- Gestione professionale del risparmio: i gestori dei fondi hanno
dettagliate conoscenze dei mercati quindi sono in grado di contenere
le perdite nelle fasi di discesa del mercato;
- Diversificazione: il fondo assicura un frazionamento del rischio
mediante una suddivisione degli investimenti in diverse attività
finanziarie. La diversificazione si riflette nella possibilità di accedere
a qualsiasi mercato;
- Sicurezza del capitale investito: i sottoscrittori sono sicuri del denaro
investito in quanto i fondi sono regolamentati e sottoposti al sistema
di controllo e vigilanza presieduto dalla Consob e dalla Banca
d’Italia;
- Accessibilità: chiunque può acquistare quote di un fondo disponendo
di capitali di modesta entità, quindi anche il piccolo risparmiatore
può accedervi;
- Liquidabilità: i fondi sono facili da smobilizzare, cioè il
sottoscrittore può acquistarli e rivenderli senza esser costretto ad
aspettare lunghi periodi;
Naturalmente ciò non significa che i fondi comuni siano esenti da costi; tali
spese, che includono ad esempio commissioni di ingresso, di uscita, di
incentivo, sono talvolta ritenute troppo alte. I costi più criticati sono le
commissioni di performance o di incentivo, spese che il sottoscrittore del
fondo deve pagare al gestore nel caso riesca ad ottenere risultati superiori a
un portafoglio di riferimento. Tale parametro, chiamato tecnicamente
benchmark, rappresenta l’andamento del mercato di riferimento e indica il
profilo di rischio e rendimento del prodotto finanziario offerto.
Spiegazioni più approfondite su tale parametro saranno affrontate alla fine
del Capitolo 1. L’importanza di una buona specificazione del benchmark
consente di aiutare il cliente ad effettuare la scelta migliore in base alle sue
esigenze e permette di mantenere un buon rapporto fiduciario tra
l’investitore e il venditore. Per questo tale portafoglio deve rispettare
determinati proprietà, la cui più importante è sicuramente la
rappresentatività. L’obbligo di dichiarazione del benchmark è stato
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introdotto in Italia il 1 luglio del 1998 ed è entrato in vigore l’anno
successivo. Nella nostra elaborazione l’andamento del benchmark verrà
costantemente confrontato con quello del fondo e sarà utilizzato per
giudicarne i risultati. Bisogna comunque ricordare che il benchmark è
spesso un parametro virtuale, esente quindi da qualsiasi tipo di costo o di
tassazione. Tale caratteristica impone un atteggiamento prudenziale nel
confronto tra benchmark e fondo, in quanto tale parametro di riferimento
risente di diversi limiti. Il benchmark risulta spesso non realistico, non
considera aspetti qualitativi offerti dai fondi, non include una quota di
liquidità volta a fronteggiare eventi imprevisti e risente dell’intervallo
temporale di riferimento.
L’elaborazione inizierà con una selezione dei fondi comuni azionari e
obbligazionari da analizzare. Tale scelta sarà inizialmente effettuata in base
alla dimensione del patrimonio netto di ciascun fondo e successivamente a
seconda della reperibilità della serie storiche di ogni fondo e del rispettivo
benchmark.
Il Capitolo 3 sarà dedicato alla fase di reperimento dei dati ed ai fondi
azionari, il Capitolo 4 sarà invece relativo ai fondi obbligazionari.
In entrambi i casi, dopo un’omogeneizzazione dei dati disponibili
dall’imposizione fiscale, saranno effettuate alcune analisi. L’elaborazione
singola consiste in rappresentazioni grafiche e interpretazioni
sull’andamento del valore della quota o del rendimento del fondo rispetto al
benchmark. Uno studio più preciso sarà svolto nella parte seguente
attraverso il calcolo delle misure RAP (Risk Adjusted Performance), che
sintetizzano in un unico indice sia una misura di rischio che di rendimento.
