soprattutto dall’essere in grado di attuare la propria conoscenza attraverso il
saper divenire. Le risorse umane devono essere capaci di coprire ruoli sempre
più complessi, sviluppando le loro performance individuali. Il loro lavoro non
consiste più in una serie di compiti da eseguire, ma si trasforma in una sorta di
missione da compiere, dove le condizioni operative risultano difficilmente
descrivibili in procedure, e dove scelte e decisioni non dipendono più
strettamente dalla gerarchia. Nel contesto che si viene così delineando,
l’apprendimento rappresenta un fattore significativo di cambiamento dove il
requisito fondamentale diventa la capacità di imparare: imparare ad apprendere
ed imparare ad accettare il cambiamento.
La centralità della formazione è stata di recente posta al centro
dell’attenzione del mondo sanitario con l’istituzione dell’educazione continua in
medicina, che rappresenta un programma nazionale di accreditamento delle
iniziative formative. Ogni intervento formativo è sottoposto ad una
Commissione del Ministero della Salute che valuta la qualità attraverso precisi
indicatori di riferimento e tramite il grado di rispondenza delle iniziative agli
obiettivi di formazione stabiliti a livello nazionale e regionale.
L’interesse per l’educazione continua in medicina nasce da alcuni fattori: in
primo luogo, dal fascino esercitato da questa nuova iniziativa formativa che
pone il nostro Paese all’avanguardia in Europa e nel mondo in uno dei contesti
più discussi e criticati come quello della qualità dell’assistenza alla persona.
Ancora di più affascina le notevoli implicazioni pedagogiche che circondano e
caratterizzano questa nuova politica di formazione continua.
In secondo luogo, l’interesse nasce dalla convinzione che la E.C.M.
rappresenti una grande opportunità di crescita, di miglioramento e di
arricchimento culturale per il Servizio Sanitario Nazionale che, fin dalla sua
nascita, nel 1978, ha dovuto affrontare un profondo mutamento in termini
economici, finanziari e organizzativi. L’avere introdotto, dopo circa venticinque
anni, un sistema obbligatorio di formazione continua a tutti i professionisti della
Sanità, significa aprire una nuova strada che contribuisce a realizzare una
nuova cultura organizzativa per non subire il cambiamento, ma a comprenderlo
ed usarlo per arrivare a gestire un sistema efficace ed efficiente di servizi
assistenziali di qualità rivolti alla cittadinanza.
In terzo luogo, l’interesse è mosso dalla considerazione che il Programma
nazionale di educazione continua in medicina, da politica formativa inserita in
uno specifico ambito, quello sanitario, sia oggi più che mai diventato una realtà
esportabile in altri settori organizzativi del nostro Paese. In un’economia che
richiede continui adattamenti delle conoscenze, la formazione continua assume
un ruolo di strumento strategico. L’obiettivo non è solo l’aumento della
produttività dei lavoratori sui posti di lavoro occupati, bensì di potenziare il loro
capitale umano allo scopo di renderli più “forti” sul mercato del lavoro e di
aumentare la mobilità, di cui il nostro Paese ha assolutamente bisogno
1
.
Tutti questi motivi hanno determinato l’interesse per questa ricerca che ha
l’obiettivo principale di approfondire i caratteri, le cause e le criticità della
formazione continua nella Sanità davanti alle nuove implicazioni dettate dalla
E.C.M..
La ricerca si distingue in quattro capitoli ognuno dei quali presenta un
argomento che cerca di delineare il percorso che ha caratterizzato lo sviluppo
della formazione continua nelle strutture sanitarie.
Il primo capitolo affronta il concetto di formazione continua legato alle
implicazioni delle teorie andragogiche, e che hanno permesso di sviluppare
nuove tecniche e metodologie per l’apprendimento degli adulti. Nella nuova
logica di “facilitazione all’apprendimento” si delinea le principali differenze tra
l’andragogia e la pedagogia caratterizzate dalla distinzione tra il paradigma
1
Cfr. M. Biagi, Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, proposte per una società attiva e per un
lavoro di qualità, Roma 2001, pag. 25. – Sito internet: www.welfare.gov.it
dell’insegnamento e il paradigma dell’apprendimento. In questo capitolo,
inoltre, si evidenziano i principali riferimento legislativi che hanno caratterizzato
l’evoluzione della formazione continua in Italia e nel contesto della Comunità
europea presentando i documenti più significativi come il Libro bianco di Jaques
Delors e quello di Edith Cresson.
