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Introduzione
Il cinema, l‟arte e la musica sono da sempre stati le mie più grandi passioni.
La ragione che mi ha spinto, dopo il liceo, a seguire un corso di laurea che
riguardasse il mondo del cinema e del teatro, è stato il desiderio di trovare delle
risposte, a una semplice domanda che mi si poneva ogni volta che guardavo un
film: cosa si nasconde dietro quello schermo? Ogni volta che andavo al cinema,
mi chiedevo in che modo quello spettacolo fosse nato, quali figure si celavano
dietro e soprattutto, che tipo di lavoro potesse esserci per arrivare a realizzare
quello che uno o più uomini potevano aver pensato. Cosi, spinta da questa
curiosità, ho deciso di approfondire questo mondo: tra lezioni di cinema, teatro,
regia, montaggio, workshop, ecco che oggi, giunta al termine del mio percorso
universitario, mi trovo a dover affrontare l‟esame finale. E cosi, quale
argomento trattare? Ho iniziato a riflettere su tutti i film e registi che ho studiato,
sui nomi dei grandi del cinema classico hollywoodiano, del cinema moderno e
contemporaneo, e non solo: sugli attori o attrici che mi hanno particolarmente
colpita e su specifiche figure professionali che ho avuto modo di conoscere.
L‟unica cosa di cui ero certa, era di voler approfondire un regista
contemporaneo, un artista che tutt‟oggi continuasse a lavorare e produrre opere.
Il caso ha voluto che la mia relatrice, qualche tempo prima, fosse rimasta colpita
dall‟installazione Col tempo di Péter Forgács, presentata nel Padiglione
ungherese alla 53° edizione della Biennale di Venezia nel 2009. Cosi incuriosita
dal racconto della Prof.ssa Jovicevic, ho deciso di approfondire l‟arte di
quest‟uomo: non conoscevo nulla del suo lavoro, né delle sue opere. Un tema
del tutto nuovo. Ho iniziato le ricerche ed ecco che ho scoperto un movimento
cinematografico, ancora poco conosciuto in Italia, ma estremamente
interessante: il found footage, a cui Péter Forgács è particolarmente legato.
Obiettivo di questa ricerca sarà quello di analizzare le sue opere, in relazione a
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questo specifico filone cinematografico, conoscere la sua storia, capire il suo
lavoro e soprattutto il motivo che lo spinge ancor oggi a realizzare film e
installazioni di questo tipo. Le opere degli artisti che appartengono a questa
corrente, racchiudono i più disparati generi cinematografici: vecchie bobine,
documentari educativi, film amatoriali, di serie B.
E‟ la storia di un cinema, i cui artisti riprendono tra le mani metri di pellicola, li
osservano, li rimontano, ne fanno un collage. È un cinema fatto in una stanza, di
artisti solitari che rielaborano i fotogrammi, sezionano vecchi film, li alterano
chimicamente. Ne escono film lirici, strutturali e metrici, dai ritmi indiavolati ed
esplosioni cromatiche. C‟è chi scava negli archivi, per fare emergere ciò che il
„900 ha rimosso. In altre parole, un procedimento di costruzione delle immagini
da sempre esistito, ma che solo verso la fine degli anni ‟90 si è diffuso
maggiormente, fino a diventare oggi una delle pratiche più utilizzate dai cineasti
sperimentali. Sono autori che scelgono accuratamente fotogrammi, una sequenza
specifica o l‟intero materiale filmico per riscrivere e ricreare un senso, un
inaspettato significato e per fornire un‟ulteriore chiave di lettura del materiale
cinematografico preesistente. A seguito di una più dettagliata descrizione di
questa corrente cinematografica, l‟obiettivo del primo capitolo sarà quello di
fornire una panoramica e un‟analisi di esempi che illustrano il contesto europeo
e internazionale, entro il quale si è sviluppata questa nuova pratica, con
particolare attenzione all‟artista preso in esame: Péter Forgács.
