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2 Introduzione
2.1 L’ammoniaca
L’ammoniaca è un inquinante degli ambienti acquatici ed è il prodotto delle trasformazioni
biologiche di inquinanti a base di azoto, oltre a rappresentare la fonte di sostanze che favoriscono
l’accelerazione dei processi di eutrofizzazione. E’ più dannosa se si trova in alte concentrazioni in
quanto provoca un impoverimento di ossigeno delle acque di scarico riducendo il potere
disinfettante del cloro ed esponendo ad agenti patogeni le specie acquatiche viventi. La
sperimentazione di diversi metodi chimici e fisici, il migliore dei quali è la
nitrificazione/denitrificazione biologica, ha potuto rimediare a questa diminuzione della qualità
dell’acqua.
Tuttavia col passare del tempo è aumentato l’interesse per i processi di ossidazione avanzata
(AOPs, Advanced Oxidation Process) che ha portato ad applicarli all’abbattimento dell’ammoniaca
nelle acque.
2.1.1 Abbattimento fotocatalitico
La fotocatalisi è un metodo catalitico applicato a reazioni fotochimiche condotto mediante l'ausilio
di un catalizzatore che esplica la sua azione quando irradiato con luce di opportuna lunghezza
d'onda. I fotocatalizzatori classici sono costituiti da composti metallici quali TiO
2
, studiato in questo
lavoro di tesi in quanto più attivo e più utilizzato, ZnO, CeO
2
, ZrO
2
, SnO
2
, CdS, ZnS.Il meccanismo
di queste reazioni fotoindotte è il medesimo: la radiazione luminosa colpisce la superficie del
catalizzatore fornendo energia; se questa energia è sufficiente alla promozione di un elettrone dalla
banda di valenza (VB) a quella di conduzione (CB) del catalizzatore si ha una separazione di carica
per cui l’elettrone si sposta al livello energetico superiore lasciando nella banda di valenza una buca
(h
+
). Essendo entrambe le specie e
-
CB
e h
+
VB
molto reattive possono dar luogo a reazioni chimiche
termodinamicamente non favorite o richiedenti un apporto energetico molto elevato, ad esempio lo
splitting dell’acqua.
La fotocatalisi è un processo di ossidoriduzione grazie al quale si ottengono in soluzione le seguenti
specie:
TiO
2
+ hv e
cb
-
+ h
vb
+
Tali specie producono idrossil radicali OH˙ che hanno la capacità di ossidare vari inquinanti. In
questo caso particolare l’obiettivo è quindi eliminare l’ammoniaca presente, trasformandola prima
in ioni nitrito (NO
2
-
) e poi nitrato (NO
3
-
), meno tossici e pertanto più tollerabili per gli esseri viventi
acquatici. Infatti, mentre i nitrati sono meno pericolosi, un’alta concentrazione di nitriti e
ammoniaca può essere mortale, in quanto molto tossici per inalazione, contatto epidermico ed
ingestione.
2.1.2 Abbattimento biologico: ciclo dell’azoto negli acquari
Il ciclo dell’azoto è un processo biologico mediante il quale dei particolari batteri, i Nitrosomonas e
i Nitrobacter, trasformano i rifiuti organici azotati dei pesci e degli invertebrati in nitrati, meno
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nocivi e più tollerabili per gli esseri viventi, essendo proprio la presenza di sostanze pericolose per
la sopravvivenza dell’ecosistema il problema principale di un qualunque acquario. I pesci, infatti,
liberano azoto in acqua direttamente in forma di ammoniaca (animali ammoniotelici) diversamente
dagli animali terrestri che producono urea (animali ureotelici) e acido urico e (animali uricotelici).
L’ammoniaca quando si trova in forma neutra (NH
3
)
è molto tossica per tutti gli esseri viventi;
fortunatamente tale forma si ha solamente a pH molto alcalini (10-12), mentre a pH tipico
dell’acquario d’acqua dolce (6.5-8.5) la si trova in forma ionica NH
4
+
, decisamente meno dannosa.
L’ammoniaca deve essere quindi rapidamente trasformata, data la sua tossicità anche a basse
concentrazioni, in prodotti meno pericolosi per l’ecosistema e di ciò si occupano diversi ceppi
batterici presenti soprattutto nel filtro, sul fondo della vasca e in sospensione nella soluzione
acquosa.