Tali indici saranno esaminati nel Capitolo 3. Il ricorso a questi indicatori
consente di effettuare con facilità un confronto tra fondi, in quanto si può
esprimere la valutazione di ciascun fondo attraverso un unico valore di
facile interpretazione. Ovviamente, il fondo che presenta la più alta misura
RAP è il migliore. L’Indice di Sharpe, di Treynor e l’alfa di Jensen sono
solo alcuni degli indicatori RAP utilizzati nelle nostre analisi. Alcune
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misure utilizzano il tasso dell’attività priva di rischio come parametro di
confronto, altri preferiscono il benchmark, ritenuto in generale più corretto.
Per quanto riguarda i fondi azionari sarà inoltre possibile effettuare
confronti non solo tra singoli fondi ma anche tra le categorie di
appartenenza. Tale fase è preclusa ai fondi obbligazionari in quanto
appartengono quasi tutta alla stessa tipologia.
La classifica dei fondi effettuata sulla base di tali indicatori sarà poi messa
in discussione attraverso una scomposizione del campione in due
sottoperiodi. L’anno di separazione sarà il 2001, che verrà incluso sia nel
primo sottocampione che nel secondo. Saranno successivamente ricalcolati
gli indicatori RAP per ciascun sottoperiodo ed effettueremo delle nuove
classifiche in base ai valori ottenuti. In questo modo sarà possibile
verificare se la crisi del 2001 ha modificato la nostra graduatoria e vedremo
l’abilità di ciascun fondo nel superare questa congiuntura negativa del
mercato.
Alla fine di questa elaborazione sarà possibile stabilire quale categoria e
specializzazione di fondi è stata preferibile e se i gestori sono stati in grado
di battere il mercato. Cercheremo infine delle valide spiegazioni che
giustifichino l’acquisto di quote di fondi comuni d’investimento aperti.
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CAPITOLO 1:
I fondi e il benchmark
Il numero dei risparmiatori che ricorrono al “fai da te” sta rapidamente
diminuendo in quanto è sempre più alta la somma di coloro che si affidano
al risparmio gestito.
Infatti i gestori, col passare degli anni, hanno cercato di differenziare
maggiormente i propri fondi, con l’obiettivo di specializzarli per meglio
rispondere alle esigenze degli investitori. Ma l’ampia gamma di fondi
disponibili ha confuso le idee dei risparmiatori, ed è diventato complesso
valutare l’adeguatezza di un fondo alle proprie richieste.
Si è quindi diffusa una gestione collettiva dei fondi d’investimento in cui il
gestore opera contemporaneamente con le stesse modalità per un numero
consistente di investitori.
Una prima distinzione tra i prodotti del risparmio gestito può avvenire tra
una Società a Capitale Variabile (SICAV) e i fondi comuni.
Quando si investe in una SICAV l’investitore non acquista solo la titolarità
di una parte del valore del patrimonio ma anche i diritti connessi
all’assunzione del ruolo di azionista, primo tra tutti il diritto di voto
all’interno delle assemblee. Investire in una SICAV equivale a comperare
azioni di una società.
Attraverso l’investimento in un fondo comune si ottengono delle quote che
assegnano al possessore la titolarità di una parte del valore del patrimonio
accumulato. Acquistando una quota si accetta di delegare la società per la
gestione del patrimonio, che resta però di proprietà dei risparmiatori.
Per valutare le performance del fondo utilizzeremo un parametro di
riferimento detto benchmark. Il benchmark è un termine inglese che
identifica un “punto di riferimento” o un “criterio di paragone”. I
risparmiatori, i gestori e chiunque desideri approfondire la conoscenza di
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un fondo comune può trovare indicazioni su questo parametro di
riferimento nel prospetto che accompagna l’offerta del fondo.