La ricerca studierà una serie di opere audiovisive, registi sperimentali e video
artisti dall‟origine del cinema fino agli anni 90, anni in cui il found footage è
esploso. A seguire, il secondo capitolo offrirà una descrizione del contesto
storico e culturale dello stato magiaro, paese in cui è nato e maturato Péter
Forgács. Ripercorrere brevemente alcuni degli eventi più significativi che hanno
coinvolto lo stato ungherese, dagli anni della Grande Guerra fino ai tempi più
recenti; ricordare le opere dei maestri, poeti, scrittori, registi, della cultura
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contemporanea di questo paese, viene a essere un valido aiuto per comprendere
in modo più chiaro, il contesto storico e culturale, in cui artisti come Forgács,
sono maturati: egli, infatti, come vedremo nel terzo capitolo, ha legato in modo
personalissimo il proprio lavoro alla Storia del proprio paese e al fluire dei suoi
eventi. Conoscere le vicende personali, gli avvenimenti storici che hanno
influito sulla vita dell‟artista, sono senza dubbio degli elementi determinanti per
riuscire a capire il suo lavoro e per analizzare in modo critico le scelte e lo stile
delle sue opere. La storia contemporanea ungherese è stata segnata da episodi
particolarmente significativi. L‟Ungheria è un Paese che ha visto susseguirsi tra
il 1914 e il 1990 due guerre mondiali, due rivoluzioni, genocidi, terrore bianco e
rosso, significativi riassetti territoriali e ristrutturazioni sociali, nonché si sono
succeduti ben nove diversi ordinamenti politici. Vicende significative, che al
contempo non hanno di certo ostacolato la nascita d‟importanti figure riguardo
l‟arte, il cinema e la letteratura. Come già accennato, nel terzo capitolo, mi
appresterò ad analizzare la dimensione entro cui si muove l‟artista Péter
Forgács: gli archivi privati e filmati amatoriali di famiglia. Per fare questo ho
preso come riferimento il testo di Luigi Avantaggiato Home Stories. Il filmino di
famiglia nelle pratiche artistiche contemporanee
1
, in cui affronta con particolare
attenzione il tema della specificità delle immagini amatoriali, da un punto di
vista epistemologico e psicologico, le nozioni di memoria, testimonianza,
documento e archivio, muovendosi prevalentemente tra cinema e arte
contemporanea e dedicando diverse pagine al video artista Forgács, verso cui è
chiara la forte simpatia.
L‟ultima parte della ricerca è infine dedicata alla descrizione e all‟analisi filmica
di alcune opere forgacsiane. Bertetto, nella sua introduzione al testo
Metodologie di analisi del film spiega cos‟è l‟analisi filmica: “puntando
1
L. Avantaggiato, Home Stories. Il filmino di famiglia nelle pratiche artistiche contemporanee, Bulzoni Editore,
Roma, 2010.
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sistematicamente allo smontaggio del testo, alla scomposizione delle
componenti e, insieme, all‟interpretazione di quel sottotesto operante nel testo
filmico che ne costituisce la rete di relazione simboliche”.
2
Tenterò quindi di
dare un‟interpretazione del sottotesto filmico, di “vedere oltre la soglia
percettiva, vedere in profondità al di là della mera apparenza”
3
, quello che c‟è al
di sotto dell‟immagine. Sarà quindi analizzato il suo elaborato lavoro di ricerca,
dall‟archiviazione dei filmati amatoriali, al montaggio di documentari “d‟arte”.
Le sue opere video, in cui sono rimontate pellicole “non ufficiali”, film di
famiglia e amatoriali raccolti in quasi vent‟anni di ricerche, percorrono il corso
del Novecento, focalizzando lo sguardo su memorie legate ai drammatici eventi
della Seconda guerra mondiale e agli anni che immediatamente la precedettero e
seguirono. L‟Olocausto si presenta oggi come una questione ancora aperta e
Forgács, con la sua Private Hungary, rientra perfettamente in questo scenario.
Nel corso del XX secolo, diversi registi hanno realizzato filmati, documentari e
installazioni riguardo la Shoa. Sarà fatto, a tal proposito, un breve accenno alle
opere e al metodo di lavoro di un altro artista contemporaneo: il francese
Christian Boltanski. Come l‟artista ungherese, egli recupera dagli archivi,
fotografie e filmati amatoriali, strappandoli dal loro contesto originario, dando
vita a interessanti installazioni di carattere documentario e grande importanza
storica.
I tragici avvenimenti della Seconda Guerra mondiale, i momenti della vita
quotidiana delle famiglie ungheresi, sono quindi raccontati nella serie Private
Hungary, considerata l‟opera più importante di Forgács. Microstorie ricostruite
in forma di evocazione lirica che rivelano l‟inesorabile passaggio del tempo
testimoniando le tragedie del secolo scorso, dove appare centrale la
persecuzione contro gli ebrei. Frammenti ricomposti da Forgács con un
2
P. Bertetto, Introduzione, in Metodologie di analisi del film, Editori Laterza, Bari 2010, p.5.
3
Ivi, p.9.
