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INTRODUZIONE
Il presente elaborato, intitolato: “Food safety e sostenibilità ambientale: disciplina
dei materiali a contatto” ci si occuperà di disciplinare la materia del “food
packaging” da un duplice punto di vista: sicurezza igienico sanitaria degli alimenti
immessi in commercio e tutela dell’ambiente, intesa come: l’adozione di
comportamenti che garantiscano la “sostenibilità ambientale”. Si tratta di un tema
di grande attualità visto che per far sì che gli alimenti immessi in commercio siano
sicuri dal punto di vista igienico sanitario, bisogna utilizzare gli imballaggi che, a
loro volta, sono strettamente legati all’ambiente ma si tratta di un legame che può
essere definito negativo per via della cattiva gestione dei rifiuti derivanti dal
settore alimentare, che molto spesso finiscono nell’ambiente e nei mari. Stabilito
ciò nel presente elaborato si andranno ad individuare le possibili soluzioni che
potrebbero rallentare il degrado ambientale a cui stiamo assistendo senza, però,
mettere in secondo piano la sicurezza dei consumatori di alimenti. Questa svolta
si potrebbe avere, per esempio, realizzando MOCA che siano ecosostenibili,
biodegradabili o addirittura edibili.
Nel primo capitolo verranno analizzate le finalità del diritto degli alimenti,
partendo dalla tutela della salute, diritto fortemente tutelato e normato sia a
livello nazionale sia a livello europeo che a livello internazionale. Nell’ordinamento
italiano il diritto alla tutela della salute è previsto all’interno dell’articolo 32 della
Costituzione, il quale, sancisce al primo comma che: “La Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce
cure gratuite agli indigenti”. Ai fini dello studio che verrà delineato nel presente
elaborato è giusto affermare che la tutela della salute è un diritto molto
importante anche nel diritto degli alimenti, in quanto si ricollega alla sicurezza
alimentare intesa come “food safety”; dunque la tutela della salute e la sicurezza
alimentare sono due interessi che si intrecciano tra di loro, poiché la tutela della
salute viene garantita agli individui non solo assicurando “cure gratuite agli
indigenti”, ma anche assicurando l’immissione in commercio di alimenti sicuri dal
punto di vista igienico sanitario. A tal proposito, la disposizione contenuta nell’art.
32, rappresenta la base costituzionale della “food safety” a livello nazionale
italiano, poiché l’alimento “sicuro” è quello non dannoso per la salute di chi lo
ingerisce.
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Una volta percorso l’iter normativo di riferimento in materia di tutela della salute,
si passerà all’analisi del termine “sicurezza alimentare”. Si parla di “food safety”
per fare riferimento all’assenza nel mercato comune di alimenti potenzialmente
dannosi per gli uomini, gli animali e l’ambiente; si parla, invece, di “food security”
per indicare la disponibilità di approvvigionamenti alimentari idonei a sfamare
l’intera popolazione; sicurezza alimentare che proprio in questo periodo storico,
caratterizzato da una forte crisi legata alla recente pandemia mondiale e alla crisi
Ucraina, sta venendo meno.
Pilastro indiscusso della sicurezza alimentare intesa come sicurezza igienico
sanitaria degli alimenti immessi in commercio è il Regolamento (CE) n. 178/2002
del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 gennaio 2002 che “stabilisce i
principi e i requisiti generali della legislazione alimentare e fissa procedure nel
campo della sicurezza alimentare”, noto anche come “General Food Law
Regulation”. Gli aspetti sanitari della sicurezza del cibo sono entrati nell’Agenda
europea principalmente grazie alla spinta degli allarmi sanitari. Sul suolo europeo
l’evento che ebbe maggiore risonanza nell’opinione pubblica fu il c.d. “morbo della
mucca pazza”. Furono studiati ed approvati i primi Regolamenti riguardanti
l’alimentazione degli animali di allevamento e la loro cura. L’attenzione si estese
poi all’uso di pesticidi e di altri prodotti pericolosi in agricoltura e nell’industria di
trasformazione. L’idea centrale era quella di garantire la sicurezza alimentare
lungo tutti i passaggi della filiera di ogni prodotto, e di essere capaci di intervenire
con tempestività ed efficacia in caso di emergenza o in seguito alla segnalazione
di una minaccia alla salubrità del cibo.