Il benchmark ha diverse funzioni, tra cui quella di rappresentare
l’andamento di un determinato mercato. Tale rappresentatività permette di
utilizzare il parametro per meglio comprendere l’identità del prodotto
offerto. É quindi indispensabile nella specificazione di un benchmark, ma
oltre ad essa vi sono altri principi che devono essere rispettati. Un
benchmark deve infatti possedere le proprietà di trasparenza, replicabilità e
copertura.
Il legame tra un fondo comune d’investimento e il benchmark
corrispondente è molto stretto: analizzando il parametro di riferimento
dichiarato da un fondo è possibile dedurne numerose caratteristiche, primo
tra tutti il suo profilo di rischio. Alcuni gestori hanno come obiettivo quello
di seguire rigorosamente l’andamento del benchmark, per cercare di non
deludere gli investitori. Altri invece cercheranno di modificare la
composizione del portafoglio in modo da approfittare delle congiunture
positive del mercato. Nel primo caso parleremo di gestione passiva, nel
secondo di gestione attiva.
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1.1 – I FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO
1.1.1 - DEFINIZIONE
Il fondo comune d’investimento viene definito dalla legge con l’acronimo
“Oicr”, che significa “Organismo di Investimento Collettivo del
Risparmio”. La terminologia utilizzata svela la funzione del fondo:
raggruppare le somme apportate da una pluralità di investitori, ciascuno dei
quali possiede una quota proporzionale all’importo versato, e investirle
collettivamente come un unico patrimonio.
La partecipazione al fondo comune avviene quindi tramite l’acquisto di
quote, e il sottoscrittore diventa proprietario di una fetta del patrimonio del
fondo che dipende dalle quote di partecipazione possedute. Ciò non
significa che il sottoscrittore è proprietario di uno specifico titolo in cui è
investito il patrimonio, ma possiede una percentuale di tutti i titoli del
fondo. In altre parole acquistare una quota di un fondo significa investire in
un piccolo portafoglio di titoli avente la stessa composizione del fondo. La
legge garantisce a tutti gli investitori uguali diritti nei confronti di ciascun
partecipante, in termini di diversificazione e di rendimento,
indipendentemente dal capitale investito. La differenza sarà nella
partecipazione agli utili che avverrà, ovviamente, in proporzione al numero
di quote possedute.
Con il capitale a disposizione la Società di Gestione investe in un
portafoglio di valori mobiliari e monetari (azioni, obbligazioni…)
graduandone le percentuali a seconda della tipologia del fondo stesso.
Seguendo costantemente l’andamento dei mercati finanziari, i gestori sono
in grado di prendere decisioni relative ai titoli da acquistare o da vendere,
in modo da cogliere le migliori opportunità offerte dai mercati. Il principale
obiettivo della Società di Gestione è quello di effettuare investimenti
ottimali sul mercato finanziario, attraverso un frazionamento del rischio.
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Il patrimonio accumulato è autonomo, cioè giuridicamente separato sia da
quello della Società di Gestione che da quello dei singoli partecipanti.
Questa caratteristica ha una conseguenza molto importante: i creditori, in
caso di insolvenza della società, non possono aggredire il fondo per
soddisfare i propri crediti, pregiudicando i diritti dei partecipanti. Il
patrimonio del fondo risulta quindi inattaccabile.
1.1.2 - VANTAGGI E SVANTAGGI DEI FONDI
La funzione del fondo è quella di raccogliere risorse monetarie da soggetti
e settori in surplus (come le famiglie) mediante emissione e vendita di
quote e di investire in strumenti finanziari emessi da imprese, dallo stato e
altri enti pubblici attraverso la creazione di portafogli finanziari.
L'investimento in fondi comporta numerosi vantaggi per l'investitore.
Infatti chi investe personalmente i propri risparmi deve disporre di
dettagliate conoscenze, deve essere in grado di diversificare in maniera
efficace e deve disporre di informazioni e analisi accurate. Tali requisiti
non sono richiesti a chi si affida all’investimento in un fondo comune.
