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Capitolo 1
MODELLI DI INSTABILITA’ FINANZIARIA
1.1 FRAGILITÀ FINANZIARIA
Le istituzioni bancarie si caratterizzano per quella che viene generalmente definita
“fragilità della struttura finanziaria” la quale, a sua volta, deriva dalla combinazione di
tre fattori:
1. Un’elevata leva finanziaria (data dal rapporto tra passività totali e patrimonio
netto);
2. Illiquidità degli assets della banca (i loan in particolare) causata dai problemi
relativi alle asimmetrie informative;
3. Detenzione di un’elevata quota di passività a breve termine all’interno del
bilancio (principalmente depositi a vista).
La fragilità finanziaria, pur essendo una caratteristica indissolubile delle banche, è
anche l’origine di numerosi problemi. Infatti, dato che la banca emette prestiti
generalmente illiquidi (e quindi difficilmente negoziabili) a fronte di depositi liquidi, i
quali possono essere ritirati in qualsiasi momento, potrebbe insorgere (in un dato
istante temporale) uno squilibrio tra passività e attività; quindi la banca corre il rischio di
non poter mantenere i propri impegni e risultare insolvente.
Porre in essere misure che permettano alle banche di finanziarsi in modo meno fragile
potrebbe addirittura condurre ad effetti paradossali. Tra gli strumenti di
regolamentazione, oltre ai coefficienti di riserva obbligatoria e ai poteri ispezionali del
regolatore possiamo citare infatti i requisiti di capitale. Questi hanno la funzione di
assorbire eventuali perdite e dovrebbero generare quindi fiducia circa la solidità
patrimoniale della banca che emette i depositi. Alcuni studi, però, hanno evidenziato
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come sia proprio la fragilità finanziaria della banca a non permetterle l’assunzione di
comportamenti opportunistici verso i depositanti e quindi a rassicurarli circa la solvibilità
dell’emittente. Questo discorso verrà affrontato in maniera più analitica nel capitolo 2.
Infatti, vedremo nei capitoli seguenti come l’apparente contraddizione tra illiquidità dei
loans e fragilità dei depositi a vista sia in realtà desiderabile ed in particolare vedremo
come le banche , a causa dell’emissione di depositi a vista, sono esposte al rischio di
corsa agli sportelli (o “bank run”).
1.2 BANK RUN SECONDO IL MODELLO DI DIAMOND E DYBVIG
Per comprendere la trattazione affrontata nei capitoli seguenti e, in particolare, il
modello analizzato nel capitolo 2, può essere opportuno dare una definizione del
fenomeno del bank run e fornirne un’opportuna analisi.
Il bank run (definito anche “corsa agli sportelli”) consiste nel ritiro ampio e simultaneo
dei fondi precedentemente depositati presso una determinata banca. Questo
fenomeno si manifesta, in genere, a causa del vincolo di sequenzialità dei depositi;
questo è in grado di generare situazioni di panico e spingere i depositanti a presentarsi
in maniera massiccia presso gli sportelli, nel tentativo di non perdere il loro denaro. Nel
peggiore dei casi la banca potrebbe non essere in grado di far fronte a tutte le richieste
e, quindi, andrà in contro al fallimento.
Quando i bank run si manifestano nello stesso arco temporale, presso diversi istituti
bancari dello stesso paese o della stessa nazione, si genererà il cosiddetto fenomeno
del bank panic.
Il modello più conosciuto per la trattazione dei bank run è quello fornito da Diamond e
Dybvig (1983) nel paper “Banks Runs, Deposit Insurance and Liquidity”. In particolare,
grazie a questo modello, oltre a spiegare analiticamente il fenomeno del bank run
saremo in grado di vedere come il contratto di deposito possa offrire un servizio
estremamente utile agli agenti. Non solo; ponendo a confronto tre diversi assetti
istituzionali quali autarchia, sistema finanziario e sistema bancario dimostreremo come
quest’ultimo sia preferibile rispetto agli altri.
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Nonostante ciò, il sistema bancario può essere soggetto ad attacchi speculativi tali per
cui, in virtù delle sue funzioni, viene prodotto un equilibrio non desiderabile in cui vi è la
corsa agli sportelli, anche se gli investimenti della banca sono stati effettuati in maniera
corretta.
Vediamolo qui di seguito.
Il modello di Diamond e Dybvig
Esistono numerose trattazioni e riformulazioni del modello di Diamond e Dybvig (d’ora
in avanti DD). Per semplicità d’esposizione, riporteremo qui di seguito la rielaborazione
proposta da Patrizio Tirelli.
Innanzitutto, nel modello DD non è contemplata l’esistenza delle imprese. Ipotizziamo
infatti che queste abbiamo obiettivi coincidenti con quelli delle famiglie e perciò siano
loro perfetti delegati.
