Introduzione
Il presente elaborato nasce dal tentativo di porre a confronto due differenti opere di
letteratura gastronomica medievale, il Forme of Cury (scritto dai cuochi di Re Riccardo II), e
il Libro de Arte Coquinaria di Maestro Martino da Como. Entrambi i ricettari, redatti a quasi
un secolo di distanza l'uno dall'altro, ricoprono un ruolo fondamentale all'interno del
panorama culinario del Medioevo. Sebbene provengano da regioni differenti, hanno
evidentemente subito l'influenza di fonti identiche poiché per molti aspetti ci troviamo di
fronte ad opere simili, soprattutto a livello contenutistico. Tuttavia all'osservatore attento non
sfuggiranno dettagli formali e retorici peculiari, che rendono unici entrambi i ricettari.
Il primo capitolo si apre con quella che vuole essere una generica descrizione del
mondo e della storia dei ricettari medievali europei, ed in particolar modo di quelli di area
italiana: ci soffermeremo sui manoscritti più importanti, quelli che hanno influenzato o
addirittura costruito la tradizione gastronomica italiana. Verranno poi introdotti i due volumi
presi in analisi, con cenni sugli autori e sui destinatari (Re Riccardo II per quanto riguarda il
Forme of Cury, e il Patriarca di Aquileia per il Libro de Arte Coquinaria), la
contestualizzazione storica e una descrizione degli aspetti riguardanti la ricerca delle fonti
originali.
Il secondo capitolo ospita il confronto vero e proprio: procedendo per paragoni, l'opera
del cuoco ticinese verrà confrontata a quella anglosassone. Si cercherà di stabilire se i
differenti destinatari delle opere hanno influito sulla stesura delle stesse, se le differenze
geografiche hanno inciso nella scelta dei prodotti, e su come questi ultimi siano stati utilizzati
all'interno dei ricettari. I cibi più importanti occuperanno differenti paragrafi: le carni, il
pesce, i legumi e le verdure, i cereali, i formaggi e le uova, i condimenti e i grassi. Verrà poi
trattata a parte la questione delle spezie (alimento di culto nella cucina medievale),
l'importanza delle salse e quella delle bevande.
Nel terzo ed ultimo capitolo si cercherà per prima cosa di delineare il ruolo delle
cucine regionali ed extraeuropee all'interno del Libro de Arte Coquinaria e del Forme of
Cury: piatti arabi, catalani ed influenze francesi sono infatti marcatamente presenti. In
secondo luogo verranno confrontate alcune delle numerose ricette contenute in entrambi i
volumi, per capire se diversi cuochi ne hanno tratto uguali interpretazioni o meno. Infine
verranno riassunte le principali differenze individuate tra le due opere culinarie e si
delineeranno le considerazioni conclusive.
7
CAPITOLO I
Breve storia dei ricettari medievali
1. 1 I ricettari medievali in Europa
Parlare di ricettari medievali significa affrontare un periodo di trasformazioni notevoli,
una lenta progressione legata alle abitudini degli uomini, alle modificazioni dell'ambiente e
all'incontro di culture. ¨ innanzitutto opportuno dare una definizione chiara di “ricettari
culinari medievali”: si tratta di vere e proprie raccolte riguardanti le tecniche e la
strumentazione relative alla preparazione, alla conservazione e alla presentazione dei cibi.
Nell'Occidente europeo le prime raccolte di ricette compaiono verso la fine del Trecento: è un
fenomeno che interessa tutta l'Europa in modo unitario, segno di un cambiamento forte
all'interno della società che inizia ad interessarsi in modo notevole all'arte culinaria, ancora
tutta da perfezionare e codificare. Già in epoca classica proliferavano testi redatti a scopo
culinario e gastronomico, tuttavia l'unico ricettario di epoca romana conosciuto nell'Occidente
europeo in età medievale è il De Re Coquinaria
1
, attribuito ad Apicio ma composto in un
periodo di tempo così ampio (dal I secolo d.C. alla fine del IV secolo d.C.), da non poter
essere fatto risalire ad un unico autore. L'opera consiste in una vasta raccolta di oltre
quattrocento ricette suddivise in dieci volumi, scritte in un latino povero dal punto di vista
letterario, approssimative e prive di indicazioni specifiche: si tratta di una produzione molto
diversa da quella dei cuochi medievali, che sebbene conoscessero il testo, certamente non vi
presero spunto.
