V
Introduzione
Dal 2001 i mercati azionari hanno intrapreso un lento deterioramento, che ha
accresciuto la domanda mondiale di liquidità, stabilità e diversificazione da parte degli
investitori. I titoli a reddito fisso rispondono a queste esigenze e per questo motivo, dai
piccoli risparmiatori fino ai fondi di investimento di maggiori dimensioni, si è guardato
sempre di più con maggiore interesse a questa tipologia di strumenti finanziari.
Mentre, grazie ai GIPS sono stati introdotti alcuni standards riguardo al calcolo e alla
presentazione delle misure di performance e grazie all’ approccio di Brinson et Al, si è
formata una concordanza di opinioni su come valutare la performance dei portafogli
azionari, un certo relativismo regna nel mondo obbligazionario.
Questa tesi di laurea ha lo scopo, allora, di confrontare i vari modelli sviluppati negli
ultimi due decenni e successivamente, sceglierne il più appropriato, per applicarlo e
testarlo ad un caso pratico.
Al fine di comprendere l’ essenza delle differenti metodologie, è stato opportuno
preliminarmente approfondire le caratteristiche peculiari di questi titoli; esse
determinano la performance conseguita da i loro detentori e pertanto, rappresentano i
parametri sui quali un gestore basa le proprie decisioni di investimento.
Poiché esistono diverse tipologie di titoli di debito, ciascuna associata ad un differente
rischio, si sono raggruppate queste caratteristiche in tre insiemi: quelle comuni a tutti,
quelle appartenenti ai titoli rischiosi ed infine, quelle delle obbligazioni strutturate
contenenti uno strumento derivato implicito.
Il primo insieme include il rischio di interesse, espresso dalla variazione della curva di
riferimento; il secondo concerne il rischio di credito, che può essere scomposto nella
componente associata allo Stato di appartenenza, al settore o alle caratteristiche
specifiche dell’ emissione; il terzo si riferisce principalmente alla volatilità dei tassi di
interesse influenzante il prezzo dello strumento derivato.
Ogni rischio suddetto è misurabile con più metodologie e proprio queste divergenze
creano diversità tra i modelli di fixed income performance attribution.
In particolare, l’ impatto che un movimento della yield curve determina su un titolo di
debito o, più in generale su un portafoglio, rappresenta l’ elemento più complesso da
stimare, ma anche uno tra i più importanti in termini di performance apportata. Se il
rendimento da movimento parallelo può essere facilmente ottenuto tramite l’ utilizzo
congiunto della modified duration, modified convexity e della variazione media dei
tassi spot, decisamente più complesso risulta l’ effetto del movimento non parallelo,
ulteriormente suddivisibile in twist e butterfly. Al fine di individuare una metodologia
semplice e intuitiva, si sono passate in rassegna: il term spread, la principal component
analysis, i modelli polinomiali, la funzione di Nelson&Siegel, e le key-rate durations. In
un ambito prettamente finanziario e di asset management, l’ ultima, benché presenti un
limite nelle correlazioni tra i key-rates, è nettamente preferibile alle altre, in quanto a
immediatezza ed intuitività dei risultati.
VI
Nonostante in via teorica l’ effetto di una variazione del rischio di credito sia secondario
a quello del movimento della curva di riferimento, soprattutto per i bonds investment-
grade, in un ambito di crisi debitoria, come quella attuale in eurozona, esso assume una
notevole importanza, tanto da comportare una superiore o inferiore performance dei
portafogli rispetto ai benchmarks. Anche per il credit spread, esiste una pluralità di
indicatori: dal semplice G_spread, fino all’ Asset Swap Spread, passando attraverso gli
option-adjusted spreads e i credit default swap spreads. In un orizzonte temporale di
medio termine, i premi per il rischio nei mercati obbligazionari si muovono all’ unisono
con quelli dei mercati derivati, ma se si accorcia l’ intervallo di misurazione, possono
manifestarsi differenze non trascurabili. Poiché la fixed income performance attribution
è preferibilmente eseguibile su un orizzonte giornaliero, si è scartata la via degli
strumenti derivati, almeno per i credit spreads governativi, e si è concluso che le
migliori metodologie consistono negli Z_spreads o direttamente nei tassi spot impliciti
nelle curve associate ai Paesi.