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complesso dispositivo di montaggio: le immagini prima riesumate e poi
elaborate si sposano alla musica minimalista di Tibor Szemzö in un incontro
emozionale di suoni e forme. Egli tenta di recuperare la memoria privata della
sua nazione, attraverso l‟utilizzo e il rimontaggio delle immagini della sfera
privata raccolte da inconsapevoli operatori e l‟inserimento di filmati della storia
ufficiale. La parte conclusiva del capitolo offre infine l‟analisi di altre opere
forgacsiane: filmati found footage e installazioni dell‟artista, distanti dal tema
della Shoa e della persecuzione ebraica. Opere che abbracciano temi diversi, che
riguardano l‟arte, la filosofia, i problemi sociali, realtà quotidiane di uomini
comuni. Forgács è un uomo che racconta storie, storie di vita degli uomini.
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Capitolo I
IL FILMATO RITROVATO
Tutto quel che vediamo può essere altrimenti.
Tutto quello che possiamo descrivere può essere altrimenti.
Péter Forgács
1. Found footage: principali tecniche e concetti chiave
I film found footage, cosi chiamati nel campo del cinema sperimentale e
d‟avanguardia, si presentano come filmati realizzati interamente o
principalmente di frammenti d‟immagini, riprese girati da altre persone,
presentati in una nuova disposizione e di conseguenza, dotati di nuovi
significati. I precursori di questa pratica, dunque, non fanno altro che
riutilizzare, anziché produrre ex novo, filmati già esistenti, ricontestualizzandoli
in nuove opere.
Se facciamo un passo indietro, vediamo come già nel „900, il pittore e scultore
Pablo Picasso anticipò questa modalità operativa servendosi del collage,
prendendo dalla realtà dei ritagli di giornale, spartiti musicali, carta da parati e
quant‟altro potesse incollare sulla sua tela. Che l‟arte del Novecento abbia
adottato la logica del recupero dei materiali già esistenti, lo testimonia anche la
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più grande intuizione artistica prodotta da questo secolo: il ready-made
4
.
Scegliendo prodotti industriali di uso comune, Marcel Duchamp
5
si limita a
indicare come opera d‟arte una serie di oggetti già fatti: una ruota di bicicletta
(Roue de bicyclette, 1913), uno scolabottiglie (Egouttoir, 1914), e ancora, un
badile da neve (In Advance of the Broken Arm, 1915), un orinatoio in porcellana
(Fontaine, 1917). Nessun tentativo quindi, da parte dell‟artista, di fabbricare un
oggetto da zero, ma di scegliere tra quelli già esistenti e utilizzarli o modificarli
con un intento specifico. La domanda che ci si pone non è “Cosa si può fare di
nuovo?”, ma piuttosto “Cosa si può fare con questo?”. In questo senso il found
footage si trova in sintonia con l‟idea duchampiana di ready made, che ha
rivoluzionato la concezione del processo creativo, sostenendo che l‟atto di
selezione e inserimento di un oggetto esistente in un nuovo contesto, è
sufficiente a stabilire l‟operazione artistica: la cosiddetta arte di appropriazione
può essere considerata di pari livello alle pratiche artistiche più conosciute, quali
la pittura e la scultura.
E cosi, all‟interno del vasto panorama del film d‟avanguardia e sperimentale,
nasce e si sviluppa, una tendenza relativa quindi, all‟elaborazione artistica di
materiale preesistente, già filmato. Cosi il found footage, letteralmente “pellicola
ritrovata”, è il termine che è stato scelto per indicare l‟uso, la trasformazione e la
re-interpretazione di qualsiasi tipo d‟immagine scoperta casualmente o
selezionata: l‟immagine di repertorio, l‟immagine cioè già pensata, creata e
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Il concetto di ready-made, insieme al problema del gesto dell'artista come "selettore" dell'oggetto d'arte, sono
stati il punto di partenza per le varie forme di arte concettuale. Il ready-made è un comune manufatto di uso
quotidiano (un attaccapanni, uno scolabottiglie, un orinatoio, ecc.) che diventa opera d'arte una volta prelevato
dall'artista e posto così com'è in una situazione diversa da quella di utilizzo, che gli sarebbe propria. Il valore
aggiunto dell'artista è l'operazione di scelta, o più propriamente d‟individuazione casuale dell'oggetto, di
acquisizione e d‟isolamento dell'oggetto.
