5
del paradigma fordista, basato sulla produzione di beni standardizzati di uso durevole, e sul
consumo di massa.
In un panorama economico estremamente frammentato ed incerto come quello
attuale, le forme di regolazione proprie del welfare state keynesiano, che garantivano una
crescita stabile e costante della domanda e assicuravano l'equilibrio dell'intero sistema, non
possono più trovare applicazione. Il nuovo modello di riferimento, quello postfordista per
l'appunto, privilegia a tutti i livelli forme di organizzazione più flessibili. Elasticità dunque
non solo a livello tecnologico-produttivo, ma anche organizzativo-strategico e in relazione
alle risorse umane.
Il maggior vantaggio competitivo, derivante dall'implementazione di questi sistemi,
consiste nel poter adattare la propria produzione, qualitativa e quantitativa, alle esigenze e alle
continue fluttuazioni della domanda. Il consumo, infatti, è ora fortemente influenzato da un
eterogeneo proliferare di stili di vita eclettici ed effimeri, da mode passeggere che si riflettono
in una corrispondente riduzione del ciclo di vita dei prodotti e in una accelerazione del
processo produttivo. Date queste condizioni, il modello flessibile postfordista riesce a
soddisfare anche quelle nicchie di mercato specializzate, che non venivano coperte dalla
produzione di massa fordista.
Anche la dimensione spaziale del paesaggio economico ha mutato considerevolmente
la propria fisionomia. Intere regioni del centro mondiale economico-produttivo hanno subito
un problematico processo di deindustrializzazione e il parallelo espandersi del settore
terziario, specialmente nelle città globali, sedi delle multinazionali e centri privilegiati della
finanza internazionale. Si è assistito inoltre al progressivo emergere dei paesi asiatici, nei
quali sono state man mano trasferite le fasi dei processi produttivi a più alta intensità di
lavoro, fattore quest'ultimo che, in quelle regioni, presenta costi molto ridotti. I nuovi spazi
produttivi postfordisti si caratterizzano infine anche per l'affermazione di una nuova
dimensione dell'imprenditoria, i distretti industriali, composti da piccole aziende concentrate
territorialmente, che operano solitamente nello stesso settore di attività e che condividono un
patrimonio di conoscenze e istituzioni, raggiungendo una forma intermedia di equilibrio tra
cooperazione e concorrenza.
Analizzando le attuali trasformazioni del capitalismo, in particolare il passaggio dal
paradigma fordista a quello postfordista, non si può prescindere dal fenomeno della
globalizzazione e dalle molteplici implicazioni che ne derivano e che investono tutti gli aspetti
dell'esperienza umana. Il processo globale, infatti, è caratterizzato da tendenze contrapposte,
da forze che spingono verso una omogeneizzazione economica, sociale, politica e culturale, e
6
da forze che esaltano la dimensione locale e le radici comunitarie, talora in contrapposizione
all'appiattimento imposto dalla mondializzazione e dai paesi che ne sono leader e talora in
funzione della espansione della stessa globalizzazione (GLOCAL).
Questo complesso intreccio di interessi appare ancora più problematico se si prende
atto del fatto che, al posto della presunta uniformazione economica, si sia verificato invece un
preoccupante aumento del divario fra i paesi più ricchi e quelli più poveri. Questo dovrebbe
servire a far comprendere che, se da un lato, la globalizzazione offre nuove opportunità di
sviluppo, queste non necessariamente verranno ripartite equamente sul territorio, a livello
locale, regionale e mondiale, e che dall'altro, lo scenario globale, al pari delle vantaggiose
occasioni economiche e dell'apertura di nuovi mercati, potrebbe procurare anche numerose
occasioni di pericolo e minaccia per l'equilibrio planetario.
7
- CAPITOLO I -
LE COORDINATE DELLA POSTMODERNITA'
1.1 ALCUNE DEFINIZIONI DI POSTMODERNITA'
Sempre, quando si manifesta un fenomeno emergente, si tende a connotarlo in un
primo momento come la negazione di ciò che lo ha preceduto, si enfatizza la sua discontinuità
rispetto al passato. Spesso, si sente la necessità di etichettare la nuova tendenza con un
termine, come se si cercasse di dargli una propria identità e di collocarlo entro determinati
confini.