I manoscritti di cucina tre-quattrocenteschi si presentano solitamente in forma di
rotolo o di volumetto maneggevole in carta o pergamena e contengono ricette organizzate in
vario modo, secondo una logica che non sempre è possibile interpretare. Spesso le indicazioni
culinarie sono suddivise per tipi di portate o per prodotti di base, ma non è raro che questi
metodi si fondano o interferiscano reciprocamente
2
. Se le prime ricette appaiono brevi e non
troppo dettagliate, con il passare del tempo il vocabolario si arricchisce diventando piø
preciso: nel XIV secolo compaiono le prime indicazioni di dosi e tempi di cottura (il primo
ricettario a contenere tali indicazioni è il Libro per cuoco, di un anonimo veneziano
3
), ed
1
Marco Gavio Apicio, Libri decem qui dicuntur de re coquinaria. Il testo originale disponibile sul sito:
<http://www.intratext.com/X/LAT0337.htm>.
2
Cfr. O. REDON / F. SABBAN / S. SERVENTI, A tavola nel Medioevo, Bari, Laterza, 2008, pp. 8-9.
3
Cfr. R. Omicciolo Valentini, Mangiare Medievale, Latina, Edizioni Penne e Papiri, 2005, p. 109.
8
entro la fine del XV secolo molti ricettari sono suddivisi in capitoli, contengono tabelle e voci
numerate.
I volumi di cucina medievale sono per la maggior parte anonimi, ma vi sono casi in cui è noto
il nome dell'autore, cuoco di principi, re o figure ecclesiastiche di spicco. Sono proprio i
padroni di casa illustri a servirsi del ricettario per scegliere pietanze di loro gradimento,
soddisfacenti alla vista, adeguate alle stagioni e ai periodi liturgici, e sono ovviamente anche i
cuochi e i professionisti ad utilizzare questi manuali. ¨ impensabile credere che attraverso la
lettura dei ricettari medievali giunti sino a noi sia possibile risalire alla dieta tipica del
contadino o dell'uomo comune: banchetti e fasti erano ad esclusivo appannaggio dei signori.
I volumi redatti in lingua latina erano sicuramente i meno accessibili, mentre quelli in volgare
potevano essere consultati dai cultori dell'arte culinaria, ma non certo da chi preparava
usualmente i pasti. ¨ tuttavia importante sottolineare che nella maggior parte dei ricettari le
pietanze proposte sono estremamente diversificate dal punto di vista del costo degli alimenti e
della difficoltà di preparazione: spesso compaiono piatti di erbe selvatiche tutt'altro che
onerosi. Non esistono dunque libri di cucina medievale popolare, ma alcune ricette, in via
eccezionale, potevano comparire nelle tavole dei contadini che spesso a causa di crisi e
carestie, dovevano accontentarsi e ripiegare sul consumo di vegetali spontanei.
Circa 140 manoscritti di cucina Trecentesca e Quattrocentesca sono giunti sino a noi:
la maggior parte di essi è compilata in lingua tedesca e olandese, seguono gli scritti in lingua
inglese (primo tra tutti per importanza e notorietà il Forme of Cury, redatto dai cuochi di Re
Riccardo II), e in lingua francese (Le Viander di Guillaume Tirel e l'anonimo Le MØnagier de
Paris, solo per citare i piø famosi)
4
.
