5
Fino al XI - XII secolo l’Oltrepò mantovano doveva assomigliare un
poco a Venezia : molti fiumi lo attraversavano intersecandosi, il Po, il
Lirone, la Zara, il Bondeno, la Burana, il Crostolo, il Gavello e una
moltitudine di altri corsi e bracci degli stessi come il Bondeniolo e il
Gavellozzo, cosicché gli insediamenti abitativi erano su dossi o isole.
Allora infatti si parlava dell’isola di Suzzara, di S. Benedetto e Pegognaga.
Le vie fluviali nel Medioevo avevano un’importanza maggiore di quanto ne
abbiano ora per il fatto che il commercio era più sicuro su di esse che sulle
strade infestate di briganti. In questo periodo tuttavia un progressivo
aumento delle precipitazioni sul versante appenninico, con una conseguente
crescita della portata d’acqua degli affluenti di destra, ed un fenomeno di
bradisismo che portò ad un innalzamento della Romagna, rispetto al resto
della Pianura Padana, diedero luogo a inondazioni e rotte che spostarono a
nord il corso del Po, a partire proprio dalla zona di cui stiamo parlando,
quella di Pegognaga e S. Benedetto Po, ove si inalveò lungo il ramo di
settentrione, il Lirone, e proseguì verso est, seguendo un tracciato non
dissimile dall’attuale. Gli affluenti di destra lasciarono gli antichi alvei per
inalvearsi sugli attuali corsi più occidentali. Veniva così abbandonato
l’antico corso del Po, quello che divenne nella toponomastica il Po vecchio,
che lambiva gli abitati di Suzzara, Gonzaga, Pegognaga e Quistello ; mentre
tra il Lirone a nord ed il Po vecchio a sud scorreva lo Zara, che segnava il
confine tra il comitato di Reggio e quello di Mantova
1
.
1
Vedi PAOLO GOLINELLI, Matilde e i Canossa nel cuore del Medio Evo, Camunia 1991, 51
- 52.
6
Questa nuova situazione idrogeologica fece sì che Pegognaga
perdesse la sua importanza. Ora Reggio Emilia che da sempre aveva
combattuto contro Mantova per impossessarsi di questi territori abbandonò
la presa.
I Corradi, meglio conosciuti come i Gonzaga, una volta scacciati i
Bonacolsi dal governo di Mantova, cercarono di favorire in tutti i modi
l’espansione del loro paese d’origine, Gonzaga, a discapito di tutti gli altri
centri ad esso vicini. Fu così che Pegognaga perdette la propria autonomia
amministrativa essendo fatta decadere a frazione di Gonzaga. In tale
situazione rimase sino al cinque novembre del 1876, quando per decreto
regio il comune di Gonzaga venne suddiviso nei tre comuni di Gonzaga,
Pegognaga e Moglia.
L’innovazione che la mia ricerca apporta agli studi precedenti è
pertanto il diverso modo di considerare la storia di questo paese : la chiave
di lettura della storia di Pegognaga è il fiume Po. Non casualmente la mia
tesi è stata suddivisa in due parti. La prima parte dedicata alla storia romana
e medievale fino all’età comunale segna l’apogeo del pagus romano
divenuto civitas in età longobarda. Nella seconda parte si parla invece delle
vicende più tristi e dolorose di questo comprensorio ; la perdita di
autonomia , la decadenza economica, il calo demografico e l’immobilismo
sociale accompagnarono tutto il percorso della storia moderna.
Durante tutto il XIX secolo questa zona fu teatro di guerre,
inondazioni ed epidemie. Qui la gente, abituata a subire si lasciava morire di
7
fame senza ribellarsi a questo destino, tanto che Sacchi scrisse : “ noi
abbiamo la pellagra come altrove in Italia v’hanno la mafia, la camorra, il
brigantaggio, mali forse in gran parte a radice comune
2
”. Il Po per tutto
l’800 con i sui continui straripamenti fu fonte di morte, di perdita di raccolti
e di distruzione. Solamente al principio del nostro secolo
3
con l’inizio delle
opere di bonifica (1901- 1907) la situazione si stabilizzò e le coltivazioni
poterono prosperare tanto che ora l’Oltrepò è considerata una delle terre più
fertili della Pianura Padana. La seconda parte della mia tesi vuole essere
uno sguardo comprensoriale sulla realtà moderna e contemporanea senza
pretese di esaustività. Mi sono fermato nella raccolta dei dati al 1980 in
quanto fino a tale data posso disporre di fonti autorevoli. Infatti per tutti gli
anni settanta l’Oltrepò fu oggetto di studi da parte di sociologi ed
economisti dell’università di Milano
4
.
