V
ricerca dei famosi e tanto discussi paradossi stoici: l’orazione
offre così, a chi si accinge a studiarla, uno spunto per allargare
la ricerca coinvolgendo altre opere in cui Cicerone ha fatto
riferimento ai paradossi stoici: oltre alla Pro Murena, si devono
ricordare i Paradoxa Stoicorum, breve trattato in cui l’oratore ha
dimostrato la validità e l’applicabilità di tali insegnamenti; il De
Finibus Bonorum et Malorum, dove Cicerone ha confutato le
convinzioni stoiche del suo interlocutore Catone, a favore della
filosofia accademico – peripatetica; le Tusculanae che rispecchiano
la situazione opposta, cioè l’adesione allo stoicismo e
l’abbandono dell’Accademia Probabilistica. Nonostante la nascita
della filosofia stoica risalga tanto indietro nel tempo, essa è
riuscita a suggestionare molti altri filosofi, oltre a Cicerone,
superando così le barriere del tempo e dello spazio: Seneca, i
cristiani Agostino e Girolamo, oltre ai numerosi scrittori greci di
epoche diverse.
Il mio lavoro si articola dunque in tre capitoli ben distinti.
Nel primo fornisco una presentazione generale, indispensabile per
un corretto approccio all’orazione: facendo uso soprattutto dei
testi di Ciaceri e di Utčenko, sono risalita alle vicende storiche
che hanno fatto da sfondo all’orazione; con la scritto di
VI
Santalucia mi è stato possibile ricostruire i momenti del processo
e identificare i personaggi coinvolti, calati ognuno nel proprio
ruolo; attraverso i trattati di Calboli Montefusco, Lausberg,
Mortara Garavelli e Polara ho affrontato l’aspetto retorico –
stilistico, consistente nella descrizione delle parti individuabili nel
discorso ciceroniano, sulla base delle regole della retorica antica.
Il secondo capitolo è di carattere prettamente filosofico: in
esso, partendo dal concetto di “ paradosso ”, inteso in senso
stoico, servendomi degli Stoicorum Veterum Fragmenta, raccolti
da Radice e da Isnardi Parente, ho offerto una panoramica dei
paradoxa stoicorum negli altri scritti di Cicerone e poi negli
altri autori latini e greci.
Il terzo capitolo è tutto concentrato sull’analisi linguistica,
stilistica, retorica e filosofica della breve digressione che ha
interessato i §§ 58-66 dell’orazione: il testo scelto come base per
il commento di questi paragrafi è l’edizione a cura di
Macdonald, però ho tenuto presenti anche le edizioni di
Boulanger e Clark. Strumenti fondamentali per lo studio della
stilistica e del lessico sono stati i seguenti: Dictionnaire
étymologique de la langue latine. Histoire des mots di Ernout ~
Meillet, Dizionario di retorica e di stilistica di Marchese,
VII
L’ordre des mots dans la phrase latine di Marouzeau, Sintassi e
semantica latina di Pinkster, Sinonimi latini di Schultz,
Propedeutica al latino universitario di Traina ~ Bernardi Perini.
La ricerca lessicale intratestuale e intertestuale è stata agevolata
dall’uso di strumenti informatici, come “ Musaios ” la
“ Biblioteca Teubneriana Latina ”. Per finire, mi sono avvalsa del
Thesaurus linguae Latinae, del Lexicon totius Latinitatis,
dell’Oxford Latin Dictionary, importanti e ben noti strumenti
filologici.
Considerando la natura prettamente filosofica della mia tesi,
oltre a quella retorica, devo ammettere che inizialmente non è
stato facile camminare per le strade tortuose del mondo della
filosofia che, sebbene non mi sia completamente ignoto, conosco
comunque in maniera limitata; poi, pian piano, ho acquistato una
certa familiarità del luogo e tutto è diventato più chiaro e meno
incomprensibile di quanto poteva apparirmi all’inizio. Adesso che
sono giunta alla fine della mia ricerca, posso dire con sincerità
di sentirmi più “ ricca ”, non di denaro o oggetti preziosi, ma di
conoscenze, esattamente come doveva essere il saggio stoico: ho
appreso con maggiori particolari la storia di un momento
difficile e ingarbugliato dello stato romano, ho scoperto uno
VIII
degli innumerevoli puzzles che compongono il grande disegno
della filosofia antica, ho imparato ad analizzare in maniera più
accurata un testo nei suoi aspetti.
