2
fatta eccezione per alcuni studi parziali e per le presentazioni del romanzo in testi di carattere
biografico o antologico.
Nella seconda parte della tesi, dedicata con maggior attenzione ad approfondire i
problemi connessi alla temporalità nel romanzo, si è ritenuto opportuno indagare l’uso delle
voci verbali in particolare per quanto riguarda l’aspetto e il tempo, mettendone in relazione il
valore espressivo con la struttura dei singoli capitoli presi in esame. Sono stati scelti, per la
loro rappresentatività, il capitolo d’apertura – che offre molti elementi di riflessione relativi
sia al trattamento del tempo che alle modalità del discorso dei personaggi – e il terzultimo –
nel quale si concentrano la maggior parte delle tipologie discorsive e temporali presenti
nell’intero romanzo –; successivamente si è cercato di delineare un quadro complessivo delle
questioni affrontate, sulla falsariga fondamentale fornita dal Discorso del racconto di
Genette.
Infine, nell’ultima parte, abbiamo tentato di analizzare più da vicino i problemi sollevati
dall’originale conformazione della parola dei personaggi, situabile a metà strada tra forma
diretta e forma indiretta. Valendoci degli studi di Dorrit Cohn, relativi alle tecniche di
rappresentazione dell’interiorità nel racconto, e delle osservazioni di Alberto Bertoni su
alcuni punti della poetica luciniana, siamo giunti a ipotizzare una possibile spiegazione per
una ‘anomalia’ difficilmente riscontrabile in altri testi non solo dell’epoca. In questa
irriducibile contraddizione è forse allora possibile intravedere quella volontà,
instancabilmente sperimentale, che contraddistingue tutta l’opera di Lucini, alimentata
dall’aspirazione ad una sintesi che, per definizione, può soltanto essere provvisoria.
3
PRIMA PARTE: L’AUTORE E IL TESTO.
1. NOTIZIE BIOGRAFICHE.
Gian Pietro Lucini nasce a Milano il 30 settembre del 1867, da Ferdinando Augusto e
da Luigia Crespi. Nonostante la situazione familiare non sia particolarmente agiata (il padre è
cassiere presso la Cassa di Risparmio di Milano), durante l’infanzia e la prima giovinezza gli
stimoli intellettuali – così ricordati da Lucini in un’Autobiografia
1
T – sono molteplici: «In
casa frequentavano artisti. […] La scapigliatura del 1860-1875 fu amica di mio padre. […] I
garibaldini erano nostri frequentatori […]. Io assistevo a discorsi ed a colloqui: ero una
spugna che si impregnava di tutte quelle sensazioni indelebilmente». Praga, Rovani,
Tronconi, Tarchetti, Bizzoni sono alcuni degli ospiti assidui, futuro punto di riferimento per il
nostro, al quale interesseranno prima di tutto come «episodio di letteratura d’avanguardia»
2
:
tra quegli autori prediligerà senza esitazioni «quelli maggiormente animati da intenti di
denuncia politico-sociale»
3
. Il rapporto con il padre – ex garibaldino lui stesso – rimase nel
complesso sempre buono, al contrario di quello con la madre, che a sentire Lucini, nella già
citata Autobiografia, non perdonò mai al figlio le deformazioni causate dalla malattia. La
tubercolosi ossea insorge fin già dal ’76 e tormenterà lo scrittore per tutta la vita,
influenzando in maniera non trascurabile decisioni significative della sua esistenza. A Milano
frequenta il Ginnasio e il Liceo, quindi a ventun anni si iscrive alla facoltà di giurisprudenza
di Pavia. Nel frattempo inizia a scrivere: un suo carme inedito, Il Galileo, è del 1887; l’anno
successivo pubblica Spirito ribelle e inizia le Armonie sinfoniche. Durante gli anni
dell’università stringe amicizia con Romolo Quaglino e
conosce la sua futura compagna, Giuditta Cattaneo. Comincia a stendere i primi sonetti delle
Figurazioni Ideali, pubblicati poi in volume nel 1894 per la Libreria Editrice Galli,
collaborando nel frattempo con la rivista «Cronaca d’Arte». Il 1892 è l’anno della ‘fuga’ con
1
Cfr. G. P. LUCINI, Prose e Canzoni amare, cit., pp. 85-120.