Si voleva evidenziare come questo paese da una parte fosse stato
erroneamente incluso in un contesto lombardo quando per cultura tradizioni
economia e mentalità apparteneva geograficamente all’Emilia ; dall’altra si
voleva dimostrare come questo e gli altri paesi dell’Oltrepò mantovano
erano paesi ad esclusiva vocazione agricola, con scarse probabilità di
2
A. SACCHI, La pellagra in provincia di Mantova, Mantova, 1878, p. 54.
3
E’ curioso il fatto che il Po venerato ai tempi dei romani con il nome di Eridano, di grande
importanza nel Medio Evo perché la Regula era terra di boschi e selve quindi difficilmente
praticabile per via di terra, ridiventi benevolo con la gente di queste terre solamente in anni
recentissimi.
4
Mi riferisco in particolare ad A. N. Dragoni che ha dedicato un intero volume allo studio
di Pegognaga e Gonzaga.
8
sviluppi nel terziario. Il teorema era che questo fosse una specie di
Meridione del Nord.
Occorre tuttavia precisare tali affermazioni . Il nostro territorio
5
, pur
avendo ricevuto nei secoli massicce influenze emiliane è storicamente una
marca, una zona di confine tra l’Emilia e la Lombardia ; incuneato tra il
medievale comitato di Reggio da una parte e quello di Mantova dall’altra,
l’Oltrepò possiede caratteristiche sue proprie né lombarde né emiliane , ma
le une e le altre mescolate insieme.
Per quanto riguarda la Pegognaga contemporanea, le cose sono
molto cambiate dalle previsioni degli studi degli anni settanta : il paese si sta
lentamente industrializzando e da zona di emigrazione e fuga sta diventando
zona di immigrazione. L’industria cresce e il terziario si rafforza. Molti
italiani del sud e extra - comunitari hanno eletto Pegognaga a loro domicilio,
non certo per ragioni turistiche, ma lavorative.
5
L’insieme dei territori di Pegognaga , Gonzaga, Moglia e Suzzara costituivano nel
Medioevo un unico comprensorio detto Regula Padi, ovvero riva del Po, amministrato in
politico codominio da Reggio e da Mantova. Essendo gli scambi e le interazioni tra le
quattro cittadine sono molto frequenti, qualcuno ha proposto di considerarle come quartieri
di una stessa città.
9
CAPITOLO I : IDROGRAFIA
Delimitazione del territorio : confini amministrativi,
naturali ed artificiali
Il comune oggetto del mio studio è Pegognaga, cittadina della
Lombardia in provincia di Mantova situata a poca distanza dal Po a 22m di
altezza. Il suo territorio geografico completamente pianeggiante si estende
su un’area di 46,69 Km
2
con una densità di 139 abitanti / Km
2
e conta 6489
abitanti, popolazione residente
6
.
Il paese confina con i Comuni di Motteggiana a Nord, S. Benedetto
Po a Nord - Est, Moglia a Sud - Est, Gonzaga a Sud e Suzzara a Ovest ; tutti
i comuni confinanti appartengono alla provincia di Mantova. Prima degli
anni Settanta il comune era collegato con il capoluogo solamente tramite
strada normale e la distanza da Mantova era di 26 Km, ma ora con l’uscita
della A22 Modena - Brennero proprio a Pegognaga il tratto si è ridotto a 12
km .
La distanza dal Po è di 18 chilometri, ma quella naturale, in linea
d’aria è di soli 9 km. Questa nozione è molto importante per comprendere il
passato ed il presente del paese, per secoli terra di alluvioni e di malaria, la
cui popolazione era eternamente in lotta con il fiume.