Questo mio lavoro è per me la conclusione di quella parte
della vita in cui, attraverso lo studio in sé e tutte le esperienze
ad esso legate, ognuno accresce la propria cultura, affina la
propria intelligenza, matura e si prepara a vivere le proprie
vicende e le proprie storie future. Io mi sono impegnata a fondo
per “ chiudere in bellezza ” il mio percorso da studentessa, ma il
merito non è soltanto mio … Devo ringraziare il professor
Monteleone che, con i suoi suggerimenti, mi ha spronato a
ragionare con la mia testa, a sviluppare una mente critica,
facendo in modo che costruissi tutta la trattazione con miei
personali pensieri, mie personali considerazioni … devo
ringraziare Mimmo e Laura che mi hanno dato il meglio, come
solo dei genitori possono volere … devo ringraziare Pino che,
con il suo amore, mi ha trasmesso l’energia e il desiderio di
raggiungere al più presto questo traguardo …
6
1.
L’ORAZIONE CICERONIANA IN DIFESA DI L. LICINIO
MURENA
1. Situazione di comunicazione.
1. 1. Il contesto storico.
La figura e la storia di L. Licinio Murena trovano collocazione
all’interno di una vicenda lunga e complessa, che vede come
protagonisti Cicerone e Catilina. Cicerone si assunse il compito e
la responsabilità di difendere il console designato per il 62, ma
nella sua orazione sono altri gli aspetti che contano veramente, ai
quali il personaggio di Murena è subordinato: la sicurezza dello
stato innanzi tutto, la lotta della plutocrazia agraria o dei senatori
di quella, commerciale e bancaria dell’ordine equestre contro la
minaccia popularis di Catilina.
Catilina diverse volte ( tre con precisione1 ) aveva tentato di
ottenere la più alta magistratura, ma sempre aveva fallito. In
1
Nell’anno 66 Catilina pose la sua candidatura alla carica di console, ma dovette ritirarsi
prima dei comizi elettorali, perché dalla provincia d’Africa, di cui era stato governatore in
7
particolare, nella campagna elettorale del 64, era stato preferito
l’homo novus, Cicerone, rispettoso delle istituzioni e garante
dell’ordine pubblico, a lui, nobilis, ma turbolento, sedizioso e
desideroso di novità: Cicerone stesso nel discorso In toga candida
aveva denunciato i suoi rivali, Antonio e Catilina, come gli
elementi più pericolosi, sillani dal passato delittuoso, e li aveva
accusati di mirare al rivolgimento dello stato.
Nel 63 si era ripresentata la stessa situazione: Catilina aveva
dovuto cedere il ruolo di console nuovamente ad un uomo di un
municipium vicino Roma, L. Licinio Murena ( § 90 … date etiam
Lanuvio, municipio onestissimo … ), e ad un uomo, D. Giunio Silano,
che pur di famiglia aristocratica, era di carattere debole e
politicamente insignificante.
A quel punto, Catilina aveva deciso di abbandonare la via legale
che non lo aveva condotto a nulla di quello che desiderava, per
intraprendere la via dell’illegalità che avrebbe messo in pericolo lo
stato intero e anche la persona di Cicerone. I consoli designati per
qualità di propretore, era giunta una delegazione speciale per presentare al Senato un ricorso
contro di lui: sebbene Catilina fosse stato assolto, il processo si protrasse così a lungo da
impedirgli di partecipare anche alle elezioni nel 65. Tentò invano per altri due anni: nel 64 e
nel 63.
8
il 62 avrebbero avuto il difficile compito di continuare la lotta di
Cicerone contro Catilina nella prospettiva di assicurare al popolo
romano pax, tranquillitas, otium, concordia.