Questi parametri sono a loro volta presi in considerazione da un manager per la
formulazione delle proprie strategie. Il processo di investimento, allora, può riferirsi ad
un approccio top-down, nel quale da decisioni concernenti parametri macro-economici
(currency e overall duration) si passa a scelte via via più specifiche, come il
posizionamento sulla curva, l’ allocazione del portafoglio tra Paesi, settori ed emittenti.
In direzione opposta invece va l’ approccio bottom-up, incentrato sull’ attività di bond-
picking. Per gli ultimi passaggi del processo, la peculiarità dei titoli a reddito fisso,
rispetto agli altri strumenti finanziari, implica non solo l’ attribuzione del peso a ciascun
gruppo, ma anche il livello di duration. Si parlerà pertanto di contributions to duration,
(il prodotto tra il peso e la duration) che sommate, forniscono proprio la duration totale.
Di pari passo al processo di investimento implementato, il sistema di performance
attribution valuta tutte le decisioni prese dal management e le associa ad una parte
dell’ extra-rendimento. Conseguentemente, sia per la pluralità delle strategie di
investimento, sia per le differenti metodologie utilizzate per la misurazione dei
rendimenti, esistono vari modelli di performance attribution. Come si è affermato, il
modello di Brinson è sicuramente quello più utilizzato per la valutazione dei fondi.
Questo però presenta gravi limitazioni, soprattutto per il fatto che non tiene conto di
alcune fonti di rendimento dei titoli di debito, come l’ effetto del passaggio del tempo, e
non considera nemmeno l’ impatto di alcune decisioni prese dal manager, ad esempio la
overall duration e il posizionamento sulla yield curve.
Per ovviare a queste problematiche, sono state sviluppate numerose metodologie
alternative. In questa tesi, vengono cronologicamente elencate, partendo da quella di
Wagner&Tito del 1977, fino alla recente elaborazione di Daul, Sharp e Sørensen.
Alcune rimangono fedeli allo standard azionario, mentre altre se ne discostano
soffermandosi principalmente sugli effetti della variazione dei tassi di interesse.
VII
Si è tentato successivamente di individuarne le affinità e in base a queste, sono state
classificate tutte le metodologie. Ne sono scaturite quattro macrocategorie: “la
décomposition de portfeuilles successifs”, “la décomposition de spreads successifs”,
l’ approccio misto e i modelli fattoriali. Per ciascuna di esse sono state descritte le
caratteristiche salienti, le formule considerate e i vantaggi e gli svantaggi del loro
utilizzo; in aggiunta, si è presentato il modello più rappresentativo della categoria.
Il metodo successive portfolios è quello più aderente al modello di Brinson, per il fatto
che scompone la extra-performance tramite la costituzione di portafogli fittizi e le
componenti sono ottenute in un ordine top-down. Per questa metodologia è stato
presentato il modello di Van Breukelen, una pietra miliare nel panorama della fixed
income performance attribution. Nonostante la sua semplicità, trascura però del tutto le
decisioni di posizionamento sulla yield curve.
Il metodo successive spreads si riferisce invece ad un approccio bottom-up: ciascun
titolo è riprezzato, modificando di volta in volta il parametro del quale è da valutare
effetto (valuation method). Tramite semplici sottrazioni si ottengono i rendimenti
parziali che vengono successivamente portati a livello di portafoglio, per essere
confrontati con quelli del benchmark. Il limite di questa metodologia sta nel fatto che,
per ogni strumento incluso, è necessaria una formula del prezzo, che però non sempre è
disponibile per tutti i titoli di debito.
Gli approcci misti tendono ad unificare i vantaggi dei due metodi precedenti. Essi sono
strutturati in modo che il rendimento derivante dalla variazione della curva è stimato per
ciascun titolo, mentre il rendimento derivante dalle scelte di allocazione ai vari gruppi è
ottenuto a livello di portafoglio. Del tutto particolare, tra questi, è il modello sviluppato
da Campisi, in cui tutti i rendimenti parziali sono calcolati a livello settoriale. Lo studio
affronta anche i problemi derivanti dalla sovrapposizione di decisioni a riguardo delle
durations che sono da attribuire sulla curva dei tassi e contemporaneamente ai settori
presenti nel portafoglio. Lo stratagemma proposto è quello di far coincidere il
posizionamento sulla curva con le durations attribuite ai settori. Poiché nella pratica, i
fondi di investimento non sempre sono gestiti in questo modo e poiché la misurazione
del rendimento derivante dalla curva è alquanto approssimativa, il modello non è
diventato uno standard nella industry.
