6
problematiche più “calde” relative a temi quali la tutela, la gestione, la
valorizzazione, la “privatizzazione” e la “vendita” del patrimonio culturale. Oltre
alla questione riguardante i tagli dei finanziamenti ai musei, con tutte le
conseguenze disastrose che ciò comporterebbe per le nostre istituzioni museali.
Nel terzo capitolo sono riportate alcune esperienze italiane di gestione museale,
tra le quali figurano i primi esperimenti di applicazione della Ronchey (la Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Polo museale fiorentino, il Sistema dei
Musei Capitolini) e altri casi di innovazione nella gestione museale, quali la
Galleria Doria Pamphilj di Roma e Palazzo Reale di Milano, a cui è dedicata
un’analisi più dettagliata. Dopo aver tracciato brevemente la storia di Palazzo
Reale, si riportano le riflessioni del Responsabile del Servizio Mostre, il Dottor
Domenico Piraina, relative alla collaborazione pubblico – privato nella
prestazione di servizi museali. Nello stesso capitolo, di seguito, si riporta anche il
parere di due rappresentanti dell’Associazione Civita, il Dottor Rossetti e la
Dott.ssa Morelli, allo scopo di confrontare il punto di vista dell’istituzione
pubblica concedente la gestione dei servizi museali con quello del privato
concessionario di tali servizi. L’ultima parte del terzo capitolo è dedicata
all’analisi dei risultati economici dei servizi aggiuntivi di Palazzo Reale,
attraverso lo studio di alcune grandi mostre d’arte, selezionate appositamente.
Nel quarto e ultimo capitolo si è tentato di stilare un bilancio - provvisorio, si
intende - della Ronchey, a partire dal Primo Rapporto Nomisma sull’Applicazione
della Legge, benché dal 1999 (anno di pubblicazione del Rapporto) ad oggi siano
cambiate molte cose. Dopo aver tratteggiato il giro d’affari dei servizi museali, si
è proceduto riportando in sintesi il contenuto del Rapporto Nomisma, con le quote
di mercato dei servizi museali, i ricavi per il Ministero, le prospettive future
delineate dal Rapporto. Infine, si sono delineati i limiti ancora irrisolti mostrati
dalla legge Ronchey in questi anni di applicazione, limiti che ostacolano una
piena partecipazione dei privati alla gestione dei servizi museali. Quindi sono
state avanzate alcune proposte per tentare di superare tali ostacoli, o almeno per
entrare nella logica che essi esistono e non possono/devono essere ignorati.
7
Cap. 1 Il quadro normativo
8
1.1 Dalla legge Ronchey al Testo Unico
Cominciamo la nostra trattazione riportando in breve la storia delle
principali norme legislative emanate dal 1993 al 2001, che hanno fatto da cornice
all’evoluzione delle pratiche di erogazione dei servizi museali al pubblico.
1.1.1 L’ “era pre – Ronchey”
Alcuni lettori potrebbero pensare che prima della legge Ronchey nel nostro
Paese non fosse possibile usufruire di servizi commerciali all’interno dei musei
statali. In realtà non è così. La possibilità di bere un caffè presso il bar del museo,
o di acquistare un catalogo presso la libreria, esisteva già prima dell’approvazione
della legge 4/1993, seppure con modalità diverse. A questo proposito Pier
Giovanni Guzzo ricorda come a Pompei “fino alla metà degli anni Settanta
funzionava la Cassa di Mutuo Soccorso: si alimentava con la vendita di cartoline
ai visitatori e con una quota della tassa di concessione del ristorante impiantatosi
dalla fine della guerra nelle Terme del Foro. La Cassa, oltre che interventi di
assistenza a favore di singoli impiegati, dispensava quote a tutto il personale della
Soprintendenza. Si trattava di una sorta ‘di partecipazione agli utili’: sebbene il
capitale che li procurava, cioè il Museo e gli scavi, non fosse di proprietà di
coloro che li percepivano”
1
Nell’ “era pre – Ronchey” la concessione degli spazi commerciali all’interno
dei musei dello Stato era regolata dalla Direzione Generale del Ministero delle
Finanze, che fissava e riscuoteva un corrispettivo che andava a confluire nelle
casse dello Stato (a Pompei il ristorante – punto vendita nelle Terme del Foro
della città antica, a Roma la caffetteria di Castel Sant’Angelo).
