, N. Fusini, B & B Beckett & Bacon, Garzanti,
Milano 1994.
17
Nonostante, come si segnala nel cap. IV, le numerose - e del tutto "coerenti" - riserve baconiane
in merito.
VI
parte, un tempo, per così dire, "a senso unico", un tempo solamente
progressivo e, comunque, finalizzato. Ciò può già affermarsi sulla scorta di
come «caso» e «inconscio», e - analogamente - «ricordo» e «apertura
sperimentale», agiscono nella pittura di Bacon; o, in ultima analisi, per
come sono intesi, dallo stesso, il progredire e il regredire temporali:
sempre strettamente connessi e non interpretabili, sensibilmente, in via
univoca e analitica.
Un rapporto per molti versi analogo a quello tra tempo oggettivo e
tempo pittorico, inoltre, è quello che Bacon pare rivelare nel confronto tra i
meccanismi di produzione d'immagine fotografico (e, con esso,
cinematografico e televisivo), e pittorico. Dal momento che quest'ultimo
mette in gioco una ri-creazione della «trappola» rappresentativa,
implicando in misura maggiore, con ciò stesso, una propria «distorsione»
stilistica, esso si rivela invero come più tenacemente ancorato non soltanto,
in generale, al sensibile, ma anche, e soprattutto, al momento genetico di
cui il sensibile stesso è portatore.
Le due Appendici che riportiamo, per comodità, al termine del
lavoro, rispondono finalmente a due diverse esigenze: entrambe inedite in
italiano, la prima intende offrire un supporto biografico il più possibile
ricco ed esasustivo; mentre la seconda, alla quale ci si richiamerà sovente
per l'importanza di alcune dichiarazioni baconiane contenutevi, deve la sua
presenza alla necessità di un riferimento scritto in luogo di uno soltanto
filmico. Permettendo così un confronto più preciso con la parola del pittore,
di per sé significativa, ma fuggevole rispetto alla sua opera.
I. SENSO DI UNA PREISTORIA DEL SENSIBILE
1. Dualità fondamentale dell'estetica.
«M. Bragg - Quando affronti la tela, prima di cominciare, hai già in mente quale
sarà l'immagine finale ?
F. Bacon - Non ho l'immagine completa, ho un'idea generale che poi si
sviluppa durante il lavoro. Questo è un problema molto delicato: io sono un pittore
figurativo e credo che non si possano più fare"illustrazioni", perché sono già ottenute
molto meglio con la macchina fotografica e col cinema. Quindi uno si deve
concentrare, uno deve... stamattina l'ho pensato con chiarezza, ho scritto due righe e me
le sono messe in tasca, non mi ricordo quello che volevo dire, ecco...: "non l'illustrazione
della realtà, ma la creazione di immagini che sono la concentrazione della realtà e una
sintesi di sensazioni"
1
».
Un brano di conversazione. Francis Bacon non ha mai "impugnato"
la penna col preciso scopo di "scrivere sull'arte", facendone il tema di una
riflessione teorica. Le uniche testimonianze de arte che abbiamo sulla sua
pittura le dobbiamo a critici che hanno intrattenuto con lui conversazioni o
che hanno cercato di coglierne le caratteristiche peculiari a partire dai suoi
lavori.
Siamo di fronte all'opera e a un "dialogo", la primitiva, originaria
forma del dramma. Un pittore parla. Il critico lo interroga, e il pittore
risponde. O piuttosto accoglie la domanda ampliandone gli echi,
accumulando risonanze. La sua risposta indica giustamente all'interrogante
che per chi veramente si chieda il senso delle cose che egli fa, vede, vive,
non c'è che l'apertura infinita, il movimento incessante di una ricerca che
trasporta in sempre più ampi vortici
2
.
1
Cfr. infra, p. 256. Si tratta di M. Bragg (intervista con), Francis Bacon, per il programma Sound
Bank Show, London Weekend Television, Londra 1985 (abbr. MB). Poiché non esiste, in
italiano, versione scritta di tale conversazione, ne abbiamo riportato la trascrizione pressoché
completa nella nostra Appendice II (non si è trascritta la breve biografia introduttiva di Bacon, per
la quale si rimanda invece alla più esaustiva Appendice I).
2
Cfr. N. Fusini, Note alla traduzione, in F. Bacon, La brutalità delle cose. Conversazioni con
David Sylvester, Fondo Pier Paolo Pasolini, Roma 1991, pp. 163 sgg.; traduzione italiana (a cura
di N. Fusini ) di : D. Sylvester, The Brutality of Fact. Intervews with Francis Bacon, Thames and
Hudson, USA 1981, Londra 1987
3
(abbr. DS, che si riferisce alla versione italiana; mentre,
qualora utile, si rimanderà alla versione inglese con l'abbr.: DS(ingl.)).