Tenendo presente i suddetti limiti, si è arrivati alla conclusione che il modello fattoriale
di RiskMetrics, grazie alla sua adattabilità sia alle caratteristiche dei titoli a reddito
fisso, sia ai diversi processi di investimento, rappresenta la migliore metodologia.
Inoltre, questo richiede una quantità di dati non eccessiva e i passaggi di calcolo sono
semplici da eseguire. Individuato un set di fattori che influenzano le obbligazioni, i
rendimenti parziali di ciascun titolo sono ottenuti semplicemente sfruttando la
perturbation equation nella quale, la variazione del prezzo dei titoli a reddito fisso può
essere approssimata al prodotto dell’ opposto della duration e la variazione del tasso di
interesse (exposure method). Risulta evidente la semplicità di questo procedimento, che
necessita solo di questi due parametri, disponibili anche per gli strumenti finanziari più
VIII
complessi. Come nella metodologia successive spreads, i risultati possono essere poi
portati a livello di portafoglio e confrontati con quelli del benchmark, ma è stato ancora
più semplice portare a livello generale solo le durations e moltiplicarle con la variazione
dei rispettivi tassi. Pertanto, il rendimento derivante dai movimenti della yield curve è
stimato attraverso le KRDs totali, mentre quello derivante dai credit spreads è misurato
tramite le contributions to duration di ciascuno Stato e settore. Infine, i rendimenti
residuali, rappresentativi principalmente dei credit spreads idiosincratici, possono essere
scomposti in asset allocation e issue selection, tramite il modello di Brinson. In questo
modo, una volta individuato il rendimento da attribuire ai fattori sistematici dei titoli
obbligazionari, la parte di performance rimanente evidenzia la capacità del manager di
allocare il portafoglio tra i vari settori e l’ abilità nell’ individuare i titoli malprezzati.
La tesi di laurea si conclude con lo studio di un caso pratico, con l’ obiettivo di
applicare l’ ultima metodologia e di valutarne la bontà. A tal fine, si è optato per il
fondo CARIGE OBBLIGAZIONARIO EURO LUNGO TERMINE contro il
benchmark J.P. MORGAN EMU IG BOND '7-10' ANNI. Poiché entrambi includono
solo titoli di debito dell’ eurozona e non sono presenti obbligazioni strutturate, si sono
analizzate dettagliatamente le due fonti principali di performance.
Inoltre, si è deciso di eseguire l’ analisi di performance relativa ad giorno
particolarmente significativo per la zona euro, il 2 Agosto 2012, in cui i mercati hanno
reagito negativamente al discorso pronunciato dal Governatore della Banca Centrale
Europea. Infatti in quel giorno, i tassi impliciti nella curva di riferimento europea sono
diminuiti, i credit spreads dei Paesi virtuosi pure, mentre, soprattutto per l’ Italia e la
Spagna, i differenziali sono aumentati. Avendo scelto proprio questo giorno, oltre al
sopracitato obiettivo, si sono evidenziate anche le conseguenze della grave crisi
debitoria sui portafogli obbligazionari e le strategie che possono risultare vincenti.
Infatti, il portafoglio esaminato ha sovraperformato il benchmark proprio grazie alla
decisione di attribuire una minore esposizione all’ Italia e alla Spagna,
contemporaneamente investendo in misura maggiore sui Paesi Bassi e sui titoli emessi
da organismi sovranazionali.
È da precisare che lo studio è rimasto fedele alla struttura proposta da RiskMetrics, con
l’ eccezione di alcuni adeguamenti dovuti alla tipologia del fondo e al contesto di
mercato. Tra questi ultimi, non sono stati presi in considerazione i rendimenti derivanti
dal passaggio del tempo e dalle convexities, in quanto trascurabili in un orizzonte
giornaliero. Inoltre, per la stima dei credit spreads di settore, si sono utilizzati gli
spreads dei CDS.
Nel complesso l’ applicazione del modello di RiskMetrics ha condotto a risultati corretti
e intuitivi, senza l’ utilizzo di un numero eccessivo di dati o di formule complesse.