Il secondo capitolo affronta la necessità di utilizzare la formazione come
utile elemento per gestire il bisogno di cambiamento nelle organizzazioni, specie
nell’apparato sanitario. L’attività di formazione continua è la caratteristica
indispensabile per qualsiasi organizzazione che abbia il primario scopo di
mantenere efficaci ed adeguate le competenze e le capacità del personale.
Questo aspetto si evidenzia, in particolare, nella Sanità dove la variabile umana
è la risorsa di primaria importanza per garantire performance di qualità. Nella
struttura sanitaria il momento produttivo coincide con il momento
dell’erogazione del servizio, e gli stessi operatori, nel mentre si fanno tramite tra
servizi e assistiti, sono capaci di influenzare direttamente i caratteri quantitativi
e qualitativi delle prestazioni. Questa situazione ha reso pressante il bisogno di
apprendimento continuo sia a livello individuale sia a livello organizzativo.
Termini inscindibili tra loro perché parti di una stessa finalità: l’investimento
nella conoscenza, nella formazione, deve avere come obiettivo un
miglioramento globale della società civile. Il nostro modo e tempo di lavoro non
è senza conseguenze sul nostro modo e tempo di non lavoro. Da qui,
l’organizzazione deve riscoprire la sua funzione sociale e la propria
responsabilità verso la società che rappresenta il nucleo vitale della comune
convivenza.
2
Il terzo capitolo affronta definitivamente gli aspetti che caratterizzano la
E.C.M.. Si parte nell’analizzare i riferimenti normativi, a partire dalla Direttiva
sulla formazione e la valorizzazione della pubbliche amministrazioni emanata dal
2
Cfr. C. Xodo Cegolon, Il modello pedagogico delle competenze, Cleup, Padova 2001, pag. 24.
ex Ministro della Funzione pubblica Frattini fino ad arrivare al Decreto
legislativo n. 299 del 1999 che ha dato l’avvio al programma di educazione
continua. In seguito si passa ad analizzare le peculiarità e le implicazioni della
E.C.M. nei confronti degli operatori della Sanità ed il ruolo dei principali attori in
gioco.
Infine, nel quarto capitolo si analizza come avviene e come si sviluppa il
Piano formativo annuale nelle aziende sanitarie: l’analisi dei fabbisogni
formativi, la pianificazione, la progettazione e la valutazione. Inoltre, l’esigenza
di programmare le attività formative ha spinto le Direzioni Generali delle
strutture sanitarie a provvedere alla diffusione di nuove figure professionali
inserite all’interno dei Dipartimenti e nelle UU.OO.: i referenti della formazione.
In questa ottica vengono individuati le competenze e le funzioni dei referenti al
fine di ottenere una maggiore efficacia nella implementazione degli interventi
formativi.
CAPITOLO 1
LA FORMAZIONE CONTINUA
1.1 Il concetto di formazione continua
Per molti anni la formazione aziendale è stato un fenomeno riservato ai
dirigenti e ai quadri di poche grandi aziende. Attualmente la situazione si è
completamente capovolta: la formazione professionale dei lavoratori di qualsiasi
livello e settore, nel privato come nel pubblico, è diventata argomento di
portata sociale e politica, esigenza di ogni struttura organizzativa ed economica.
Oggi l’attenzione si concentra sulla formazione nel corso dell’intera vita
lavorativa. Si parla sempre più di una formazione continua che entra nei
programmi dei governi più accorti ed è argomento strategico degli organismi
politici internazionali. La formazione continua esce definitivamente
dall’isolamento che la caratterizzava in passato mentre oggi è considerata
strumento fondamentale di successo sia per la competitività delle aziende sia
per lo sviluppo di nuovi livelli di professionalità.
1
Quindi, oggi, quando si parla di formazione continua si fa riferimento ad
una formazione orientata allo sviluppo professionale di quei lavoratori collocati
nella propria azienda o nella propria organizzazione. Inoltre, la formazione
1
Cfr. D. Bellamio, La formazione, il lavoro, la vita, in Adultità, Formazione Lavoro, Guerini e
Associati, Milano 2002, pag. 21.
continua può essere legata allo sviluppo di un percorso individuale, come
strumento di acquisizione di nuove competenze, per una ricollocazione sul
mercato del lavoro.
Tuttavia, il concetto di formazione continua è stato soggetto, in questi
ultimi decenni, a numerosi cambiamenti semantici e culturali. Formazione
permanente, formazione continua, formazione degli adulti, formazione
professionale ecc., sono solo alcuni dei termini che assumono significati
differenti sia nei diversi periodi che hanno caratterizzato la nostra società sia
nei diversi contesti nazionali.