L’allora Ministero per i Beni Culturali e Ambientali non esercitava alcun
diritto sulle attività commerciali, né aveva facoltà di intervenire sulla qualità dei
prodotti offerti in tali spazi commerciali. Un mutamento radicale a questa
situazione venne impresso nel 1987 dalla convenzione stipulata tra il Ministero
per i Beni Culturali e Ambientali e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per la
1
P.G. Guzzo, Esperienze a Pompei, “Bollettino di Italia Nostra”, 384, Giugno 2002, citato in
Rosanna Cappelli, Politiche e poietiche dell’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 27
9
gestione di spazi commerciali per la vendita di guide, cartoline e altri prodotti
editoriali presso i musei e le aree archeologiche di proprietà dello Stato
2
. Tale
convenzione prevedeva che l’Istituto mettesse a frutto la sua consolidata
esperienza in materia di beni culturali attraverso la realizzazione di prodotti
editoriali didattici e divulgativi. Tale collaborazione si concretizzò, a un anno
dalla stipula del contratto, nella pubblicazione di una nuova collana di Itinerari,
sulla scia della storica collana degli Itinerari dei musei, gallerie e monumenti
d’Italia, comprendente oltre cento titoli. Nonostante la ventata di novità introdotta
dalla convenzione, il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali non beneficiava
di maggiori entrate e rimaneva di fatto escluso dalle attività svolte.
A causa del difficile rapporto tra i due Ministeri (quello delle Finanze e quello
per i Beni Culturali e Ambientali), i primi punti vendita all’intero dei musei statali
furono inaugurati solo nel 1990, a tre anni dalla convenzione, con un notevole
ritardo rispetto alle previsioni. Nello stesso anno, in occasione della VI settimana
per i beni culturali, fu approvato il Documento Finale della prima Conferenza
nazionale dei Musei. All’art. 6, il documento anticipava la possibilità di affidare a
soggetti privati “i servizi di supporto quali la biglietteria, il guardaroba, i punti
vendita e di ristoro, compiti di promozione di iniziative culturali di volta in volta
individuati e, in prospettiva, anche le funzioni di custodia e di guardiania,
valorizzando le forze del volontariato attraverso apposite forme di
convenzionamento”
3
.
2
F. Fontecedro, I punti vendita e le pubblicazioni dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, in
“Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Notiziario dell’Ufficio Studi”, VIII, 42-43, 1993, pp.
63-64, citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002
3
Citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 48
10
1.1.2 La legge Ronchey
Il quadro sopra delineato muta radicalmente a partire dal 14 Novembre 1992,
quando il Ministro per i Beni Culturali e Ambientali Alberto Ronchey, insediatosi
da appena quattro mesi, propone il Decreto Legge n. 433, dal titolo “Misure
urgenti per il funzionamento dei musei statali. Disposizioni in materia di
biblioteche statali e di archivi dello Stato” (corsivo dell’autrice), convertito poi
nella legge 14 gennaio 1993, n. 4, ormai famosa come legge Ronchey, dal nome
del suo artefice. Il fatto stesso che le misure proposte siano definite “urgenti”, la
dice lunga circa lo stato in cui versavano le istituzioni museali del nostro Paese in
quel momento. Esse soffrivano di due gravi mancanze
4
: in primo luogo
l’incapacità di sostenersi con le proprie forze, con la conseguente necessità di
dipendere dai contributi dell’Amministrazione Pubblica; in secondo luogo
l’assoluta inadeguatezza delle strutture, prive di quei servizi ritenuti ormai
essenziali (cataloghi, guide, riproduzioni delle opere d’arte, ristorazione, ecc.). Ad
aggravare questa situazione contribuivano i ridotti orari di apertura e le lunghe
chiusure estive, proprio nei periodi di maggiore affluenza turistica, che
penalizzavano fortemente l’immagine del nostro Paese a livello internazionale.