6
XIII Censimento generale della popolazione 20 ottobre 1991. Fonte : Comune di
Pegognaga, Anagrafe.
10
Non c’è alcun ostacolo naturale che delimiti il paese. Il territorio
comunale è parte di una più ampio territorio denominato Oltrepò
mantovano ; questo comprensorio è a sua volta bipartito dal fiume Secchia
in paesi di destra e sinistra Secchia. Pegognaga si trova a destra del Po e a
sinistra del Secchia.
Per quanto riguarda i confini artificiali essi sono tre : la ferrovia
(linea secondaria Suzzara - Ferrara) che delimita il paese a nord ;
l’autostrada A22 Modena - Brennero che lo delimita ad Ovest e la strada
provinciale che collega Pegognaga a Suzzara, ma che allo stesso tempo la
chiude a Sud. Questi confini hanno rappresentato e rappresentano tuttora un
ostacolo allo sviluppo e all’espansione del paese nelle direzioni Nord, Ovest
e Sud.
Il paese è molto vicino al confine con l’Emilia
7
; anche questo dato
deve far riflettere perché questa terra durante tutto il Medioevo fu teatro di
aspri scontri tra il comitato di Reggio e quello di Mantova.
Il comune di Pegognaga è compreso nei Fogli 62 II S.O.
(Borgoforte), 62 II S.E. (San Benedetto Po), 74 I N. O. (Gonzaga), 74 I N.
E. ( Moglia) dell’IGM, scala di 1 : 25 000.
7
La distanza con il confine emiliano é di soli 8 km.
11
Cenni di geografia fisica
Il territorio mantovano di cui ci stiamo occupando è una piccola
parte della vallata del Po, compresa fra l’arco alpino ed il tratto
settentrionale dell’Appennino, detta Pianura Padana.
Il Po divide il mantovano in due parti diseguali : la zona più estesa
s’innalza sulla sinistra del Po, fino alle colline che fanno argine al lago di
Garda ; mentre la parte minore si trova sulla destra e confina con le basse
valli di Guastalla, di Tramuschio e di Bondeno ferrarese
8
. Questa porzione
della Pianura padana è poco elevata, poiché per lo più si trova a meno di
cento metri sopra il livello del mare
9
. La parte più bassa del mantovano, che
comprende le zone di cui stiamo parlando, è quasi del tutto pianeggiante e
quindi non vi si può riconoscere una netta distinzione fra alta e bassa
pianura, cioè fra una zona costituita da ghiaie e di conseguenza molto
permeabile ed una zona invece costituita da argilla e sabbie impermeabili,
come in genere si può riscontrare nel resto della Valle Padana
10
. Comunque
i territori di queste zone sono, in genere, di colore grigio, tenaci, umidi,
molto fecondi : questa è infatti una zona molto produttiva.
8
E. PAGLIA, Saggio di studi naturali nel territorio mantovano, Mantova, 1879, p.3 sgg.
9
L’altezza media della pianura padana è di metri 105, TCI, Italia Fisica , vol. 1, Milano
1975, 203.
10
R. ALMAGIÀ, in “Enciclopedia Treccani” s. v. Italia vol. XIX, p. 709 sgg. TCI, Il
Paesaggio, vol. VII, Milano 1963, p.59, disegno n. 23 ( rappresentazione schematica della
alta e bassa pianura Lombarda) .
12
Da un punto di vista geologico, la Pianura Padana è terra di recente
formazione . Infatti solo nell’area Quaternaria grandi fenomeni alluvionali
concorsero alla costituzione dell’alta pianura, mentre ancora nel Pliocene,
l’ultimo periodo dell’era terziaria, tutta la Lombardia praticamente era un
golfo Adriatico
11
.
Durante il quaternario, in seguito ad un forte abbassamento delle
condizioni termiche, si manifestò il grandioso fenomeno del glacialismo. I
ghiacciai si depositarono ai margini e sulla fronte i detriti di cui erano
carichi , ciottoli, ghiaie, sabbie e limo che contribuirono a formare la vallata
del Po
12
.
