Introduzione
A partire dalla definizione della perversione, elaborata per la prima volta nel XIX
secolo, dal sessuologo Krafft Ebing, questa tesi si propone di ragionare sul
masochismo come “variazione sessuale”, presente ed attiva nel soggetto sano, e
sulle sue imbricazioni con le dinamiche del piacere visivo cinematografico.
Partendo dalla teorizzazione freudiana in proposito (pre e post rielaborazione della
metapsicologia, ovvero da Un bambino viene picchiato a Il problema economico
del masochismo), per arrivare al suo rovesciamento nella riflessione femminista e
non solo, ci addentreremo al confine tra cinema e psicoanalisi, analizzando
l’incidenza delle dinamiche masochistiche nel processo di costruzione
dell’identità del soggetto, nell’identificazione spettatoriale e nella costruzione del
testo filmico e delle sue dinamiche stilistico-formali.
Analizzeremo così alcune delle proposte teoriche femministe scaturite della
pionieristica ipotesi “antiedipica” di Deleuze nel Freddo e il crudele, testo-
scandaglio filosofico-letterario della produzione romanzesca di Masoch (da cui
derivò la denominazione della perversione), nonché modello teorico per
l’elaborazione di un concetto di masochismo ontologicamente eterogeneo ed
indipendente dal sadismo. Attraverso questa panoramica rifletteremo quindi sul
tentativo di ri-valutare e riabilitare il masochismo, per riscattarlo dalla definizione
di meccanismo sessuale aberrante e promuoverlo a dinamica concorrente nella
produzione di un piacere spettatoriale che non è più (o non è solo) basato sul
sadico desiderio di dominio.
Così, prendendo in considerazione la constatazione esplicitata prima di tutti da
Gaylyn Studlar, secondo cui le strutture formali dell’estetica masochistica
(fantasia, disconoscimento, feticismo e suspense) coincidono con le strutture
primarie che consentono al cinema narrativo di produrre piacere visivo,
indagheremo innanzitutto su intuizioni e limiti di una proposta articolata come
quella di questa autrice, che designa l’estetica del masochismo quale paradigma
4
alternativo al modello sadico-voyeuristico proposto (innanzitutto) da Laura
Mulvey, via via confrontandola con riflessioni eterogenee o apertamente in
disaccordo, quali quella su masochismo e femminilità di Catherine Constable o
quella post-faucoultiana di Judith Butler.
A questo punto, passando al vaglio alcuni esempi della produzione
cinematografica di genere, in massima parte provenienti del panorama
hollywoodiano, avvieremo il tentativo di riconoscere in essi la presenza e il
funzionamento di dinamiche strutturali rimandanti alla fase orale, al suo
narcisismo e dunque ai piaceri pre-edipici (e masochistici) della dipendenza dal
materno che le sono legati. Dalle figure sacrificali, maschili e femminili, del
melodramma, con gli esempi degli anni ’30 e ’40 di Sternberg ed Ophuls,
all’appeal dell’ “abiezione” nel genere horror, qui affrontato con particolare
riferimento alla classica, “cara e repellente”, figura del vampiro, fino alle
rappresentazioni del gender nel film d’azione, getteremo trasversalmente uno
sguardo sui meccanismi di costruzione testuale e sulle fluide e molteplici
possibilità di identificazione riservate per questa via a spettatore e spettatrice.
Approfondiremo così l’ipotesi di una estetica narrativa masochista, che
contrappone alla linearità logico-causale ed ai parametri aristotelici di quella
classica (sadico-edipica), una traiettoria che mette in discussione la concezione di
un’azione sequenziale (sul piano cronologico come su quello spaziale),
fondandosi su meccanismi oscillatori di suspense e ripetizione, disconoscimento
e scambio fantasmatico dei ruoli.