2
Negli ultimi anni del XIX secolo lo sviluppo dell’educazione degli adulti in
Europa mira a rispondere ai problemi principalmente legati all’analfabetismo di
massa. Negli anni cinquanta del XX secolo, invece, si cerca di utilizzare la
formazione per riconvertire grandi masse di lavoratori agricoli in operai
qualificati per l’industria, mentre negli anni sessanta l’obiettivo è di stampo
culturale legato però alla crescita economica e all’innalzamento del tenore di
vita che hanno caratterizzato la società durante il boom economico. Negli anni
settanta e ottanta la formazione sposta la sua attenzione da un lato sul
problema dell’analfabetismo tecnologico, e dall’altro, sulla difesa dei posti di
lavoro dovuto alla recessione economica. Infine, negli anni novanta, la
formazione degli adulti si orienta verso il mondo produttivo tramite la sua
capacità di prevenire i continui cambiamenti tecnologici e scientifici. Oggi la
formazione continua si connota come formazione preventiva e come strumento
per affrontare l’innovazione organizzativa, economica e socio-culturale.
3
Il moderno concetto di formazione continua trae origine dall’idea di social
up-grading e dall’idea di occupational training
4
. Il social up-grading è un
concetto che si diffuse nel secondo dopoguerra in Europa ed è legato ad una
2
Cfr. L. Infelice, L’esperienza italiana della formazione continua, Analysis n. 3, 2002
3
Cfr. Ibidem
4
Cfr. Ibidem
formazione popolare caratterizzata da corsi serali promossi da enti pubblici. Tale
formazione aveva lo scopo di offrire una qualificazione di base per coloro che
non avevano frequentato o concluso le scuole giovanili.
Il concetto di occupational training rappresenta il fondamento della
formazione aziendale che è nata in tempi più recenti rispetto alla social up-
granding e che si presenta oggi attraverso una immagine in continua
rinnovazione. Tale formazione aveva lo scopo di affrontare i continui
cambiamenti organizzativi ed era diretta soprattutto alla riqualificazione dei
lavoratori.
Dalle evoluzioni del social up-granding e dell’occupational training si arriva
alla moderna dimensione della formazione continua che assume il più ampio
concetto di lifelong learning, ossia di apprendimento continuo durante l’intero
corso della vita professionale. Essa si distingue dalla formazione iniziale, intesa
come forma di apprendimento che ha inizio immediatamente dopo l’obbligo
scolastico, e si determina attraverso un sistema complesso di interventi
formativi multidisciplinari diretti a garantire l’acquisizione di nuove competenze
e il miglioramento di quelle già possedute.
La definizione di formazione continua acquista più accezioni tra i diversi
paesi europei. In Francia la formazione professionale permanente è un obbligo
nazionale che si rivolge a tutti i soggetti già inseriti in una attività lavorativa.
Essa si caratterizza da un insieme di attività formative realizzate dopo la
formazione iniziale con gli obiettivi: di preparazione alla vita professionale, di
promozione sociale, di prevenzione contro la piaga della disoccupazione, di
riqualificazione e di aggiornamento
5
.
In Germania, la formazione continua è la continuazione
dell’apprendimento che si innesta sulla base di una prima fase di formazione e
5
Cfr. Ibidem
successivamente all’esperienza di una attività professionale
6
. In questo senso,
la formazione agisce sulle competenze già possedute e acquisite dopo
l’intervento della formazione professionale iniziale e dopo una esperienza nel
campo lavorativo. La formazione continua assume la funzione di adattamento,
con lo scopo di favorire l’acquisizione e il miglioramento delle competenze per
far fronte ai cambiamenti tecnici e organizzativi, e la funzione di promozione
legata a corsi di apprendimento che rilasciano titoli legalmente riconosciuti.
Infine, la concezione tedesca di formazione continua non fa rientrare la
formazione alla riconversione, cioè tutte le attività formative che mirano alla
riqualificazione dei lavoratori soggetti a fenomeni di ristrutturazione aziendale.
In Italia il termine formazione continua non è cosi diffuso come negli altri
paesi europei. Le terminologie più diffuse sono quelle di educazione
permanente, di formazione degli adulti o di formazione sul lavoro. Attualmente
vi sono due diversi punti di vista: da un lato vi è una concezione ampia di
formazione continua che comprende le attività formative destinate sia agli
occupati sia ai disoccupati con l’esclusione dei soggetti in cerca di prima
occupazione. In questa prospettiva rientrano tutte gli interventi formativi tesi
alla riqualificazione, al miglioramento e all’aggiornamento di nuove competenze.
