2
In secondo luogo si è consultato l'Archivio dell'Ordinariato Militare
Italiano di Roma, nel quale è presente un fascicolo contenente numerosi
documenti sull'attività di cappellano militare di fra Ginepro.
Preziosissimo è stato, inoltre, il contributo della famiglia Calvini
residente a Pompeiana che mi ha permesso la consultazione di documenti
inediti e rapporti epistolari originali da loro conservati.
Si sono ricercati, quindi, tutti gli articoli che quotidiani e riviste
dedicarono alle iniziative di fra Ginepro, il quale, tra l'altro, sovente si
cimentò nell'attività di giornalista.
Questa documentazione, infine, è stata messo al vaglio ed organizzata
attraverso il confronto con le pubblicazioni storiografiche e
memorialistiche riportate nella bibliografia.
3
CAPITOLO I:
LA FORMAZIONE CULTURALE
1.1: La famiglia, gli studi e la vocazione religiosa.
Antonio Conio, futuro fra Ginepro, nacque il 7 aprile 1903 a Pompeiana,
un piccolo centro dell'entroterra ligure nei pressi di Sanremo. Il padre,
Vincenzo Conio, da giovane aveva fatto il bracciante e l'agricoltore; non
doveva avere un carattere pacifico se il figlio ricorda che "emigrato in
Provenza, fece rispettare il nome d'Italia col lavoro e quando ce ne fu
bisogno con la forza"
2
. Questo amor di patria portò Vincenzo Conio a
rifiutare la naturalizzazione francese, a ritornare in Italia e ad arruolarsi
volontario nel battaglione alpino "Mondovì" in partenza per l'Abissinia.
Erano gli anni dell'espansionismo coloniale crispino.
Tornato in Italia, dopo un'altra parentesi lavorativa in Francia, si stabilì
a Pompeiana dove "fece, come il nonno, il torroniere nelle sagre paesane"
3
e dove sposò una ragazza molto religiosa, Maddalena Boeri.
Il primo tra i molti figli che la coppia mise al mondo è proprio Antonio.
Per mantenere una famiglia vieppiù numerosa, il padre, con molti
sacrifici, riuscì a costruire una casa più grande, ad acquistare un
appezzamento di terreno e ad aprire un forno. Ciò nonostante la nuova
famiglia Conio non tralasciò di continuare la tradizione familiare di
vendita ed intrattenimento nelle numerose sagre della Riviera ponentina:
Ed io nacqui appunto tra una festa e l'altra, tra un altare di Maria e un banco di
dolciumi. Avevo pochi anni e già viaggiavo, sul dorso del mulo infiocchettato, verso i
2
Fra Ginepro da Pompeiana, Il mio saio una bandiera, 2° ed., Savona, Grafiche Riviera, 1956, pag. 58.
4
santuari festanti. I miei occhi si aprivano sotto le volte luminose, al canto delle litanie.
Mi trovavo in braccio alla mamma, ai piedi della sacra immagine che mi stendeva la
mano piena di benedizioni e di perle…Sorridevo alla mamma e alla Madonna.
4
Qui, in una ricostruzione adulta dei suoi primi anni di vita, fra Ginepro
presenta insieme, con uno stile ampolloso che sempre lo caratterizzò, due
elementi importanti nella sua formazione: un forte campanilismo e la
figura materna, che spesso assocerà alla vocazione religiosa
5
. Anche
l'anonimo Caporale della 3°, autore della prefazione di "Eroi di Italia",
ricorda come Vincenzo Conio fosse solito passare nella caserma degli
alpini di Oneglia a trovare i vecchi amici di leva e portasse spesso con sé il
figlio, " di forte spirito religioso".
6
L'ambizione e le fatiche paterne permisero al giovane Tugnolo (così lo
chiamavano fin da piccolo) di studiare e di frequentare un liceo di
Sanremo.
