1.1 Le basi della finanza comportamentale
Per quanto la storia abbia dimostrato nel corso dei secoli - talvolta
alimentando teorie, altre volte rinnegandole e confutandole – che esiste
un legame forte tra il comportamento umano e l‟assunzione di decisioni
di natura economica, si può immaginare come luogo comune abbastanza
diffuso quello di valutare l‟approccio alla scienza come direttamente e
meramente imputabile alle tecniche di cui essa stessa si dota. Approccio,
dunque, assolutamente indipendente da aspetti che hanno a che fare con
la psicologia umana. Anche l‟economia e la teoria finanziaria, inquadrate
come scienze, hanno, in questo senso, dato vita nel corso dei secoli a vivi
dibattiti sulla negazione o affermazione dell‟incidenza dell‟indole umana
sia sulle scelte individuali che sugli equilibri generali dell‟ambiente di
riferimento, che sia esso un mercato fisico, finanziario e così via.
La finanza comportamentale, oggi comunemente accettata, é
utilizzata come riferimento per lo studio dell‟assunzione di decisioni da
parte degli agenti economici e può essere vista proprio come una sintesi
di questa evoluzione di pensiero.
Essa infatti agisce sui due campi della psicologia cognitiva (la
branca della psicologia che studia i processi attraverso i quali le
informazioni sono acquisite, trasformate e „trattate‟ dall‟individuo) e
della ricerca scientifica, inquadrata ovviamente rispetto alle decisioni
economiche e ai loro riflessi su allocazione di risorse e prezzi di mercato.
Una sinergia dunque di causa-effetto nella quale non è solo il rigore
scientifico a stabilirne gli esiti, ma anche la razionalità, o per meglio dire
la sua non necessaria presenza. Sono proprio i comportamenti non
razionali che modificano di volta in volta le decisioni, dunque, il fulcro
sul quale ruotano i modelli proposti dalla finanza comportamentale
8
I tre elementi chiave su cui oggi si struttura questa branca della
teoria finanziaria sono l‟euristica, l‟inquadramento e l‟inefficienza di
mercato
1
.
L‟euristica (termine greco che significa scoprire) è la parte della
ricerca che ha lo scopo di favorire lo sviluppo di nuove teorie empiriche,
che non seguano dunque un percorso precostituito, ma che attraverso
precise e contingenti circostanze favoriscano nuovi sentieri di
conoscenza. L‟assunto sul quale l‟economia comportamentale si muove è
che l‟individuo talvolta prende decisioni basate su approssimativi
principi di condotta piuttosto che su analisi strettamente razionali. Si
parla in questo senso di pregiudizi cognitivi o di razionalità limitata.
Per inquadramento si intende il concetto in base al quale le azioni
del decisore possano essere diverse rispetto ai modi e alle forme con le
quali un problema viene presentato, ed è quindi un fenomeno a sua volta
strettamente connaturato con l‟indole umana.
Le inefficienze di mercato sono invece inquadrate come
„spiegazioni‟ dell‟andamento degli stessi che non necessariamente
affondino nella razionalità. Erronee valutazioni di prezzi e altre anomalie
dei processi decisionali hanno dimostrato nel corso del tempo quanta
influenza abbia la prospettiva comportamentale nell‟efficienza dei
mercati. È importante tuttavia sottolineare che i pregiudizi individuali
non solo possano non bastare ad influenzare un intero ambiente, quanto
tecnicamente possano addirittura annullarsi l‟un l‟altro (se di „segno‟
opposto). A risultare rilevanti infatti sono solo gli effetti anomali reali
che abbiano una contaminazione sociale, ovvero una forte valenza
emotiva radicata nella collettività portando a fenomeni più generali
1
Si veda, Barberis N. – Shleifer A. – Vishny R. (1998), “A Model of Investor
Sentiment”, in Journal of Finance Economics.