I rendimenti residuali sono risultati lievemente elevati, ma in tendenza con
l’ allargamento generale dei credit spreads e riducibili, comunque, attraverso una stima
più precisa dei credit spreads settoriali. Per far fronte a questo problema, si sono
calcolati in seguito gli effetti di asset allocation e security selection su tutta la parte di
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performance derivante dai credit spreads, considerati nella loro interezza. I risultati non
solo sono in linea con i precedenti, ma hanno anche evidenziato una corrispondenza tra
la asset allocation e le decisioni relative ai pesi, e tra la security selection e le decisioni
sulle durations.
In conclusione, per tutti i vantaggi apportati, il modello fattoriale di RiskMetrics può
costituire lo standard per la fixed income performance attribution.
1
1) CONCETTI FONDAMENTALI PER LA
VALUTAZIONE DEI TITOLI DI DEBITO
In questo capitolo verranno illustrate le caratteristiche peculiari dei titoli a reddito
fisso, iniziando da quelle più comuni fino ad arrivare a quelle di strumenti
finanziari strutturati, come i callable bonds. Successivamente, si analizzerà in
dettaglio un completo processo di investimento in obbligazioni, comprendente
tutte le strategie che possono essere attuate da un manager sulla base delle
peculiarità presentate in precedenza. L’ordine logico è lo stesso: dalle decisioni
concernenti tutti i titoli di debito, fino a quelle per gli strumenti più complessi.
Il fine di questa lunga premessa al corpo principale della tesi è di rendere più
scorrevole la lettura dei differenti modelli che saranno proposti e di permettere un
confronto più agevole dal quale risultino i vantaggi e gli svantaggi di ciascuno di
essi.
1.1) Caratteristiche dei titoli a reddito fisso
Gli strumenti finanziari che prevedono flussi di cassa costanti durante la vita
dell’investimento, ad esempio le obbligazioni, presentano alcune peculiarità e
differenze rispetto ai più tradizionali strumenti azionari. È opportuno, quindi,
presentare brevemente tali concetti, poiché verranno ripresi e riutilizzati ai fini
della costruzione di adeguati modelli di performance attribution.
Per una maggior chiarezza, le caratteristiche vengono raggruppate di seguito in
base alla complessità dei titoli considerati, partendo quindi da quelle più semplici
e comuni a tutti i titoli, fino a quelle più specifiche, riguardanti le obbligazioni
strutturate.
a) Caratteristiche comuni a tutti i titoli
Come può sembrare ovvio, l’investimento in obbligazioni prevede il pagamento di
una serie di flussi di cassa costanti, eccezione fatta per le obbligazioni che
prevedono l’ indicizzazione delle cedole e/o del capitale a scadenza a prestabiliti
parametri. In generale, comunque, il prezzo di un’ obbligazione si forma
attraverso l’attualizzazione, ad un determinato tasso di mercato, dei cash flows
rimanenti a partire dalla data di valutazione. Il tasso di interesse, che prende il
nome di tasso interno di rendimento (TIR) o tasso di rendimento effettivo a
scadenza (TRES) o, con il termine anglosassone, yield to maturity (YTM), è quel
tasso per il quale la somma dei flussi di cassa futuri uguaglia il corrente prezzo
dell’obbligazione, assumendo le ipotesi restrittive di reinvestimento delle cedole
allo stesso tasso e di detenzione del titolo fino a scadenza. Esso è deciso dal
mercato al momento dell’emissione e in ogni momento fino a scadenza e
2
rappresenta il premio per il rischio o remunerazione dell’investimento richiesto
dagli investitori per detenere un determinato bond.
Chiamando “P” il prezzo del bond all’istante di valutazione, “i” lo YTM, “tk” la
k-esima scadenza, “C
k
”
,
il k-esimo coupon e “PR” il prezzo a cui verrà
rimborsato, la formula di calcolo del prezzo sarà:
P = ∑
k
n
+
(1.1)
Mentre l’equazione appena mostrata si riferisce ad una valutazione puramente
finanziaria, le quotazioni nei mercati finanziari tengono conto anche del possibile
scambio del titolo prima della data di scadenza: si suppone che la prima cedola si
formi in modo direttamente proporzionale al tempo e che, quindi, una parte di
essa sia di competenza del venditore. Essendo la cedola in ogni caso acquisita
interamente dal compratore, per il principio economico della competenza, questi
dovrà corrispondere al cedente la parte che non gli appartiene.