Il fondo offre infatti una gestione professionale del risparmio, in quanto i
gestori sono dotati di requisiti di notevole professionalità e conoscenza del
mercato che permette loro di realizzare una selezione ottimale dei titoli da
acquistare. Per comprendere meglio le esigenze di ogni risparmiatore viene
effettuata una pianificazione finanziaria del consumatore. Si parte
dall’analisi della sua propensione al rischio, delle sue caratteristiche
familiari, dei suoi obiettivi di investimento, del suo orizzonte temporale, e
si approda come risultato finale a una ripartizione quasi ottimale del
portafoglio.
Il sottoscrittore dovrebbe dunque disporre di dettagliate conoscenze
tecniche per seguire i propri investimenti, nonché di una vasta disponibilità
di tempo. Il mercato mobiliare è sempre in fermento; per questo motivo il
mercato va seguito continuamente e, vista la globalità dei mercati e la
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reciproca influenza, è necessario dedicarsi tutti i giorni a questa attività. Gli
esperti sono in grado di seguire e comprendere le variazioni e i legami
presenti nel mercato, consentendo al risparmiatore di non perdere tempo.
Tali gestori dispongono di dettagliate informazioni, di una grande mole di
dati finanziari e di analisi accurate ottenute grazie a tecniche sofisticate.
Ciò non implica che il rendimento risulti certo, perché l’andamento del
fondo è influenzato da quello dei mercati finanziari. Occorre sempre
ricordare che la perdita non deve essere vista necessariamente come un
esempio di cattiva gestione. Se, ad esempio, i titoli detenuti in portafoglio
perdono valore a causa di un ribasso del mercato, anche il valore del fondo
diminuirà. Ma l’abilità del gestore è proprio quella di riuscire a contenere le
perdite nei momenti difficili e ottenere il massimo guadagno quando il
mercato è in fase di rialzo.
Ciò è possibile non solo grazie alla professionalità dei gestori, ma anche
alla diversificazione del portafoglio; tale possibilità è preclusa al piccolo e
medio investitore che non dispone dei capitali necessari. Grazie alla
diversificazione tra attività finanziarie aventi caratteristiche dissimili è
possibile ridurre il rischio dell’investimento a parità di rendimento,
distribuendo le risorse tra un numero elevato di titoli diversi. Investendo
nei fondi è quindi possibile ottenere un frazionamento del rischio, a partire
dalla diversificazione finanziaria; i fondi investono solo piccole percentuali
delle somme disponibili in titoli emessi da un’unica società. Questi
strumenti finanziari attuano inoltre una diversificazione giuridica, dosando
opportunamente gli investimenti tra titoli a reddito fisso e titoli a reddito
variabile. Infine si ottiene una diversificazione di tipo economica e
geografica attraverso una suddivisione degli investimenti tra diversi settori
industriali e commerciali e tra varie regioni, Stati o continenti.
I fondi comuni d’investimento sono inoltre regolamentati e tutelati dalla
legge. Sono dunque sottoposti ad una regolamentazione estremamente
rigorosa e questo dà notevoli garanzie al risparmiatore per quanto concerne
la somma investita e i gestori del patrimonio. Ai gestori viene affidato un
mandato che li vincola a gestire il fondo secondo modalità di investimento
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predefinite, utilizzando le informazioni e le esperienze di cui dispongono. Il
corretto impiego delle somme versate dagli investitori è sottoposto a un
rigido sistema di controllo e vigilanza presieduto dalla Consob e dalla
Banca D’Italia.