Non era più possibile procrastinare un rinnovamento delle nostre istituzioni
museali in direzione di un arricchimento della gamma di servizi offerti al
visitatore, nonché di un prolungamento degli orari di apertura, anche per stare al
passo con gli altri Paesi dell’Europa e del Nord America.
La legge Ronchey, tra le altre cose, restituisce pieno potere al Ministero per i
Beni Culturali e Ambientali in materia di concessione degli spazi commerciali
all’interno dei musei statali. La portata rivoluzionaria del provvedimento risiede
sostanzialmente in due elementi: per la prima volta, a livello legislativo, il
visitatore viene considerato come soggetto avente diritto a godere di un servizio
che non si limiti alla sola fruizione delle collezioni. L’altra grande novità consiste
nell’esternalizzazione della gestione dei servizi museali, affidati per la prima volta
4
Cfr. M. Trimarchi, Offerta culturale e domanda di informazione nel quadro dell’economia
immateriale, in Museo contro museo. Le strategie, gli strumenti, i risultati, Giunti, Firenze, 2001
11
ad imprenditori privati. Proprio l’ingresso dei privati nella gestione museale
costituiva la novità più grande e al tempo stesso il grande tabù, in un Paese in cui
da sempre la tutela passiva del patrimonio culturale aveva prevalso sulla
valorizzazione.
Per comprendere il clima di forte resistenza che seguì l’emanazione della
norma, basti pensare che fu addirittura necessario acquisire i pareri positivi
dell’Avvocatura Generale e del Consiglio di Stato, e la prima gara per
l’affidamento dei servizi fu oggetto di esame da parte di un tribunale
amministrativo, in seguito a un ricorso avanzato dall’Istituto Poligrafico e Zecca
dello Stato. Lo scenario dei musei italiani, immutato da oltre un secolo, veniva
modificato consentendo per la prima volta l’ingresso dei privati nella gestione dei
servizi museali, accanto all’Amministrazione Pubblica. Si gettavano così le basi
per un cambiamento profondo e radicale, sebbene lento e sofferto, che avrebbe
presto generato nuovi bisogni e ulteriori provvedimenti.
Ma vediamo più nel dettaglio l’obiettivo primario e il contenuto della legge.
Scopo del provvedimento era appunto migliorare l’offerta di servizi museali, così
da rendere la visita al museo un’esperienza polivalente, che non si limitasse alla
sola fruizione delle collezioni, ma fosse arricchita dalla possibilità di usufruire di
servizi molteplici: dalla caffetteria, al ristorante, al bookshop. La legge comprende
tre blocchi di disposizioni relativi rispettivamente a: custodia e orari di apertura
dei musei, servizi aggiuntivi, regime dei beni affidati al Ministero, ossia
appartenenti al demanio storico - artistico. In questa sede ci concentreremo in
particolare sul tema dei servizi aggiuntivi. Ma vediamo brevemente come si
articolano i tre blocchi della legge.
Per quanto riguarda la custodia, l’art. 1 prevede la possibilità di utilizzare
sistemi audiovisivi di sicurezza che operino in via continuativa. Sempre per
garantire la custodia delle collezioni, nonché per prolungare l’orario di apertura,
l’art. 2 prevede il ricorso a personale del Ministero in soprannumero e a quello in
mobilità di altre amministrazioni dello Stato, mentre l’art. 3 prevede il
prolungamento degli orari, la razionalizzazione delle risorse umane, la possibilità
12
di stipulare convenzioni con associazioni culturali e di volontariato e contratti a
tempo determinato.