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Nel paragrafo 1.2.4 verrà analizzato il Regolamento (CE) n. 178/2002 il quale
contiene i princìpi generali della legislazione alimentare europea, tra i quali si
annoverano il principio di rintracciabilità ed il principio di precauzione. La prima
finalità del Regolamento è la tutela della salute, ma la disciplina europea trascende
gli aspetti sanitari: spazia infatti dalla difesa degli interessi dei consumatori alla
protezione dell’ambiente, ed è anche ordinata a eliminare gli ostacoli che al
commercio europeo derivano dalla diversità delle discipline e dei sistemi di
controllo nazionali. Il Regolamento è importante, inoltre, per aver istituito
l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (d’ora in avanti EFSA): nella
governance del settore alimentare, l’EFSA svolge la valutazione del rischio di cui
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N. GIANNELLI, E. PAGLIALUNGA e F. TURATO, “Le politiche per la sicurezza alimentare e la
sostenibilità nel contesto europeo e degli accordi commerciali internazionali”, in “Rivista di
Economia, Cultura e Ricerca Sociale”, Argomenti 18, Terza Serie, 2021 gennaio - aprile, pp. 55 – 56.
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può servirsi la Commissione europea nel momento in cui è chiamata ad occuparsi
delle gestione del rischio.
Prima di entrare nel vivo del secondo capitolo, il quale si occuperà della tutela
dell’ambiente in tutte le sue sfaccettature, all’interno del paragrafo 1.3 e seguenti
verrà reso noto il forte legame che vi è tra il diritto degli alimenti e il diritto
dell’ambiente, analizzando il Regolamento (UE) 625/2017 “relativo ai controlli
ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della
legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere
degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari”, attraverso
il quale si evince che se i nostri cibi provengono dalle campagne, dai fiumi e dai
mari è giusto mantenere il suolo, l'aria e l'acqua puliti e adatti alla vita. Dunque, è
opportuno svolgere i controlli ufficiali non solo sul prodotto alimentare finito, ma
il controllo ufficiale deve essere garantito, in ogni fase della filiera agroalimentare,
in modo da garantire l’immissione in commercio di alimenti sicuri per la salute
umana. Di conseguenza, la Commissione europea ha varato la strategia “Farm to
Fork”, che pone la produzione e il consumo di alimenti al centro dell’European
Green Deal, con l'obiettivo di rendere i sistemi alimentari equi, sani e rispettosi
dell'ambiente. Si può stabilire che anche i cambiamenti climatici possono dunque,
influenzare i nostri ecosistemi con conseguenze sulla sicurezza alimentare e di
riflesso sulla salute del consumatore.
Il secondo capitolo si apre con l’iter normativo alla quale è stata sottoposta la
nozione “ambiente”. La Costituzione italiana, negli anni precedenti alla riforma del
titolo V, non prevedeva norme che facessero esplicito riferimento al tema
dell’ambiente. Importante fu l’interpretazione evolutiva della giurisprudenza della
Corte costituzionale, attraverso la quale vennero individuati dei riferimenti in
Costituzione, che riconoscessero in senso lato la tutela dell’ambiente. Solo con la
Legge di revisione costituzionale n. 3 del 2001, che portò alla modifica del Titolo V
della seconda parte della Costituzione, il termine “ambiente” e il termine
“ecosistema” fecero ingresso nel nostro ordinamento positivo (nell’art. 117,
secondo comma, lettera s), che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva
dello Stato, la «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema»). Proseguendo con quella
che è stata l’evoluzione normativa che deve essere attribuita al concetto di
ambiente bisogna fare riferimento ad un evento molto recente; l’11 febbraio 2022
è stata approvata in via definitiva la Legge costituzionale n. 1 del 2022, recante
«Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela
dell’ambiente». A livello europeo, invece, si ha un corpus normativo più ampio
contenuto all’interno del titolo XX del TFUE.
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All’interno del paragrafo 2.1.2 viene messo in evidenza il legame tra la salubrità
dell’ambiente e la salute umana; poiché è evidente che il degrado ambientale, a
cui purtroppo stiamo tuttora assistendo, incide drasticamente sulla salute dei
cittadini. Da questa crescente consapevolezza il legislatore europeo si è impegnato
ad introdurre una serie di normative, in materia ambientale, con l’obiettivo di
frenare quello che è definito come sviluppo insostenibile, che si caratterizza per la
mancanza di interesse nel salvaguardare l’ambiente e di conseguenza la salute
umana. Si tratta di andare alla ricerca di modelli economici sostenibili che siano in
grado di tutelare un ambiente fortemente compromesso, ma anche di garantire la
tutela della salute dei cittadini, che, come è stato affermato nei paragrafi
precedenti, rappresenta un diritto fortemente tutelato sia a livello nazionale, che
a livello europeo e a livello internazionale.
