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più a quella di “equity investor”, spingendole così ad assumere caratteristiche più
simili alle merchant bank.
Le peculiarità del sistema islamico richiedono uno sforzo maggiore verso
l’armonizzazione degli standard prudenziali e di vigilanza, al fine di limitare gli
arbitraggi regolamentari e assicurare regole minime comuni su cui fondare l’ordinato
funzionamento del sistema finanziario globale. Al riguardo, sembra auspicabile una
estensione al sistema tradizionale di alcuni comportamenti tipici del sistema
islamico.
Nello scenario internazionale, l’islamic banking si presenta con caratteristiche
diverse nei vari paesi in cui è operativo, in base al grado di islamizzazione del
sistema finanziario ritenuto opportuno dai rispettivi governi. Al riguardo, nella
maggior parte delle esperienze nazionali, si è optato per un sistema di dual-banking,
in cui i due differenti sistemi finanziari condividono lo stesso ambiente
macroeconomico con interessanti reciproche interdipendenze.
In una prospettiva di lungo periodo, gli oltre quindici milioni di musulmani presenti
sul territorio europeo, la forte liquidità a disposizione dei paesi arabi e la risposta
molto positiva dell’islamic banking alle recenti crisi rendono lo sviluppo della
finanza islamica una necessità anche per il vecchio continente. La situazione europea
vede il persistere del ruolo di Londra come mercato occidentale leader del settore,
ma altre importanti iniziative si registrano in paesi come Francia e Italia.
Il nostro paese sembra iniziare a prendere coscienza delle enormi opportunità che
l’implementazione del settore islamico offre, soprattutto da un punto di vista
strategico-politico, alla luce della recente nascita dell’Unione per il Mediterraneo,
potenzialmente foriera di eccezionali possibilità cooperative per l’asse italo-arabo.
6
Cap. 1. Il Modello Islamico.
1.1. Introduzione all’economia islamica. Legami con le fonti sacre.
La finanza islamica rappresenta oggi una importante realtà del mercato finanziario
globale, con centinaia di istituzioni finanziarie islamiche presenti in diversi
continenti. Il segmento è apparentemente destinato alla rapida crescita, viste le
condizioni prospettive a medio termine del mercato petrolifero, il crescente interesse
degli investitori per una diversificazione geografica globale, del portafoglio globale,
e il potenziale sviluppo della domanda, dovuto sostanzialmente all’aumento della
popolazione musulmana residente nei paesi occidentali1. Nonostante la significativa
espansione avuta negli ultimi tre decenni, il fenomeno dell’islamic banking resta
ancora poco conosciuto nello stesso mondo musulmano e continua ad essere quasi un
mistero nei paesi occidentali, soprattutto per la massa degli investitori. Fino alla metà
del ventesimo secolo, infatti, a causa dell’arretratezza economica dei paesi
mediorientali o nordafricani, l’esigenza di servizi finanziari era minima e i rapporti
commerciali con l’estero, poco significativi. I primi cambiamenti si ebbero a partire
dagli anni sessanta, quando molti paesi islamici scoprirono importanti riserve
petrolifere da esportare verso i paesi occidentali. L’ingente afflusso di capitali
accumulato in quegli anni, non accompagnato da una crescita dei consumi interni,
creò un eccesso di liquidità e il problema del suo impiego. In questo senso, la scelta
naturale sarebbe stata prestarli ai paesi occidentali ad un tasso di interesse fisso,
1
Si stima che l’attivo totale possa raggiungere 1,4 miliardi di dollari nel 2010 e 2,8 miliardi nel 2015,
con tassi di crescita annuali compresi tra il 10% ed il 20%. Si ipotizza, inoltre, che nei prossimi dieci
anni, la quota di risparmio del settore privato dei paesi musulmani, gestito dalle banche islamiche,
oggi intorno al 30%, possa salire fino al 40-50%. Fonte ABI.
7
tecnica però, inaccettabile per la Sharia. La soluzione fu la nascita delle prime
banche islamiche in base alle diverse caratteristiche giuridiche e religiose dei vari
paesi.
La finanza islamica, mostra dunque, una stretta dipendenza dai testi sacri. La cornice
di riferimento dell’etica commerciale islamica, è infatti, da un millennio la Sharia,
termine arabo usato per indicare la legge divina contenuta nel Corano e nella Sunna2.