Caratteristica rilevante dei fondi è che non richiedono la disponibilità di
grandi somme di denaro per accedervi. I fondi consentono un investimento
liquido; tale prerequisito è necessario perché i fondi risultino competitivi
con i molti altri modi di investire i propri soldi. È quindi consentito anche a
chi dispone di piccole somme di denaro di ottenere i benefici di una
gestione professionale del capitale investito, frazionando opportunamente il
rischio. Il piccolo risparmiatore può impiegare efficientemente una parte
del proprio patrimonio tramite il supporto di una gestione specializzata in
grado di neutralizzare ostacoli relativi alla limitatezza del capitale. Ed è
inoltre possibile chiedere il rimborso delle proprie quote senza essere
costretti ad aspettare lunghi periodi.
L’investitore può quindi spaziare i propri investimenti in qualunque parte
del mondo e in qualsiasi categoria di titoli, riducendo le spese derivanti
dalle diverse operazioni di investimento. Ciò non significa che i fondi siano
esenti da costi, perché sui fondi gravano in realtà molti tipi di commissioni.
Tali costi possono essere suddivisi in due principali gruppi: commissioni
una tantum e commissioni ricorrenti.
Le commissioni una tantum rappresentano i costi diretti a carico
dell’investitore e sono previste dalla Società di Gestione del Risparmio.
Tali commissioni includono le spese di sottoscrizione e/o quelle di
rimborso. Le commissioni di sottoscrizione sono costi d’ingresso nel fondo,
e costituiscono la remunerazione della rete di collocamento dei fondi. Le
commissioni di rimborso sono quelle spese applicate all’uscita dal fondo, al
momento della vendita, e sono preferibili al costo precedente sia perché
vengono pagate in un tempo successivo sia perché decrescono in funzione
della permanenza nel fondo. I fondi che non prevedono costi né di entrata
né di uscita vengono definiti "no load". Un’altra commissione a carico
dell’investitore è lo switch che indica il passaggio da un fondo ad un altro
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gestito dalla medesima società. Anche questa peculiarità può essere o meno
a pagamento.
Le commissioni ricorrenti sono previste da tutti i fondi per remunerare
l’operatività del fondo. Sono costi a carico del patrimonio del fondo e
indirettamente sostenuti dal sottoscrittore. Includono vari tipi di
commissioni. Le commissioni di gestione servono per retribuire il gestore
per la sua attività e l’amministrazione del fondo. Le commissioni di
incentivo o performance sono un premio che l’investitore corrisponde al
gestore nel caso il fondo raggiunga rendimenti superiori a un parametro
prestabilito. I costi di intermediazione sono spese che un fondo sostiene per
la compravendita dei titoli.
Alcuni di questi costi sono già compresi nel valore delle quote pubblicate
giornalmente dei fondi comuni, altri non lo sono.
1.1.3 - REGIME DEL RISPARMIO GESTITO
In ogni paese esiste una legge istitutiva che regola qualsiasi aspetto relativo
alla costituzione di un fondo comune, dalla nascita alla liquidazione finale,
che stabilisce le regole da rispettare per la gestione e altri aspetti rilevanti.
L’investimento in un fondo comune non implica alcun obbligo fiscale a
carico dell’investitore, e infatti nella dichiarazione dei redditi non va
indicato il possesso di quote.
Ciò non comporta l’esenzione fiscale dei fondi; dal 1° luglio 1998 è entrato
in vigore il nuovo regime impositivo che prevede una ritenuta di imposta
del 12,5% sul risultato della gestione conseguito dal fondo; tale entità viene
calcolata come differenza tra valore iniziale e finale degli investimenti
effettuati durante l’anno.
La Società di Gestione agisce quindi come sostituto di imposta. Le
plusvalenze realizzate o maturate prima di questa data non sono tassate. Se
il risultato lordo di gestione risulta negativo, il fondo guadagna un credito
d’imposta, e le minusvalenze possono essere portate in detrazione
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d’imposta per i 4 anni successivi. Questo significa che quando il mercato di
riferimento del fondo è in una fase di ribasso, il valore della quota scende
meno che proporzionalmente per via dell’imposizione fiscale. D’altronde
ciò significa che, in caso contrario, il valore della quota cresce meno che
proporzionalmente.
