7
Inoltre, le cosiddette pensioni-baby del pubblico impiego, vale a dire quelle maturate con 20
anni di contribuzione (comprensivi dei contributi figurativi) ed addirittura con 15 per le donne
coniugate con figli, risultano allo stato attuale ammontare a quasi 250.000 unità, per un onere
complessivo di circa 4.950 miliardi.
Nuove incongruenze si determinano inoltre tra nuovi e vecchi pensionati, proprio a seguito del
processo di riforma avviato nel 1992 e portato a compimento con la riforma Dini del 1995.
Nonostante la riforma, la spesa pensionistica continua a crescere ed è destinata a triplicarsi da
qui al 2050; e il sistema previdenziale nel suo complesso, che accumulava alla fine degli anni 80 circa
12.000 miliardi di perdite all’anno, nel 1997 ne ha accumulati 42.000
3
.
Per quest’anno l’aumento della spesa per le pensioni erogate dall’Inps rallenterà la sua corsa,
ma già dal 2002 subirà una nuova accelerazione; se rispetto al 1999, complici gli effetti delle riforme
Amato e Dini, la crescita si assesterà al 2,3%, vale a dire ad un livello più o meno simile all’incremento
del Pil, fra tre anni tornerà a marciare praticamente allo stesso veloce ritmo del passato, aumentando di
un ulteriore 3,6% rispetto al 2001.
Le previsioni triennali dell’Inps indicano in questo modo che l’andamento dei conti, anziché
stabilizzarsi in maniera duratura rispetto al Prodotto interno lordo così come si proponeva la riforma
Dini del 1995, punterà dritto verso quell’incremento del 2005 che la ragioneria generale dello Stato ha
di recente individuato come momento critico, la “gobba” della spesa previdenziale.
Le pensioni aumentano a fronte dello stallo degli occupati e cresce pertanto anche l’aliquota
d’equilibrio (più di 10 punti percentuali in 10 anni); nel 2040 vi saranno 132 pensioni ogni 100 attivi.
Le tutele offerte dal settore pubblico, che ha dominato lo scenario previdenziale fino ad oggi
cominciano, quindi, ad essere insufficienti e si va affermando sempre più diffusamente e concretamente
l’interesse per il futuro della previdenza integrativa, intesa come elemento necessario ad offrire
adeguata copertura al lavoratore.
_____________________________
(3) Cfr. ALBERTO FLOREANI, I fondi pensione, in “Gestione del fondo pensione nella prospettiva della
attuazione del sistema pensionistico integrativo in Italia”, 1996.
8
In altre parole lo Stato, per molteplici ragioni, è entrato ora nella logica di favorire il ricorso alle
forme di previdenza privata integrativa, dopo averle per lungo tempo ignorate, se non anche
scoraggiate.
Per previdenza integrativa si identificano tutte quelle iniziative finalizzate all’erogazione di beni
e servizi ai cittadini per soddisfare bisogni socialmente rilevanti la cui realizzazione non viene,
totalmente, assicurata direttamente da parte dello stato.
L’elemento fondamentale di tutte le forme di previdenza integrativa sta nell’avere come scopo
la creazione di una solidarietà collettiva per far fronte agli eventi che possono provocare situazioni di
bisogno socialmente rilevanti degli associati.
Restano quindi escluse tutte quelle forme di previdenza individuale o collettiva che siano prive
del requisito della solidarietà collettiva.
La previdenza complementare è espressione di una volontà collettiva, cioè dell’insieme
omogeneo dei lavoratori, di esercitare il proprio legittimo diritto rivolto alla certezza del futuro, alla
salvaguardia del proprio tenore di vita allorché sarà cessata l’attività lavorativa.
1.1 Scenario Italiano
Fino ad oggi la previdenza complementare si è sviluppata poco, in quanto non era sentita la
necessità di dover integrare una pensione pubblica più che soddisfacente, che garantiva ai pensionati
una rendita finanziaria di poco inferiore alla retribuzione percepita negli ultimi anni lavorativi
4
.