Questo processo si è verificato anche per il fenomeno postmoderno. Attorno a questo
tema si è scatenato un vero ginepraio interpretativo. C'è chi lo considera una rottura definitiva
con l'epoca moderna, chi ipotizza che la modernità non si sia ancora conclusa e non abbia
espresso totalmente le proprie potenzialità, chi, infine, propone che le due condizioni possano
coesistere. Per procedere però ad un'adeguata analisi dell'emergente realtà postmoderna, è
necessario partire dalla comprensione dei concetti di modernità e modernizzazione, spesso
erroneamente considerati intercambiabili.
Il primo termine fa risalire le sue origini molto indietro nel tempo. Durante
l'Umanesimo e soprattutto nel Rinascimento, il significato principale di modernità è associato
al rinnovamento della cultura e delle istituzioni verificatosi dopo il presunto periodo di
stagnazione medievale. Nel mondo seicentesco si sviluppa così la controversia degli antichi e
dei moderni, da cui i secondi escono vincitori. All'assunto tradizionale che gli antichi siano i
più saggi, si contrappone l'affermazione che la conoscenza sia frutto della sola ragione umana
e della sua capacità critica, rigettando in questo modo i sistemi filosofici precedenti. In un
clima di vivace fervore intellettuale, corroborato dalle nuove scoperte scientifiche galileiane e
newtoniane, si sviluppa la fiducia nelle potenzialità del genere umano di trasformare il
mondo, una volta abolita la tirannica eredità dei pensatori antichi. Bisogna dunque superare
l'età rinascimentale perchè questo processo di affrancamento dalla tradizione giunga a
compimento.
E' solo nel XVIII secolo, infatti, con l'Illuminismo, che si compie l'identificazione
fondamentale della modernità con quell'ordine di valori su cui si è plasmata la società odierna.
8
La ragione è considerata l'unico strumento per la ricerca della verità e per liberare gli uomini
dalla superstizione e dall'asservimento ai poteri tradizionali della Chiesa e dell'aristocrazia,
garantendo così quella sfera di diritti individuali ed universali, quali la libertà e l'eguaglianza,
prima limitati. Il concetto di razionalizzazione si fonde a quello di secolarizzazione, laddove
la società civile e il progresso scientifico si emancipano, dopo un processo plurisecolare, dal
controllo religioso.
Alla luce di questi chiarimenti, si definisce modernizzazione "l'insieme dei
cambiamenti sociali, economici, politici e culturali su larga scala che hanno caratterizzato la
storia mondiale degli ultimi duecento anni e che traggono origine dalla duplice rivoluzione
(economico-sociale e politico-culturale) dalla seconda metà del XVIII secolo; è un processo
tendenzialmente globale, nella duplice accezione che coinvolge tutti gli aspetti delle società
interessate e che dalla sua sede originaria, l'Europa occidentale, si estende progressivamente a
tutto il mondo" (Martinelli, 1998, p.7).
Il concetto di modernità, dunque, implica l'idea dell'innovazione permanente, della
continua creazione del nuovo, della rivoluzione su tutti i fronti. La società moderna non nega
la storia, ma dal confronto con il passato non ricava particolari modelli da seguire o lezioni da
apprendere, al contrario, vive nel presente ed è orientata al futuro. Se la rivoluzione francese,
ed in misura più marginale quella americana, hanno rappresentato le prime esperienze
politiche di massa e hanno forgiato la nuova coscienza sociale della modernità, la rivoluzione
industriale ne ha simboleggiato la realizzazione materiale, grazie al vertiginoso sviluppo della
tecnica e l'accelerazione delle trasformazioni economiche. Autentico simbolo della modernità
sono quindi le società occidentali, quelle cioè che mostrano le maggiori differenze e i più
marcati contrasti con l'organizzazione economica e sociale, con i rapporti politici e con i tratti
culturali delle società precedenti. La modernizzazione, un processo che fa riferimento agli
stadi dello sviluppo sociale, culturale, politico ed economico, basati sull'industrializzazione,
sulla crescita della scienza e della tecnologia, sul moderno stato-nazione, sui diritti universali
dell'uomo e la democrazia, sul mercato del capitalismo mondiale e sull'urbanizzazione, si
identifica dunque in questo senso con l'occidentalizzazione del mondo e legittima, in questa
prospettiva, le tendenze espansionistiche delle prime società moderne, quelle occidentali, in
cui appunto per prima si è realizzata la modernità.