La tassazione viene detta “per competenza” perché colpisce l’incremento
del patrimonio netto dato dalla sommatoria di tutte le variazioni positive e
negative realizzate nel corso dell’anno. La tassazione per competenza
indica che il sottoscrittore viene tassato su un guadagno non realmente
percepito ma puramente nominale.
Il calcolo della tassazione e del valore della quota avviene giornalmente,
quindi la quota pubblicata sui giornali risulta al netto dell’imposta fiscale
maturata fino a quel giorno. La tassazione imputata giornalmente sulla
quota del fondo viene accantonata a riserva per poi essere liquidata in
un’unica soluzione agli inizi dell’anno successivo oppure tramite
rateizzazione.
Il sistema di tassazione per le rendite dei fondi comuni e delle gestioni
patrimoniali individuali sopra descritto è definito “regime del risparmio
gestito”.
Bisogna però ricordare che la ritenuta fiscale è la stessa sia per i
risparmiatori “seri” che per i speculatori “incalliti”. In altri paesi, come gli
Stati Uniti, la tassazione avviene solo nei momenti in cui si preleva il
capitale, in modo da scoraggiare gli speculatori a comprare e vendere,
favorendo così l’accumulazione del risparmiatore. Il fatto che le imposte
siano pagate non al momento del riscatto della quota ma annualmente
penalizza i rendimenti dei fondi italiani in quanto vengono meno i redditi
derivanti dal reinvestimento delle imposte pagate; vi è quindi un minore
patrimonio da investire.
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1.1.4 - SOGGETTI DI UN FONDO
I risparmiatori consegnano le somme da investire ai soggetti collocatori
(rete di vendita) che curano le procedure per la sottoscrizione. Le somme
raccolte vengono poi gestite dalla Società di Gestione del Risparmio (Sgr)
secondo una determinata politica di investimento e nell’interesse dei
sottoscrittori. Il patrimonio, composto da denaro e titoli, viene custodito
dalla banca depositaria, che ha anche la funzione di controllare la
conformità alla legge delle operazioni disposte dalla Sgr.
I risparmiatori sono i partecipanti al fondo comune, cioè coloro che ne
possiedono le quote.
La rete di vendita è costituita da banche o da società di intermediazione
finanziaria (SIM). Le quote di un fondo possono essere quindi acquistate
presso gli sportelli bancari o presso dei promotori finanziari tramite vendite
a domicilio. I collocatori si occupano della sottoscrizione dei fondi e hanno
l’ulteriore funzione di assistere il risparmiatore nelle scelte di investimento.
La Società di Gestione ha il compito di amministrare il patrimonio del
fondo, decidere le politiche di investimento e comperare e vendere titoli. La
sua funzione non si limita ad una scelta iniziale delle attività da includere
nel fondo ma anche, e soprattutto, a una costante attenzione all’evoluzione
del portafoglio nel corso del tempo. Le Sgr sono costituite su iniziative di
banche, compagnie di assicurazione, grandi società finanziarie. Le Sgr
hanno il compito di impiegare i capitali dei sottoscrittori e di farli rendere
nel miglior modo possibile, investendo i capitali conferiti al fondo in
azioni, obbligazioni e altri valori mobiliari per conto e nell’interesse di tutti
i partecipanti.
Infine la banca depositaria ha il compito di amministrare il patrimonio del
fondo e di controllare che tutte le operazioni realizzate dalla Sgr siano
conformi al regolamento del fondo e alla legge. É quindi garante della
regolarità dell’operato dei gestori nei confronti dei risparmiatori.
L’investitore risulta quindi tutelato dalla legge sotto diversi aspetti. Già il
fatto che il patrimonio sia sottratto alla disponibilità della società di
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gestione e affidato ad un terzo soggetto è una garanzia per l'investitore. Gli
amministratori della Sgr devono inoltre possedere determinati requisiti di
professionalità e onorabilità. La banca depositaria, infine, svolge un'altra
importante funzione di garanzia su tutte le operazioni effettuate dalla Sgr.