In questo periodo, Antonio, dimostrava già una certa propensione per lo
scrivere, come testimonia un quaderno dell'anno scolastico 1919-1920
7
che raccoglie le sue poesie giovanili, composte con notevole attenzione alle
questioni metriche e di rima. A noi interessa evidenziare, tuttavia, come
due di queste poesie siano dedicate ai genitori e corroborano
sostanzialmente l'immagine del padre grande lavoratore ("Egli che sempre
da mane a sera / lavorando va senza il riposo") e l'adorazione filiale nei
confronti della madre ("O santa madre o mia progenitrice / tu sei l'unico e
più grande mio amor"). La famiglia Conio sembra essere una tipica
famiglia di estrazione popolare, in cui i genitori hanno due ruoli ben
distinti e vengono aiutati dai figli nelle fatiche quotidiane, i quali
3
Fra Ginepro da Pompeiana, Il mio saio una bandiera, cit., pag. 59
4
ibidem, pag. 15
5
Nei libri di fra Ginepro la figura materna è sempre presente ed associata spesso alla Madonna. Addirittura
succede che le venga riconosciuta la capacità di interventi provvidenziali ("Nei momenti decisivi la
Provvidenza mi è venuta incontro con la benedizione materna"). Cfr. Fra Ginepro da Pompeiana, Convento e
Galera, Ceriale, Grafiche Riviera, 1949
6
Fra Ginepro da Pompeiana, Eroi di Italia, Savona, Grafiche Riviera, 1972
7
Per gentile concessione della famiglia Calvini
5
alimentano le ambizioni paterne per un futuro familiare più agiato e
godono del privilegio raro di poter proseguire gli studi.
Antonio non manifestò interesse soltanto per la letteratura. In casa sua
campeggiava una foto che lo ritraeva in tenuta da ciclista
8
("Frequentavo il
liceo a Sanremo e mi divertivo un mondo a partecipare alle corse
ciclistiche"
9
) e il futuro frate non disdegnava neanche la pratica sportiva
del pallone elastico
10
, a quei tempi molto diffusa in Liguria.
Tuttavia, il gusto per il divertimento venne accompagnato dalla crescita
della vocazione religiosa, per la quale fu sicuramente determinante
l'influenza materna. In particolare, Tugnolo sembrava attratto dal
francescanesimo, tanto che a venti anni era già terziario.
Dopo aver superato brillantemente gli studi liceali, fu iscritto dal padre
alla Facoltà di lettere dell'Università di Genova. La religiosità di Antonio,
probabilmente, crebbe in questo periodo dato che, nel 1927, Gino Mazzoni
lo ricordava già attivo nel tenere conferenze di carattere religioso
11
. Del
resto fra Ginepro aveva già pubblicato un opuscolo intitolato San
Francesco di Assisi, il più Italiano dei Santi e fu sicuramente uno dei
fondatori della Congregazione Francescana di Pompeiana nata nel
settembre del 1926. È lui stesso a raccontarlo:
Pompeiana ha quindi una Congregazione avvolta nel più puro misticismo, ravvivata
dalla fiamma più ardente della spiritualità francescana. Perciò dallo scorso Ottobre
[1926] fino ai nostri giorni, ha svolto una incessante opera di propaganda. Ha creato
8
Cfr. G. Accame, "Padre Ginepro o del cattolicesimo virile" in: "Carattere", anno IX, n. 1, gen. - feb. 1963,
pag. 4
9
Fra Ginepro da Pompeiana, La croce sulle forche, Genova, Ed. Francescana, 1944, pag. 37
10
Cfr. G. C. Mazzoni, L'Angelo Soldato, Savona, Grafiche Riviera, 1975, pag. 42
11
"Ricordo che nel 1927…ebbi più volte occasione di sostare a Pompeiana…fu proprio in una di queste mie
visite che scorsi uno striscione murale, ove in grossi caratteri appariva il nome di fra Ginepro, il quale,
l'indomani, domenica, avrebbe parlato ai suoi conterranei…Incuriosito, fui informato che si trattava di uno
studente in legge desideroso di farsi frate. Il padre suo aveva acconsentito ponendo però la clausola che il
figliuolo terminasse prima gli studi e divenisse dottore…In quell'anno del mio primo incontro col suo nome,
Fra Ginepro vestiva ancora l'abito civile. Però era stato autorizzato dalle autorità ecclesiastiche ad indossare
il sajo quando voleva predicare nelle chiese o comunque in pubblico". Ibidem, pag. 42.
6
centinaia di terziari nei paesi circonvicini e vi ha diffuso il nostro caro giornale che
non ci stanchiamo mai di raccomandare: Vita Francescana.