Così, a proposito della manipolabilità dei fattori spazio-temporali concessa
all’interno dell’estetica masochistica, ci richiameremo e confronteremo con la
riflessione filosofica e psicologica sulla modernità di figure intellettuali indotte a
ragionarvi dai cambiamenti introdotti dalle nuove tecnologie. Da Freud a Bergson,
da Benjamin a Marey, da Doane a Mulvey, il discorso della malleabilità del tempo
si lega a quello della soggettività, dell’identità e dello scarto tra percezione ed
azione che costituisce la marca dell’umano, con effetti che vanno dalla nascita
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della sessualità al piacere visivo dello spettatore moderno attraverso gli strumenti
dell’home video.
Inoltre avremo modo di estendere la nostra riflessione, e testarne la applicabilità,
anche a dinamiche para-cinematografiche, come quelle della costruzione dei
personaggi divistici, così come analizzati da Richard Dyer, i cui punti chiave si
fondano sulle necessità di identificazione proprie di un pubblico di soggetti
inscritti in contesti sociali che propongono/impongono modelli problematici della
mascolinità e della femminilità. Feticci narcisistici, questi modelli, che
consentono, così come tutto l’apparato cinematografico, di accedere a quel senso
di onnipotenza infantile, dato dall’incapacità di percepire il confine tra il sé ed il
mondo esterno rappresentato dalla madre, che è poi l’essenza del piacere
voyeuristico dello “schermo del sogno” cinematografico.
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Capitolo I
Masochismo. Definizione della perversione e teoria freudiana.
Masochismo: “perversione sessuale in cui il soddisfacimento è legato alla
sofferenza e all’umiliazione subita dal soggetto” .
1
La denominazione di masochismo viene introdotta nel 1886 dal sessuologo
Richard von Krafft-Ebing, che nel saggio Psichopatologia sexualis la descrive per
la prima volta in modo completo, individuandone l’aspetto caratterizzante
nell’asservimento (imposto o subito), piuttosto che nel dolore, come invece
l’appellativo precedente di algolagnia lasciava intendere .
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Secondo Gaylyn Studlar , in questo scritto Krafft-Ebing getta anche le basi per il
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concetto di sado-masochismo, ipotizzando l’esistenza di un rapporto di
complementarietà tra sadismo e masochismo, tale da permettere di considerarli la
coppia fondamentale di un’unica entità. Tale ipotesi viene successivamente
abbracciata anche da Freud, che infatti già nei Tre saggi sulla sessualità (1905)
definisce “il desiderio di far soffrire l’oggetto sessuale, oppure il sentimento
opposto di far soffrire se stessi, […] i due versanti della […] più importante
forma di pervertimento”, “denominata sadismo o masochismo a seconda che sia
attiva o passiva” . E se il sadismo viene qui indicato come sviluppo eccessivo
4
dell’aggressività dell’istinto sessuale, la cui origine è da individuarsi nella
sessualità “normale” (in cui gli uomini presentano la tendenza a dominare
l’oggetto), il masochismo invece, comprendendo “tutti i gradi di un’attitudine
J. Laplanche e J. B. Pontalis, Enciclopedia della psicoanalisi, Laterza, 1974, voce
1
“masochismo”.
Introdotto da Shrenk-Notzing ,dal gr. volontà di dolore [nota 1].
2
G. Studlar, In the Realm of Pleasure, Columbia University Press, New York - Oxford, 1988, p.
3
10
Freud, Tre saggi sulla teoria della sessualità, Mondadori, Milano, 1960, p. 39.