Nel paragrafo 2.1.3 si proseguirà con l’analisi del concetto di “sviluppo
sostenibile”; si tratta di un concetto molto in voga negli ultimi anni, il quale spinge
la società a adottare un modello di sviluppo volto a svolgere attività in grado di
rispettare l’ambiente, introducendo anche una visione solidaristica in grado di
lasciare un ambiente salubre anche per le generazioni future. Nel corso degli anni,
la questione ambientale ha assunto un ruolo molto importante nelle politiche
mondiali, poiché ad oggi, l’umanità si trova a dover affrontare un imponente
problema ambientale che, deve essere contrastato da politiche sostenibili. Negli
ultimi secoli, si è assistito a uno sfruttamento intensivo delle risorse naturali e ad
un aumento esponenziale degli agenti inquinanti. Per questa ragione, gli habitat
di molte specie sono stati danneggiati e la biodiversità messa a rischio. Tra le cause
principali abbiamo il consumo massiccio del suolo, il cambiamento climatico e lo
sfruttamento eccessivo delle risorse. Tali comportamenti hanno determinato la
distruzione di interi ecosistemi e l’estinzione di molte specie vegetali e animali. Il
diritto a un ambiente sano e salubre rientra nei diritti fondamentali e inviolabili
dell’uomo ed è per questo motivo oggi si parla di sviluppo sostenibile, ossia la
capacità di far coincidere la produzione di beni e servizi con la salvaguardia
dell’ambiente.
Il termine “sviluppo sostenibile” è stato introdotto per la prima volta nel 1987,
quando Gro Harlem Brundtland, presentò il Rapporto “Our common future”
(conosciuto anche come “Rapporto Brundtland”), all’interno del quale viene
stabilito che «lo sviluppo sostenibile è quello sviluppo che consente alla
generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la
possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri». Nel 1992, la Conferenza
delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro, ha
consolidato il “principio dello sviluppo sostenibile”.
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Di sicuro è importante soffermare l’attenzione anche sulla Normativa europea, la
quale prevede esplicitamente il principio dello sviluppo sostenibile, all’interno del
TUE, del TFUE e all’interno della Carta dei diritti fondamentali dell’uomo. Proprio
per questo motivo l’Unione europea nel corso degli anni ha adottato politiche
sempre più sostenibili poiché è un dovere di tutti i cittadini nonché di tutti gli Stati
membri adottare comportamenti e politiche che siano in grado di salvaguardare
l’ambiente e di conseguenza di assicurare alle generazioni future di vivere in un
ambiente salubre senza vedersi compromessa la loro salute. Il principio dello
sviluppo sostenibile è stato inserito negli obiettivi dell’Unione nel preambolo del
TUE, il quale prevede la determinazione degli aderenti a promuovere il progresso
economico e sociale dei loro popoli, tenendo conto del principio dello sviluppo
sostenibile nel contesto della realizzazione del mercato interno e del
rafforzamento della coesione e della protezione dell’ambiente, nonché ad attuare
politiche volte a garantire che i progressi compiuti sulla via dell’integrazione
economica si accompagnino a paralleli progressi in altri settori.
Infine, nel contesto nazionale bisogna citare il T.U. ambiente introdotto tramite il
D. Lgs n. 152/2006, il quale prevede esplicitamente all’interno dell’art. 3 quater il
principio dello sviluppo sostenibile e sancisce al suo interno che: «Ogni attività
umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al
principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei
bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e
le possibilità delle generazioni future». È evidente che nel T.U. ambiente sia stata
ripresa la nozione di sviluppo sostenibile come introdotta dal Rapporto Brundtland nel
1987.
Lo sviluppo sostenibile non si occupa solamente della questione ambientale ma è
costituito dall’intreccio di tre elementi fondamentali:
ambiente, economia e società. L’ambiente in un’ottica sostenibile deve
mantenere integre le proprie qualità naturali e quindi rimanere a disposizione
anche delle generazioni future. L’economia deve poter creare posti di lavoro e
reddito alla popolazione. La società invece, è intesa come entità che garantisca il
benessere sociale dell’uomo e, quindi, non solo la salute ma anche la sicurezza,
l’istruzione e la giustizia.
Nel paragrafo 2.2, si entrerà nel vivo dei miei studi, analizzando l’Agenda ONU
2030 sullo sviluppo sostenibile, sottoscritta dalle Nazioni unite, il 15 settembre
2015, la quale rappresenta un programma a cui hanno aderito ben 193 Paesi. Il
progetto è articolato in 17 obiettivi (d’ora in avanti SDGs), con lo scopo di
migliorare il pianeta per noi e soprattutto per le generazioni future. Lo scopo di
questo programma è, il miglioramento della qualità della vita degli esseri viventi e