E' solo partendo da queste premesse che si può tentare di interpretare l'emergente
fenomeno postmoderno. Al di là, comunque, delle diverse posizioni ideologiche che lo
vogliono o meno contrapposto alla modernità, quello che a prima vista sorprende è
9
l'abbondanza di definizioni attribuite a questa nuova trasformazione del sapere e della visione
del mondo.
Secondo J.F. Lyotard, il filosofo francese che, con il suo libro-manifesto del 1979 "La
Condition Postmoderne" ha rivoluzionato gli ambienti intellettuali, il postmodernismo è
"l'incredulità nei confronti delle metanarrazioni" (Lyotard, 1991, p.6), cioè quei grandi sistemi
interpretativi, applicabili su scala universale e portatori di senso nella storia dell'uomo (Augé,
1993, p.28).
Per F. Jameson, uno dei più autorevoli teorici americani, esso rappresenta "the cultural
logic of late capitalism" (Jameson, 1991, p.1), espressione che sottolinea il mutamento
economico della società, il passaggio al capitalismo avanzato o multinazionale, dove la
maggiore forza produttiva è la cultura.
Il geografo D. Harvey in "The condition of postmodernity", caposaldo della
letteratura geografica sulla postmodernità, partendo da una posizione critica nei confronti del
fenomeno, lo descrive come "la commercializzazione e l'addomesticamento del modernismo e
una riduzione delle ambizioni già appannate di quest'ultimo a un eclettismo di mercato
conciliante e arrendevole" (Harvey, 1993, p.61)
Altri teorici, come accennato in precedenza, sono più orientati a considerare gli attuali
mutamenti economici, sociali e culturali non come postmoderni ma come un prolungamento
della modernità. Si tratterebbe in sostanza di un periodo di assestamento della modernità, se
non di una sua radicalizzazione, una fase in cui sperimentarne le possibilità non ancora
esperite (Giddens, 1994, p.57).
Particolarmente interessante è l'interpretazione che considera le trasformazioni in atto
alla stregua di una "Terza Modernità" (Third Modernity, My3), laddove la prima (First
Modernity, My1) trova le sue origini nel Rinascimento e vede lo sviluppo dell'Europa
capitalista fino alle soglie del XX secolo, mentre la seconda (Second Modernity, My2) vive
l'esperienza dell'industria fordista e la rivoluzione tecnologica fino allo stallo della fine degli
anni Sessanta, segnati da crisi economiche strutturali. Ora, saremmo in una sorta di Nuovo
Medioevo (New Middle Age, NMA), che, analogamente a quello originario, sarà testimone di
cambiamenti che, abbracciando trasversalmente tutti i settori del vissuto, saranno di tale
portata da rendersi necessario rifondare la struttura del sapere (Ferrier, 1993, p.253).
Tra i due estremi, ovvero tra il radicale cambiamento di rotta rispetto alla modernità e
la convinzione che invece essa non sia ancora esaurita completamente, si situa in posizione
intermedia (betweeness), forse più cauta ma più verosimile, la prospettiva che "the
10
modernism-postmodernism debate itself is based on a false dichotomy"
1
(Berg, 1993, p.491),
in quanto le due categorie non sono fondamentalmente antitetiche, ma "a ben vedere non
rappresentano altro che i due momenti distinti dell'attività cognitiva corrispondenti ai princìpi
kantiani dell'omogeneità e della specificazione: essendo il primo tipico della modernità, il
secondo della postmodernità. Quello che conta, per noi, è che i due atteggiamenti non
esprimono alcuna differenza ontologica fondamentale e sono in ultima analisi conciliabili"
(Carnevali, 1996, p.126).
Un'altra distinzione di natura terminologica fra modernismo e modernità e
postmodernismo e postmodernità viene adottata da alcuni autori in riferimento al loro campo
di applicazione parziale, se ristretto ad alcuni ambiti, o totale se elevato a cambiamento
storico globale. In particolare, le prime definizioni (modernismo-postmodernismo) si
attribuiscono a movimenti di natura artistica, filosofica o letteraria, mentre i secondi
(modernità-postmodernità) si riferiscono a "historical periods, changes, and transformations
that have taken place not in our awareness of them or in our ideologies, but in the material
structure of a society, in its economic organization, in its modes of production, and therefore
in the organization of work, the perception of time and space, of the human body and mind,
the relations between the sexes, the family and community life, the conception of death - and
also in the collective imaginary, that is to say, in the way people see themselves, assess their
experiences and project their dreams and utopias, and represent them in stories, poems,
pictures, and films" (Ceserani, 1994, p.376).