12
Oltre a quest'opera di intenso missionariato locale, la suddetta
Congregazione organizzò il "Congresso Serafico" di Pompeiana del 4
settembre 1927, che consisteva in un raduno di tutti i terziari liguri in
occasione del settimo centenario della morte di San Francesco di Assisi.
L'anima di questa iniziativa fu molto probabilmente fra Ginepro, almeno a
sentire le parole di don Felice Voglino, ex-parroco di Pompeiana ("Questo
Congresso - il primo ne la nostra Diocesi e in tutta la Liguria - preparato,
con vero intelletto d'amore, dal carissimo Fra Ginepro…"
13
).
L'importanza della celebrazione di manifestazioni commemorative per il
fondatore dell'Ordine francescano era stata sancita anche da un'enciclica
di Pio XI ("rite expiatis") e da Mussolini, per cui l'entusiasmo del giovane
fra Ginepro risulta comprensibile e se ne può avvertire impegno e
dedizione per la riuscita dell'evento attraverso questa significativa
immagine di Tommaso Nediani, oratore e pubblicista romagnolo amico del
Conio:
[Fra Ginepro] è un giovanotto elegante, quasi (domani) professore di lettere di cui
darà la tesi ad ottobre…, che innamoratosi dell'ideale francescano ha fatto e fa
instancabilmente l'Apostolo del francescanesimo in tutta la sua riviera, predica in saio
cappuccino col consenso del suo Vescovo, scrive, conferenzeggia all'aperto e in
Chiesa, ha fondato le più fiorenti congregazioni Terziarie forti di un numero
stragrande di inscritti: ha convertito il suo paese e dintorni al Francescanesimo, ed è
l'anima delle grandi solennità del Santo…Fra Ginepro non posa mai, è il moto
perpetuo…;scrive, gira a piedi, stampa, conferisce colle autorità, è sempre presente a
tutto, ed ordina tutto, vigilante, paziente , sorridente. Pompeiana è il suo feudo, ma un
12
Fra Ginepro da Pompeiana, "Pompeiana: Borgo francescano", in "Il Cavaliere di Cristo e la Milizia
Serafica", pag. 18, numero unico edito in occasione del Congresso Serafico di Pompeiana del 4 settembre
1927.
13
"Questo Congresso - il primo ne la nostra Diocesi e in tutta la Liguria - preparato, con vero intelletto
d'amore, dal carissimo Fra Ginepro…". Cfr. F. Voglino, "La parola dell'antico parroco", in "Il Cavaliere di
Cristo e la Milizia Serafica", cit., pag. 22.
7
libero feudo Francescano, perché ivi egli regna…Questo può e sa fare un semplice
terziario laico, quando è animato da quella fede che fa trasportare le montagne. I Rev.
di Parroci lo seguono ammirati. Il Vescovo lo asseconda commosso da questo
spirito.
14
È l'immagine, probabilmente un po' enfatizzata, di un personaggio dalla
spiccata personalità, pieno di iniziativa, un trascinatore, che diventa
sempre più popolare nel suo paese di origine e nel circondario. L'interesse
per la letteratura e per l'arte in generale fece sì che fra Ginepro
instaurasse rapporti di amicizia con molti artisti locali. Alcuni tra questi
parteciparono al numero unico uscito per il Congresso Serafico, in
particolare Anton Licinio Clerici, "il poeta della … vocazione
francescana"
15
. Altri si limitarono a partecipare alla manifestazione, come
Angiolo Silvio Novaro, personaggio che fra Ginepro doveva tenere molto in
considerazione se lo definì "il Poeta dell'azzurra Liguria"
16
. È significativo
che molte di queste personalità aderirono al Terz'Ordine francescano,
probabilmente convinti dal giovane Conio.