Oltre a questi soggetti vi sono anche la Consob e la Banca D’Italia che
operano un severo controllo sul funzionamento dei fondi.
La Banca controlla gli investimenti effettuati dalla Sgr, approva i
regolamenti dei singoli fondi e stabilisce i criteri di valutazione delle quote
dei fondi, controllandone il rispetto.
La CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) ha una
funzione di controllo maggiormente indirizzata all'informazione fornita
dalle società: vigila costantemente sulle dichiarazioni rese ai risparmiatori e
si occupa delle offerte pubbliche di acquisto e vendita. In altre parole
obbliga tutte le Sgr che svolgono attività per le clientela a rispettare una
serie di regole di trasparenza, completezza e uniformità.
1.1.5 - CLASSIFICAZIONE
La vasta gamma di fondi comuni d’investimento esistenti può essere
meglio compresa tramite la loro classificazione in categorie omogenee.
Tale esigenza si pone non solo "a posteriori" al fine di effettuare corrette
analisi sulle performance ottenute dai gestori professionali, ma anche nella
fase antecedente la sottoscrizione dei prodotti di risparmio gestito. Infatti la
classificazione dei fondi comuni ha l’importante funzione di favorire una
prima conoscenza da parte dell’investitore delle caratteristiche dei vari
strumenti finanziari (rendimento atteso, livello di rischio, orizzonte
temporale).
La classificazione di tali strumenti finanziari non è rimasta stabile dalla
nascita dell’industria ad oggi, ma ha subito numerose modifiche in seguito
all’evoluzione delle caratteristiche dei prodotti e del contesto normativo del
mercato del risparmio gestito. L’iniziale classificazione effettuata nel 1984
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e basata su pochi raggruppamenti (fondi azionari, obbligazionari e
bilanciati) è stata modificata attraverso un aumento del numero di
categorie; tale ampliamento serve a descrivere in maniera appropriata
l’offerta in continua crescita. L’introduzione dell’euro, nel gennaio 1999,
ha costituito un momento di revisione del sistema nel suo complesso, e da
allora la struttura della classificazione è rimasta all’incirca stabile.
L’offerta di prodotti del risparmio gestito è sempre più dettagliata, ampia e
differenziata. Ogni tipo di fondo presenta caratteristiche specifiche dal
punto di vista dell’investitore e dell’organizzazione finanziaria.
La principale classificazione è quella che avviene in base alla
composizione degli strumenti finanziari prevalenti nel portafoglio di ogni
fondo. Tale suddivisione è stata effettuata da Assogestioni, società che si
occupa della classificazione, valutazione e delle caratteristiche dei fondi. E’
l’Associazione di categoria delle Società di Gestione del Risparmio.
Assogestioni opera per promuovere la diffusione delle varie forme di
gestione del risparmio, tutela gli interessi collettivi degli associati, svolge
attività di consulenza e assistenza tecnica, analisi, informazione e
divulgazione dell'attività e dei dati sul risparmio gestito.
La classificazione secondo la tipologia di titoli sui cui il fondo investe si
articola in cinque macrocategorie:
ξ Azionaria
ξ Bilanciata
ξ Obbligazionaria
ξ Monetaria
ξ Flessibile
La differenza tra questi gruppi è dovuta alla percentuale minima e massima
di investimento azionario sopportato da ogni categoria.
Il nostro interesse sarà rivolto ai fondi azionari e obbligazionari.
I fondi azionari investono più del 70% del patrimonio raccolto in titoli
azionari. Hanno come obiettivo il conseguimento di plusvalenze nel medio-
lungo periodo. Sono adatti ai risparmiatori che sono disposti a tenere
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