2
1.2 ALLE ORIGINI DEL CAMBIAMENTO CULTURALE
Fin dagli anni Sessanta, il termine postmodernismo diventa l'etichetta ufficiale delle
nuove tendenze culturali e artistiche che in quel periodo si pongono come alternativa all'ormai
esaurito movimento modernista (High Modernism), privato di ogni slancio e diventato esso
stesso tradizione élitaria contro cui ribellarsi (Ceserani, 1997, pp.29-31). Postmodernismo
1
"il dibattito sul modernismo e il postmodernismo si basa su una falsa dicotomia".
2
"periodi storici, cambiamenti e trasformazioni che non si sono verificati con la nostra consapevolezza o nelle
nostre ideologie, ma nella struttura materiale, concreta di una società, nella sua organizzazione economica, nelle
sue modalità di produzione, e quindi nell'organizzazione del lavoro, nella percezione del tempo e dello spazio,
del corpo e della mente umani, nelle relazioni tra i sessi, nella famiglia e nella vita comunitaria, nella concezione
della morte - e anche nell'immaginario collettivo, cioè nel modo in cui le persone si considerano, valutano le
proprie esperienze e in come vi proiettano i propri sogni e utopie, e li rappresentano poi in racconti, poesie,
quadri e films ".
11
diventa rapidamente la parola chiave in pressoché tutti i settori della sfera creativa, con
particolare riferimento all'architettura , alla pittura e all'ambito letterario.
L'arte postmodernista si caratterizza per l'abbattimento fra cultura alta e cultura di
massa o popolare (Jameson, 1991, p.2). Essa assume a proprio paradigma una nuova estetica
fondata sulla promiscuità stilistica e sulla mescolanza dei codici, sull'uso del pastiche, sul
montaggio o collage di elementi eterogenei, saccheggiati da epoche diverse. La produzione
culturale contemporanea privilegia l'impatto istantaneo più che l'opera d'arte, pone l'enfasi
sull'happening, l'evento spettacolare, la performance più che sull'autorità o la genialità
dell'autore. Nell'epoca postmoderna prevalgono l'esaltazione dell'apparenza e della
superficialità, la ricerca dell'immediatezza, una saturazione di immagini-simbolo, veicolate
dai nuovi mezzi di comunicazione (Featherstone, 1994, p.31).
Questa perdita di ogni profondità (the depthlessness) è da ricollegarsi a uno
stravolgimento e svuotamento del senso del tempo e della storia. Analogamente al modello
lacaniano di frammentazione schizofrenica del linguaggio, causata da un'interruzione della
catena significante e che porta a un'impossibilità da parte del soggetto a unificare il passato, il
presente e il futuro in un'unica entità, così l'esperienza della temporalità, nell'ottica
postmoderna, si riduce a una serie perpetua di presenti (Jameson, 1991, pp.26-27).
E' proprio partendo da questo presupposto, che è facile comprendere come il collasso
degli orizzonti temporali, l'atmosfera di transitorietà ormai generalizzata, l'abbandono di ogni
continuità e memoria storica, la perdita del senso del futuro e il ripiegamento sul presente
favoriscano e giustifichino un'accelerazione degli scambi e del consumo, alla cui base vi è una
complessa dinamica socio-economica che vede interagire fattori di diversa natura.
1.3 LA CULTURA COME NUOVO FATTORE PRODUTTIVO
Nell'attuale stadio di capitalismo avanzato o tecnologico, la cultura si è rivelata essere
la maggiore forza produttiva. La nuova logica economica non sembra più orientata tanto alla
produzione di merci concrete, materiali, quanto a quella delle cosiddette "merci-segno"
(commodity-signs), così definite dal sociologo francese Baudrillard. Secondo la teoria da lui
elaborata, l'originale valore d'uso delle merci non verrebbe semplicemente rimpiazzato da un
astratto valore di scambio, ma i beni sarebbero liberi di assumere un valore surrogato, una
sorta di valore d'uso secondario : il segno-valore (sign-value).
12
Le merci sarebbero allora da intendere come segni, nel senso saussuriano del termine,
e in base a questo meccanismo si arriverebbe all'autonomia del loro significante, libero di
"muoversi" e fluttuare indipendentemente dagli oggetti e che, se abilmente manipolato dalla
pubblicità e dai media, sarebbe in grado di assumere e stabilire una propria rete di
associazioni e significati (Featherstone, 1995, pp.18-19).