Infatti, la previdenza complementare, mentre fino ad ora ha rappresentato un contributo di
privilegio per migliorare la prestazione di base già di per sé efficiente, in futuro servirà a mantenere un
livello di prestazioni che il sistema pubblico non sarà più in grado di garantire, dato il crescente
squilibrio tra pensionati e lavoratori.
_____________________________
(4) Cfr. ANDREA CIOCCARELLI, Modelli di regolamentazione e principi gestionali per i fondi pensione italiani,
in “Rivista milanese”, 1992.
9
Lo scarso sviluppo dei fondi pensione fino ad oggi verificatosi in Italia è quindi dovuto all’alto
livello della copertura previdenziale. Non per nulla, i pochi casi di istituzione di fondi pensione, fino a
prima della riforma del 1993, sono prevalentemente riconducibili all’iniziativa di categorie, quali i
dirigenti e i quadri
5
, che dal sistema previdenziale ricevevano, per effetto del limite di retribuzione
pensionabile (“tetto”), una copertura non adeguata ai loro livelli retributivi.
Nell’ambito pubblico, l’equilibrio tra prelievi ed uscite - contributi e prestazioni - sul quale si
basa il sistema a ripartizione tipico della previdenza obbligatoria, è divenuto negli ultimi anni sempre
più precario per una serie di ragioni, tra le quali: ridotta crescita dei salari medi, contenuta crescita
dell’occupazione e sue mutate caratteristiche, fattori demografici.
Il sistema finanziario della ripartizione pura, adottato dai più importanti gestori della previdenza
pubblica, fa registrare squilibri sempre più accentuati; in base a tale sistema i contributi prelevati ai
lavoratori in un anno sono sempre meno sufficienti a pagare nello stesso periodo le pensioni.
Da qui l’urgenza della riforma della previdenza pubblica che ha, da un lato, modificato
sostanzialmente le prestazioni riducendole sensibilmente e, dall’altro, ha previsto un aumento del
prelievo contributivo.
Da tale tendenza riduttiva deriva la necessità di una previdenza complementare di tipo
aggiuntivo che permetta di avere una pensione complessiva che non si discosti di molto dall’ultimo
stipendio.
Nel nostro Paese il sistema previdenziale pubblico garantisce prestazioni assai superiori a quelle
offerte dagli omologhi sistemi esteri (fino a che non entreranno a pieno regime i recenti provvedi
menti
6
), infatti, in Italia rispetto agli altri paesi:
_____________________________
(5) Per quadri si intendono quei lavoratori che pur non essendo dirigenti, “svolgono funzioni con carattere
continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa” (art. 2 Legge 13
maggio 1985 n. 190).
(6) Vds. riforma Amato del 1992 e riforma Dini del 1995.
10
1) L’età pensionabile è mediamente più bassa: 60 per gli uomini e 55 per le donne, contro
rispettivamente i 65 e 60 dei paesi con cui ci stiamo confrontando
7
;
2) La pensione è calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni, mentre negli altri
paesi vengono presi a riferimento gli ultimi 10 anni, e quindi la base di computo risulta
mediamente più alta;
3) La massima contribuzione, prevista dopo 40 anni di contribuzioni, dà diritto ad una
prestazione pari all’80% del reddito conseguito durante gli ultimi anni dell’attività lavorativa,
mentre negli altri paesi tale valore è circa al 50%
8
.
Comunque, se come già detto sopra, per chi va in quiescenza oggi, il valore orientativo della sua
pensione è circa l’80% delle ultime retribuzioni; per chi cesserà il lavoro nel 2010 la pensione garantita
sarà del 51% degli ultimi stipendi
9
, uniformandoci così agli altri paesi industrializzati.
Tutto ciò ha portato, come già accennato, all’esigenza di ridefinire l’intero sistema, pervenendo
ad una minore copertura della pensione pubblica da compensare con il ricorso crescente alle erogazioni
assicurate dai fondi pensione.