Questa sensibilità per il mondo letterario e per l'erudizione, già espressa
in gioventù, iniziò a manifestarsi nei suoi scritti solo nel 1931, anno in cui
viene pubblicato "La Famiglia Ruffini, un canto di religiosità nel
Risorgimento". Prima di allora, il frate pubblicò opuscoli di carattere
apparentemente solo religioso. Apparentemente perché non si può
considerare il già citato San Francesco di Assisi, il più Italiano dei Santi
come un semplice panegirico del Santo. Non si può considerare questo
opuscolo del 1926 la tesi di laurea dell'aspirante cappuccino
17
, dato che
fra Ginepro si laureò nell'aprile del 1928, lo stesso giorno del suo ingresso
in convento, mentre l'opuscolo di cui stiamo parlando uscì nel settembre
1926. Del resto lo stesso Tommaso Nediani, che partecipò al Congresso
Serafico del 1927, aveva ricordato come fra Ginepro fosse "un giovanotto
14
Tommaso Nediani, "Pompeiana: Borgo Francescano", in "Il Cavaliere di Cristo e la Milizia Serafica",
cit., pagg. 20-21.
15
Fra Ginepro da Pompeiana, La seconda prova, Siena, Tip. Senese, 1961, pag. 77.
16
Fra Ginepro da Pompeiana, Riviera d'Oro, Genova, Società Editrice Internazionale, 1932, pag. 39
17
G. Accame, "Padre Ginepro o del cattolicesimo virile", in "Carattere", a. IX, n. 1, gen.-feb. 1963, pag. 4
8
elegante, quasi (domani) professore in lettere"
18
. Ha, invece, ragione
Accame nel sostenere che "il saggio su San Francesco risente dello stile
fiorito che gli agiografi hanno protratto dal seicento"
19
. Fra Ginepro
scrisse una celebrazione pomposa dell'Assisiate, che, tuttavia, sviluppò
attraverso argomentazioni che già il titolo preannuncia e che non sono
soltanto un semplice omaggio al fondatore del suo futuro Ordine.
Infatti l'autore non solo manifestò la propria adesione totale per quella
rivoluzione religiosa del XIII° secolo per cui il regno di Dio divenne "il
mondo da redimere, la società da rinnovare"
20
; non solo sottolineò che per
il francescanesimo "il vero mistico…non si chiude in sé stesso né corre
dietro a visioni fantasiose; ma con un'attività inesauribile si moltiplica nel
suo apostolato"
21
, ma contrappose tutto ciò all'ascetismo medievale,
variegato mondo di "follie…che la vera religione cristiana non conosce
affatto…dove l'egoismo dello spirito e le esagerazioni del mistico toglievano
al Cristianesimo la serena letizia del Vangelo"
22
e lo fece attribuendo
queste "follie" ascetiche ad "eresie - venute tutte d'oltr'alpe perché l'Italia
si mantenne sempre fedele a Roma"
23
.
Il legame tra l'elemento religioso e quello nazionalistico fu per il frate
pressoché inscindibile:
Per tutte queste ragioni la povertà francescana non si può comprendere fuori
dell'atmosfera evangelica, rinnovantesi con entusiasmo sacro, in un secolo pieno di
errori. E chi la rinnova è la virtù di una stirpe la quale esulta nel sacrificio e si esalta
nel dolore, che trae dalla miseria e dalla sventura la sua vera gloria. È la virtù
dell'anima italica che col francescanesimo ha dato la perfezione del Cristianesimo…
24
18
v. nota 12.
19
G. Accame, op. cit., pag. 4
20
Fra Ginepro da Pompeiana, Francesco di Assisi, il più italiano dei santi, Genova, Edizioni Vita
Francescana, 1926, pag. 10
21
ibidem, p. 15
22
Ibidem, pagg. 7-8
23
ibidem, pag. 8
24
Fra Ginepro, San Francesco di Assisi, il più italiano dei santi, cit., pag. 30.
9
Fra Ginepro si spinse anche oltre, descrivendo le caratteristiche che
facevano dell'italiano il naturale predestinato del messaggio francescano:
L'anima italica inoltre si differenzia per quella passione ardente che la fa trasvolare
alle altezze sublimi, senza mai cadere in eccessi e fantasmi…non si spoglia di quella
bontà semplice che è il coronamento della gloria…digiuna e canta, lavora e
contempla…Ha vita da una passione profonda, da una grande ansietà di ascesi, da
mirabili aspirazioni all'infinito che la sollevano ad altezze sacre. Perciò non conosce
limiti e confini nelle sue conquiste ideali. È irraggiungibile nei suoi voli spasimanti di
santità eroica, nei suoi impeti generosi di sacrificio. Francesco di Assisi è il Santo di
quest'animo; è il Poeta di questo sacrificio.
