l’adolescente sempre più verso l’essere adulto, e l’occhiale viene in-
vestito e caricato di significati come il proprio modo d’essere. Viene
delegato a rappresentare se stessi nel mondo.
Tra i 20 e 30 anni l’occhiale è un “supporto del Sé”, non è più so-
vrapponibile al proprio modo d’essere, ma diviene un sostegno, un
rafforzativo del Sé. Acquista quindi una funzione rassicuratoria,
scandisce i ruoli sociali, interviene come completamento della pro-
pria immagine trasmessa, insomma diviene un mediatore delle rela-
zioni personali.
Superati i 30 anni l’occhiale è una “parte del Sé a disposizione”,
diventa uno strumento che veicola certe parti del Sé, che sono a di-
sposizione a seconda delle necessità. Come un biglietto da visita, che
facilita, ma non è necessario.
Infine Chiappa aggiunge la categoria “over” per i quali (non solo) gli
occhiali hanno una funzione “ripartiva”: in particolare per le donne
coprono, un po’ come il trucco, certi segni del tempo che in partico-
lari situazioni possono essere accentuati.
E come il maquillage, i baffi, la barba, il tatuaggio, così anche gli
occhiali possono essere considerati appartenere a pieno titolo alla
grande famiglia delle maschere. Un artefatto che ripara, nasconde,
camuffa gli occhi allo sguardo altrui, ma prima ancora di agire sul
mondo esterno, la maschera agisce su chi la porta.
Ogni maschera, infatti, di qualsiasi tipo essa sia, è un agente di meta-
morfosi, non un operatore di cancellazione del viso che sotto di essa
si nasconde; al contrario: è un mezzo, un accesso a nuove possibilità
di essere viso.
“Le masque”, dice Breton
4
, ”introduit avec force à la relatività de
l’identité actuelle”.
Il contatto oculare è importantissimo nelle interazioni comunicative
fra gli esseri umani e i mammiferi in generale, modificarlo vuol dire
cambiare i ruoli della comunicazione.
A tal proposito Ugo Volli
5
scrive che “lo sguardo crea una correla-
zione oggettiva fra un guardante e un guardato, che continua a vigere
anche se uno dei due termini sia virtuale, come si vede in quei nume-
rosi esempi di pittura che, dalla prospettiva in poi, sono tecnicamen-
te costruiti in maniera tale da includere lo spettatore in una posizione
ben definita nello spazio della rappresentazione”.
Da tutto ciò si può facilmente capire come la presenza degli occhiali
costituisca in ogni caso un segno distintivo non indifferente che de-
termina in ognuno di noi la necessità di poter esprimere la propria
identità tramite quest’oggetto. Questo vuol dire anche poter comu-
nicare stati d’animo diversi legati a situazioni diverse, e poter fare
degli occhiali un artefatto camaleontico che si modifica intorno a
noi, a nostro piacimento.
Tutto questo viene discusso nella prima parte della mia tesi, che si
suddivide in tre capitoli.
4 D. Le Breton, Des vi-
sages. Essai d’anthro-
pologie, Métaillié, Paris
1992, p. 243.
5 Ugo Volli, Tipologia,
moda, immagine cfr R.
Riccini (2002).
Nel primo capitolo tratto l’evoluzione degli occhiali dal punto di vi-
sta storico, per poi analizzare nel secondo capitolo i processi di pro-
duzione che consentono la realizzazione di questo oggetto, infine nel
terzo capitolo considero invece il rapporto tra gli occhiali e l’uomo,
i cambiamenti sociologici e psicologici di quest’oggetto.
Questo processo di analisi dell’evoluzione di questo oggetto mi ha
portato però a riflettere su un punto fondamentale: mi sono chiesto
se questa visione degli occhiali dal punto di vista sociologico non sia
un problema che riguarda solamente i paesi industrializzati.
Il mio timore era pienamente fondato, infatti il rapporto tra le perso-
ne dei paesi del terzo mondo e l’oggetto occhiale, è completamente
diverso.
Questa protesi è estremamente importante per i paesi poco sviluppati
e la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo sono problemi consi-
derevoli. Dalle statistiche della World Health Organization (WHO)
sono 153 milioni le persone che soffrono di problemi visivi, che
possono essere diagnosticati, misurati e corretti con l’utilizzo degli
occhiali, ma di questi, 137 milioni sono persone che vivono in paesi
del terzo mondo e che non possono usufruire di questi servizi fon-
damentali.