Con la fine dell’ultima glaciazione (würmiana) si fece più intensa
l’attività erosiva delle acque selvagge, le quali rimaneggiarono i depositi
morenici, lasciati dalle colate glaciali allo sbocco delle vallate e
distribuirono i loro sedimenti alla base dei rilievi. Determinante fu l’azione
dei fiumi, sia Alpini che Appenninici, per quanto riguarda la formazione
della Pianura Padana ; essi trasportarono materiali di varia natura, ora più
grossolani, ghiaiosi e perciò permeabili, ora più minuti, argillosi e perciò
impermeabili, prevalendo i primi verso il piede dei monti, nell’alta pianura,
i secondi, invece, nella zona centrale, perché man mano che i fiumi si
allontanavano dai monti, perdevano velocità e quindi abbandonavano
dapprima il materiale grossolano, mentre trascinavano fino a valle il
11
TCI, Italia Fisica , vol. 1, Milano 1975, 172 ; cfr. disegno n. 36, p.72.
12
TCI, Ibidem.
13
materiale minuto, cioè le argille e le sabbie
13
. Inoltre altri fenomeni minori
di erosione e deposito, nonché considerevoli movimenti di emersione,
finirono per colmare con un processo lento , ma incessante, l’ampio golfo,
che attualmente costituisce la Pianura Padana.
13
TCI, Il paesaggio, cit. , p.52.
14
Quadro idrografico
Il Po, il Lirone , la Zara.
L’aspetto del territorio mantovano ha subito nei secoli continue
trasformazioni dovute alla instabilità delle acque superficiali che, in seguito
all’intervento della natura e poi a quello umano, hanno mutato corso oppure
sono addirittura scomparse. Il territorio, di cui ci stiamo interessando per
molti secoli è stato occupato da acque stagnanti e quindi i pochi terreni che
emergevano dalle circostanti paludi erano pressoché inabitabili, soggetti
continuamente alle piene dei fiumi che li attraversavano. Palude infatti
doveva essere nei tempi antichi la vallata del Po, se Virgilio la ricorda ai
tempi di Augusto col nome di Padusa
14
, riferendosi senza dubbio
sicuramente al fatto che le frequenti rotture dei ripari e le conseguenti
inondazioni trasformavano il paese in un continuo susseguirsi di stagni e di
acquitrini. Anche Strabone
15
, parlando della pianura padana, più di una volta
accenna a paludi. Da qui sorse la necessità dell’intervento dell’uomo per
regolarizzare l’instabile situazione geografica, creatasi nei tempi, intervento
testimoniato dalla presenza di canali di scolo, fossi e dugali. Ma se ora ci
troviamo di fronte a corsi d’acqua ben regolati, contenuti entro argini, con
14
VERG. , Aen. , XI, 457 sgg : piscosove amne Padusae / dant sonitum rauci per stagna
loquacia cycni : e sul pescoso fiume del Padusa strepitano rochi per gli stagni loquaci i
cigni (Trad. di Luca Canali, Mondadori 1991).
15
STRAB., Geo, V C 212 , Rizzoli, Milano 1988, p. 55 : “ “Apasa mn oân ¹ cèra
potamo‹j plhqÚei kaˆ ›lesi, ...”, “ Tutta la regione del Po abbonda di fiumi e di paludi
”.
15
andamento ben definito, diversa doveva essere la situazione idrografica nei
tempi passati.
Per quanto concerne il corso del Po nelle terre del mantovano, è stato
accertato che l’alveo di tale fiume si trovava anticamente più a sud
dell’attuale
16
e che solo dopo numerosi mutamenti, il Po ha potuto
stabilizzarsi nel corso odierno
17
. Ciò si può spiegare, considerando il fatto
che il carattere torrentizio, e quindi più ricco di detriti, degli affluenti
appenninici rispetto a quelli alpini, più abbondanti d’acqua, ma depurati dal
passaggio attraverso i laghi, ha costretto il corso del Po a spostarsi sempre
più verso nord ; spostamento che si arrestò solo quando furono costruite le
arginature.