25
E se arrivò addirittura a confondere italiano e francescano sotto
un'unica identità
26
, non fece difficoltà a riconoscere al nuovo Ordine il
merito di aver segnato nella storia "un duplice trionfo: quello del popolo
oppresso su la tirannide feudale e quello dello spirito cristiano e italico sul
paganesimo e sulla barbarie"
27
.
Ne consegue che il francescano diventava lo splendido interprete di
quell'incontro tra nazionalismo e religiosità a cui si è accennato
precedentemente e non è difficile immaginare quanto fra Ginepro si
immedesimasse in quei Minori che "da umili e semplici si trasformarono
in mirabili schiere infiammate di eroismo, da soldati di Cristo in cittadini
della Patria"
28
.
È da questo punto che bisogna partire per comprendere l'attivismo
missionario di questo studente universitario, il quale, pur non essendo
ancora entrato in convento, vestiva già il saio, predicava in piazza e in
Chiesa; questo connubio tra "Fede e Patria", che ritorna in qualsiasi
scritto del frate e che passa attraverso la mediazione del francescanesimo,
motivò fortemente il giovane fra Ginepro ad un'azione di affiliazione nel
25
ibidem, pagg. 90-91.
26
"L'anima francescana o italica è umile e semplice, ingenua e infantile: di una mirabile infanzia di cui non
v'è innocenza più limpida ed ebbrezza più pura". Ibidem, pag. 92.
27
Ibidem, pag. 53.
10
laicato francescano, per formare contemporaneamente dei buoni cristiani
e dei buoni italiani. Infatti il Terz'Ordine venne presentato come
un'istituzione che "trasfuse lo spirito francescano non solo nel popolo, ma
nella famiglia, nei rapporti più intimi"
29
, come "milizia della pace", ma
"nello stesso tempo eletta a difesa della Chiesa e della Patria"
30
.
In quest'ottica va letta l'iniziativa del settembre 1927 del Congresso
Serafico a Pompeiana. Per l'occasione venne pubblicato "Il Cavalier di
Cristo e la Milizia Serafica", numero unico sul quale scrisse due articoli
anche fra Ginepro.
Uno di questi si intitola "Le due Beatrici Francescane: Sorella Clara e
Madonna Jacopa". Il francescanesimo venne presentato, attraverso una
ricostruzione più agiografica che storica delle due prime seguaci di San
Francesco, come un movimento di emancipazione femminile, dove la
donna diventava ispiratrice e sostegno della missione. Il ruolo della
perfetta donna francescana (e, quindi, della perfetta donna italiana) venne
così delineato:
[Nel francescanesimo] vi è il simbolo della donna, nella sua umanità e maternità,
della donna mite e modesta che partecipa delle gioie e dei dolori dell'uomo, gli educa
i figli, lo conforta al bene e ne lo fa degno, gli fa quieta e riposata la casa perché la
patria lo abbia cittadino operoso. È la terziaria che nel seno della famiglia, in mezzo
alle lotte per la vita di ogni giorno, osserva la pratica del Vangelo.
31
Il secondo articolo del frate, "Pompeiana: Borgo Francescano", era,
invece, una cronaca densa di retorica sui successi della predicazione
francescana nella riviera di Ponente, che nell'ultima parte si infiammava
nell'esaltare il messaggio di pace di San Francesco e mobilitava tutti i
terziari a "balzare sul campo con la croce", ad unirsi "per stabilire il
28
ibidem, pag. 51.
29
Fra Ginepro, San Francesco di Assisi, il più italiano dei santi, cit., pag. 52.
30
ibidem, pag. 52.
11
nostro programma e poi lanciarsi sul campo di battaglia, a compiere
l'apostolato di pace…in famiglia e nella società, in casa e per le strade"
32
.
L'Antonio Conio che si preparava ad entrare in convento era
probabilmente un giovane che aveva maturato col tempo la sua vocazione,
rifiutandone l'aspetto meramente contemplativo per interpretare, invece, il
ministero religioso come un'inevitabile contatto con la gente semplice che
conosceva bene. È importante sottolineare che individuando nell'Ordine
francescano l'avanguardia sia religiosa che nazionale del popolo italiano,
fra Ginepro si sentì investito da una missione che lo legava
indissolubilmente ai suoi conterranei.