Questo fa si che milioni di bambini perdano l’opportunità di andare
a scuola e di imparare, mentre gli adulti sono esclusi dalle attività la-
vorative, con conseguenze economiche e sociali. I singoli individui e
le famiglie si trovano in una condizione di profonda povertà dovute
alla loro incapacità di vedere correttamente.
Ma oltre al problema della mancanza degli occhiali, dovuta ai costi
di questi ultimi, bisogna considerare che in questi paesi la presenza
degli oculisti è molto scarsa. Dagli studi del WHO è emerso che
mentre negli Stati Uniti d’America c’è un oculista ogni 4500 abi-
tanti, in Europa uno ogni 6000 abitanti, in India uno ogni 100.000,
in Africa sub-sahariana si arriva addirittura ad avere un ottico ogni
milione di persone.
Per questo è necessario agire su questo problema e cercare di realiz-
zare un occhiale a basso costo, personalizzabile, ma non più dal pun-
to di vista della montatura ma da quello della lente, potendo quindi
regolare il potere della lente in modo semplice e senza la presenza
di un esperto.
Questo è stato l’obbiettivo della tesi, che esamino approfonditamen-
te nella seconda parte partendo dallo studio del problema che mi
sono posto, e quindi analizzando nel quarto capitolo la situazione
e i problemi attuali dei paesi considerati a sud del mondo, in via di
sviluppo, per poi fornire una mia soluzione progettuale nel capitolo
quinto, dove viene descritto l’occhiale da me ideato, in tutte le sue
componenti, considerando anche i processi di produttivi necessari
per la realizzazione e i costi di materiali, produzione e assemblaggio.
Infine concludo trattando brevemente i possibili sviluppi futuri.
Parte prima: Analisi storica e sociologica
Dallo smeraldo di Nerone ad oggi
La storia degli occhiali è molto lunga e, sotto alcuni punti di vista,
non è ancora del tutto chiara.
Per i primi riferimenti bisogna infatti risalire ai tempi di Nerone, di
cui Plinio scriveva, nella sua “Historia naturalis” : Nero princeps
gladiatorum pugnas spectabat in smaragdo
1
, che ha dato adito ad
interpretazioni più o meno fantastiche. La realtà è che era convin-
zione di quei tempi che nella luce verdastra dello smeraldo l’occhio
si riposasse e preservasse la vista. Non si può comunque escludere
che il taglio speciale di quella pietra acquistasse il pregio di corretto-
re della miopia, ma in modo casuale.
Prima di inoltrarci nella vera storia degli occhiali è necessario fer-
mare la nostra attenzione sui mezzi di ingrandimento conosciuti
nell’antichità, che segnarono il primo gradino verso la realizzazione
dell’occhiale così come noi lo conosciamo.
1.1 L’invenzione della lente
Nella ricerca del primo inventore degli occhiali si è fatta indubbia-
mente una certa confusione perché non si è saputo distinguere con
precisione che cosa si intenda per lente, o altro mezzo, di ingrandi-
mento o occhiale.
Questa differenza compare per la prima volta nel 1300 nei Capitolari
Veneziani dove si distingueva tra “roidi da ogli”, lenti per occhiali, e
“lapides ad legendum”, le lenti d’ingrandimeto, senza però rendersi
conto della grande differenza dal punto di vista ottico.
Bisogna attendere il 1623 perché quest’equivoco venga scientifica-
mente rilevato da Daça de Valdes in “Uso de los antojos para todo
genero de vistas”
2
, opera che tratta appunto dell’uso degli occhia-
li.
Prima del XII secolo si conoscevano quei mezzi di ingrandimento
derivati dalla conoscenza del fenomeno della riflessione della luce,
fenomeno conosciuto anticamente molto prima di quello della rifra-
zione
3
.
1
Petella G. B., Della
pretesa miopia di Nerone
e del suo smeraldo,
Annali di Medicina
Navale,VI, 1901.
2
Daça de Valdes, Benito,
Uso de los antojos para
todo genero de vistas,
Diego Peréz, Siviglia,
1623.
3
La scoperta della
rifrazione risale ai primi
anni del 1600.
Parte prima: Analisi storica e sociologica
Come primi mezzi d’ingrandimento venivano utilizzati gli specchi
concavi, che permettevano di vedere sensibilmente ingrandite e ro-
vesciate pagine di manoscritti proprio tramite il meccanismo di ri-
flessione della luce.