4
Giuditta, in seguito ad attriti con i genitori, alla casa di famiglia a Breglia sul lago di Como,
che dopo la morte del padre sarà scelta come dimora quasi permanente; in dicembre si laurea
con una tesi in filosofia del diritto riguardante i rapporti tra lo Stato e i diritti dei privati, ben
deciso comunque a dedicarsi completamente, da lì in avanti, alle lettere e alla poesia. Gli anni
che seguono sono ricchi di collaborazioni a periodici diversi («La Domenica Letteraria», «La
Giovine Italia», «La Sfinge», «Palcoscenico», «Il Menestrello», per citarne alcuni); l’attività
letteraria prosegue anche in altre forme, con la stesura dei Drami delle Maschere ed entrando
come socio nella casa editrice Galli (lasciata poi nel ’98, in seguito a vari insuccessi e alla
cospicua perdita di gran parte del capitale investito, frutto dell’eredità ricevuta dal padre). Nel
1896 si sposa civilmente con Giuditta, compiendo un lungo viaggio a Roma e a Napoli, città
dove ha modo di incontrare e legarsi d’amicizia con lo scrittore-editore Enrico Ruta. Le
collaborazioni con i giornali sono costanti, soprattutto sotto forma di recensioni e articoli
polemici; fitto è anche il carteggio con numerosi scrittori, tra i quali Antonio Fogazzaro e
Luigi Pirandello. Il 1898 vede Lucini nuovamente in viaggio, ancora a Roma e a Napoli, a
Nizza – dove era già stato nell’aprile del ’95 – e quindi a Como. Pubblica per la casa editrice
Galli – ora di proprietà di Baldini e Castoldi – Il Libro delle Imagini Terrene, oltre ad alcuni
libelli satirici di violenta impostazione antimonarchica e antimilitarista (in reazione alla
sanguinaria repressione dei Fasci siciliani del ’94 e a quella milanese compiuta da Bava
Beccaris lo stesso ‘98), tutti stampati clandestinamente in poche decine di copie. L’attività
politico-letteraria si esprimerà con un terzo opuscolo alla macchia (La Ballata di Carmen-
Monarchia, del 1900) e in modo più abituale con svariate collaborazioni a giornali e periodici
– tra gli altri è senz’altro da segnalare l’«Educazione politica», quindicinale milanese – dove
attacca con veemenza (cosa che si ritroverà anche nelle liriche, in particolare nelle
Revolverate) «i consueti bersagli»
4
, il colonialismo, la monarchia, il militarismo. Nel
frattempo, nuove collaborazioni vanno aggiungendosi – a «Secolo XX» e «Anthologie-
2
Ibid., p. 4.
5
Revue», per indicarne solo un paio –, accanto a scambi epistolari con scrittori e intellettuali,
che aumenteranno di numero ancora negli anni successivi: nel ’98 inizia un carteggio con
Ugo Ojetti, quindi si mette in contatto con Linati, Palazzeschi, Prezzolini, Papini.
Il 1905 contrassegna l’inizio della collaborazione probabilmente più significativa, vale
a dire quella con «Poesia», rivista di fondamentale importanza per il rinnovamento lirico in
Italia, diretta da Marinetti: l’amicizia con quest’ultimo sarà intensa e reciproca, ma non
duratura, poiché Lucini – intorno al ’10 – non solo non accetterà la maggior parte dei punti
programmatici del Manifesto marinettiano, ma addirittura esprimerà una severa e articolata
critica contro il futurismo, prendendo di mira principalmente la sua ambizione a porsi come
‘movimento’ e, al tempo stesso, la sua impostazione iconoclastica. Momento più alto di tale
sodalizio è indubbiamente la pubblicazione, nel 1909, della raccolta di poesie Revolverate,
della quale Marinetti è autore della presentazione e ideatore del battagliero titolo.