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passiva rispetto alla vita sessuale e all’oggetto”, appare fortemente discostato
dallo scopo sessuale normale, raggiungendo la soddisfazione solo a condizione di
una sofferenza psichica o fisica inflitta dall’oggetto stesso. In questa stessa sede
infine, Freud formula anche l’ipotesi (già avanzata da Krafft-Ebing) di una
derivazione del masochismo dal sadismo, dovuta ad una ritorsione
dell’aggressività sadica verso il soggetto stesso, che prende il posto dell’oggetto
sessuale. Sostenendo che “la forma attiva e la forma passiva di questo
pervertimento si riscontrano nello stesso individuo”, Freud afferma che colui “che
nei rapporti sessuali gode nell’infliggere dolore, è anche in grado di godere del
dolore che può essere inflitto a lui. Un sadico è sempre anche un masochista, ciò
non impedisce che la forma attiva o la forma passiva possa avere il predominio e
in tale modo caratterizzare l’attività sessuale prevalente” . Un’idea, questa, che è
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in linea con quella teorizzazione della bisessualità innata degli esseri umani
accennata anche nel primo dei Tre saggi, preannunciando l’estensione dell’analisi
dell’interrelazione tra posizione sadica e masochistica sia nel conflitto
intersoggettivo (dominio-sottomissione), che nella struttura della persona
(autopunizione), successivamente approfondito da Daniel Lagache .
6
V . nota 4.
5
Laplanche e Pontalis, voce “sadomasochismo”.
6
8
1. La fantasia (sado)masochistica secondo Freud: Un Bambino viene
picchiato.
Un bambino viene picchiato (1919) è il saggio in cui Freud descrive il processo di
formazione della fantasia propria della perversione sadomasochistica, la fantasia
di percosse.
Quanto all’origine di questa fantasia, dall’analisi di alcuni pazienti, per Freud essa
inizialmente sembra collocabile intorno all’età dei cinque anni, ossia solo al
termine di quel periodo (tra i due e i cinque anni) in cui i fattori libidici congeniti
vengono destati per la prima volta e legati a determinati complessi. E così, il fatto
che questa rappresentazione fantastica affiori nella prima infanzia (probabilmente
con origini casuali), e che il soggetto le si attenga in vista di un soddisfacimento
erotico, lascerebbe anche supporre di trovarsi di fronte ad “un tratto primario di
perversione”: una perversione derivante dal precorrere dello sviluppo da parte di
una delle componenti della funzione sessuale, che pertanto va incontro ad
un’autonomia prematura e ad una fissazione, le quali la escludono dai successivi
processi evolutivi, “producendo una costituzione anomala del soggetto” . Ma un
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processo del genere risulta a questo punto incollocabile per Freud dopo i cinque
anni, ossia dopo il periodo di risveglio dei fattori libidici suddetti, per cui ipotesi
definitiva diviene quella che il manifestarsi della fantasia corrisponda non al suo
momento originario, quanto all’esito finale di un processo che attraversa le fasi
precedenti .
8
Per gli studi riportati in Un bambino viene picchiato, Freud decide di limitare le
sue descrizioni all’analisi svolta su persone di sesso femminile, poiché in queste la
Un Bambino viene picchiato, in Freud, Opere, vol. 9, Boringhieri, Torino, 1986, [pag. 41-56]
7
Ad ogni modo, Freud precisa già qui che una perversione infantile di questo tipo, non
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necessariamente persisterebbe per tutta la vita. Essa può invece essere sottoposta alla rimozione, o
venire sostituita da una formazione reattiva, o ancora essere trasformata attraverso una
sublimazione, impedendo così quella fissazione all’evento infantile che dà luogo all’aberrazione
sessuale della vita adulta
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fantasia di percosse gli sembra presenti un’evoluzione meno complessa, che egli
schematizza in tre fasi, ognuna delle quali con trasformazioni e capovolgimenti
significativi.
La prima di queste fasi, appartenente ad un periodo molto remoto dell’infanzia,
può essere riassunta nella frase generica “un bambino viene picchiato”. Ma,
poiché la persona che fantastica, qui non coincide né con la vittima delle percosse
(un altro bambino), né con colui che punisce (presumibilmente un adulto, che
Freud identifica con il padre), la fantasia non può ancora essere definita né di
natura masochistica, né sadica. La formula: “mio padre picchia il bambino”,
esprime allora più chiaramente ciò che avviene in questa prima fase.