Consideriamo quindi un’economia con tre periodi: t=0,1,2. Nel sistema esistono i
consumatori, i quali dispongono di una dotazione di beni pari a 1. Il beni possono
essere consumati o impiegati nella produzione.
Un’altra ipotesi riguarda il fatto che non vi sono economie di scala; non si necessita
quindi di riunire le dotazioni delle famiglie poiché, nel caso in cui lo facessimo,
otterremmo un multiplo delle dotazioni individuali che è esattamente pari al numero
delle famiglie.
Al tempo t=0 vengono effettuate le scelte di investimento che finanzieranno il consumo
in data t=1 e 2. Sono scelte di portafoglio che riguardano il consumo “subito” (t=1) o
“più avanti” (t=2).
In particolare esistono due alternative d’investimento:
1. La prima riguarda l’investimento in una tecnologia illiquida. L’ammontare 0 ≤ I ≤
1 verrà quindi impiegato in una tecnologia di lungo periodo che permette di
consumare solo nel periodo t=2; i suoi frutti, infatti, vengono resi disponibili solo
alla maturità (t=2). Il rendimento in termini di montante è pari a R>1. Un
eventuale disinvestimento anticipato comporta la riduzione del rendimento che,
in tal caso, sarà inferiore ad uno (L<1).
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2. La seconda alternativa riguarda, invece, una tecnologia liquida che consente di
consumare dopo 1 periodo (i frutti dell’investimento sono disponibili in t=1). In
tal caso si ottiene un rendimento pari a r. È utile porre r=1 in modo tale che non
sia conveniente investire due volte consecutive nella tecnologia liquida per
finanziare il consumo in t=2.
Poniamo inoltre le seguenti condizioni:
a. R>r;
b. L<r;
c. R>r
2
.
L’ultima ipotesi consente di escludere strategie di roll-over negli investimenti.
Grazie alle ipotesi appena citate non vi sarà un’alternativa dominante e, quindi, vi sarà
possibilità di scelta tra le due tecnologie alternative.
Supponiamo ora che il consumatore sia colpito da uno shock di liquidità in data t=1;
infatti, dopo aver effettuato l’investimento, potrebbe scoprire la sua preferenza nel
consumare nel primo o secondo periodo. Scoprirà, quindi, se è rispettivamente un
individuo “impaziente” o “paziente”.
Supponiamo che vi sia incertezza individuale circa lo stato delle preferenze dei
consumatori. In ogni caso, però, il consumatore è a conoscenza del fatto che vorrà
consumare nel primo periodo con probabilità π
1
e nel secondo periodo con probabilità
π
2
.
L’utilità attesa del consumatore è pari a:
E[U(C)] = π
1
U(C
1
) + βπ
2
U(C
2
)
dove β è il fattore di sconto. π
i
definisce anche la quota di consumatori che desidera
consumare in data i.
Supponiamo di voler massimizzare l’utilità attesa rispetto ad I, sotto i vincoli che
caratterizzano le tre tipologie di asseto istituzionale: autarchia, mercato dei bond e
sistema bancario.
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1. AUTARCHIA
Analizziamo innanzitutto il caso di autarchia; nel sistema che considereremo, quindi,
non esiste il mercato finanziario (nessuno presta e nessuno prende a prestito).
I vincoli in condizioni di autarchia sono i seguenti:
In t=1, il consumatore impaziente consumerà la quantità C
1
= (1-I) + LI. In
particolare se I>0, il consumo sarà pari a C
1
<1. Il consumatore impaziente sarà
penalizzato dal disinvestimento anticipato LI; se avesse potuto prevedere la sua
preferenza intertemporale nel consumo avrebbe investito tutto nella tecnologia
liquida, ottenendo un consumo pari a C
1
=1.
In t=2, invece, il consumatore paziente potrà consumare la quantità C
2
=(1-I) + IR,
dove C
2
<R se I<1. Se il consumatore paziente avesse previsto la sua preferenza
nel consumo di lungo periodo, avrebbe investito tutta la sua dotazione nella
tecnologia illiquida ottenendo un consumo esattamente pari a R.
Dato che vi è incertezza, in autarchia, nessun individuo investirà interamente la propria
dotazione nella tecnologia liquida o illiquida. Quindi, gli investitori pazienti riceveranno
troppo poco dalla tecnologia illiquida e quelli impazienti vorranno disinvestire per
consumare subito; distruggeranno quindi risorse.
Possiamo vedere il problema sotto un'altra prospettiva: il consumatore impaziente
detiene i diritti sul suo investimento ma non lo può consumare subito. L’investitore
paziente, a suo modo, ha un cattivo investimento che offre un basso rendimento pari a
(1-I) di cui non sa cosa farsene in quel dato momento.