Il Corano contiene l’insieme delle rivelazioni che il Profeta Maometto afferma di
aver ricevuto quattordici secoli fa da Allah ed è destinato ad ogni uomo sulla terra a
prescindere dalla sua fede religiosa. La Sunna, invece, seconda fonte della legge
islamica, è costituita dagli atti e dai detti del Profeta, trasmessi negli Hadith.
Nell’analisi delle fonti religiose, un ruolo centrale è quello del Fiqh, la
giurisprudenza islamica, che permette una lettura appropriata ed una corretta
interpretazione della volontà divina. Sembra evidente a questo punto, come risulti
difficile gestire l’islamic banking solo con le leggi del sistema bancario-finanziario
capitalistico, troppo lontano dal preciso utilizzo del denaro dettato dalla legge
coranica3.
Nei paesi in cui la Sharia è legge di stato, come in Iran, Sudan, Pakistan, si è giunti
alla completa islamizzazione del sistema bancario, con la scomparsa delle banche
convenzionali. Negli altri paesi a maggioranza musulmana, invece, i due tipi di
istituti bancari convivono in un esempio di dual banking. In realtà, la legge coranica
nell’enunciare i principi economici, si presta a varie interpretazioni critiche dei testi
sacri, lasciando spazio ai differenti punti di vista delle diverse scuole di pensiero.
2
Lewis K. Algoud M. ( 2007 ), Islamic Banking, Cheltenham Uk, Edward Elgar.
3
Choudhruy, ( 2007 ), “ Handbook of islamic banking”, cap. 2, Cheltenham Uk, Edward Elgar.
8
Unanimemente condivisi in tutta la popolazione musulmana risultano essere, invece,
i cinque pilastri dell’Islam, fondamenta della fede islamica.
Il primo è rappresentato dalla proibizione del prestito a interesse legato al fattore
temporale, Riba, che, equiparato all’usura, è visto alla stregua di uno sfruttamento e
un’ingiustizia. Queste stesse restrizioni hanno operato per secoli anche nel
cristianesimo, per poi gradualmente piegarsi alla pressione dei riformisti e ai bisogni
del commercio4.
La Riba rappresenta, comunque, solo il primo dei cinque principi base islamici, che
influiscono direttamente sulla vita quotidiana della popolazione musulmana vietando
alcuni comportamenti, con conseguenze notevoli anche sulle pratiche economiche.
Le altre limitazioni riguardano il divieto di intraprendere iniziative Gharar, attività
con alla base una irragionevole incertezza; Maisir, molto simile alla speculazione;
Haram, attività in settori esplicitamente proibiti dal Corano, come la distribuzione e
produzione di alcol, tabacco, armi, carne suina, pornografia e gioco d’azzardo. Il
quinto ed ultimo pilastro della religione islamica è la Zakat, ossia, l'obbligo religioso
di "purificazione" della propria ricchezza, che ogni musulmano deve adempiere per
potersi definire un vero credente. Spesso vista come elemosina, la Zakat, non ha
alcun elemento di volontarietà. Nasce, infatti, come un prelievo sui beni superflui di
ciascuno e serve a rendere lecita e fruibile alla comunità la propria ricchezza
materiale. Tutto ciò si concretizza in un pagamento di una quota-parte dei guadagni,
che viene ridistribuita in favore delle categorie più svantaggiate della società
islamica.
4
Formalmente per i cattolici la condanna dell’usura decadde solamente nel 1917 con l’emanazione del
Codex Iuris Canonici, sebbene l’ultima enciclica papale contro l’usura risalga al 1745 con Papa
Benedetto XIV.
9
Le banche islamiche, vista la proibizione della Riba, hanno dovuto implementare un
metodo alternativo di allocazione delle risorse, che tradizionalmente si è
concretizzato soprattutto nella tecnica della condivisione delle perdite e dei profitti.