Alle elezioni per il 62, oltre a Murena e a Silano ( i vincitori )
e a Catilina, il candidato sconfitto, vi era un quarto aspirante,
ugualmente perdente, Servio Sulpicio Rufo. Aveva rivestito diverse
magistrature; ma era principalmente un oratore ( aveva studiato da
giovane l’eloquenza con Molone di Rodi ), un giurista e un
profondo e attento conoscitore della scienza del diritto, sulla quale
scrisse circa 180 libri. Eccessivamente rispettoso della legalità, era
sempre impegnato a raccogliere prove contro chi venisse meno
all’obbedienza della legge. Così durante la campagna elettorale non
partecipò con entusiasmo e ardore alla competizione ( § 43: Petere
consulatum nescire te, Servi, persaepe tibi dixi …), dalla quale era
distolto dal timore dei brogli e della corruzione elettorale: pretese
per questo dal Senato maggiori garanzie. Esisteva già la lex
Calpurnia de ambitu2 del 67 ( dal nome del console C. Calpurnio
2
L’iter legislativo riguardo al crimen de ambitu si è sviluppato lungo le seguenti tappe: 1 )
Lex Cornelia ( 81 a. C. ), di cui sappiamo solamente che conteneva una clausola che
comminava ai colpevoli l’interdizione dalle cariche pubbliche per dieci anni; 2 ) Lex Aurelia
( 70 a. C. circa ), di cui non sappiamo nulla; 3 ) Lex Calpurnia; 4 ) Lex Tullia; 5 ) Lex
9
Pisone ), assai severa ( § 46: … erat enim severissime scripta
Calpurnia. ), che prevedeva per il colpevole l’ineleggibilità perpetua
alle magistrature, l’allontanamento dal Senato e una pena
pecuniaria; tuttavia, il Senato, volendo rispondere alle richieste di
Sulpicio Rufo, prima autorizzò i consoli a procedere ad una nuova
interpretazione, poi i consoli prepararono un’altra legge che tendeva
a inasprire le pene, prescrivendo l’esilio da Roma e probabilmente
dall’Italia per dieci anni: la lex Tullia, che prese il nome da
Cicerone, quasi che fosse stato solo lui a proporla, senza la
collaborazione del console collega ( § 3: … me et consulem et legis
ambitus latorem …; § 47: Legem ambitus flagitasti, quae tibi non
deerat; erat enim severissime scripta Calpurnia. Gestus est mos et
voluntati et dignitati tuae.; § 67: Me reprehendis, quod idem
defendam quod lege punierim. ). Quindi, in un certo senso, Servio
Sulpicio aveva abbandonato la lotta, tutto impegnato com’era nel
sostenere la nuova legge e nel raccogliere prove contro Murena.
Non riuscendo a sopportare l’idea che un eminente giurista, come
lui, fosse stato sorpassato da un semplice uomo d’armi, che inoltre
Pompeia ( 52 a. C. ), che aggravò la legge precedente in termini che non ci è dato
determinare. Cfr. Santalucia 1998, pp. 144 e 154.
10
aveva ottenuto il successo con azioni di corruzione, sulla base degli
elementi in suo possesso e forte della recentissima legge de ambitu
intentò un’azione legale contro Murena.
Sulpicio Rufo e Catilina, entrambi sconfitti, entrambi delusi,
avevano reagito in modo completamente opposto, l’uno sulla strada
della legalità e del diritto, che era poi il suo campo d’azione,
l’altro sulla strada della forza e della violenza, conformemente al
suo carattere3.
Tra il 9 novembre e il 3 dicembre4 si svolse il processo contro
in neo-eletto console L. Licinio Murena, accusato de ambitu, nei
giorni ricchi di intricate vicende, sullo sfondo delle cospirazioni,
3
Attraverso la IIa Catilinaria il console Cicerone cerca di dimostrare al popolo l’esistenza
effettiva della congiura e la piena legalità del suo comportamento contro di essa; cerca di
ottenere dal popolo l’approvazione del suo operato e la collaborazione nella lotta contro il
pericolo rappresentato da Catilina; cfr. Bellardi II, 1981, p. 48.
4
Nella notte tra l’8 e il 9 novembre Catilina fuggì da Roma; nella notte tra il 2 e il 3
dicembre Cicerone fece sorprendere gli ambasciatori degli Allobrogi che erano stati coinvolti
nella congiura, che prevedeva per il 17 dicembre l’insurrezione armata e l’uccisione di
Cicerone, e poi la mattina del 3 dicembre fece arrestare i capi della congiura ( cfr. Marinone
1997 ). Stando alle parole di Cicerone il dibattimento processuale si sarebbe svolto dopo la
cacciata di Catilina ( § 6: “ Catone afferma che l’assumermi ora la difesa di Lucio Murena sia
in contrasto con la severità dimostrata quando ho cacciato via dalla città con i miei discorsi, e
quasi coi miei ordini, Catilina che preparava dentro le nostre mura la rovina dello Stato. ” ).