1.2 I ricettari medievali in Italia
Per quanto riguarda la produzione in Italia, tra i testi piø antichi si annoverano:
1. L'Anonimo Meridionale (così definito per gli evidenti meridionalismi, in particolare
napoletani, della lingua usata), detto anche Liber amissus, consiste in una compilazione di
diversi tipi di ricette da diversi paesi, per un semplice uso di corte. Redatto alla fine del XIV
secolo o all'inizio del XV , il manoscritto è diviso in due libri molto differenti. Il primo libro
contiene 146 ricette, alcune scritte in latino ed altre in siculo-napoletano, tutte dosate per
dodici commensali. Il secondo libro invece comprende 126 ricette scritte nell’italiano in uso
4
B. Laurioux, Les livres des cuisine mØdiØvaux, Turnhout, Belgium, Brepols, 1997.
9
nelle zone centro-meridionali, con riferimenti spagnoli e arabi. In particolare vi si trova la
prima ricetta italiana di melanzane ed alcune preparazioni non riscontrabili in altri ricettari.
I libri di cucina successivamente compilati verranno fortemente influenzati dal Meridionale,
riprendendone costantemente molte ricette
5
.
2. L'Anonimo della corte Angioina Liber de Coquina, redatto tra il 1258 e il 1309: una
raccolta di ricette presentate in piø varianti (ad esempio il brodo alla francese, alla spagnola,
alla provenzale, ecc.), che riflette la cucina delle corti benestanti. Molte sono le pietanze a
base di cacciagione, pesce ed arrosti, e persino il cavolo, alimento contadino per eccellenza, è
proposto in una “versione delicata per i signori”
6
. Varie ipotesi sono state avanzate per quanto
riguarda la sua paternità, molti elementi farebbero restringere il campo su tre personaggi
vissuti nella capitale dei primi due re angioini: Ferragutti (il cui vero nome era Faray ibn
Salim), ebreo di Agrigento che tradusse dall'arabo per conto di Carlo I numerose opere di
dietetica, Lambdino e Braysilva, vicario di Carlo II in Toscana, che scrisse un trattato sulle
“buone maniere da usare a tavola”. Le qualità gastronomiche rintracciate nel Liber sono
riconducibili a tre elementi peculiari: l'uso abbondante delle spezie, fondato su tradizioni
dietetiche e disponibilità della materia prima, il mescolare tra loro sapori apparentemente
inconciliabili (uva sultanina, pinoli, zucchero e aceto), e la tecnica, pressochØ costante, della
bollitura delle carni prima della definitiva cottura
7
.”
3. L'Anonimo Toscano Libro della Cocina: una copiatura volgarizzata del Liber de Coquina,
ricco di interpretazioni errate ed omissioni, in cui le pietanze sono raggruppate per tipo di
preparazione e a volte corredate da un commento del copista. Le ricette totali sono 183, di cui
101 presenti anche nel Liber de Coquina: il testo si apre con ricette di verdure ed indicazioni
dietetiche, seguono poi ricette per la maggioranza a base di carni. Si passa successivamente a
torte, pastelli piatti di molluschi e di quaresima, ecc. Il libro si conclude con ricette per malati
e consigli di vario genere (quest’ultima parte non ha una diretta relazione con le ricette della
famiglia del Liber de Coquina). Il ricettario è stato pubblicato in toscano da Francesco
Zambrini a Bologna nel 1863.
8
4. Il Libro per cuoco di un Anonimo Veneziano (o Anonimo Veneto), scritto in veneziano ed
edito da Ludovico Frati a Livorno nel 1899 con il titolo di Libro di cucina del secolo XIV . Uno
dei manoscritti ritrovati è conservato a Roma, risale al XV secolo e comprende 135 ricette (le
5
C. Benporat, Storia della gastronimia italiana, Milano, Mursia, 1996.
6
Cfr. R. Omicciolo Valentini, Mangiare Medievale, Latina, Edizioni Penne e Papiri, 2005, p. 109.
7
E. Faccioli, Arte della cucina, Milano 1966, vol. I, p. 21-57.
8
A. Martellotti, I ricettari di Federico II – Dal “Meridionale” al “Liber de Coquina”, Firenze, Olschki,
2005.