All’art. 4 è prevista l’istituzione dei cosiddetti servizi aggiuntivi, ossia tutti
quei servizi offerti al pubblico a pagamento, presso i musei, le biblioteche e gli
archivi di proprietà dello Stato. Tali servizi comprendono la vendita di prodotti
editoriali (cataloghi, guide, monografie, ecc.) e di riproduzioni di beni culturali,
nonché di oggetti vari legati alle collezioni museali (merchandising); i servizi di
caffetteria e ristorazione; il servizio di guardaroba
5
. Lo stesso articolo fissa quindi
alcuni principi fondamentali: gli indirizzi, i criteri e le modalità per la gestione dei
suddetti servizi sono determinati dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali
tramite uno specifico Regolamento di attuazione (comma 2); la gestione di tali
servizi è affidata in concessione dai capi di istituto a soggetti privati e ad enti
pubblici economici, anche costituenti società o cooperative, e a seguito di una
licitazione privata, con almeno tre offerte valide (comma 3); i canoni di
concessione riscossi devono essere riassegnati al Ministero e destinati, in misura
non inferiore al 50% del totale alle Soprintendenze; la determinazione del canone
è fissata dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (comma 5, 5 bis e 5 ter)
6
.
Tale norma intende incentivare i musei che offrono servizi aggiuntivi, ma allo
stesso tempo rendere partecipi della ripartizione anche gli altri musei.
La disciplina dei servizi aggiuntivi rappresenta senza dubbio l’elemento di
maggiore interesse della legge Ronchey. Con questo provvedimento i musei si
aprono al mondo dell’imprenditoria, con conseguenze positive in termini di
aumento della domanda (in seguito all’arricchimento dell’offerta museale) e di un
ritorno economico, sebbene le aspettative di reddito siano state sovrastimate.
5
All’art. 4 della legge si legge: “Presso gli istituti di cui all’art. 3 sono istituiti i seguenti servizi
aggiuntivi, offerti al pubblico a pagamento: servizio editoriale e di vendita riguardante la
riproduzione di beni culturali e la realizzazione di cataloghi e altro materiale informativo; servizi
riguardanti i beni librari e archivistici per la fornitura di riproduzioni e il recapito nell’ambito del
prestito bibliotecario; servizi di caffetteria, di ristorazione, di guardaroba e di vendita di altri beni
correlati all’informazione museale”, citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa,
Milano, 2002, pag. 47
6
Citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 48
13
A questo proposito Antonio Paolucci7, Soprintendente del Polo museale
fiorentino, sostiene che si deve sfatare la leggenda relativa alla “fruttuosità dei
musei”. Secondo Paolucci, infatti, i provvedimenti attuati attraverso la legge
Ronchey non possono risolvere la situazione di endemica non autosufficienza dei
musei, ad eccezione di alcuni casi più unici che rari (come il Louvre, in cui i
ricavi da servizi aggiuntivi rappresentano il 18% delle entrate del museo, contro
una media che non supera il 15%)
8
.
Al parere di Paolucci si aggiunge la voce di Luca Zan
9
, il quale sottolinea come
con l’espressione “managerializzazione” della gestione museale, non si debba
certo intendere un improbabile obiettivo di autosufficienza economica, bensì la
responsabilizzazione economica e la conseguente accoutability, ossia il dovere del
manager museale di dare una rendicontazione trasparente e puntuale delle spese
del museo.
7
Cfr. Luca Zan, (a cura di), Conservazione e innovazione nei musei italiani. Management e
processi di cambiamento, Etas, Milano, 1999
8
Ibidem
9
Ibidem
14
1.1.3 L’articolo 47 quater della legge 85/1995 e i Regolamenti di
applicazione della legge Ronchey
Circa un anno dopo l’approvazione della legge Ronchey è stato emanato il
Regolamento di attuazione dei servizi aggiuntivi istituiti dall’art. 4 della legge,
con decreto ministeriale n. 171 del 31 Gennaio 1994. Il Regolamento fissa i criteri
e le modalità per l’affidamento dei servizi, fornisce indicazioni circa la
concessione in uso dei beni culturali e anticipa l’elaborazione di un Tariffario,
pubblicato in seguito con decreto ministeriale dell’8 Aprile 1994. Tra le altre cose,
il provvedimento prevede la possibilità di far eseguire calchi delle opere d’arte per
creare oggetti da vendere presso i bookshop attivati nei musei. Quest’ultimo punto
ha suscitato non poche polemiche tra studiosi ed editori. Secondo alcuni il ritardo
con cui sono stati attivati i servizi aggiuntivi (circa tre anni dopo l’approvazione
della legge) è da attribuirsi alla complessità delle norme e procedure illustrate nel
Regolamento. Secondo altri, tra cui Rosanna Cappelli, ciò si deve invece alla
“resistenza passiva messa in atto dai soprintendenti, alimentata, nei casi migliori,
da un assoluto disinteresse per la materia, nei casi peggiori, da una pervicace
diffidenza verso ogni forma di esternalizzazione che contemplasse, tra le sue
ragioni, la crescita della redditività economica dei beni”
10
. D’altra parte, il
provvedimento prevedeva per i soprintendenti la facoltà, e non l’obbligo, di
attivare tali servizi.