9
definibile come il comportamento del gregge o effetto gregge
2
(situazioni
in cui un gruppo agisce coerentemente senza alcun coordinamento
sovraordinato). La finanza comportamentale quindi prende le mosse
dalla psicologia individuale ma si rivolge ampiamente anche a quella
sociale.
Accanto a questi tre punti cardine esistono una serie di concetti non
meno rilevanti e che proprio da questi tre macroassunti emergono, che
rappresentano lo scheletro della finanza comportamentale.
Il cervello umano nel corso dei tempi ha dimostrato grande
adattabilità allo sviluppo della realtà circostante favorendo la
sopravvivenza della specie e la soluzione ai problemi posti di volta in
volta dalla quotidianità. Questo processo è chiaramente non infallibile, la
storia insegna quanti e quali siano gli effetti spesso catastrofici
dell‟errato agire umano. Fin quando si parla di vita di tutti i giorni
l‟adattabilità umana può in ogni caso essere presa in quanto tale.
Discorso diverso è quello relativo al mondo finanziario dove regole
euristiche non perfette possono ingenerare errori (cosiddetti bias) che si
possono rivelare anche molto costosi. Un primo esame di questa
problematica affonda nell‟individuo, come anticipato. Fenomeni
psicologici come le trappole comportamentali possono essere in questo
senso il viatico all‟assunzione di decisioni sbagliate. Un manager troppo
ottimista e sicuro di sé può rivelarsi ad esempio un‟arma a doppio taglio
per un‟impresa. La finanza comportamentale si pone come obiettivo
anche quello di rimuovere tali patologie attraverso l‟addestramento e le
procedure.
2
Si veda, Vernon Lomax Smith (2002), “Giudizio umano e teoria delle decisioni in
condizioni di incertezza”.
10
Eccessivo ottimismo, illusione di controllo, overconfidence
3
sono
tutti pregiudizi o meglio detti predisposizioni ad errore di tipo cognitivo,
che possono essere raggruppate nell‟ambito dei bias (termine
anglosassone). In particolare l‟overconfidence (essere troppo sicuri di sè)
è un tipo di bias che riguarda la distorsione cognitiva circa le proprie
abilità e la conoscenza dei propri limiti. Un sintomo di overconfidence è
ad esempio l‟arroganza: se un manager è troppo sicuro di sé rischia di
seguire troppo il proprio istinto ignorando segnali di mercato o
informazioni in controtendenza rispetto al suo pensiero, ed esaltando, di
converso, le indicazioni più vicine alle sue idee (bias di conferma).
Analogo fenomeno è quello della sopravvalutazione del potere di
controllo sui risultati (illusione di controllo), per il quale spesso si perde
di vista la componente dovuta alla fortuna e alle abilità personali che
spesso fortemente sottendono all‟esito di un‟operazione.
Esempi di bias che si sviluppano su comportamenti euristici sono
ancora: la rappresentatività, la disponibilità, l‟ancoraggio, l‟affetto.
Col termine di rappresentatività sono indicati i comportamenti
euristici che si basano su analogie , stereotipi e luoghi comuni. È diffuso
nell‟atteggiamento umano il fare troppo affidamento sulla
rappresentatività, ed evidentemente ciò può dar luogo a distorsioni
cognitive (ad esempio ricondurre gli unici segnali di mercato ad internet,
ritenendolo erroneamente l‟unico strumento valido per l‟acquisizione di
informazioni).
Sulla stessa falsa riga si può presentare il bias
4
della disponibilità,
che consiste nel tendere a riconoscere esclusivamente i segnali forti del
3
Si veda, Davidson R. J. – Scherer K. R. – Goldsmith H.H. (2003) – “Handbook of
Affective Sciences”, Oxford University Press, Oxford.
4
Si veda, Davidson R. J. – Scherer K. R. – Goldsmith H.H. (2003) – “Handbook of
Affective Sciences”, Oxford University Press, Oxford.