1.2: L'ingresso in convento e l'attività di scrittore
Nell'aprile del 1928 Fra Ginepro, non appena diventato dottore in
filosofia, decise di entrare nel convento di S. Barnaba ed iniziò il suo
noviziato. Sembra essere il prevedibile sbocco della sua vocazione.
Assecondata la volontà paterna di terminare gli studi, ora finalmente
poteva dedicarsi alla cura delle anime.
In convento gli venne riconosciuto il nome di fra Ginepro che aveva
usato nelle sue peregrinazioni da terziario. È raro che un cappuccino
possa scegliersi il suo nome e questo indica la considerazione di cui
godeva il giovane Antonio già prima dell'ingresso in convento,
probabilmente in quanto organizzatore, un anno prima, del Congresso
Serafico per i terziari francescani.
A quei tempi fra Ginepro era un nome sulla bocca di tutti, ma non tanto
per le orazioni religiose dell'ex studente di Pompeiana, quanto per le
31
Fra Ginepro da Pompeiana, "Le due Beatrici Francescane: Sorella Clara e Madonna Jacopa", in "Il
Cavaliere di Cristo e la Milizia Serafica", cit., pag. 10.
32
Fra Ginepro da Pompeiana, "Pompeiana: Borgo Francescano", in "Il Cavaliere di Cristo e la Milizia
Serafica", cit., pag. 19
12
imprese di Gino Allegri, pilota d'aereo e discepolo di D'Annunzio, il quale
era solito affibbiare ai suoi seguaci i nomi dei primi francescani. Si
potrebbe pensare che Antonio Conio avesse scelto il suo pseudonimo
come richiamo a questo legionario dell'impresa fiumana (a cui aveva dato
il suo contributo di assistenza spirituale anche il famigerato padre
Reginaldo Giuliani, uno dei punti di riferimento del frate per la futura
esperienza da cappellano militare). Tuttavia, la testimonianza rilasciatami
personalmente da padre Celso da Favale, compagno conventuale di fra
Ginepro a Loano negli anni Cinquanta, supporta la tesi per cui il Conio
abbia scelto come riferimento direttamente uno dei primi discepoli di San
Francesco.
33
La forte vocazione dell'aspirante frate, testimoniata anche dal richiamo
nominale ad una personalità così importante del francescanesimo,
conobbe però delle difficoltà al momento di concretarsi.
Il novizio cappuccino sembrava temere la delusione dei genitori per la
sua scelta
34
che, sicuramente, non si conciliava con le loro ambizioni. Ma
"Tugnolo" non aspirava ad un futuro cattedratico. Secondo lui "oggi c'è
pieno di gente che studia; di laureati se ne incontrano a ogni passo, fino
alla molestia per non dire fino alla nausea. Un professore quindi vale
assai meno di un sacerdote. Di sacerdoti ce ne sono sempre troppo
pochi"
35
. Sosteneva che il sacerdote può avvicinare più facilmente le
persone ed era un interlocutore privilegiato per chiunque. E poi, come
abbiamo già visto, secondo fra Ginepro, un francescano gode il privilegio
di appartenere ad un Ordine per cui l'apostolato al servizio della gente era
l'unica coerente interpretazione del messaggio evangelico.
33
In particolare fra Ginepro (e ci stiamo riferendo a quello vissuto nel XIII secolo) si distingueva per la sua
esuberante eccentricità - tanto da meritarsi il soprannome di "giullare di Dio" - e per l'enorme forza di
volontà che lo portò a considerare l'esempio come fondamento della predicazione evangelica e a
radicalizzare, al momento della morte di Francesco, l'elemento pauperistico dell'Ordine, che sarà poi motivo
di scontro con la gerarchia ecclesiastica romana. La scelta di un nome così impegnativo indica quanto lo
studente Antonio Conio sentisse la vocazione religiosa e le modalità per espletarla.
34
"Un mattino, seguendo il corso delle stelle, me n'ero andato per sempre da casa. Per non distruggere le
speranze dei miei genitori avevo detto una bugia: invece di novizio mi ero fatto credere professore; invece di
essere in un convento austero a imparare la regola di San Francesco, avevo fatto credere di essere in un
collegio a insegnare lettere. Alcuni amici universitari mi aiutarono in questo inganno…". Fra Ginepro da
Pompeiana, Convento e Galera, cit., pag. 221.