Con la riforma pensionistica del 1993 il Parlamento ha cercato di spingere i lavoratori, come
avviene nel resto dell’Europa, verso sistemi alternativi di previdenza integrativa e complementare. Alla
base di questi ultimi sistemi c’è una scelta sostanziale: l’utilizzo del sistema a capitalizzazione.
Con il sistema a capitalizzazione ogni lavoratore risparmia e investe per se stesso, e quanto
accantonato rimane sempre di sua proprietà, rivalutandosi nel tempo attraverso il reinvestimento degli
interessi e dei dividendi percepiti.
_____________________________
(7) Ci si riferisce in particolare a Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia e Germania. La riforma Dini del 1995
prevede un graduale innalzamento dell’età pensionabile, in sintonia con gli altri paesi.
(8) Il rapporto pensione/ultimo salario scende al 65% per gli Stati Uniti, al 60% per la Francia e al 50% per la
Germania e la Gran Bretagna.
(9) Secondo un modello previsionale formulato dall’Inps.
11
Tutto l’opposto del sistema a ripartizione, utilizzato dall’Inps, dove i contributi versati dai
lavoratori servono a pagare le pensioni erogate dall’ente pubblico; chi versa oggi, dovrà dipendere dai
contributi che saranno versati da chi lavorerà quando il primo sarà a sua volta un pensionato.
Questo meccanismo non permette di generare nessun tipo di riserva e, di fatto, non ha creato
problemi sino a quando il saldo tra lavoratori e pensionati è stato positivo o quantomeno in equilibrio.
Quindi la diversificazione, tra il sistema a ripartizione e quello a capitalizzazione, consiste
nell’uso che viene fatto del denaro raccolto. E’ difficile stabilire a priori quale dei due sistemi sia più
valido, l’esperienza degli altri paesi porta a concludere che la soluzione migliore consista nel giusto
equilibrio tra le due forme.
Nel resto dell’Europa, ma anche in Giappone e negli Stati Uniti, i sistemi pensionistici si basano
su soluzioni diversificate.
Da un’analisi di queste soluzioni emerge come l’orientamento generale sia quello di rivolgersi a
un sistema che gli esperti hanno chiamato dei tre pilastri, sui quali dovrebbe poggiare il sistema
pensionistico di ogni nazione.
- Il primo deve essere quello pubblico, volto a garantire a tutti i cittadini l’assistenza medica
essenziale e una pensione minima;
- Il secondo è quello legato ai fondi aziendali, per assicurare ai lavoratori un trattamento
integrativo;
- Il terzo è quello individuale, e deve consentire a ogni lavoratore-risparmiatore di programmare
la distribuzione temporale del proprio reddito costituendosi una pensione su misura e che
integra le due precedenti.
Uno degli strumenti utilizzati per attuare la previdenza integrativa in Italia è stato quello dei
fondi aziendali, che hanno in parte anticipato quanto regolamentato dalla nuova legge.
12
La maggior parte dei Fondi pensionistici già esistenti in Italia è stata istituita attraverso un
regolamento aziendale
10
frutto della contrattazione interna tra rappresentanti sindacali e gli organismi
aziendali stessi.
In assenza di norme precise, il settore è cresciuto però in modo disordinato. Non c’era, infatti,
un elenco completo dei fondi esistenti e di molti di essi non si conoscevano né i termini degli accordi
né le dimensioni.
Il meccanismo finanziario era quello della capitalizzazione e la gestione è stata affidata in
prevalenza alle compagnie di assicurazione.
1.2 Le potenzialità dei Fondi Pensione.
I problemi del sistema pubblico a redistribuzione dovrebbero essere risolti anche grazie allo
sviluppo del secondo pilastro previdenziale, quello dato dai Fondi pensione.
I fondi pensione, il cui termine tecnico li definisce “trattamenti pensionistici complementari
finalizzati ad assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale”, sono organismi la cui funzione è
la raccolta dei contributi dei lavoratori e/o dei datori di lavoro, la loro gestione in forma collettiva e
l’erogazione ai beneficiari, al termine della loro attività lavorativa, di una prestazione che può
consistere sia in una rendita vitalizia, sia nel pagamento del corrispondente valore capitale.