11
mercato, che sono più facilmente disponibili, e ignorando invece quelli
più deboli che possono avere una loro decisiva valenza.
La valutazione umana influenza anche il bias dell‟ancoraggio. Se
un agente ha in mente una determinata previsione circa l‟andamento dei
mercati ed è ad essa „ancorato‟, può rischiare di perdere quella capacità
critica che magari può consigliarlo dall‟allontanarsi dal suo „caposaldo‟
quando invece mutano gli scenari economici.
Infine l‟affetto, meglio definito in termini psicologici come
intuizione o istinto alla base dell‟assunzione di una decisione. È palese
come il proprio intuito non sia necessariamente l‟unico elemento valido
per una scelta e che anzi esso da solo possa ingenerare errori di
valutazione se non accompagnato da un‟analisi vigorosa. Si pensi alle
acquisizioni societarie dove esiste un‟ampia dottrina in materia di
valutazione economica che può supportare qualsiasi decisione.
In ambito di inquadramento, altro argomento rilevante è quello
relativo ai cosiddetti effetti di framing
5
. Si parla in questo caso di
„descrizione‟ di una questione, ovvero dell‟impatto sull‟individuo del
problema rispetto al modo in cui esso viene posto. Il quadro di
riferimento che ne emerge ha valenza tanto più forte quanto più
vulnerabili sono le decisioni di un manager. Ad esempio la stampa di
settore potrebbe attraverso valutazione erronea inficiare l‟idea di un
agente rispetto ad una particolare operazione. Il framing è materia di
particolare interesse nell‟ambito della finanza comportamentale tanto da
essere inserito nella teoria del prospetto elaborata dal premio Nobel
Kahneman e da Tversky
6
, con la quale i due studiano il modo in cui gli
individui si comportano in materia di rischio e di incertezza. In
5
Le Doux J. (1998), “Il cervello emotivo”, Milano, Baldini&Castoldi.
6
Si veda, Daniel Kahneman – Amos Tversky (1981) , “Judgment under uncertainty,
heuristics and biases”.
12
particolare il lavoro si focalizza su due fenomeni: l‟avversione alla
perdita e l‟avversione alla perdita certa.
L‟avversione alla perdita è la condizione che spinge la gente
all‟avversità verso il rischio quando le alternative proposte siano di
guadagno o di perdita. Il processo mentale che si innesca è quello della
valutazione dei pro e dei contro derivanti da un‟operazione e non
necessariamente come ampiamente detto è basata su approcci scientifici.
Di fronte ad esempio ad un gioco come il lancio di una moneta che
presenta una condizione di equilibrio tra una probabilità di vincita del
50% (guadagno) e di perdita (pagamento) del 50% , non è detto che tutti
gli individui reagiscano allo stesso modo. Chi ad esempio rifiuta questo
gioco evidentemente attribuisce al rischio di perdita x un valore
superiore ad una possibilità di guadagno dello stesso ammontare x. Si
tratta pertanto in questo caso di persone che non amano la scommessa,
così avversi alla perdita tanto da aver portato alla scoperta in questa
tipologia di casi di una percezione della perdita addirittura più acuta di
quella della vincita di 2,5 volte. Altre persone invece considerano in
maniera diametralmente opposta la questione, valutando ad esempio la
probabilità di guadagno x decisamente meglio di una perdita dello stesso
ammontare, e in questo caso si parla di propensione al rischio. Una terza
tipologia di individui può essere quella dei neutrali al rischio ovvero
coloro che in situazioni di questo tipo si pongono in maniera
assolutamente indifferente tra le due alternative. È ovvio che il
comportamento degli individui vari anche in relazione alla „posta in
palio‟ che può essere vista come una soglia limite individuale entro la
quale si strutturano le tre tipologie comportamentali. Così come altro
fattore rilevante può essere la reiterazione nel tempo. C‟è chi ad esempio
considera i rischi ripetuti nel tempo allo stesso modo di una situazione
una tantum.
13