5
Pittore, scultore, considerato fra i più importanti e influenti artisti del XX secolo, nella sua lunga attività si
occupò appunto di pittura, fu animatore del dadaismo e del surrealismo, e diede poi inizio all'arte concettuale,
ideando il ready-made e l'assemblaggio. Il concetto di ready-made, insieme al problema del gesto dell'artista
come "selettore" dell'oggetto d'arte, sono stati infatti il punto di partenza per le varie forme di arte concettuale.
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codificata da qualcun altro, che a distanza di tempo riacquista nuova forma e
nuovo significato, in un contesto totalmente modificato.
Dal materiale d‟archivio al film hollywoodiano, dal documentario scientifico al
film di serie B, dal film amatoriale al reportage televisivo, dal materiale
pornografico a quello pubblicitario: qualsiasi tipo d‟immagine può essere
smontata e rimontata, spogliata del suo originario sonoro, spesso rifotografata
fino a modificarne la materia. “ Il film found footage esalta spesso il valore della
bassissima definizione, lavora sulla grana dell‟immagine, mettendola al centro
del „discorso narrativo‟, fino a farla diventare spesso l‟unica finzione
possibile”
6
. Così Bruno Di Marino, noto storico del cinema e degli audiovisivi,
descrive questa nuova pratica e ci ricorda come già nel 1936 l‟artista Joseph
Cornell, a cui si attribuisce l‟invenzione di questa tecnica, con Rose Hobart,
aveva compiuto un‟operazione dadaistica di found footage, rimontando in 16
mm senza ordine logico e ricolorando alcune sequenze di East of Borneo. In
questo modo ha dato vita a un genere che è alla base di molte sperimentazioni
contemporanee che giocano sulla stratificazione semantica. Nonostante abbia
una lunga storia, il film found footage è passato inosservato per lungo tempo e
solo a partire dagli anni ‟90 sono iniziati una serie di mostre, festival di cinema
sperimentale, musei dedicati ai film di questo genere, che hanno portato con loro
una serie di pubblicazioni, attraverso le quali si è cominciato a riempire il vuoto
della letteratura su questo fenomeno.
1.1 L’intervento sull’immagine. Ritocco e rimontaggio
E‟ difficile descrivere l‟intera gamma delle possibilità tecniche, formali e
stilistiche che si verificano all‟interno di questa pratica. Nelle ormai numerose
6
B. Di Marino, L’impronta del tempo, in “Segnocinema. Rivista cinematografica sperimentale”, n.97, magg.-
giu.1999, p.72.
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opere audiovisive, infatti, i modi di riutilizzo delle immagini sono molteplici,
come lo sono i materiali, la tecnica, lo stile, l‟approccio o l‟intento.
I filmati recuperati sono sottoposti a diverse tecniche di manipolazione
dell‟immagine o ritocco digitale: l‟artista o regista, può intervenire attraverso
azioni fotochimiche direttamente sul supporto delle immagini. Qui l‟attenzione è
rivolta alla pellicola, che viene graffiata, raschiata, forata, tinta, trattata con
candeggina o altre sostanze chimiche. Un esempio di film in cui l‟artista ha
manipolato e trattato le immagini di celluloide dei filmati originali, è l‟artista
spagnolo Albert Alcoz in Elefanti Test. Alcoz acquistò in un negozio di
fotografia un rotolo di Super8 che conteneva un film muto francese degli anni
‟70, girato in quella che appare come la savana africana durante una spedizione
o Safari, concentrandosi successivamente in un branco di elefanti e di persone
che li studiano o li cacciano con una jeep. Il film già danneggiato dal passaggio
del tempo, è stato manipolato, sbiadito, graffiato e trattati con candeggina con
l‟intenzione di abolire, in tutto o in parte alcune delle immagini.
Oltre a questo tipo di manipolazione delle immagini attraverso interventi che
modificano, nascondono o ostruiscono la visione delle immagini originali, ci
sono altre procedure manuali che vengono utilizzate all‟interno del cinema
sperimentale. Tuttavia, eliminare, cancellare, nascondere, ritoccare le immagini
non è mai stato cosi facile ora, grazie alle immense possibilità offerte dagli
strumenti digitali: cosi i vecchi filmati vengono ritoccati digitalmente, grazie
all‟uso di software specifici. Martin Arnold, uno dei registi sperimentali del
decennio, per il suo film Deanimated (2002) ha utilizzato la tecnologia digitale,
spazzando via tutti i personaggi del film hollywoodiano The Ghost invisible
(1941), rendendo lo spazio vuoto, il vero protagonista del pezzo. In linea con il
titolo originale, ha reso tutti i personaggi fantasmi invisibili, creando un film