Nell’islamic banking il profitto può essere legittimato esclusivamente dalla
componente di rischio, in quanto, secondo la Sharia, il guadagno non è ammissibile,
a meno che non sia connesso all’assunzione di rischi. Si tratta, dunque, di un nuovo e
diverso rapporto tra il creditore e debitore. La compartecipazione, comunque, è un
concetto comune a più religioni e comunità, ma è in questa cultura che è divenuto
fondamento della vita economica oltre che sociale, portando molti osservatori a
riconoscere una potenziale maggiore equità della finanza islamica5. In un sistema
centrato sulla compartecipazione, chi presta denaro non richiede interesse, ma prende
parte a quelli che saranno i risultati dell’attività, in percentuale sugli utili futuri. Allo
stesso modo, l’erosione del capitale, in caso di perdite, sarà sopportata da entrambe
le controparti. Tale modello di partecipazione si basa essenzialmente su due elementi
fondamentali: il rapporto di fiducia tra chi mette a disposizione i capitali e chi li
utilizza, condividere le stesse sorti impone la creazione di una relazione proficua e
duratura basata sul reciproco interesse; l’impossibilità della formazione di sacche di
ricchezza a discapito solitamente dei più deboli e con minori capacità di
contrattazione.
In un’economia completamente islamica, dunque, essendo le relazioni economiche
legate da rapporti di condivisione dei risultati economici, più un’impresa produce
profitti, più la banca finanziatrice ottiene a titolo di remunerazione del
finanziamento. Contestualmente, inoltre, i depositanti acquisiscono un ammontare di
5
Algaoud and Lewis, ( 2007 ), “ Handbook of islamic banking”, cap. 3, Cheltenham Uk, Edward
Elgar.
10
ricchezza, tanto maggiore quanto maggiori saranno gli utili dell’istituzione
finanziaria. Si verrebbe così a creare un automatico processo di allocazione della
ricchezza, che nell’economia occidentale risulta eventuale ed impantanato in tutta
una serie di accordi, compromessi, conflitti di potere. Il confronto sulla distribuzione
della ricchezza spinge ad affermare la maggiore equità sociale della finanza islamica,
al di là di quelle che siano le convinzioni religiose, politiche e culturali6.
In questo senso, la maggiore attenzione che una banca islamica deve avere riguardo
alla solidità del progetto e alle competenze gestionali dell’imprenditore, rende il
merito creditizio relativamente meno importante. Buoni progetti non finanziabili
dalle banche convenzionali, sembrano dunque, poter essere egregiamente finanziati
dalle banche islamiche attraverso la tecnica del profit loss sharing, che può servire da
stimolo al progresso economico nei paesi in via di sviluppo.
In ottica prettamente gestionale, invece, tematiche come la corporate governance e il
governo societario, assumono maggiore rilevanza nella realtà islamica, visto il
carattere religioso alla base del finanziamento e l’addizionale strato di governo
derivante dagli Sharia Supervisory Boards. La caratteristica comune a tutte le
istituzioni finanziarie è la presenza di tale comitato indipendente, costituito da esperti
di diritto e finanza islamica, che vigila ex-ante, sulla conformità della gestione alla
Sharia. Al riguardo, la politica degli Sharia Supervisory Boards sembra essersi
alterata significativamente nel corso degli ultimi anni, passando da un marcato
ostruzionismo ad un attuale eccessiva propensione all’autorizzazione, anche di
strumenti dubbi7.
6
Lewis K. Algoud M. ( 2007 ), Islamic Banking, Cheltenham Uk, Edward Elgar.
7
Nienhaus, ( 2007 ), “ Handbook of islamic banking”, cap. 9, Cheltenham Uk, Edward Elgar.
11
In materia di corporate governance, è inoltre indubbiamente riconosciuta, anche nel
mondo finanziario islamico, l’indispensabilità del risk management. Il sistema
bancario islamico, nonostante le differenze significative in materia, non sembra voler
rinunciare a confrontarsi col principio “convenzionale” della regolamentazione del
capitale, alla luce della posizione di assoluta preminenza che l’Accordo di Basilea ha
conquistato a livello internazionale.
Discorso a parte meritano invece i mercati azionari, sui quali le varie interpretazioni
coraniche hanno visioni differenti e non sempre conciliabili. In generale, comunque,
i giuristi islamici sono d’accordo con l’utilizzo delle azioni ordinarie, vietando
invece l’utilizzo di azioni privilegiate e di ogni altro strumento partecipativo che
limiti la condivisione delle perdite o garantisca un rendimento certo. In questo senso,
nello spirito dell’Islam, tutti gli shareholders hanno come presupposto religioso un
interesse personale nella gestione dell’azienda nella quale i loro fondi sono investiti.