Molto più tardi comparvero le lenti che fecero cadere l’uso dello
specchio, finché Ruggero Bacone studiò le leggi sulla rifrazione del-
la luce attraverso le lenti e forse applicò l’utilizzo delle lenti conves-
se come lenti d’ingrandimento nella presbiopia.
Questo è stato il primo importante passo per passare dall’utilizzo
lente per ingrandire, a quello per la correzione dei difetti visivi, ossia
un grado preliminare per giungere agli occhiali.
Ma dove dunque si fabbricarono i primo occhiali con lenti correttive
per la vista, e quando?
Secondo gli studi di Giuseppe Albertotti
4
si dimostra che i primi
occhiali furono fabbricati nella città di Venezia.
Questo perché le prima distinzione, come già detto, tra lenti d’in-
grandimento e occhiali si trova per la prima volta nei Capitolari
Veneziani risalenti al 1300, e da quel momento diventano sempre
maggiori i riferimenti su altri documenti a due mezzi differenti per
l’aiuto nella lettura. In questi viene indicata la zona di Venezia come
luogo di origine degli occhiali, e da qui si sviluppa la loro diffusione
e la conoscenza tramite i rapporti commerciali sviluppati da questa
città.
Bisogna poi considerare le fonti storiche non strettamente letterarie
che possono contribuire notevolmente a fornire una visione più chia-
ra sulla nascita di questo strumento ottico.
Un apporto fondamentale è dato dagli affreschi presenti nella chiesa
di S. Nicolò a Treviso.
Questa chiesa monumentale fu costruita da Nicolò Boccassini, eletto
Papa con il nome di Benedetto XI nel 1200, in onore del proprio
patrono, il Santo di Bari.
Vicino a questa chiesa sorge un monastero di frati dominicani che
nel 1352 vollero far dipingere la stanza capitolare con una specie di
catalogo figurato degli uomini dell’ordine più esemplari per santità e
per dottrina. Compare così, in questa sala del Capitolo, la più antica
figura con occhiali esistente al mondo.
Nel dipinto di Tomaso da Modena sono rappresentati 40 predicato-
ri illustri, accompagnati da una scritta identificatrice:ciascuno nella
propria cella è seduto allo scrittoio, occupato a meditare, leggere,
comporre o trascrivere. Fra questi dotti si trovano il cardinale Nico-
lò di Rouen con una lente da lettura in mano, l’antenato degli occhia-
li, intento a decifrare una pagina, e il cardinale Ugo di Provenza con
gli occhiali poggiati sul naso.
E’ quindi evidente associare, nella metà del 1300, i frati dominicani
con i libri e i loro accessori, occhiali compresi, anche se l’inventore
degli occhiali fu probabilmente un laico.
4
Giuseppe Albertotti
(Calamandra 1851 -
Modena 1936) è stato
un importante medico
oftalmologo.
Ha affiancato alla
professione una grande
attenzione per le opere
storiche sul tema
dell’ottica in genere,
ha scritto molti saggi
a riguardo ed è stato
fondatore della Società
di Oftalmologia Italiana.
14
Fig 1 (nella pagina pre-
cedente).
Tomaso da Modena,
Il cardinale Nicolò di
Rouen, affresco, 1352.
Treviso,Convento di San
Nicolò, Sala capitolare.
Fig. 2.
Tomaso da Modena, Il
cardinale Ugo di Pro-
venza, affresco, 1352.
Treviso, Convento di
San Nicolò, Sala capi-
tolare
Dallo smeraldo di Nerone ad oggi
Dovendosi mantenere con il proprio lavoro intendeva trarre un
buon guadagno dall’invenzione; per questo cercava di mantenere il
segreto. Il vincolo del segreto è espressamente menzionato in un atto
stipulato a Pisa tra tre orafi, davanti al notaio Francesco da Ghezza-
no. Simone Nerucci si impegnava ad insegnare ai due colleghi l’arte
di fare gli occhiali con vetro ed ossa, procurando anche l’attrezzatura
necessaria, e per il tempo dell’accordo (quattro anni e mezzo) non
avrebbe insegnato ad altri la fabbricazione degli occhiali. I due soci,
a loro volta, si assumevano l’obbligo di non tradire il segreto crean-
do allievi e futuri concorrenti.