Drumann colloca tutto il discorso di Cicerone nel suo insieme « verso il mezzo o nella
seconda quindicina di novembre ». Humbert 1925, sostiene che, poiché questa questione era di
grande importanza, è probabile che lo svolgimento del processo sia avvenuto nei venticinque
giorni che separano la fuga di Catilina dall’arresto degli altri congiurati: secondo lui, Cicerone,
in questo periodo di tempo, sarebbe intervenuto a parlare due volte, con un discorso
introduttivo e uno finale. Solo successivamente, quindi, l’oratore avrebbe fatto confluire i suoi
due interventi in un unico discorso scritto per la pubblicazione, quello appunto che noi
possediamo: l’opera che noi leggiamo riflette una oratio perpetua ( un discorso pronunciato
tutto di seguito ), ma è l’esito di una reductio ad unum e ad una misura conveniente di più
discorsi reali.
11
delle riunioni segrete, della circolazione di informazioni, delle
denunce in Senato e davanti al popolo. Proprio negli ultimi mesi,
poco prima dello scadere del suo mandato, Cicerone affrontò il
pericolo Catilina e energicamente si impegnò nella repressione di
ogni minaccia verso la sua persona, ma soprattutto verso la res
publica, nell’intento di garantire l’ordine, la legalità e il diritto. La
difesa di Murena era uno dei numerosi punti di questo programma
anticatilinario: necessariamente il console doveva garantire che i
suoi successori entrassero regolarmente in carica alle Calende di
Gennaio, evitando così l’annullamento delle elezioni e la
riconvocazione dei comizi, richiesti dagli accusatori di Murena e di
cui solo Catilina se ne sarebbe avvantaggiato per portare a termine
i suoi obiettivi di stravolgimento dello stato.
L’oratore utilizzò le armi dell’ironia scherzosa, della gaia
serenità, della piacevole bonomia5, che potrebbero sembrare fuori
5
Plut. Comp. Demosth.-Cic. 1, 5: “ Si racconta che, durante il consolato, quando difese
Murena, accusato da Catone, Cicerone, per prendersi gioco di lui, abbia messo in ridicolo con
molte battute tutta quanta la cerchia degli stoici per l’assurdità dei loro principi, chiamati
« paradossi ». Provocò una grande risata, che dal pubblico si propagò fino ai giudici, ma
Catone, con un tranquillo sorriso sulle labbra, disse a quelli che gli sedevano accanto: « Però,
che console faceto abbiamo, amici! » ”; Cat. Min. 21, 7-8: “ Durante il processo Cicerone, che
allora era console e difendeva Murena, fece ridere i giudici, scherzando parecchio e prendendo
in giro, per via di Catone, i filosofi stoici e le loro teorie, dette paradossi. Catone, si
racconta, sorrise a quelli che aveva vicino e disse: « Signori, che buffo console abbiamo! » ”;
Cic. Fin. 4, 27, 74.
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luogo in una circostanza così difficile e burrascosa6. Tuttavia,
bisogna considerare attentamente le vicende che fanno da cornice
alla nostra orazione: Cicerone era scampato a due attentati7, aveva
già pronunciato due discorsi contro Catilina8 ed era riuscito almeno
ad allontanarlo da Roma; ma questo non era ancora sufficiente,
giacché Catilina e i suoi seguaci continuavano a minacciare la
persona di Cicerone e tutta Roma. Occorreva una risoluzione dura
e decisiva che sarebbe avvenuta di lì a poco con l’arresto e poi la
condanna a morte dei congiurati9. La Pro Murena si inserisce tra
le due fasi della lotta contro Catilina. Per mezzo di essa l’oratore
ci comunica da una parte, con immagini e parole dure, il pericolo
6
Drumann ritiene che questa allegria burlesca di Cicerone, quasi sconvolgente in circostanze
che sembrano escludere la voglia di scherzare, sia in parte un apporto della redazione scritta.