Per i musulmani, infatti, l’anonimato dei mercati occidentali offende la nozione
islamica di un uso responsabile della ricchezza, che non permette di essere investitori
disinteressati. Di conseguenza, risulta chiara la differenza esistente tra una
partnership di tipo islamico, che presuppone la compartecipazione attiva
all’iniziativa economica ed una moderna partnership di tipo occidentale, che non
presuppone nessun coinvolgimento8.
In assoluto, comunque, la rapida espansione dell’industria della finanza islamica non
è stata accompagnata inizialmente dalla creazione di un set, internazionalmente
riconosciuto, di regole di contabilità, non offrendo così l’impressione di massima
trasparenza. Risulta, quindi, sempre più necessario al crescere della complessità degli
8
Lippa, “Finanza islamica e gestione dei rischi”, Shirkah ( anno II, n° 6, 2008 ).
12
strumenti, un corpo di standards di contabilità disegnati per riflettere la specificità dei
prodotti islamici. Uno sforzo importante verso una coerenza internazionale, è stata la
creazione di varie istituzioni multilaterali tra le quali l’Accounting and Auditing
Organization for Islamic Financial Institutions e l’Islamic Financial Services Board,
che hanno avuto un ruolo chiave nel perseguimento dell’armonizzazione delle regole
base della legge coranica e nel conferire maggiore credibilità all’industria dei servizi
finanziari islamici. Con obiettivi complementari, altre istituzioni come l’International
Swaps and Derivatives Association e l’International Islamic Financial Market
lavorano per sviluppare le operazioni di negoziazione privata dei derivati conformi
alla Sharia. L’utilizzo di questa tipologia di prodotti per la gestione del rischio
potrebbe aprire al settore islamico un nuovo orizzonte di opportunità di investimento
consentendo una gestione dei rischi più efficiente ed efficace.
L’islamic banking, grazie anche alla diffusione della popolazione musulmana nel
mondo, ha sempre assunto un orientamento globale. L’ambiente regolamentare, la
presenza di investitori stranieri, la stabilità politica ed economica ed il regime fiscale
assumono un ruolo chiave nello stabilire un centro finanziario islamico
internazionale. Ad oggi le piazze più accreditate sembrano essere il Bahrain, grazie
al Global Islamic Finance Center, la Malesia come centro regionale per il sud est
asiatico e Londra, il più importante centro occidentale che cerca di affermarsi come
hub globale. Ma il ruolo effettivo o potenziale di altri paesi, come la Francia, non va
sottovalutato.
In un ottica di lungo periodo, diventa dunque sempre più necessario ravvivare le
relazioni bilaterali economiche-finanziarie e diffondere nei mercati occidentali, la
realtà e i progressi concretizzati dall’industria bancaria del mondo arabo. Solo una
13
maggior consapevolezza da parte della comunità finanziaria internazionale riguardo
alle opportunità e ai limiti dell’islamic banking renderà possibile l’avvento a livello
global del sistema finanziario Sharia compliant come alternativa o complemento al
sistema convenzionale.
1.2. Sistema finanziario islamico.
Strutturare un sistema finanziario è sempre compito assai arduo, ancor di più in
questo caso, trattandosi dell’unico sistema finanziario al mondo direttamente
collegato con il mondo religioso. Cercando di mantenere un critico distacco da quelle
che oserei definire subdole dinamiche mediatiche, mi avvicino al mondo islamico
con sincera curiosità dettata dal puro spirito di integrazione fra culture, necessario in
questo scorcio di ventunesimo secolo, così critico dal punto di vista geo-politico. Il
sistema finanziario islamico può considerarsi tanto un approccio alternativo al
conventional banking, quanto una più moderna generazione di attività bancaria.
Qualunque visione si voglia adottare, è chiaro comunque come una maggiore libertà
di scelta implichi un livello più alto di diritti umani e questo vale anche per i sistemi
finanziari.
Nel mondo islamico, come risaputo, la religione influisce in maniera diretta su tutte
le sfere della vita pubblica e sul diritto, in modo così forte da influenzare le basi del
sistema finanziario. Basi che potremmo individuare in alcune questioni fondamentali,
tra le quali la giustizia e l’armonia con la realtà appaiono come l’essenza del sistema
stesso, da cui nascono modi diversi di fare finanza, seppur basati su un unico comun
denominatore col capitalismo, cioè sul concetto di proprietà privata. A questo