Gli ultimi anni Lucini li trascorre continuando a ‘dire la sua’ sulle più diverse
pubblicazioni («La Voce», «Lacerba», «Il Resto del Carlino», «Coenobium», «Quartiere
Latino», …), preparando l’edizione critica dell’opera completa di Carlo Dossi – conosciuto
nel 1902 e profondamente stimato, al quale dedica anche l’importante saggio L’Ora Topica di
Carlo Dossi –, pubblicando Le Nottole e i Vasi (immaginarie traduzioni dal greco, in puro
stile alessandrino) e dando vita ad una lunga e dura polemica contro D’Annunzio, identificato
come il simbolo negativo di una cultura letteraria vuota e inautentica, succube ormai del
mercato.
Lucini muore il 13 luglio 1914, a Breglia, di polmonite, sopraggiunta a causa
dell’aggravarsi
della malattia che l’aveva accompagnato fin dalla prima giovinezza, e che già nel 1905 aveva
costretto i medici ad amputargli una gamba, e a fargli accettare un’esistenza ancor più
appartata e solitaria. Numerose sono le opere rimaste in forma di bozze, poche soltanto delle
3
Ibid.
6
quali verranno successivamente pubblicate. Tra i testi ancora inediti, è da segnalare senza
dubbio il saggio Antimilitarismo, la cui stampa – iniziata alla vigilia del primo conflitto
mondiale – venne interrotta e gettata al macero.
1.1. La fortuna critica.
Nonostante i rapporti intensi con scrittori e intellettuali del suo tempo, Lucini fu
pressoché ignorato dalla critica ‘ufficiale’ e dal grande pubblico. Dopo la morte, si scrissero
articoli e interventi per mano di amici e ‘seguaci’, i quali comunque non mancarono
praticamente mai di sottolineare il carattere aristocratico ed elitario – a tratti difficile – di una
produzione vastissima e proteiforme. Tra gli studiosi più seri e fedeli di Lucini, sono da
annoverare prima di tutti Glauco Viazzi e Terenzio Grandi, che curarono antologie e
ristampe, oltre che pubblicare studi e testimonianze spesso commosse. Tuttavia, a parte la
monografia del 1922 di Tarabori – che tenta una ricostruzione precisa delle opere luciniane
inserendole nella situazione culturale lombarda e italiana a cavallo dei due secoli – e un
numero intero della «Martinella di Milano» del ’54, si dovrà arrivare al 1962 perché Luciano
Anceschi tratteggi una «suggestiva rilettura della poetica luciniana»
5
nelle sue Poetiche del
Novecento in Italia, collocando lo scrittore nell’ideale punto di intersezione di scapigliatura e
simbolismo, e interpretandolo come ‘preparatore’ del futurismo.
Alla fine degli anni ’60 Edoardo Sanguineti, nell’antologia Poesia italiana del
Novecento, dedica a Lucini ampio spazio, riconoscendogli il merito di essere il ‘primo dei
moderni’ e di aver proposto «una soluzione alternativa al dannunzianesimo trionfante […], di
netta opposizione, sopra il piano del linguaggio come sopra quello dell’ideologia»: ciò
4
Ibid., p. 35.
7
nonostante, «in questa dura battaglia culturale, Lucini riuscì sconfitto, non soltanto negli anni
della sua vita, ma anche e forse soprattutto nella sorte postuma»
6
. In maniera analoga, per
quanto riguarda la prosa, Portinari ripropone – a sessant’anni dalla sua ultima pubblicazione –
il Gian Pietro da Core nell’antologia Narratori settentrionali dell’Ottocento, uscita nel 1970,
come esempio e «testimonianza di una insorgente esigenza di rinnovamento del romanzo
italiano nel secondo Ottocento»
7
. Lo stesso anno, «Il Verri» indaga gli aspetti più importanti
dell’opera di Lucini, approfondendo in particolare il rapporto con il futurismo e fornendo
spunti e indicazioni per studi successivi; questi non tarderanno ad arrivare, soprattutto in
forma di prefazioni e introduzioni a ristampe di testi luciniani.
5
Cfr. M. ARTIOLI, Rassegna critica, cit., p. 119.
6
Cfr. E. SANGUINETI, Poesia italiana del Novecento, cit., p. 162.
7
Cfr. R. BALDASSARRI, Gian Pietro Lucini, cit., p. 114.