Nasce, in tal caso, un’opportunità di scambio. Il consumatore impaziente, il quale non è
più interessato al suo investimento in tecnologia illiquida, vorrebbe cederlo per
consumare subito; vuole cedere quindi RI per consumare oggi. Anche il consumatore
paziente potrebbe essere d’accordo a scambiare i diritti sul suo investimento in
tecnologia liquida nel momento in cui gli viene offerto un rendimento maggiore a 1.
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2. MERCATO FINANZIARIO
Introduciamo ora il mercato finanziario all’interno del quale gli individui possono
scambiarsi titoli; possiamo considerare, ad esempio, un mercato di bond. Questo è in
grado di accrescere l’utilità attesa del consumatore rispetto al caso di autarchia.
Ipotizziamo che, in data t=1, i consumatori possano scambiarsi diritti di proprietà sui
frutti della tecnologia liquida (disponibili in t=1) e illiquida (disponibili in t=2).
Il consumatore impaziente, quindi, offrirà bond per un valore pari a I e il consumatore
paziente, in cambio, offrirà la possibilità di consumo (1-I) al tempo t=1. Il mercato
consente ai consumatori impazienti di evitare perdite dal disinvestimento LI e ai
consumatori pazienti di poter consumare in t=2 un ammontare pari a RI e di evitare la
riduzione di consumo dovuta all’utilizzo della tecnologia liquida (1-I).
Il mercato dei bond consente quindi di isolare gli investimenti dagli shock; infatti, ci
permette di attuare il risk sharing.
Indichiamo con p il prezzo del bond al tempo t=1. I vincoli, in caso di mercato
finanziario, sono i seguenti:
C
1
=(1-I) +pRI
Il consumatore paziente cederà i diritti sul progetto se e solo se pRI>LI.
C
2
=(
) + RI dove (
) rappresenta il potere d’acquisto.
Il consumatore paziente cederà l’ammontare (1-I), in cambio dei titoli.
Per determinare il prezzo di equilibrio del bond ci avvaliamo di un valore-soglia, scelto
in maniera apparentemente arbitraria, pari a
. Dovremo valutare, innanzitutto, se i
valori di p inferiori a questa soglia possono rappresentare un prezzo di equilibrio; se
così non fosse, potremo scartare tutti questi importi ed effettuare la medesima verifica
per p>
.
È possibile dimostrare come l’unico prezzo di equilibrio, compatibile con l’incontro tra
domanda e offerta, sia esattamente pari a p =
.
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Sostituendo questo valore nei vincoli (C
1
e C
2
) ottengo che:
in t=1, l’individuo impaziente consumerà C
1
=1 senza rischi;
in t=2, l’individuo paziente consumerà C
2
=R senza rischi.
Ne deriva che il mercato finanziario è preferibile rispetto al caso di autarchia dove C
1
<1
e C
2
<R. Quindi, tramite il meccanismo di risk sharing, siamo stati in grado di rendere
più efficiente la produzione. Nonostante il mercato finanziario consenta di ovviare allo
spreco di risorse causato dall’autarchia, può non essere ottimale; infatti, non è detto
che il mercato dei titoli consenta di massimizzare il benessere dei consumatori.
3. SISTEMA BANCARIO
Ipotizziamo che (
) >
, con R decrescente. In tal caso è possibile che l’individuo
preferisca sacrificare un po’ di consumo nel secondo periodo per incrementare il
consumo nel primo periodo; in altri termini vuole limitare la volatilità nel consumo.
Sceglierà pertanto una combinazione di investimenti tali per cui C
1
*>1 nel caso sia
impaziente e C
2
*<R nell’altro caso. Date le preferenze, questo risulta essere preferibile.
Quindi se riuscissimo a produrre un po’ più di 1 nel primo periodo per ciascun
consumatore impaziente e un po’ meno di R per ciascun consumatore paziente,
potremmo ridurre l’incertezza individuale; tutto ciò sarebbe possibile con l’introduzione
della figura del pianificatore benevolente.
Il pianificatore benevolente conosce infatti tutte le preferenze individuali e le rispettive
dotazioni ed è in grado di confiscarle per poi restituirle, dopo aver effettuato gli
opportuni investimenti. Egli non è soggetto a incertezza aggregata in quanto conosce
esattamente la quota di individui che vogliono consumare dopo un periodo (π
1
) e
quella degli individui che vogliono consumare dopo 2 periodi (π
2
). Data la funzione di
utilità, il pianificatore è in grado di garantire un maggior benessere rispetto al sistema
finanziario.
Una distribuzione ottimale dei consumi, ottenibile grazie al pianificatore sociale, può
essere replicata dalle banche tramite i contratti di deposito. Con un tale contratto potrà
impegnarsi a pagare C
1
* nel primo periodo e C
2
* nel secondo periodo. Viene posto,