Anche Rosenberg sostiene che la parte comica, ad eccezione della satira allo stoicismo già
attestata da Plutarco, sia un « surcharge de la rédaction ». Laurand invece risponde che
« anche nelle circostanze più gravi, Cicerone non cessa di scherzare ». Humbert 1925, afferma
che per risolvere il problema della facezia ciceroniana, non si deve considerare indistintamente
il periodo 9 novembre – 3 dicembre: partendo dal fatto che Cicerone abbia parlato due volte
durante il processo, tutta l’orazione fino alla peroratio, evocherebbe l’esultanza dell’oratore in
seguito alla fuga di Catilina; la peroratio invece, con i suoi toni più foschi, rispecchierebbe i
giorni immediatamente precedenti la definitiva repressione dei congiurati.
7
L’1 novembre Catilina tenta di assalire a Palestrina Cicerone, che informato da Fulvia si
salva ( Cat. 1, 8 ); il 6 novembre i congiurati tramano per assassinare il giorno successivo
Cicerone, che ancora una volta informato da Fulvia si mette in salvo. Cfr. Marinone 1997.
8
L’8 novembre Cicerone pronunciò in Senato il I discorso contro Catilina; il mattino del 9
novembre, con il II discorso, ripeté le accuse contro Catilina, davanti al popolo. Cfr. Marinone
1997.
9
Cicerone nella IIa Catilinaria al § 11 dichiara, riferendosi a quei pericolosi seguaci di
Catilina che erano rimasti a Roma: “ Sono sicuro che sul loro capo incombe un funesto
destino e che sia imminente o per lo meno si stia avvicinando quel castigo che da tempo
hanno meritato per la loro disonestà, dissolutezza, delinquenza e depravazione. Se il mio
consolato, dal momento che non può farli ravvedere, li eliminerà, prolungherà la vita dello
Stato … ”
13
che ancora minaccia tutto il popolo, dall’altra la sua gioia per i
successi raggiunti. L’orazione partecipa dei sentimenti di allegria ed
entusiasmo per ciò che è stato, e dei sentimenti di paura e
sgomento per ciò che sta per accadere: sembra quasi che questo
discorso di difesa stia ad annunciare il risultato forse più grande
raggiunto da Cicerone nel corso della sua carriera politica, quello
che lo farà salvatore e padre della patria, vale a dire l’eliminazione
di un serio pericolo per l’intero popolo romano. Di fatti con
l’assoluzione10 di Murena gli eventi rapidamente mossero verso la
fine11.
10
Cic. Dom. 134: Audierat ( Natta ) ex illo ( scil. Murena ) se a me bis salutem eccepisse,
separatim semel, iterum cum universis. Plut. Cat. Min. 21, 9: “ Una volta assolto, Murena … ”.
Murena poté così esercitare il suo consolato nell’anno 62. Si trattò di un periodo molto
burrascoso a causa dei tumulti del tribuno Cecilio Metello Nepote, che dichiarò la condanna dei
congiurati catilinari un’uccisione illegale di cittadini romani. Murena con lo scopo di opporsi
proprio a Nepote, protesse uno dei suoi accusatori, Catone, che aveva ottenuto la nomina di
tribuno ( Plut. Cat. Min. 21, 9: “ … Murena non si comportò da uomo vendicativo e insensato;
quando fu console gli chiese consiglio [ a Catone ] per le questioni importanti e continuò
sempre ad averne stima e fiducia. ”; 28, 3: “ Il loro arrivo provocò uno sparpaglio generale e
soltanto Catone rimase lì, a prendersi le pietre e i pezzi di legno che piovevano dall’alto. Chi
non lo tollerò fu quello stesso Murena che egli aveva accusato e citato in giudizio; nonostante
ciò, Murena lo protesse con la sua toga e gridò ai lapidatori di smetterla; alla fine, dopo
averlo persuaso, abbracciò Catone e lo condusse nel tempio dei Di oscuri. ” ). Dopo il suo
consolato, Murena cadde nell’oblio: non sembra aver tenuto alcun altro comando proconsolare
o alcun ufficio e la data della sua morte è incerta. Cfr. Macdonald 1969.
11
Per il quadro storico: Ciaceri ( 1939-1941 )2, pp. 242-248, 281-283; Macdonald 1969;
Marinone 1997; Paladini 1959, pp. 96-97; Utčenko 1975.