Dall’altro lato vi è una concezione più restrittiva dove la formazione continua è
tesa solo allo sviluppo e all’aggiornamento delle competenze professionali già
acquisite dai lavoratori occupati. In questo caso, tutto ciò che non rientra nella
formazione iniziale non può a sua volta essere definita come formazione
continua. Al contrario la formazione si caratterizza da un insieme di interventi
con obiettivi strategici diversi: formazione di riqualificazione, di aggiornamento,
di perfezionamento, si rivolgono a soggetti che hanno una diversa posizione sul
mercato del lavoro (occupati, disoccupati, cassa integrazione, mobilità ecc.).
6
Cfr. Ibidem
Le due accezioni della formazione continua sopra citate appaiono l’una
troppo onnicomprensiva, l’altra troppo restrittiva. In questa prospettiva si può
distinguere la formazione in due grandi aree:
1) La formazione legata alle necessità e ai bisogni di sviluppo delle
aziende che si rivolge agli occupati, agli apprendisti, e al personale con
contratto di formazione-lavoro, che risponde alla domanda del sistema
economico e di formazione aziendale;
2) La formazione legata alle necessità e ai bisogni individuali di coloro che
mirano a migliorare le loro condizioni o che tendono ad un reinserimento del
mondo del lavoro (disoccupati, cassaintegrati ecc.), che risponde alla domanda
sociale.
7
In sintesi, la formazione rivolge la sua attenzione, oltre all’azienda e
all’organizzazione, verso i soggetti e l’apprendimento. Si evidenzia una
formazione continua come processo in grado di ridurre la separazione tra
momento formativo e momento lavorativo, come crescita socio-culturale,
professionale e personale degli individui e come acquisizione di autonomia,
responsabilità e decisionalità nell’ambito lavorativo
8
. Una formazione centrata
sui soggetti in continuo apprendimento comprende forme molto diversificate di
interventi, ognuno dei quali si caratterizza da propri obiettivi in base ai diversi
contesti da affrontare.
In questo senso la formazione professionale si determina attraverso una
intenzionalità educativa che si sviluppa su questi tre assi:
1) Lo sviluppo dei soggetti, verso la completa crescita dell’identità
personale e individuale;
7
Cfr. Ibidem
8
Cfr. D. Bellamio, op. cit., pag. 21.
2) Lo sviluppo degli aggregati sociali, verso la negoziazione tra scelte
individuali e collettive;
3) Lo sviluppo della società, verso un crescita culturale, civile, politica ed
economica.
9
In particolare, la formazione che mira allo sviluppo dei soggetti pone la sua
attenzione verso la logica delle competenze che, a partire dagli anni settanta
del secolo scorso, ha portato ad un radicale cambiamento di paradigma.
L’incertezza che caratterizza i mercati economici determinata dal fenomeno
della globalizzazione, ha spinto le imprese ad elaborare strategie di
rinnovamento e di ricerca di nuove formule organizzative, che trovano il loro
fondamento nel modello delle competenze. Infatti, l’approccio tradizionale della
formazione, che nasce dalla teoria tayloristica basata sulla parcellizzazione del
lavoro, si poneva su una dimensione organizzativa statica, rigida, prestabilita ed
estremamente razionale. Questo giustificava la netta separazione tra momenti
di apprendimento, formazione e contesto organizzativo. Contrariamente la
formazione che punta alle competenze ha spostato l’attenzione dalle
caratteristiche dei compiti lavorativi alla centralità dell’individuo inteso come
soggetto in situazione.
La differenza tra l’approccio tradizionale e nuova formazione può essere
rappresentata dalla distinzione tra il paradigma dell’insegnamento e il
paradigma dell’apprendimento descritto dalla tabella I.
10
9
Cfr. Ibidem
10
Cfr C. Xodo Cegolon, op .cit., pag. 20
PARADIGMA
DELL’INSEGNAMENTO
Educazione e formazione
professionale
Formazione secondaria
Giovani, disoccupati,
svantaggiati
PARADIGMA
DELL’APPRENDIMENTO
Formazione continua nelle
imprese e nelle pubbliche
amministrazioni
Manager, dirigenti,
dipendenti
Tabella I
Dalla tabella si può osservare che il paradigma dell’insegnamento è tipico di una
formazione iniziale, rivolto non tanto a chi è in cerca di prima occupazione ma
soprattutto a chi si trova in difficoltà come i disoccupati, cassaintegrati o
persone poco scolarizzate. Esso si basa su conoscenze prestabilite e
istituzionalizzate attraverso una formazione scollegata al contesto lavorativo. Il
paradigma dell’apprendimento, invece, si determina tramite una azione
continua strettamente connessa all’organizzazione che mira ad un investimento
formativo centrato sulla persona e su un ritorno economico in termini di
efficienza e di efficacia.