Per quanto riguarda le sostanze solide, esse sono sottoposte ad una decomposizione delle proteine,
chiamata “Decomposizione delle albumine”, per poi essere trasformate in amminoacidi e ioni
ammonio (o ammoniaca).
La nitrificazione si divide in due fasi: la prima è caratterizzata dalla presenza di batteri aerobi
nitrificanti, i Nitrosomonas che si occupano di trasformare, in presenza di ossigeno e attraverso
svariati passaggi, l’NH
3
/NH
4
+
in NO
2
-
; la seconda è caratterizzata dalla presenza di batteri
Nitrobacter, che trasformano gli NO
2
-
in NO
3
-
. La quantità di ossigeno consumata durante i vari
passaggi è notevole.
• Ossidazione di ammoniaca a nitrito:
NH
4
+
+ 3/2 O
2
→ 2H
+
+ NO
2
-
+ H2O
Questa reazione avviene in due stadi:
NH
4
+
+ 1/2 O
2
→ NH
2
OH + H
+
NH
2
OH + O
2
→ H
+
+ H
2
O + NO
2
-
• Ossidazione da nitrito a nitrato:
NO
2
-
+ 1/2 O
2
→ NO
3
-
In natura altri appositi batteri libererebbero l’azoto allo stato gassoso, concludendo così il ciclo con
la fase di denitrificazione. Ciò tuttavia non avviene per l’acquario e pertanto il ciclo rimane
incompleto. L’NO
3
-
viene quindi eliminato mediante assorbimento da parte delle piante oppure
diluito dai periodici cambi parziali di acqua. È necessario monitorare il livello di nitrati accumulati
nel tempo: questo infatti non deve superare una concentrazione limite, oltre il quale i pesci
sarebbero costretti ad un costante stress metabolico e immunitario, con conseguente pericolo di
proliferazioni batteriche nocive alla loro salute: tale concentrazione per un acquario marino
corrisponde a circa 10-15 ppm, mentre per un acquario di acqua dolce può arrivare fino ad un
massimo di 50 ppm. Una mancanza di ossigeno, inoltre, porterebbe alla denitrificazione: si
genererebbe un’esplosione batterica con inversione del ciclo dell’azoto e trasformazione di NO
2
-
in
NH
3
.
Per la sopravvivenza di tutte le specie acquatiche, e soprattutto nel caso di un ambiente chiuso come
l’acquario, il ciclo dell’azoto è quindi fondamentale. Il suo avviamento, in un nuovo acquario,
richiede circa un mese, che corrisponde al tempo necessario affinché si abbia un sufficiente
accumulo di ammonio, indipendentemente dall’introduzione di batteri vivi.
13
3 Catalizzatore
Il biossido di titanio, data la sua facile produzione in grandi quantità e a costi bassi, è il
fotocatalizzatore più conosciuto. Per le sue proprietà viene utilizzato anche in altri campi, come
quello delle celle fotovoltaiche con sensibilizzatore a colorante (DSSC o Grätzel). E’ stato
dimostrato come i sistemi fotocatalitici a base di biossido di titanio siano in grado di distruggere
batteri e virus, purificando l’aria e l’acqua: per questo motivo tale catalizzatore viene adoperato
anche per la sterilizzazione e produzione di ceramiche autopulenti per ospedali od altri luoghi dove
l'igiene è fondamentale. Per alcune di queste specie inquinanti, infatti, si verifica, sia in fase gassosa
che liquida, una mineralizzazione totale con completa degradazione a biossido di carbonio, acqua
ed anioni inorganici non pericolosi per la salute umana.
L’utilizzo del biossido di titanio come fotocatalizzatore nei processi di abbattimento di inquinanti in
aria e in acqua è aumentato negli ultimi anni, trovando sempre maggiore impiego nel campo
industriale come additivo per materiali da costruzione e per rivestimenti esterni. In particolare,
alcune ricerche sinora condotte hanno constatato la possibilità di fotoossidare con TiO
2
l’ammoniaca in soluzione acquosa con formazione di ioni NO
3
-
e NO
2
-
e in atmosfera con
formazione di N
2
, N
2
O e NO.
Viste le tecniche attualmente in uso, in questo lavoro di tesi si studia l’efficacia di una tecnica
innovativa per l’abbattimento dell’azoto ammoniacale che prevede reazioni fotocatalitiche con
biossido di titanio commerciale.