L'industria culturale, entrata nelle maglie dell'ingranaggio capitalistico per sostenere i
ritmi ora pressanti di produzione e consumo, deve creare un nuovo sistema di simboli e
immagini e, tramite una sapiente strumentalizzazione mediatica dei segni, ingenerare nuovi
bisogni e desideri nella massa dei fruitori (Harvey, 1993, p.351).
Questo nuovo mercato culturale si concentra sulla produzione di volatilità, di
istantanea obsolescenza, sull'accentuazione della caducità e del rapido avvicendamento delle
mode. Di conseguenza, è risultata necessaria una ristrutturazione a livello del sistema
produttivo capitalistico, che deve adottare una maggiore flessibilità nei processi di
lavorazione e distribuzione, per poter rispondere adeguatamente ai repentini cambiamenti e
alle nuove tendenze del mercato.
Fondamentale ruolo nella società contemporanea del consumo giocano le immagini.
La realtà postmoderna viene infatti filtrata e alterata dall'uso incontrollato delle stesse. Si
impone la logica del simulacro, "the identical copy for which no original has ever existed"
3
(Jameson, 1991, p.18), un dilagare indiscriminato di immagini e loro copie, veicolate dai
mezzi di comunicazione, che diluiscono, alterano e frammentano la realtà; emblematici al
riguardo sono i megamall nordamericani e i parchi-divertimento come Disney World. Le
immagini esercitano un'influenza e possiedono una forza che eccede di molto l'informazione
di cui sono portatrici, provocando una situazione di squilibrio che sconfina nel territorio
dell'illusorietà.
Esito simile nella parabola postmoderna si ha con il fenomeno della de-
differenziazione. In contrasto a quella moderno della differenziazione, che separava e rendeva
indipendenti l'una dall'altra le diverse discipline del sapere, l'opposta logica compromette tale
suddivisione: se la prima permetteva di instaurare un rapporto non monco con la realtà, ora
essa viene diluita "nella sovrabbondanza delle rappresentazioni. Il mondo reale sparisce infatti
dietro le immagini catodiche, e ciò che noi percepiamo è nient'altro che un'illusoria
rappresentazione del mondo stesso. Di nuovo, tale incapacità a far presa sulla realtà va messa
in relazione allo scompiglio del rapporto con lo spazio e col tempo" (Chivallon, 1995, p.124).
3
"la replica talmente perfetta che non si distingue dall'originale".
13
E' innegabile però che il clima prevalente nel mondo intellettuale postmoderno,
nonostante i sopra esposti effetti "collaterali" di una tale pratica cognitiva, sia propenso a un
abbattimento delle frontiere dei diversi settori del sapere, al punto che, con una tale
permeabilità, risulta a volte problematico circoscrivere una singola disciplina al suo specifico
ambito d'indagine: "There is much to gain from the transgression of boundaries …much to
fear from those who seek to police them"
4
(Edwards, 1996, p.220).
1.4 MODERNITA' E POSTMODERNITA' A CONFRONTO
Il dibattito sulla postmodernità, a partire dagli anni Settanta, per poi consolidarsi negli
anni Ottanta, si fa sempre più coinvolgente su diversi fronti. Da movimento inizialmente
artistico-letterario, diventa una dimensione imprescindibile in ambienti che prima ne erano
stati toccati solo marginalmente. Le nuove teorie di economisti e sociologi vengono prodotte
in quella che è ormai diventata una selva di disordine culturale e ideologico (Ceserani, 1997,
pp.42-43).
Una delle più importanti fonti di legittimazione e ispirazione del pensiero
postmodernista è da individuarsi nella corrente filosofica francese del post-strutturalismo, che
conta tra le sue fila esponenti del calibro di Lyotard, Foucault, Deleuze e Deridda. In
particolare, quest'ultimo ha elaborato la teoria della decostruzione del segno linguistico
(formato da significante e significato), in base alla quale le opposizioni duali della metafisica
vengono a cadere e si può risalire a un'originale fluidità di pensiero, diluito dei propri limiti e
in continuo movimento. Tale processo svela e depotenzia "la forza di dominio che deriva
dall'uso di opposizioni duali e dall'altro è utile a considerare il pensiero categorizzante come
un filtro deformante che nasconde la fluidità della realtà" (Chivallon, 1995, p.131).