Lo stadio successivo, il più ricco di conseguenze, nonché l’unico che in nessun
caso riesce a diventare cosciente, presenta alcune trasformazioni. Il bambino, o
meglio, la bambina picchiata, è ora la stessa che fantastica, cosa che fa acquisire
alla fantasia una “spiccatissima accentuazione di piacere” masochistico: “vengo
picchiata da mio padre”.
Infine, nella terza fase, la persona che picchia viene lasciata indeterminata (il suo
ruolo può essere preso da un suo rappresentante -per esempio il maestro), mentre
la persona che fantastica diviene un semplice spettatore delle percosse, qui inflitte
a più bambini, generalmente maschi e sconosciuti . Ora, a prescindere dalle
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possibili varianti rispetto a questo schema della terza fase (l’essere picchiati
potrebbe essere sostituito da atti diversi, come l’umiliazione o la punizione), è
rilevante che qui la fantasia sia portatrice di un eccitamento intenso ed
inequivocabilmente sessuale, veicolo di quel soddisfacimento onanistico che di
norma si impone al culmine della situazione immaginata.
Ma “per quale via la fantasia, ora sadica, per cui vengono picchiati bambini
estranei e sconosciuti, è giunta a impossessarsi, in modo […] permanente, della
tendenza libidica della bambina?” Approfondiamo le dinamiche e il significato
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La frase che Freud riporta come enunciazione del paziente e dunque fantasia conscia è del tipo:
9
dei bambini sono picchiati. “Io probabilmente assisto”. [pag. 47]
V . nota 7.
10
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delle tre fasi per cogliere l’origine delle perversioni ed individuare dove si colloca
secondo Freud l’inizio del loro sviluppo autonomo rispetto al processo di
formazione “normale”.
Freud ammette che il nesso e la successione delle tre fasi della fantasia (così come
i suoi caratteri peculiari) gli risultano incomprensibili. Per capire l’origine della
fantasia di percosse allora, si rivolge al periodo infantile remoto a partire dal quale
è ricordata dai pazienti, periodo in cui i bambini “appaiono irretiti negli
eccitamenti del proprio complesso parentale” . Qui la bambina è fissata al padre,
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ed ha un rapporto di rivalità con la madre, cui si affiancherà successivamente un
affettuoso attaccamento, generatore per il futuro o di un maggiore legame con
quest’ultima, o di una reazione amorosa eccessiva nei suoi confronti. Tuttavia,
secondo Freud, non è al rapporto con la madre che si collega la fantasia di
percosse. Egli si sofferma invece sull’esistenza di una rivalità tra il bambino che
fantastica e gli altri bambini presenti nella sua casa, per cui vedere l’odiato rivale
percosso (indice questo di una revoca d’amore) costituisce una gradevole
rappresentazione: “mio padre non ama questo bambino, ama soltanto me”. Questo
è il significato della prima fase, tendente cioè a soddisfare la gelosia dei bambini
collegandosi ai loro interessi egoistici. Resta allora in dubbio se sia lecito definirla
meramente sessuale (e nello specifico sadica) . Ciò che è certo però, è che con
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tale precoce scelta dell’oggetto d’amore incestuoso, la vita sessuale dei bambini
raggiunga lo stadio dell’organizzazione genitale, cosa evidente nel fatto che
abbiano costantemente il desiderio di avere un figlio con il genitore del sesso
opposto, cosa che chiaramente ai loro occhi ha a che vedere con i genitali.
Tuttavia a questa precoce fioritura segue inevitabilmente una rimozione
dell’amore incestuoso, provocato spesso dalla delusione di tale desiderio (dovuta
per esempio alla nascita di un altro bambino o a una mortificazione inaspettata).
V . nota precedente.
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“La fantasia non è indubitabilmente sessuale, non è sadica in se stessa, ma ha tuttavia la stoffa
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per assumere in seguito entrambe queste caratterizzazioni. In nessun caso però esiste un motivo
per supporre che già questa prima fase della fantasia sia al servizio di un eccitamento, che
ricorrendo ai genitali, riuscirà a scaricarsi in un atto onanistico”. p. 49
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