Ma non si può trattare della storia degli occhiali senza prendere in
considerazione le Cronache del Convento di S.Caterina di Pisa
5
. Qui
viene trascritta la vita dei frati predicatori che hanno fatto parte di
questo convento successivamente alla fondazione avvenuta intorno
al 1200. Tra questi compare frate Alessandro Della Spina di cui vie-
ne esaltata l’abilità di riprodurre correttamente tutto ciò che gli ve-
niva fatto vedere, tra cui gli occhiali, inventati da qualcun altro ma
divulgati liberamente dal frate.
Della Spina infatti, vivendo in convento, era sollevato da problemi di
bilancio e di sostentamento; per questo, oltre forse che per una natu-
rale generosità, era pronto a divulgare generosamente ciò che aveva
imparato, o scoperto, secondo il pensiero di alcuni studiosi.
Ma le cose nel 1300 cambiano, tanto che nei Capitolari delle indu-
strie e dei mestieri, conservati nell’archivio di Stato di Venezia, si
trova un documento datato 15 giugno 1301 dove viene concesso a
chiunque appartenga all’arte dei cristallai, di realizzare “vitreos ab
oculis ad legendum” , e nel maggio 1317 viene permesso a tal Fran-
cesco Nicolò di lavorare occhiali di vetro e di venderli a Venezia.
Tutto ciò nonostante Nicolò fosse figlio di un medico chirurgo, e
quindi non appartenente all’arte dei cristallai.
Tutto ciò, secondo Albertotti, avviene probabilmente perché già nel
XII secolo la lavorazione degli occhiali non era ritenuta più tanto
difficile e, soprattutto, perché non era più un segreto; era quindi
possibile per chiunque lavorarli, purchè ciò venisse fatto lealmente.
L’arte dell’occhialeria era quindi giunta ad un livello avanzata in
questo periodo a Venezia e le industrie erano radicate e fiorenti.
Oggi è facile comprendere che la realizzazione delle lenti sia av-
venuta in una città che, unica in Europa, conosceva i segreti della
fabbricazione del vetro e ne custodiva gelosamente il monopolio.
I frequenti commerci di Venezia con gli scali del Levante rivelarono
probabilmente agli intraprendenti mercanti veneti tutta l’importan-
za dell’arte vetraria, completamente abbandonata e dimenticata in
Occidente, dopo la caduta dell’Impero Romano. Furono questi indu-
striosi mercanti a trapiantarla a Venezia, dove, verso la fine del XIII
secolo era fiorente con numerose fabbriche del vetro, tanto che la
città lagunare divenne il centro più importante per il commercio del
5
Chronica antiqua Con-
ventus Sanctae Catha-
rinae de Pisis, Arch.
Stor. It. (pp. 397-633),
tomo VI, I serie, Firenze,
1848, pp. 476-478.
17
vetro e tutta l’Europa ricorreva ad essa per provvedersene.
Successivamente le fabbriche vennero spostate, verso la fine del
1200, e trasferite nell’isola di Murano, dove fioriscono ancora oggi,
Il trasferimento avvenne anche per rendere più facile il controllo di
queste zone e custodire maggiormente i segreti dell’arte vetraria.
1.2 Sviluppo degli occhiali
I primi occhiali furono confezionati, da quanto si può dedurre dal-
le opere pittoriche, con lenti rotonde, biconvesse, per migliorare la
vista dei presbiti. Venivano usati principalmente da studiosi , soprat-
tutto da quei monaci che nel Medio Evo si dedicarono non solo alla
trascrizione dei testi religiosi, ma principalmente a tramandarci quel
complesso patrimonio letterario e storico della civiltà greca, romana
ed araba.
Per quanto riguarda i materiali se ne parla abbastanza esplicitamente
nei Capitolari Veneziani dove in quello dei Cristallieri del 1284 ven-
gono descritti lo smeriglio e il tripolo. La tecnica della molatura e
della pulitura dei vetri è sorta in connessione con la molatura delle
pietre preziose ed era conosciuta già al tempo dei Romani.
Le prime lenti venivano probabilmente realizzate fregando a mano il
vetro contro coppe sferiche cosparse di sabbia o polvere di smeriglio
di Naxos
6
fino al momento in cui la superficie aveva raggiunto la
forma della coppa.
La molatura più fina e la pulitura finale venivano fatte sfregando le
lenti con terra tripolina (tripolo) e cenere di stagno.
Questo sistema di lavorazione delle lenti fu usato per centinaia di
anni e tutt’oggi i moderni metodi di lavorazione sono ben poco cam-
biati.