E' doveroso precisare che molti studiosi privilegiano il termine "neostrutturalismo" a
post-strutturalismo, laddove quest'ultimo non va riferito a qualcosa di cronologicamente
susseguente al movimento strutturalista e da esso radicalmente estraneo. Infatti, tra gli anni
Sessanta e Settanta, si manifestano più o meno contemporaneamente entrambe le tendenze
filosofiche. E' poi da molti condiviso il fatto, come già accennato, che il post-strutturalismo
possa venire in parte inteso come una reinterpretazione, portata talvolta, come nel caso di
Deridda, alle estreme conseguenze, delle istanze strutturaliste (Lagopoulos, 1993, p.256).
4
"Si può ricavare molto, trasgredendo i confini [ del sapere organizzato, n.d.A.]…si deve diffidare da chi vuole
mantenere queste barriere".
14
Nonostante una marcata vivacità caratterizzi gli ambienti intellettuali, la parola crisi
segna indelebilmente gli anni Settanta: una pesante recessione economica, l'instabilità dei
mercati finanziari, le contestazioni a livello sociale e, dal 1973, le crisi petrolifere sono gli
indicatori più evidenti della cattiva salute della condizione moderna.
La postmodernità non è più " a matter of simple aesthetics. More recently, the concept
of a postmodern epoch , or era, has been advanced"
5
(Dear, 1988, p.273).
Di fondamentale importanza nell'analisi del fenomeno postmoderno è però sempre la
sua relazione con la modernità. Se si dibatte ancora sul fatto o meno che l'età moderna sia
arrivata a un punto di stallo, che invece abbia delle potenzialità inespresse, o che addirittura
abbia fallito del tutto i propri scopi; ciò che è senza dubbio tramontata è la fiducia in quei
valori di ottimismo e progresso ereditati dall'età dei lumi (Edwards, 1996, p.218).
Un tentativo di pervenire a una sintesi dei rapporti fra queste due categorie
schematiche è stata realizzata da Ihab Hassan, che ha prodotto una mappa delle loro
differenze (cfr. Tab.1). Bisogna però far presente che è abbastanza rischioso ridurre relazioni
di tale complessità a semplici dicotomie interpretative, in alcuni casi davvero ambigue. Resta
comunque un utile punto di partenza, che fornisce le indicazioni di massima per inquadrare i
due fenomeni.
Le caratteristiche che contraddistinguono l'era moderna, desumibili anche dallo
schema di Hassan, cioè la fede nel progresso, una visione lineare e universalizzante della
storia , una forte progettualità rivolta al futuro sono ora venute meno (Carnevali, 1996, pp.34-
35). La credibilità del progetto illuministico, lo sviluppo di forme razionali di organizzazione
sociale, il progresso scientifico e tecnologico che avrebbero dovuto garantire l'emancipazione
dell'uomo dall'oppressione politica, dalla povertà, dalla imprevidibilità della natura, si
infrange "sulle rovine di Auschwitz" (Chivallon, 1995, p.128). L'ottimismo e la fiducia nella
forza di leggi universalmente valide si dissolvono e svelano la logica di dominio che ha
animato l'uomo nella sua corsa al potere, e che ha attraversato un secolo segnato dalle atrocità
delle guerre mondiali, dai totalitarismi e dal sistematico sterminio etnico.
La postmodernità, in questo senso, è il rifiuto lyotardiano delle metateorie e delle
istanze universalizzanti illuministiche. Lyotard, infatti, sostiene come alle "grandi narrazioni"
politiche e sociali moderniste si sostituirebbe, in epoca postmoderna, una visione pluralistica
della realtà, nella quale acquisterebbero maggiore rilevanza le "piccole narrative" e dove, al
posto delle verità dogmatiche e incontrovertibili propugnate dal progetto modernista, si
5
"La postmodernità non è più una semplice questione di estetica. Di recente, si è fatta avanti l'idea di un'epoca o
era postmoderna".