35
Ibidem, pag. 222
13
Se nella ricostruzione a posteriori di questo periodo il frate rammentò
anche la delusione dei suoi genitori, non omise di riportare anche i dubbi
ed il travaglio interiore che accompagnarono questa scelta. Infatti pur
ammettendo che "la voce di Dio assicura che vi è una vocazione più
splendida di ogni speranza: il sacerdozio"
36
, tuttavia l'aspirante
cappuccino avvertì spesso la nostalgia per le libertà del laicato:
Tutti i giorni però non sono così radiosi e ottimisti. Dalla cella, dove ho serrato la
giovinezza per conquistare il cielo, non sempre so seguire con limpida gioia il volo
frenetico della rondine e quello canoro dell'allodola.A volte gli stornelli degli
innamorati, che salgono dal viottolo fiancheggiante il muro della clausura, turbano il
cuore e lo riempiono di malinconia. Perché devo rinunciare a ciò che gli stornelli
promettono? Perché devo incatenare il cuore, proprio quando vorrebbe cantare e
volare ad ali spiegate? Perché, dopo aver reciso la chioma, devo soffocare i palpiti?
Forse è meglio che torni sulle strade del mondo dove le fanciulle sedicenni sorridono
come tante madonnine.
37
Ma la vita conventuale era oramai la nuova realtà di fra Ginepro, il quale
continuò la sua attività di predicazione nelle sagre di paese
38
e, nella sua
personale opera di valorizzazione della Liguria, poteva ora avvalersi di un
valido strumento di erudizione quale la biblioteca di San Barnaba. Maturò
in questo periodo, infatti, la fortuna di fra Ginepro come scrittore e
giornalista.
Dal 1930 iniziò a pubblicare articoli sui principali quotidiani di Genova.
"Il Giornale di Genova", "Il Nuovo Cittadino" e "Il Secolo XIX" accolsero
profili di storia ligure, estasiate descrizioni di santuari, cronache di
manifestazioni religiose e biografie di personaggi minori. Le parole del
frate venivano sempre accolte in terza pagina e, talvolta, portavano come
36
Fra Ginepro, Il mio saio: una bandiera, cit., pag. 5
37
Fra Ginepro, Il mio saio: una bandiera, cit., pag. 7.
38
Ne L'Angelo Soldato, opera citata di G. Mazzoni, l'autore riporta un articolo pubblicato su "Il Giornale di
Genova" nel settembre 1932, in cui racconta di aver partecipato alla "Sagra della Castellania" di Rezzo
14
firma Tugnolo, forse, a suo parere, per via di "quei cronisti anziani che
hanno conservato nello spirito liberaleggiante un po' di ruggine
anticlericale"
39
.
Tuttavia la popolarità di fra Ginepro crebbe presto anche nelle redazioni,
tanto che nel dicembre 1932, non appena ordinato sacerdote, venne
proclamato cappellano dei giornalisti liguri.
Questa attività pubblicistica anticipò i due scritti più importanti del frate
del periodo precedente la sua partecipazione alle guerre fasciste. Difatti,
con La Famiglia Ruffini e con Riviera d'Oro, editi rispettivamente nel 1931
e nel 1932, il frate parve organizzare in maniera più compiuta il suo credo
sociale e politico.
In entrambe queste pubblicazioni si può notare, non solo
l'approfondimento erudito che trapela dalle numerose citazioni e dai molti
rimandi ad opere di storia locale, ma anche l'attenzione costante per ogni
aspetto della cultura ligure, che il frate scandaglia a fondo, sia perché
intento alla valorizzazione della sua terra, sia perché alla ricerca di
episodi e uomini che suffraghino la possibilità di far incontrare amor
patrio e fede cristiana.
La Famiglia Ruffini fu preparato da una serie di articoli pubblicati da
diversi quotidiani genovesi
40
e dovette godere di ottima considerazione.
Infatti la casa editrice era la cattolica Società Editrice Internazionale ed il
libro venne accolto da molte recensioni favorevoli.