La montatura degli occhiali, nei primi tempi, veniva fatta con anelli
metallici o di cuoio battuto ai quali venivano fissati i due manici per
unirli in coppia con un perno. Naturalmente erano tenuti davanti agli
occhi con una mano. Solo più tardi si trovano, da quello che si può
vedere nelle raffigurazioni pittoriche, delle montature costituite da
un pezzo unico, in modo tale da sostituire il perno con un ponte con
molla a torsione per stringere i due anelli sui lati del naso. Si giunge
così ad un tipo di occhiale molto vicino al così detto “stringinaso”,
che in realtà risultava doloroso e poteva cadere facilmente.
Per queste ragioni vennero escogitati diversi sistemi per fissare gli
occhiali in modo stabile davanti agli occhi, prima si cercò il sistema
per far aderire il ponte degli occhiali al bordo del berretto e successi-
vamente vennero inserite delle cordicelle passanti dietro il padiglio-
ne auricolare.
Nel 1450 con l’invenzione della stampa da parte di Johann Guten-
berg aumentò l’utilizzo degli occhiali per facilitare la lettura, che
6
Smeriglio ricavato dal-
le montagne di Naxos
(Nasso), isola delle Ci-
cladi.
Parte prima: Analisi storica e sociologica18
ora non avveniva più solo all’interno dei monasteri o da parte degli
studiosi, ma anche in una parte del popolo, grazie alla maggiore dif-
fusione dei libri. Ma la stampa, a piccoli caratteri, contribuì anche
alla diffusione della miopia.
Nella seconda metà del XV secolo compaiono i primi occhiali per
correggere quei difetti relativi alla visione da lontano: vengono pro-
dotte le lenti biconcave, per i miopi.
Successivamente, nella prima metà del XVI secolo compaiono le
lenti ovali, per quelle rettangolari e quadrate bisogna invece aspetta-
re il 1570, in Inghilterra.
Da un’analisi delle stampe del XVI e XVIII secolo si può vedere
come venivano portati gli occhiali, liberi a cavallo della radice del
naso, mentre sommessamente comparivano i primi occhiali con
stanghetta. Questi venivano fabbricati da artigiani, mentre nelle vie,
sui mercati e nelle campagne numerosi venditori ambulanti li vende-
vano insieme ad altre cianfrusaglie.
La misurazione della vista avveniva, naturalmente, in modo empiri-
co, provando una dopo l’altra una serie di occhiali per miopi e per
presbiti, graduati a seconda della diversa età, era possibile provare
occhiali per persone di 10, 20, 30 anni. Nel 1585 Tommaso Garzoni
introdusse la gradazione attraverso valori focali, che furono proba-
bilmente fissati per la prima volta in maniera scientifica da Keple-
ro.
Nel 1700 compare nel fastoso e decadente ambiente veneziano ed
alla Corte di Francia l’occhialino. Questi erano veri e propri capola-
vori d’oreficeria, in oro, ornati con pietre preziose e molti persino in
porcellana e spesso la lente era uno zaffiro purissimo.
In questo periodo si ebbe un grande aumento del numero di fabbriche
d’occhiali a Venezia perché l’occhialino a mano divenne un oggetto
di moda che non poteva assolutamente mancare per completare l’ab-
bigliamento. Non c’era dama, non c’era patrizio, giovani ed anziani,
che non lo avesse con se uscendo di casa e, pare, potesse essere usato
come strumento di comunicazione muta. Casanova racconta infatti
che la monaca di Murano usasse tre paia di occhiali, diversi solo
per quanto riguardava il materiale del manico: d’oro voleva dire “ti
voglio bene”, argento “mi sei indifferente”, di tartaruga “attenzione,
siamo sorvegliati”.
Intanto l’industria dell’occhialeria acquisiva importanza anche
all’estero, sorsero fabbriche importanti in Francia, in Spagna, in
Olanda, in Germania, in Cecoslovacchia, in Inghilterra e addirittura
negli Stati Uniti, mentre in Italia quest’arte cadde nel dimenticatoio
proprio nel secolo delle più importanti scoperte in campo ottico e
oculistico.
Risalgono infatti al 1800 i primi studi sull’astigmatismo da parte
dell’olandese Cornelius Donders
7
, preceduti dall’ideazione dell’oc-
chiale bifocale da parte di Benjamin Franklin. Questo riteneva in
7
Franciscus Cornelius
Donders, medico olande-
se (Tilburg 1818-Utrecht
1889), autore di impor-
tanti studi sulle anomalie
della visione.