In considerazione della peculiare natura dell’attività svolta, la funzione dei fondi pensione nel
sistema economico-finanziario risulta duplice:
_____________________________
(10) Sono i fondi pensione nati all’interno delle singole aziende, e fra le caratteristiche positive si può notare che
consentono una maggiore flessibilità di gestione rispetto ai fondi pensione settoriali, inoltre si ottiene dai lavoratori una
maggior fedeltà all’azienda, costituiscono un momento di aggregazione tra colleghi e di coesione con l’azienda, mentre il
fatto di avere un ridotto numero di aderenti al fondo potrebbe comportare un’elevata incidenza dei costi di gestione.
13
- La prima è di natura strettamente previdenziale perché il fondo, assicurando una prestazione ai
sottoscrittori, li garantisce in qualche modo da una riduzione del reddito disponibile nell’età di
quiescenza.
Nello svolgere tale funzione, il fondo pensione si avvale di un sistema a capitalizzazione, ben
diverso da quello a ripartizione, tipico almeno in Italia del sistema pensionistico pubblico.
Mentre in un sistema a ripartizione l’importo globale del carico contributivo dovrebbe (almeno
teoricamente) essere messo in relazione all’onere delle prestazioni previdenziali correnti, in quello a
capitalizzazione il finanziamento delle prestazioni deriva dall’accantonamento di risorse da parte dei
sottoscrittori e dal rendimento della gestione del fondo pensione;
- Ecco quindi perché i fondi pensione svolgono una seconda importante funzione oltre a quella
di natura previdenziale.
Esercitando la loro attività attraverso un sistema a capitalizzazione, essi gestiscono per conto dei
lavoratori un ammontare cospicuo di risorse finanziarie.
In tal modo i fondi pensione assumono le caratteristiche di un investitore istituzionale
11
e
possono svolgere un importante ruolo nei mercati finanziari.
Attraverso la gestione in monte delle risorse finanziarie essi sono, infatti, in grado di sfruttare le
imperfezioni dei mercati dei capitali e di beneficiare di forti economie di scala. Al tempo stesso, la
gestione collettiva permette di cogliere importanti economie di diversificazione, che nelle gestioni
individuali non è possibile conseguire.
_____________________________
(11) Gli investitori istituzionali sono gli enti e gli organismi che per legge o per proprio statuto devono investire i
propri capitali parzialmente o totalmente in titoli o in beni immobili. Le principali figure di investitori istituzionali possono
essere ricondotte ai fondi comuni di investimento mobiliare (sia di tipo aperto, sia di tipo chiuso), alle società di
investimento a capitale variabile (Sicav) e ai fondi pensione. A tali figure principali si possono affiancare altri operatori,
soprattutto intermediari finanziari, che nell’ambito della propria attività finiscono con lo svolgere anche un ruolo
d’investitore istituzionale. Fra questi possiamo ricordare le società di intermediazione mobiliare, le aziende di credito e le
compagnie di assicurazione.
14
In quest’ambito, un aspetto che differenzia i fondi pensione dagli altri investitori istituzionali è
quello di potersi avvantaggiare da un’elevata prevedibilità sia dei flussi in entrata sia di quelli in uscita,
poiché i versamenti dei lavoratori e dei datori di lavoro sono fissati su base contrattuale e vi è una
ridotta probabilità di prelievi individuali dal fondo prima del termine dell’età lavorativa.
Quindi il gestore del fondo pensione a differenza di quello di un fondo comune non deve
normalmente fronteggiare problemi di liquidità; ciò implica che un fondo pensione ha normalmente
un’ottica di investimento più lunga di quella di altri investitori istituzionali.
Quando si parla di fondi pensione è opportuno operare una distinzione sulla base di due
elementi fondamentali: il soggetto promotore e le garanzie relative alle prestazioni alla scadenza.