11
In sostanza, la formazione tradizionale oggi è entrata definitivamente in
crisi per la mancanza di un requisito fondamentale: la predittività. Questo
aspetto determina, allora, il passaggio dalla formazione data alla formazione
progettata. La prima, legata al paradigma dell’insegnamento, si basa sul sapere
e su conoscenze tecniche e si esprime sottoforma di addestramento
professionale, la seconda si basa sull’apprendimento attraverso lo sviluppo delle
competenze di base, tecnico-professionali e trasversali dell’individuo.
11
Cfr. Ibidem, pag. 21
1.2 L’andragogia
Affrontare il concetto di formazione continua implica entrare di fatto nel
mondo degli adulti e del loro bisogno di apprendere. La formazione degli adulti
costituisce l’insieme delle opportunità educative formali, come l’istruzione e la
formazione professionale, e non formali, come la cultura, l’educazione sanitaria,
sociale e civile. Quando la formazione si rivolge al mondo degli adulti si trova ad
affrontare, di fatto, una nuova disciplina ancora poco diffusa ma che
rappresenta un efficace punto di partenza per una nuova teoria
dell’apprendimento: l’andragogia.
Malcom Knowles può essere collocato tra i più noti studiosi
dell’apprendimento adulto. Punto iniziale del suo modello è la considerazione
degli adulti come learners (soggetti in apprendimento) con le loro specifiche
prospettive individuali. Andragogia è per Knowles il corpo delle conoscenze
riguardante i discenti adulti in modo parallelo e distinto rispetto al modello
pedagogico dell’apprendimento infantile
12
. L’obiettivo dell’apprendimento viene
definito come progressiva acquisizione di autonomia da parte degli individui, sia
per svolgere i ruoli propri delle diverse fasi della vita (bisogno di imparare), sia
per imparare ad imparare.
Affinché si possa sviluppare apprendimento in età adulta è necessaria una
duplice conoscenza: quella delle caratteristiche degli adulti come soggetti,
tentando di individuare come l’adulto impara e quella dei comportamenti che
devono o possono essere attivati per promuovere e conseguire il risultato
dell’apprendimento. Knowles cerca di formulare una teoria dell’apprendimento
degli adulti tenendo conto degli esperimenti e delle ricerche sulle caratteristiche
12
Cfr. M. Knowles, Quando l’adulto impara: pedagogia e andragogia, Franco Angeli, Milano 1997,
pagg. 73:82.
specifiche che presentano i soggetti adulti. Esso identifica le differenziazioni del
modello andragogico rispetto a quello pedagogico sulla base di sei presupposti.
1) Il bisogno di conoscere: gli adulti sentono l'esigenza di sapere
perché occorra apprendere qualcosa e a cosa possa servire. Di conseguenza
uno dei nuovi aforismi della formazione degli adulti è che il compito del
formatore, inteso come facilitatore di apprendimento, è di aiutare i discenti a
prendere coscienza del "bisogno di conoscere". Inoltre tale consapevolezza può
essere accresciuta dalle esperienze reali o simulate in cui i discenti scoprono da
soli il divario tra il punto in cui sono attualmente e quello dove vogliono
arrivare.
2) Il concetto di sé: il concetto di sé, nel bambino, è basato sulla
dipendenza da altri, mentre nell'adulto è vissuto come dimensione
essenzialmente autonoma: "profondo bisogno psicologico di essere percepito
come indipendente ed autonomo dagli altri". Di conseguenza se l'adulto si trova
in una contesto in cui non gli è concesso di autogovernarsi, sperimenta una
tensione tra quella situazione e il proprio concetto di sé: la sua reazione tende a
divenire di resistenza.
3) Il ruolo dell'esperienza precedente: nell'educazione
dell'adulto ha un ruolo essenziale l'esperienza, sia come attività di
apprendimento sia come pregresso talvolta negativo che costituisce una
barriera di pregiudizi e credenze che fanno resistenza all'apprendimento stesso.
L'esperienza precedente dell'adulto costituisce allo stesso tempo una base
sempre più ampia a cui rapportare i nuovi apprendimenti. In altre parole il
nuovo apprendimento deve integrarsi in qualche modo con l'esperienza
precedente.