Ad eccezione del caso in cui si valuti un’ obbligazione nell’ esatto istante di
stacco della cedola, il prezzo dell’obbligazione, chiamato in questa circostanza
prezzo tel-quel o gross price, comprenderà la somma dei flussi di cassa
attualizzati alla data di cessione (corso secco/clean price) più la parte della cedola
di competenza del venditore (rateo/accrued interest).
P tel-quel = rateo + corso secco
In dettaglio:
Rateo = C
1
(1.2)
Corso secco = C
1
(1 -
) (1+i)
-(1-Δt)
+ ∑
n
k=2
+
(1.3)
con C
1
= prima cedola
Δt = giorni intercorrenti tra la data di stacco e la data di valutazione
s = giorni intercorrenti tra le due cedole
In conclusione, è da notare che il prezzo tel-quel è maggiore del prezzo calcolato
con la formula 2.1, in quanto il rateo viene pagato all’istante di cessione e non al
momento di stacco della cedola.
La distinzione tra prezzo tel-quel e corso secco risulterà utile nel corso di questa
tesi per il calcolo, per ciascun titolo nel portafoglio, del rendimento derivante dal
semplice passaggio del tempo.
3
Ritornando alla formula 1.1, poiché i cash flows e le scadenze sono costanti per
contratto, il prezzo di un’ obbligazione varierà esclusivamente a causa di
variazioni del tasso di interesse.
La relazione prezzo-rendimento è una funzione strettamente decrescente e
convessa, la cui pendenza varia in base al livello iniziale e alla direzione del
movimento del prezzo. Questo vuol dire che ad un aumento del tasso di interesse
il prezzo decresce meno che proporzionalmente, viceversa al diminuire del tasso il
prezzo aumenta in maniera più che proporzionale.
GRAFICO 1.1
P
P*
i* i
Man mano che il tempo trascorre, le cedole vengono staccate e reinvestite ad un
tasso superiore o inferiore a quello iniziale, determinando di fatto un effetto
(effetto reinvestimento) opposto all’iniziale variazione del prezzo, che riporterà
il prezzo al livello pre-variazione.
La data in cui i due effetti si annullano a vicenda è il baricentro finanziario del
titolo, detto duration. La duration (D) è il più diffuso indicatore sul rischio di
interesse per quanto riguarda il settore obbligazionario, ed è calcolata come media
delle scadenze residue, ponderate per il rapporto tra i valori attuali dei flussi di
cassa e il prezzo del titolo.
D = ∑
k
n
t
k
/ P (1.4)
Dove FC
k
è il k-esimo flusso di cassa
Dalla formula si può facilmente notare che la duration è direttamente
proporzionale alla vita residua, mentre è inversamente proporzionale alla
grandezza e alla frequenza della cedola, e allo yield to maturiy.
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In aggiunta, la duration possiede anche la fondamentale proprietà di essere la
derivata prima della curva prezzo-rendimento nel punto corrispondente al tasso
considerato e, quindi, corrisponde al coefficiente angolare della retta tangente nel
medesimo punto. Di conseguenza, essa può essere utilizzata quale misura della
variazione del prezzo, per variazioni del tasso dell’ordine di qualche decina di
basis points.
In un periodo di forti turbolenze di mercato, come quello attuale, invece essa
tende a sovrastimare variazioni diminutive del prezzo e a sovrastimare quelle
aumentative, penalizzando l’investitore. Risulta, allora, opportuno affiancare alla
duration un altro indicatore che rende più precisa la stima di tale variazione.
La convessità (C), o convexity, è la derivata seconda della funzione prezzo-
rendimento e misura il grado di dispersione dei flussi di cassa.
C = ∑
k
n
(t
k
+ t
k
2
)
/ P (1.5)
La convexity, che gode delle stesse proprietà della duration, diventa essenziale per
la selezione dei titoli obbligazionari, poiché, ceteris paribus, ad una maggiore
convexity corrisponde un maggior rialzo e un minor ribasso del prezzo.
Dopo aver definito la duration e la convexity, si è pronti a determinare la relazione
che intercorre tra i due indicatori e la variazione del prezzo. Dall’espansione della
formula di Taylor fino al secondo ordine, si ricava:
ΔP =
Δi +
Δi
2
/ 2! (1.6)
Eseguendo alcuni passaggi algebrici, si ottiene:
= -
Δi +
Δi
2
/ 2 (1.6bis)
Dove Δi rappresenta la variazione del tasso e il termine D (1+i)
-1
prende il nome
di modified duration, che misura approssimativamente la variazione percentuale
del prezzo ad una variazione di 1 bps del tasso.