1) Dal primo punto di vista, occorre distinguere tra i fondi negoziali (definiti anche Fondi
Pensione Chiusi) e quelli invece aperti. In entrambi i casi l’obiettivo è la gestione di risparmio
previdenziale, e non si individuano pertanto differenze importanti per quanto attiene i principi ge-
stionali da seguire, comunque finalizzati all’ottimizzazione dei profili di rischio e di rendimento.
- I fondi negoziali derivano da contratti e accordi collettivi (lavoratori, sindacati, aziende,
associazioni professionali nell’ambito di un accordo o contratto collettivo promuovono il
Fondo Pensione), e si chiamano anche chiusi in quanto appartengono a determinate categorie o
gruppi di lavoratori e pertanto l’adesione è limitata a questi soggetti (es. Metalmeccanici !
Fondo Pensione Cometa; Chimici ! F.P. Fonchim; Lavoratori settore energia ! F.P.
Fondenergia; Lavoratori pubblici gas-acqua ! F.P. Iris).
- I fondi Pensione Aperti sono promossi da: Sim
12
, Aziende di Credito, Compagnie di
Assicurazione, Società di Gestione di Fondi Comuni di Investimento; possono aderire tutte le
persone già iscritte alla previdenza obbligatoria, ma in particolare gli autonomi e liberi
professionisti e dipendenti su base collettiva.
_____________________________
(12) Società d’intermediazione mobiliare
15
2) Per quanto riguarda invece le garanzie relative agli importi maturati a favore degli aderenti al
piano, occorre distinguere tra fondi a prestazione definita e fondi a contribuzione definita
13
.
- Nel caso di fondi pensione a contribuzione definita, l’importo da versare risulta stabilito
all’atto della sottoscrizione del contratto, sulla base, ad esempio, di una percentuale della retribuzione
media, tenuto conto in tutto o in parte del numero di anni di servizio
14
, oppure di un ammontare fisso
mensile per ogni anno di servizio, oppure ancora di una combinazione tra le due tecniche precedenti.
In questa tipologia di fondi il lavoratore si fa carico delle cattive performance della società: non
vi è infatti nessuna certezza riguardo alla prestazione da ricevere a scadenza, che viene a dipendere per
intero dai risultati ottenuti sulle somme accantonate.
Il rischio è quindi a carico degli iscritti, anche se spesso questo tipo di fondi sono coperti da
polizze assicurative che ne garantiscono un rendimento minimo; sull’impresa promotrice non grava
alcun rischio: i suoi compiti si esauriscono con il versamento dei contributi di competenza.
- In un fondo a prestazione definita ciò che viene stabilito a priori è l’entità della prestazione
che sarà erogata a favore degli aventi diritto. Tale prestazione può essere espressa sotto forma di
importo prefissato (es. Rendita vitalizia di 20 milioni annui) oppure viene collegata alla retribuzione
che il dipendente percepisce nel periodo immediatamente precedente il pensionamento (es. 20%
dell’ultima retribuzione annua).
Nel caso in cui il fondo a prestazione definita venga finanziato sulla base del principio della
capitalizzazione, il contributo annuo necessario al finanziamento del programma viene determinato in
maniera tale che il patrimonio del fondo sia, in qualsiasi momento, sufficiente a permettere
l’erogazione delle prestazioni agli aventi diritto.
_____________________________
(13) La distinzione assume significato solo nell’ambito di piani di capitalizzazione, in cui cioè l’ammontare delle
erogazioni non dipende da un trasferimento di risorse tra attivi e pensionati, come nel caso dei sistemi a ripartizione, ma
piuttosto dalla attività di investimento posta in essere.
(14) Nel caso in cui si prendano a riferimento solo alcuni anni, si è soliti guardare agli ultimi della vita lavorativa
dell’individuo.
16
Tale contributo viene peraltro determinato ipotizzando che il gestore del patrimonio riceva in
futuro un determinato livello di rendimento dai propri investimenti; nel caso in cui il livello di
rendimento previsto non venga raggiunto, la prestazione garantita a favore dei partecipanti non varia
(in quanto è determinata a priori sulla base del regolamento del fondo), ciò che muta (e nel caso
specifico si aumenta) è invece l’entità del contributo annuo che l’azienda deve versare per finanziare il
proprio fondo.