Mentre si hanno varie ipotesi per quanto riguarda il corso del Po
negli ultimi secoli a.C.
18
, studiosi quali il Torelli
19
e il Colorni
20
, si trovano
per lo più concordi nel definirne il corso durante l’alto Medioevo : cioè si
16
E. LOMBARDINI, Intorno al sistema idraulico del Po, ai principali cangiamenti... etc. ,
Milano, 1840, p.11.
17
Dei mutamenti del Po, ci parla anche LUCANO in Phars., VI 272 : “Così il Po, rigonfio
per la piena, travalica/le rive protette dall’argine e sconvolge tutti i campi/se in qualche
luogo la terra frana, e incapace/di sopportare la furia delle onde crescenti si sfascia/ l’intera
corrente straripa e col gorgo si apre a pianure ignote : le terre sfuggono ai legittimi
proprietari, nuovi poderi/passano ai loro contadini, dono del Po...” [ trad. di LUCA CANALI,
Rizzoli , 1981.]
18
Il DE CHAURAND (Le variazioni del tronco medio del Po..., l’Universo, 1932, 1 e sgg.)
afferma che il Po scorreva in quel periodo sotto Guastalla, Reggiolo, S. Posidonio,
Concordia, Medolla, Mirandola, S. Felice e Finale. Il BARBAGALLO (Il basso Po, Bologna
1961,45) invece, sostiene che tale ipotesi è da escludere in quanto nessuna traccia di alveo
di grande fiume, in senso dei paralleli si trova a sud delle indicate località, tranne l’ultima.
19
P. TORELLI, Un comune cittadino in territorio ad economia agricola, I, Mantova 1930,
100.
20
V. COLORNI, Il territorio mantovano nel Sacro Romano Impero, Milano 1959, 55 e sgg.
16
afferma che il corso principale del Po, a monte di Luzzara, volgeva a
Levante, delineando un’ansa fino a lambire Luzzara stessa ; risaliva poi
verso Suzzara che toccava a sud e continuava per Palidano, dove con nuove
anse scendeva fino a rasentare Gonzaga. Riprendeva quindi il suo sinuoso
corso per Pegognaga, proseguiva verso nord e, ricevute non molto lontano
da San Benedetto Po le acque dello Zara
21
, discendeva con larga ansa verso
sud per poi risalire e toccare Quistello.
Il Po, dopo aver toccato Nuvolato
22
, riceveva le acque del Lirone
presso Sustinente e per il tratto successivo il suo corso si identificava con
quello attuale. Fin qui il Colorni, il Lombardini e il Paglia. Il De Chaurand
invece fa una descrizione ancora più dettagliata del corso medio del Po,
specificando che a Luzzara il fiume si divideva e che un ramo, detto Po
Vecchio, passando per Suzzara e Pegognaga, seguiva un ampio e tortuoso
letto d’erosione, fino a raggiungere Bugno Martino, a sud di S. Benedetto ;
l’altro ramo, passando per Gonzaga, si riuniva presso Pegognaga al
precedente. Un terzo, infine, si staccava dal Po, presso Guastalla, e,
percorrendo un profondo avvallamento, nel quale oggi si è scavata fossa
Madama, si riversava nel Po vecchio presso Bugno Martino. Quindi il Po,
riunite le sue acque, si dirigeva presso Ferrara.
21
La Zara era un ramo principale dell’Oglio, a partire dal punto in cui, sulla sinistra, si
staccava dal Lirone ; oggi tale fiume è ridotto ad un canale di scolo. In passato sfociava nel
Po (ora Po vecchio) , che avanzando con grande portata d’acqua, lo staccò dall’Oglio. Cfr.
E. BEVILACQUA, Sopra gli argini, scoli ed adaguamenti dello stato mantovano, Mantova
1734, 30 ; V. COLORNI, op. cit., 55.
22
Frazione di Quistello (MN) .