Dallo smeraldo di Nerone ad oggi 19
Evoluzione della montatura degli occhiali
Sec. XII.
Si usa la lente di ingrandimento, conosciuta anche nell’antichità.
(Tolomeo - Cronaca di Fra Salimbene da Parma)
Sec. XIII.
Le lenti di ingrandimento si fabbricano su larga scala a Venezia. Forse due lenti
di ingrandimento unite insieme con un perno all’estremità dei loro manici hanno
dato origine all’occhiale.
(Capitolari veneziani - 1284)
Sec, XIV.
Gli occhiali a perno si diffondono nel Veneto ed in Toscana.
Sec. XIV.
Gli occhiali a snodo dipinti da Tomaso da Modena sul naso di Fra Ugone da Pro-
venza, nella Chiesa di S. Nicolò di Treviso, rappresentano il primo modello di
stringinaso (1352),
Sec. XV.
L’armatura a perno è ingentilita e motivi ornamentali appaiono soprattutto nelle
pitture di occhiali in opere d’arte del territorio veneto.
Sec. XV.
L’armatura a perno è sostituita da una montatura con molla a torsione.
(Stemma di Sulmona).
Sec, XV.
Ci si avvicina alla montatura arcata tipo ponte.
Sec. XVI.
Si passa alla montatura con ponte arcato a molla.
Sec. XVIII.
Lo stringinaso con lenti rotonde od ovali diventa comune.
Sec. XVIII.
Si diffonde lo stringinaso con lenti ovali.
Sec. XIX.
Gli occhiali del tipo stringinaso, a lenti ovali, vengono perfezionati nell’armatura
fornita di placchette a molla che fanno presa sul naso. L’importazione dalla Fran-
cia dei “Pince-nez” copriva gran parte del nostro fabbisogno.
Sec. XIV.
L’occhiale a perno di fabbricazione italiana compare diffusamente nelle opere ita-
liane e straniere, di pittura e scultura, sostenuto con una mano davanti agli occhi.
Sec. XV.
Occhiale a perno, con molla inserita in una scanalatura dei due manici.
Sec. XVI.
Appaiono dei motivi ornamentali sulle armature degli occhiali.
Questo tipo è stato costruito dai maestri di Norimberga.
Sec. XVI.
Compaiono le prime lenti ovali e la montatura si perfeziona in modo che l’occhiale
rimanga fissato sul dorso del naso.
I motivi ornamentali delle armature vengono particolarmente curati in Oriente.
Questo tipo fu usato da qualche personaggio lndù (Greeff) ed è di legno di sandalo,
pregiato e profumato.
Sec. XVII.
Tipo di occhiali stringinaso con lenti rotonde e di grosse dimensioni usati dal pit-
tore Giordano Luca (1632-1705).
Sec. XVIII.
Compare, dopo tanti secoli dall’invenzione degli occhiali, il sistema per sostenerli
con le stanghette (Thomin - 1746). Si tentò di fissare gli occhiali al berretto e nel
XVII sec. con una cordicella passante dietro i padiglioni degli orecchi.
Occhiale con montatura in argento e stanghette finemente lavorate con ornamen-
tazioni in filigrana.
Sec. XIX.
Le montature con le stanghette di metallo, dritte o a riccio, di origine francese o
tedesca, vengono comunemente usate.
Sec. XX (primo decennio).
Con la scoperta delle materie plastiche si inizia la fabbricazione di montature in
celluloide. Il Cadore ha il vanto d’essere stato il primo paese al mondo a realizzare
su larga scala ed a diffondere le montature in celluloide per opera di un gruppo di
uomini ingegnosi ed intraprendenti, che idearono le prime macchine per la lavora-
zione di questo, ormai diffuso, tipo di occhiale.
Fig. 3 (nelle pagine pre-
cedenti).
Schema dell’evoluzione
della montatura per oc-
chiali.
Fig. 4.
Jean Collaert, Venditore
di occhiali, 1582.
Fig. 5.
Cassetta con lenti per
prove, 1780.
Fig. 6.
Occhiali a ribattino in
ferro, XIV Secolo.
Fig. 7.
Occhiali a stringinaso in
corno, in ottone, a stan-
ghetta inglese in corno,
XVI Secolo.