In sostanza, in un fondo a prestazione definita il rischio di non raggiungere il livello di
rendimento previsto viene assunto dall’azienda.
Questa ultima tipologia viene definita anche “final salary”, sta per essere abbandonata per le
complicazioni gestionali e difficoltà nel prevedere lo sviluppo delle contribuzioni in rapporto alle
prestazioni garantite.
Per i lavoratori dipendenti è consentito, comunque, solo il piano pensionistico a contribuzione
definita, mentre per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti è consentito sia il regime a
contribuzione definita, sia quello a prestazione definita.
E’ da rilevare un’eccezione a questo proposito, infatti la legge n. 335/95 ha previsto, il caso del
“Rendimento nominale garantito”; questa scelta deve essere vista nel senso che il gestore prende
l’impegno di garantire al momento della prestazione previdenziale almeno la restituzione del capitale.
I Fondi pensione comunque stentano a decollare, eppure i flussi finanziari potenzialmente attesi
sono ingenti; essi erano stati stimati per il quinquennio 1996-2000 tra i 5.000 e gli 8.000 miliardi, per
un totale di 6 milioni di lavoratori dipendenti coinvolti, e nell’arco degli anni 2001-2005 tra 10.000 e
14.000, fino ai 16.000-20.000 del periodo 2006-2010.
E ciò in aggiunta ai flussi preesistenti per l’attività dei circa 1.000 Fondi pensione ante-1993,
che interessano 1.600.000 lavoratori, con una riserva patrimoniale di circa 30.000 miliardi.
Le potenzialità insite nello strumento possono dare frutti se le condizioni sono sostenibili e
convenienti, a tale proposito va detto che lo sviluppo di una sostanziosa previdenza complementare non
appare compatibile con livelli troppo elevati di contribuzione obbligatoria, quali quelli previsti dal
17
nostro ordinamento, con un’aliquota per il lavoro dipendente del 33% ed una deducibilità fiscale troppo
ridotta. Inoltre, occorre che la rendita dei contributi patrimonializzati sia appetibile; attualmente la
rendita dei Fondi pensione creati in Italia è di circa il 3%.
1.3 Esperienze Europee
In Italia lo sviluppo dei fondi pensione potrebbe comunque essere frenato, in considerazione del
mantenimento del criterio retributivo nel primo pilastro, per una larga fascia di lavoratori che
possiedono già una certa anzianità contributiva Inps
15
, e per i quali l’interesse a aderire ad un fondo
integrativo potrebbe essere modesto.
La previdenza complementare è da tempo diventata un aspetto attuale in tutti i paesi membri della
Unione Europea, ed è vista dagli stessi come un possibile ed efficace correttivo alla grave crisi che i
regimi previdenziali pubblici stanno affrontando nel corso di questi anni.
Il ruolo che viene ad essere svolto dalle forme di previdenza complementare e dalle forme di
previdenza individuale dipende soprattutto dall’ambito di protezione lasciato scoperto dal regime
pensionistico pubblico.
Esistono, in materia di previdenza integrativa, profonde differenze di trattamento riservate ai
pensionati dell’Unione Europea, sia per le prestazioni erogate, sia sui contributi che possono essere
versati solo dal datore di lavoro o da entrambi i contraenti
16
.
Variabili sono inoltre l’anzianità contributiva e assicurativa richiesta per avere diritto alla
pensione, mentre l’età pensionabile è invece sempre allineata a quella richiesta dal regime obbligatorio.
_____________________________
(15) La legge 335/95 funge da spartiacque per i lavoratori in base all’anzianità contributiva da loro posseduta alla data
del 31 dicembre 1995.
(16) Cfr. PAOLA BOZZAO, La previdenza complementare in Italia e in Europa, in “Diritto & pratica del lavoro”,
1993.