Un’ulteriore conferma di questa forte resistenza al cambiamento è la reazione
suscitata dall’articolo 47 quater del D. lg. del 23 Febbraio 1995, n. 41, convertito
nella legge del 22 Marzo 1995. n. 85. Scopo del provvedimento era incrementare
le entrate derivanti dai servizi aggiuntivi in un momento di crisi economica
nazionale, allargando la gamma di soggetti erogatori dei servizi anche a
organizzazioni non profit quali fondazioni culturali e bancarie, ed estendendo la
disciplina anche ad attività quali la vigilanza e la pulizia dei locali espositivi,
l’accoglienza, la guida e l’assistenza didattica, la biglietteria, la gestione di
10
Citato in R. Cappelli, Politiche e poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 49
15
raccolte discografiche, di diapoteche e biblioteche, le mostre e altre attività
promozionali.
Le novità introdotte dal provvedimento erano tali da rendere necessario un
secondo Regolamento di attuazione, con Decreto Ministeriale del 24 Marzo 1997,
n. 139, firmato dal Ministro Veltroni. Il nuovo Regolamento stabilisce che
l’affidamento ai privati dei servizi aggiuntivi deve avvenire solo se tali servizi non
possono essere erogati attraverso le risorse umane e finanziarie della Pubblica
Amministrazione o qualora l’affidamento ai privati risulti conveniente in termini
economici per l’amministrazione (art. 2, comma 1); si ritengono finanziariamente
convenienti le attività e i servizi che, da soli o in abbinamento ad altri, producono
un aumento dei proventi o una diminuzione dei costi per l’amministrazione (art. 2,
comma 2). Questo secondo Regolamento si può interpretare come il risultato delle
critiche mosse all’eccessiva liberalizzazione avviata dall’articolo 47 quater, che a
detta di alcuni avrebbe portato a uno svilimento del valore culturale ed educativo
dei servizi museali.
Il nuovo Regolamento aggiorna le tipologie di servizi erogati: un servizio di
vendita di cataloghi e sussidi catalografici, audiovisivi, informatici, di ogni altro
materiale informativo, di riproduzioni di beni culturali; un servizio di prestito
bibliotecario e di fornitura di riproduzioni relativamente ai beni librari e
archivistici; la gestione di raccolte discografiche, diapoteche e biblioteche
museali; la gestione dei bookshop e l’uso commerciale delle rispoduzioni delle
opere d’arte; i servizi di accoglienza, informazione, guida e assistenza didattica; i
servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba; i servizi di pulizia, vigilanza,
gestione dei biglietti; l’organizzazione di mostre e di attività promozionali. Il
Regolamento prevede inoltre la possibilità di attivare i servizi in più istituti
periferici o in istituti periferici collegati a musei degli enti locali (che possono
trovarsi anche al di fuori del territorio regionale di competenza). In questo caso i
servizi devono essere individuati dalla Direzione Generale del Ministero (art. 3).