È da notare che il calcolo della modified duration può condurre a risultati non
corretti per particolari tipologie di obbligazioni e perciò, diventa necessario
introdurre un altro indicatore della sensibilità del prezzo alla variazione del tasso.
La effective duration è calcolata come differenza centrale finita (intorno) del
prezzo ad una variazione del 1% del tasso di interesse. In dettaglio, il tasso viene
fatto traslare di 50 basis points in entrambe le direzioni; sottraendo i due prezzi
così ottenuti e dividendo il risultato per il prodotto tra il prezzo corrente e la
variazione del tasso si ottiene il valore numerico della effective duration.
5
D
e
= -
–
(1.7)
La duration calcolata in questo modo perde il significato di scadenza media
finanziaria o baricentro finanziario, ma fornisce una buona approssimazione della
modified duration.
Allo stesso modo, anche la convexity necessita una differente metodologia di
calcolo (effective convexity), simile a quella appena descritta per la effective
duration.
C
e
=
(1.8)
La effective duration e la effective convexity sostituiscono, senza ulteriori
passaggi, la duration e la convexity nella formula 1.6bis.
In un mercato obbligazionario, i tassi di rendimento vengono attributi ai titoli
principalmente in base alla loro vita residua. Pertanto, ad ogni istante di tempo,
esisterà una serie di tassi alle diverse scadenze per ciascuna categoria di bonds,
chiamata curva dei rendimenti o yield curve. Essa potrà riguardare gli ytm dei
titoli cedolari, e in questo caso prende il nome di on-the-run yield curve, oppure i
tassi di interesse dei titoli zero coupon. In quest’ultimo caso, la yield curve
include i tassi spot tramite cui si attualizza ciascun flusso di cassa futuro.
Successivamente, dalla curva dei tassi spot è possibile ricavare la curva dei tassi
forward intercorrenti tra le varie scadenze. Fissato l’ istante di valutazione a 0, per
la teoria delle aspettative razionali, il fattore di capitalizzazione tra 0 e k è uguale
al prodotto tra il fattore di capitalizzazione tra 0 e k-1 e il fattore di
capitalizzazione tra k-1 e k, da cui si può ottenere facilmente il tasso forward.
i(t
k-1
,t
k
) = [1+i(0,t
k
)]
tk
/ [1+i(0,t
k-1
)]
tk-1
(1.9)
Il prezzo di un’ obbligazione allora potrà essere espresso in funzione dei tassi spot
o alternativamente forward.
P = ∑
k
n
+
(1.10)
P = ∑
k
n
C
k
∏
j
k
[1 + i(t
j-1
,t
j
)]
-1
(1.11)
Nel primo caso, i flussi di cassa sono scontati uno a uno tramite il relativo tasso
spot, mentre nel secondo caso ciascun flusso è attualizzato attraverso il prodotto
6
di tutti i tassi forward intercorrenti tra la data di valutazione e la scadenza del
flusso.
È inoltre possibile ricavare la relazione esistente tra lo ytm e i tassi spot, pertinenti
ad un determinato titolo, confrontando la formula 1.6 con la 1.1.
P = ∑
k
n
= ∑
k
n
Lo ytm non è altro che la media di Chisini dei tassi a pronti rispetto al valore
attuale e, conseguentemente, sarà compreso tra il tasso a pronti sulla scadenza più
breve e il tasso a pronti tra 0 e la scadenza del titolo. Un caso particolare riguarda
gli zcb dove, esistendo un unico cash flow pagato alla scadenza del titolo, il tasso
spot coinciderà con lo ytm. Infine, anche la duration e la convexity possono essere
calcolate usando i diversi tassi spot invece dello ytm.
D = ∑
k
n
t
k
/ P (1.12)
C = ∑
k
n
(t
k
+ t
k
2
)
/ P (1.13)
Per quanto riguarda la forma che può assumere, la yield curve può essere piatta,
crescente (o normale), decrescente, humped I (decrescente all’inizio e poi
crescente) o humped II (fortemente crescente e poi decrescente asintoticamente
rispetto al tratto iniziale).
I seguenti grafici mostrano le varie tipologie di yield curves.
GRAFICI 1.2, 1.3, 1.4, 1.5