41
Il libro narra le vicende di una famiglia di Taggia (paese della Riviera
ligure di Ponente) che vide la partecipazione di tre fratelli alle attività
cospiratorie della Giovine Italia. Conseguentemente alla partecipazione ai
insieme al giovane frate. A corredare l'informazione riporta una fotografia che ritrae fra Ginepro col
giornalista, insieme a pittoreschi personaggi presenti all'evento. Cfr. G. Mazzoni, op. cit., pagg. 153/162.
39
Fra Ginepro da Pompeiana, Il mio saio: una bandiera, cit., pag. 17
40
Articoli pubblicati, perlopiù, negli ultimi mesi del 1930 e ad inizio 1931 su "Il Nuovo Cittadino" e su "Il
Giornale di Genova".
41
La prefazione della seconda edizione, uscita a soli quattro mesi dalla prima, fu scritta addirittura dal
senatore Paolo Boselli, il quale, nel presentare il libro, sembra avvalorare lo sforzo del frate, sostenendo che
"in queste pagine è luce di idealità santa, è specchio di bellissimo Paese. Le domina la Madonna di
Lampedusa con il ricordo del libro, che diede a tanti cuori, segnatamente in estere contrade, il sospiro e il
genio operoso per l'Italia risorgente". Fra Ginepro da Pompeiana, La Famiglia Ruffini, 2° ed., Torino,
Società Editrice Internazionale, 1932, pag. III. Alcune recensioni sul libro del cappuccino ligure comparvero
su "Il Popolo d'Italia" , su "Il Nuovo Cittadino", su "Il Corriere Mercantile", su "Il Secolo XIX" e su testate
minori. Sono pubblicate nella seconda edizione di La Famiglia Ruffini.
15
moti del 1833, uno di essi - Iacopo - morì in carcere e due furono costretti
esuli. E l'attenzione del frate si concentrò soprattutto nell'analizzare
l'evoluzione ideologica dei due superstiti - Giovanni ed Agostino - che
gradualmente si allontanarono dall'amico Mazzini, compagno di esilio, per
riavvicinarsi, grazie all'influenza materna, alla pratica religiosa.
Fra Ginepro finisce così per costruire un romanzo storico didascalico
dove si muovono personaggi esemplari come Leonora, madre dei due
esuli; come padre Agostino, cappuccino destinato ad intervenire nel
recupero spirituale soprattutto di Giovanni; come Giovanni Ruffini,
brillante scrittore e ambasciatore a Parigi una volta terminato il suo esilio.
Lo stesso Mazzini, attraverso l'analisi del suo carteggio con la famiglia di
Taggia, venne rappresentato in tutto il suo travaglio spirituale e filosofico.
E se è verosimile che fra Ginepro abbia voluto costruire un romanzo
storico, dobbiamo considerare I Promessi Sposi come il modello per
questa sua fatica. È, a proposito, indicativo che il 2 gennaio 1931,
qualche settimana prima dell'uscita del libro, fosse comparso un articolo
del frate su "Il Nuovo Cittadino" in cui ricostruiva la vita reale del fra
Cristoforo manzoniano e ne rammentava il quarto centenario della morte.
In questa sede, dopo aver incensato il personaggio del romanzo, il quale
"rappresenta l'incarnazione dello spirito francescano"
42
, concludeva con
un elogio appassionato al Manzoni e al suo capolavoro, "massimo
romanzo di bontà evangelica"
43
che, a suo dire, costituiva un
imprescindibile modello letterario:
Perciò la figura di Padre Cristoforo è un personaggio che tutte le età portano sulla
scena; una creazione simbolica in cui si assommano i valori del cristianesimo; ma ci
piace che il Manzoni l'abbia ricavata dalla realtà, riesumandola dagli archivi,
vivificandola col suo genio potente dalle pergamene; ci piace che l'abbia ritrovata in
quella famiglia poverella che rinnova nella vita e nelle opere la mirabile primavera
italica del Vangelo; dai cappuccini che - secondo una felice espressione del Gioberti -
42
Fra Ginepro da Pompeiana, "La realtà storica del protagonista ideale dei Promessi Sposi", ne "Il Nuovo
Cittadino", 2/1/1932.
43
Fra Ginepro da Pompeiana, La Famiglia Ruffini, cit., pag. 33