In diversi casi si è verificato il coinvolgimento di più Soprintendenze (Torino,
Milano, Napoli) per l’affidamento di alcuni servizi, mentre in un caso soltanto è
stato coinvolto anche un ente locale (il polo dell’EUR a Roma, comprendente
16
musei statali e comunali), ma questa esperienza è fallita prematuramente a causa
delle difficoltà economiche del concessionario. Nel nuovo Regolamento le attività
di indirizzo e coordinamento rimangono di competenza dell’ufficio del Gabinetto
del Ministero dedicato ai servizi aggiuntivi. Anche le procedure per l’affidamento
rimangono immutate: esso avviene tramite licitazione privata secondo il criterio
dell’offerta più vantaggiosa per l’Amministrazione Pubblica. Solo nel caso di gara
deserta e previa gara informale, è consentita l’aggiudicazione a trattativa privata
(art. 4, comma 4 e 5). Per i servizi resi a titolo gratuito è previsto l’affidamento a
soggetti non profit.
17
1.1.4 La legge istitutiva del biglietto d’ingresso ai musei (Legge 25
Marzo 1997, n. 78)
Un’ulteriore tappa del percorso innovativo avviato dalla Ronchey è stata
segnata dalla soppressione della tassa d’ingresso per l’accesso a monumenti,
musei, gallerie e scavi archeologici, ad opera di Walter Veltroni, con la Legge 25
Marzo 1997, n. 78.
La tassa d’ingresso era stata introdotta nel 1885 da Ruggero Bonghi, in verità
noto per provvedimenti ben più significativi quali l’istituzione della “Direzione
centrale degli scavi e musei del Regno”, la creazione della “Giunta di archeologia
e belle arti” e, infine, la riorganizzazione della struttura scientifica e
amministrativa preposta alla tutela del patrimonio. Alla tassa d’ingresso faceva
già riferimento la legge 2554 del 1875, un provvedimento innovativo per l’epoca,
dato che prevedeva già alcune categorie di pubblico esenti, l’ingresso gratuito in
alcuni giorni della settimana, abbonamenti annuali o mensili riservati ai residenti,
anche “cumulativi”
11
.
La legge 25 Marzo 1997, n. 78, introducendo il biglietto di ingresso (a
beneficio del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali), la prevendita e quindi
la programmazione delle visite, ha permesso finalmente di risolvere il problema
delle code all’ingresso dei musei più frequentati o nei periodo di maggiore
afflusso. Con l’abolizione della tassa d’ingresso i proventi dalla vendita dei
biglietti sono stati finalmente restituiti al Ministero competente, mentre prima
erano a beneficio del Ministero delle Finanze.
Il Regolamento di attuazione della legge (Decreto Ministeriale dell’11
dicembre 1997, n. 507) stabilisce le norme per la distribuzione e vendita dei
biglietti dei musei e delle aree archeologiche statali. Tale Regolamento è di poco
posteriore alla legge 8 ottobre 1997, n. 352 che conferisce autonomia scientifica,
organizzativa e finanziaria alla Soprintendenza archeologica di Pompei. I due
provvedimenti sono in evidente contraddizione tra loro. Infatti, la legge istitutiva
del biglietto di ingresso affida alla Direzione Generale del Ministero il controllo
11
Cfr. D. Jalla, Il Museo contemporaneo, UTET, Torino, 2000, citato in R. Cappelli, Politiche e
poietiche per l’arte, Electa, Milano, 2002, pag. 83
18
totale (corsivo dell’autrice) sui biglietti, compresa la determinazione della tariffa,
attraverso un comitato composto da tre soprintendenti per i beni artistici e storici,
due soprintendenti per i beni archeologici, un soprintendente per i beni ambientali
e architettonici. Il provvedimento stabilisce inoltre le diverse tipologie di biglietto
(unico, cumulativo, integrato); l’affidamento in concessione a soggetti pubblici o
privati con convenzione del direttore generale dell’ufficio centrale BAAAS o con
convenzione del capo di istituto; la percentuale massima di spettanza del
concessionario per la gestione del servizio; l’obbligo per il concessionario di
versare gli introiti entro cinque giorni dalla riscossione; la possibilità di utilizzare i
biglietti come veicolo pubblicitario; infine, le categorie che hanno diritto
all’ingresso ridotto o gratuito.