3.1 Struttura e proprietà cristalline
La fotocatalisi è un processo eterogeneo superficiale, pertanto è necessario comprendere le relazioni
esistenti tra la struttura atomica superficiale del biossido di titanio e le sue proprietà chimico-
fisiche. La struttura superficiale dei sistemi di ossidi metallici influenza maggiormente la chimica di
superficie rispetto ai metalli e i semiconduttori elementari, in quanto sono in grado di prendere parte
a legami sia ionici che covalenti.
Il biossido di titanio presenta quattro diverse strutture:
• Rutilo: tetragonale;
• Anatasio: tetragonale;
• Brookite: romboedrico;
• TiO2 B: monoclino.
Le strutture di rutilo, anatasio e brookite possono esser descritte facendo riferimento ad una forma
ottaedrica (TiO
2
6-
) dove la diversità tra le tre forme cristalline è dovuta alla distorsione e
all’assemblamento delle varie catene di ottaedri.
Nell’anatasio gli ottaedri condividono i vertici, nel rutilo gli spigoli e nella brookite si hanno
entrambe le condivisioni. Questo fa in modo che nella brookite vi siano degli ottaedri distorti dove
l’atomo di Ti è posto al centro e gli atomi di ossigeno costituiscono i vertici. Le distanze tra gli
atomi di titanio e di ossigeno sono tutte differenti.
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Figura 2. Strutture cristalline dell’anatasio a), rutilo b), brookite c)
Da calcoli termodinamici basati su dati calorimetrici si è dimostrato che il rutilo è la fase più stabile
a tutte le temperature e pressioni fino a 60 kbar, quindi la più favorita. Ciononostante le differenze
energetiche tra le varie forme (4-20 kJ/mol) suggeriscono che anche gli altri due polimorfi
metastabili hanno alta probabilità di esistenza per valori normali di temperatura e pressione.
Alcuni esperimenti hanno inoltre dimostrato che la stabilità relativa di una fase può esser invertita al
diminuire verso valori sufficientemente bassi di dimensione particellare per via di effetti di energia
superficiale legati all’incremento del rapporto superficie/volume (energia e stress superficiale che
dipendono dalle dimensioni).
In particolare la superficie dell’anatasio è quella che presenta l’energia superficiale più bassa
quando le dimensioni delle particelle sono inferiori a 11 nm; nell’intervallo tra 11 e 35 nm la
stabilità maggiore è della brookite ed infine per dimensioni superiori a 35 nm del rutilo.
3.2 Biossido di titanio Degussa P25
Il biossido di titanio Degussa P25, Figura 3, è nanoparticellato e altamente disperso ed è costituito
principalmente da anatasio (85-70%) e presenta un rivestimento di rutilo sulla superficie (15-30%);
la presenza di entrambi gli allotropi in quelle percentuali permette di migliorare l'attività
fotocatalitica riducendo la ricombinazione buca/elettrone sulla superficie del catalizzatore.
I dati chimico-fisici sono: area superficiale specifica (50±15) m
2
/g, dimensione media delle
particelle primarie 21 nm e diametro medio di 30 nm; il pH in una sospensione al 4% e 3,5-4,5.
Figura 3. P25 Degussa
15
3.3 Biossido di titanio monolita
Il biossido di titanio in forma monolitica, Figura 4, è stato preparato dal gruppo di ricerca della
Dr.ssa Pinuccia Cerrato dell’Università di Torino.
Figura 4. Biossido di titanio monolita
3.4 Meccanismo del processo fotocatalitico
Quando il catalizzatore viene colpito da una radiazione luminosa sufficientemente energetica a
promuovere un elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione, si ha il processo
fotocatalitico; in particolare, il band-gap del biossido di titanio è di circa 3,0-3,3 eV ed è quindi
necessaria un’onda luminosa che abbia energia superiore a suddetti valori: tale onda appartiene al
campo ultravioletto.
A pH 7 i potenziali redox della coppia elettrone/buca risultano essere rispettivamente di -0.53 e
+2.53 V.
Dopo la sua forazione, la coppia buca/elettrone può subire diversi processi foto indotti, dei quali di
seguito vengono riportati i prinipali:
• Generazione dei portatori di carica
• Ricombinazione nel bulk del semiconduttore con dissipazione di energia sotto forma di
calore
• Separazione di carica, migrazione in superficie e fermo in trappole energetiche superficiali