15
sostituirebbe la consapevolezza dell'impossibilità di tali verità (Parker, 1992, p.84). Al
contrario, la postmodernità esalta la differenza e il particolare, dà spazio alle voci che prima
erano state tiranneggiate dall'imperialismo dell'universalismo modernista, dalla sua
presunzione di parlare per gli altri, senza considerare le differenze. Il mondo intellettuale
Tabella 1 - Differenze fra il modernismo e il postmodernismo: una sintesi
MODERNISMO POSTMODERNISMO
Romanticismo/simbolismo patafisica/dadaismo
Forma (congiuntiva, chiusa) antiforma (disgiuntiva, aperta)
Finalità Gioco
Progetto Caso
Gerarchia Anarchia
Controllo/logos finitezza/silenzio
Oggetto d'arte/opera finita processo/performance/happening
Distanza Partecipazione
Creazione/totalizzazione/sintesi decreazione/decostruzione/antitesi
Presenza Assenza
Concentrazione Dispersione
Genere/confine testo/intertesto
Semantica Retorica
Paradigma Sintagma
Ipotassi Paratassi
Metafora Metonimia
Selezione Combinazione
Radice/profondità rizoma/superficie
Interpretazione/lettura controinterpretazione/fraintendimento
Significato Significante
Leggibile Scrivibile
Narrazione/grande histoire antinarrazione/petite histoire
Codice principale Idioletto
Sintomo Desiderio
Tipo Mutante
Genitale/fallico polimorfo/androgino
Paranoia Schizofrenia
Origine/causa differenza-differenza/traccia
Dio Padre Spirito Santo
Metafisica Ironia
Determinatezza Indeterminatezza
Trascendenza Immanenza
Fonte: Ceserani, 1997, p. 127.
16
finalmente si apre alla diversità, ai gruppi marginali, agli others (popoli colonizzati, donne,
bambini, gente di colore), laddove la voce dell'uomo bianco occidentale rimane
invariabilmente associata al dominio e all'oppressione (Berg, 1993, p.497).
Con la condizione postmoderna, assistiamo al collasso delle gerarchie linguistiche ed
epistemologiche. Il perseguimento delle verità assolute e totalizzanti e di una finalità
giustificativa vengono messe al bando. I principi di autorità e legittimazione vengono rimessi
in discussione allorchè "all prior paradigms, theoretical frameworks and discourses thereby
lose their privileged status. They are, in principal at least, all equally important (or
unimportant)"
6
(Dear, 1988, p.266).
Portando avanti questo tipo di analisi, si deve tener presente che il progetto
universalizzante della modernità coincide con il progetto dell'Occidente capitalista e
democratico. I limiti principali del disegno illuministico, la sua vittoria solo parziale, si
debbono in parte al fatto che, se l'Occidente è riuscito a imporre sul resto del mondo, in
particolare nei paesi emergenti, la propria logica economica di libero scambio e il progresso
tecnologico, non è però riuscito di scalfire il patrimonio culturale e politico, il sistema di
tradizioni e religione delle società non occidentali.
Si fa più convincente quindi l'ipotesi che i futuri conflitti, gli scontri fra civiltà (clash
of civilizations), come li definisce il politologo americano Huntington, si verificheranno sul
piano culturale, dal momento che le realtà islamiche e confuciane, le più refrattarie al
cambiamento, "hanno tentato di diventare moderne senza diventare occidentali" (Huntington,
citato in Carnevali, 1996, p.32), cioè senza rinunciare ai valori culturali loro propri.
Analogamente, l'idea stessa di storia, intesa come processo unitario e lineare, ha finora
coinciso con la storia del mondo occidentale. Nell'ottica postmoderna, invece, è aumentata la
consapevolezza dell'esistenza di una pluralità di storie, che il filtro deformante della
modernità aveva offuscato.
1.5 LA SOCIETA' POSTMODERNA
Nell'epoca contemporanea, all'emergente cultura della postmodernità si accompagna
un radicale cambiamento delle società avanzate: l'ingresso nella fase post-industriale. Questo
6
"tutti i parametri precedenti, i quadri teoretici e i discorsi perdono in tal modo la loro posizione di privilegio. In
linea di principio, almeno, rivestono tutti la stessa importanza (o non importanza)".
17
termine mette in luce soprattutto gli aspetti strutturali delle trasformazioni in atto: il prevalere
cioè della produzione scientifica, culturale e dei servizi sull'ormai obsoleta industria
manifatturiera. Si è entrati nell'era della dematerializzazione dell'economia (Gerelli, 1995,
p.17), dove i principali fattori produttivi sono l'informazione scientifica e la cultura. Con
l'imporsi del processo di terziarizzazione, si abbandonano i tratti distintivi dell'industria
fordista (cfr. Tabella 2): la fabbrica quale luogo di lavoro e i conflitti a sfondo sociale tra le
forze di produzione sindacalizzate e le categorie imprenditoriali. Conseguentemente allo
sviluppo del settore dei servizi, acquistano importanza la classe dei tecnici e professionisti, e
quella dei nuovi intermediari culturali (cfr. paragrafo 1.6).