17
Questo era in sintesi il percorso del Po nell’Alto Medioevo,
confermato anche dalle testimonianze di numerosi documenti, tra cui un atto
di vendita del 976 in cui si legge super fluvium Padi non longe a castro
Pigoniaca
23
.In un altro documento del 997
24
è ricordata “l’insula Suzaria
inter Padum et Zaram flumina”. In un atto del 1007
25
relativo alla donazione
di terreni da parte dei Canossa al monastero di S. Benedetto, si pone come
confine a ponente di Quistello il “fluvium Padi”. Un documento del 1142
26
ricorda che l’antico monastero di S. Benedetto si trovava sopra un’isola
detta Moritula, tra il corso del Po Vecchio e del Po nuovo( Po - Lirone),
cioè “intra Padum novum et veterem”. Infine in una carta del 1232
27
, già
citata, si dice che Nuvolato confina con il Po Vecchio.
Da questi documenti si ricava che il Po, nell’alto M.E. ,da Suzzara,
dopo aver bagnato Pegognaga, giungeva a S. Benedetto, da qui si dirigeva a
Quistello e poi passava ad occidente di Nuvolato.
Ad ogni modo va osservato che nel documento del 1142 si parla di
Po vecchio e non semplicemente di Po. Infatti, intorno al Mille, avvenne
un’importante trasformazione nel corso di questo fiume. il Po fluente molto
più a sud di ora, cominciò a monte di Luzzara, ad aprirsi un nuovo letto
23
TORELLI, Reg. Mant., n. 36.
24
Ibidem, n. 41
25
Ibidem, n.44.
26
Ibidem, n.1.
27
TORELLI, op. cit. , nota p.103.
18
verso nord e raggiunse così il Lirone
28
, un modesto corso d’acqua
diramatosi dall’Oglio in riva sinistra ;il Lirone scorreva nel tratto attuale del
Po da Scorzarolo a Sustinente .Questo spostamento del Po nel Lirone fu
provocato dall’interramento del Bondeno e dei rami padani meridionali,
quali Po morto, Zara e Po vecchio. Il Po dunque fece del Lirone un suo
ramo che prese il nome di Po Lirone
29
o Polirone. Questo ramo poi, a poco
a poco, aumentò la sua portata fino a diventare il Pado Maior, mentre il
corso antico del Po, da Luzzara fino a Sustinente, perse ogni importanza e
divenne Po vecchio. Con tale nome, ancor oggi scorre nei pressi di
Pegognaga, divenuto semplice canale di scolo. Per quanto riguarda il
periodo in cui avvenne tale cambiamento si tende a fissarlo intorno al Mille.
A conferma di ciò, il Rio
30
riporta due documenti : uno dell’894, l’altro del
1115. Nel privilegio del re Berengario I dell’894
31
,il contado di Mn è così
delimitato : “Cuius fines decernunt ambae ripae Mincii de Vallegio usque in
Largionem fluvium et per Largionem sursum usque Zaram, et Oleum, et
deorsum usque Padum, et per Largionem, et per Padum sursum usque
28
E. LOMBARDINI, Della Pianura subappennina fra l’Enza e il Panaro, Milano 1865, 99.
E. PAGLIA, op. cit. , 254 sgg..
29
Fino al Mille, i documenti parlano sempre di flumen Lario. Ma già in una carta
collocabile tra il 1015 e il 1036 ( cfr. P. TORELLI, Reg. Mant., n. 58), il Lirone è indicato in
questo modo : a Larione qui vocatur Padus e usque ad Larionem Padum ; in un
documento del 1037 (cfr. Regesto Mantovano. , n. 59.) si dice : in flumine Padi de Gera
(Zara), uque in Buranam sicut Padus antiquitus decurebat. Il Lirone fu chiamato Padus
Lario (Reg. Mant. , nn.125, 250, 251), ma anche Padus Novus in contrapposizione a
Padus Vetus (C. D’ARCO, Studi sul municipio di Mantova, I, Doc. n. 259 ed infine Padus
(TORELLI , Un comune... cit. ,al n. 2 di p. 99).
30
R. RIO, Vestigia Crustunei, I, Reggio Emilia 1931, 261 sgg.
31
L. A. MURATORI, Ant. Ital. ,Tomo III, col. 15.