Nello scenario post-industriale la rigida stratificazione verticale della società va a
infrangersi. Si assiste ad un'espansione della classe media, che si spiega con un
assottigliamento e una deformazione verificatisi alle due estremità della gerarchia sociale.
Infatti, se da un lato, la classe operaia si divide tra gruppi sociali emarginati e gruppi
assimilabili ai ceti medi, dall'altro, la classe superiore si distingue sempre più a fatica dalla
miriade dei ceti medi ed il peso economico detenuto in precedenza dalla borghesia 'classica'
viene eroso dal potere politico delle emergenti classi del terziario. Ad un impianto sociale
dalla struttura a compartimenti stagni, subentra un nuovo assetto, che si caratterizza per la
frammentarietà e fluidità della propria composizione. Le classi non vengono più determinate
in base a rigidi parametri, ma i criteri di differenziazione culturale (stili di vita, tipologie di
consumo) si fondono con quelli di natura socio-economica (reddito, professione), liberandosi
da tutti i precedenti condizionamenti. Si evolve, ad esempio, il ruolo delle donne e si riducono
(anche se non si annullano) le disuguaglianze di genere nell'ambito scolastico, nel mondo
lavorativo e nella rappresentanza politica. Tutto questo non si traduce, ovviamente, in una
immediata scomparsa delle diseguaglianze ma segnala una progressiva intensificazione della
mobilità sociale e una maggiore instabilità e volatilità della struttura tradizionale (Martinelli,
1998, pp.120-121).
Parlando di classe media, si deve però distinguere una classe media tradizionale,
costituita da un ceto borghese che si era venuto formando durante l'epoca del "capitalismo
organizzato" o classico capitalismo industriale, sviluppatosi in maniera esponenziale dalla
fine del XIX secolo, dalla cosiddetta classe media post-industriale. Quest'ultima, venutasi a
creare negli ultimi due o tre decenni sull'onda della crescente terziarizzazione e della nuova
logica produttiva postfordista e strettamente legata alla realtà mass-mediatica, rappresenta
l'ideale interlocutore dell'eclettica cultura postmoderna (Lash, 1990, pp.19-20).
Con il passaggio dall'epoca moderna, attraversata da un'intensa industrializzazione, a
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Tabella 2 -Caratteristiche principali della società industriale e di quella postindustriale
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Società industriale Società postindustriale
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Periodo Dalla metà del Settecento Dalla seconda guerra
Alla metà del Novecento mondiale. Progetto
Manhattan (1944-1945),
sbarco in Normandia (1944),
scoperta della struttura del Dna
(1953), prevalenza degli addetti
al terziario in Usa (1956), crisi
petrolifera (1973)
Istituzioni-chiave Stato, azienda, sindacato, Università, istituti di ricerca e
banca, famiglia nucleare, di cultura, organizzazioni di
partiti mass-media, banche, famiglia
intbil
Risorse principali Mezzi di produzione, Intelligenza, conoscenza,
materie prime, brevetti creatività, informazioni,
produttività laboratori scientifici e culturali
Settore economico Produzione di beni: Produzione di idee e fornitura
dominante fabbricazione, di servizi: trasporti, commercio,
trasformazione, finanza, assicurazioni, salute,
distribuzione. istruzione, amministrazione,
Settore secondario ricerca scientifica, cultura.
Stoetrzaro
Luogo tipico Opificio, fabbrica, Informazione distribuita,
ufficio, città, urbanesimo electronic cottage,
Big is beautiful laboratori scientifici,
telelavoro urbano,
fabric difs.
Dimensioni appropriate
Strumentazione Energia, strumenti rigidi, Elettronica, informatica,
catena di montaggio. biogenetica, tecnologie
Fare a macchina intellettuali e appropriate.
Far far mchn
Vantaggi Consumo di massa, Istruzione di massa, accessi-
mobilità geografica e bilità delle informazioni, tempo
sociale, dominio sulla libero, invenzione della natura,
natura, egualitarismo riduzione dell'incertezza
Svantaggi Alienazione, competiti- Manipolazione, eterodirezione,
vità, spreco, anomia, eterocontrollo, massificazione,
fatica psicofosica, emarginazione, disoccupazione,
srument ftic pscha
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Fonte: Gerelli, 1995, pp. 14-15.