4
semplice dimostrazione -, si propone bensì la rielaborazione dello spirito dei
tempi. Inoltre i linguaggi artistici letterario e cinematografico sono di per sé
differenti, contengono elementi «medienspezifisch»
2
, ognuno ha la propria
specifica sfera di espressione, ne deriva quindi che il modo della rappresentazione
muta in base al tipo di linguaggio. Scrive Ponzi in un suo saggio su Film e
letteratura: «Fin dalla sua origine il cinema ha fatto ampio uso dei testi letterari
come base per le proprie story, cosicché si è posto subito il problema del rapporto
tra il nuovo medium e la letteratura»
3
. Ma se è vero che «il cinema ha attinto a
piene mani alla tradizione letteraria e teatrale per i soggetti dei suoi prodotti»
4
-
continua Ponzi - «a fronte di una forte utilizzazione pratica c’è invece una carenza
teorica sul rapporto tra cinema e letteratura. […] il concetto di riduzione filmica
[…] trova una scarsa definizione teorica, in quanto sembra implicare una
dipendenza del film dalla letteratura. Quindi la storia della teoria cinematografica
è anche la storia dell’emancipazione da questo sotterraneo senso di inferiorità, è,
insomma la storia della dichiarazione di autonomia, creativa, tecnica, compositiva
del film dal letterario. Qualsiasi materiale letterario che debba essere adattato al
mezzo cinematografico deve confrontarsi con una serie di elementi espressivi, con
un “linguaggio” che è totalmente “altro” rispetto a quello letterario e quindi deve
trovare un’espressione specifica, che segue, ovviamente, altri criteri estetici e altri
2
M. Ponzi, Film e letteratura, in: Letteratura e Mass-Media nei Paesi di Lingua Tedesca, a cura di
M. Ponzi, «Biblioteca Teatrale 70», Roma, Bulzoni Editore 1991, cit., p. 108.
3
Ivi, p. 107.
4
Ibidem.
5
canoni di decodificazione. Ma rimane il fatto, come nota Albersmeier
5
, che più
della metà dei film sono tratti dalla letteratura, e quindi una definizione del
concetto di Literaturverfilmung è più che mai necessario»
6
. La ‘matrice’ letteraria,
dice ancora Ponzi, «va invece considerata solo come “materiale”, come story da
sviluppare in termini filmici, con tutti i criteri e le componenti estetiche che sono
specifiche della categoria-film. […] non ha più senso chiedersi se il prodotto sia
“fedele” o “infedele” al romanzo, perché il mezzo filmico richiede una serie di
espressioni e di tecniche che non hanno più niente a che fare con il romanzo
stesso, esse non sono più espressione dell’autore del romanzo ma sono
semplicemente espressione del regista e/o dell’autore del film. In questo senso
diventa teoricamente fondamentale individuare cosa sia in realtà medienspezifisch,
perché è sulla base di questa specificità che va valutato il film in quanto opera
d’arte e non in base al suo raffronto, improponibile, con il romanzo»
7
. La
specificità del cinema rispetto alla letteratura investe il contenuto, le tecniche
espressive, quindi la forma espressiva che si fa sostanza e la modifica nel processo
di attuazione e stesura, per poi modificarsi ancora nella realizzazione filmica,
incontrando il linguaggio non verbale della visione che obbedisce anch’esso alle
proprie leggi spazio-temporali, dato l’impatto emotivo diretto dell’immagine sullo
spettatore.
5
Cfr. M. Ponzi, op., cit., cit., p. 107: «Si può discutere a lungo sul fatto che la letteratura sia film-
abile», in: F. J. Albersmeier, Von der Literatur zum Film. Zur Geschichte der
Adaptionsproblematik, in: Literaturverfilmungen, a cura di F. J. Albersmeier e V. Rolof, Frankfurt
M., Suhrkamp 1989, p. 15.
6
M. Ponzi, op. cit., pp. 107-108.
7
Ivi, p. 108.
6
Continua Ponzi sulla scrittura filmica: «Il cinema (e il film televisivo) non hanno
bisogno di ricorrere ai romanzi per esplicare le loro capacità espressive peculiari,
però c’è bisogno di autori di script che sappiano fornire un impianto narrativo
adeguato al mezzo, […] il soggetto cinematografico non ha nulla a che fare con la
letteratura, con il romanzo e […] deve seguire delle tecniche narrative
medienspezifisch […] Il problema teorico è quello della definizione della tipologia
e della funzione del soggetto nella “scrittura filmica”»
8
. Gli anni della repubblica
di Weimar sono segnati da un vivace dibattito sul rapporto tra cinema e
letteratura, in quanto – come scrive Ponzi - «la maggior parte dei primi film, […]
avevano un retroterra letterario, si trattava, cioè, di riduzioni filmiche di opere
letterarie»
9
.
La specificità del linguaggio cinematografico, e quindi la sua differenza rispetto a
quello letterario consiste «nel fatto che mentre l’opera letteraria è nella maggior
parte dei casi il prodotto di una sola persona, il film invece è il prodotto di un
lavoro di equipe. Nelle varie fasi della produzione filmica si usano diversi
materiali e non possono avere quell’aura di intangibilità che gli scrittori vogliono
attribuire alle proprie opere letterarie. […] Il problema attuale non è quello di
uscire da un rapporto di minorità nei confronti del letterario – l’autonomia del
linguaggio filmico è ormai una realtà assodata – quanto piuttosto quello di trovare
autori di soggetti e di sceneggiature in grado di impostare una narrazione che esca
dai luoghi comuni e che si lasci esprimere attraverso immagini, sequenze, ecc. La
8
Ivi, p. 120.
9
Ivi, p. 120.
7
specificità di una scrittura filmica sta tutta nell’autonomia dei suoi mezzi
espressivi: il film è il risultato del montaggio di diversi materiali che vanno trattati
(in senso teorico e pratico) come tali. Il soggetto e la sceneggiatura sono essenziali
per la buona riuscita (estetica e commerciale) del prodotto quanto gli altri aspetti
della lavorazione; ma essi vanno commisurati alle tecniche espressive e al
contesto comunicativo in cui vengono inseriti. La scrittura filmica segue,
insomma, criteri interni allo specifico filmico, che sono talmente distanti dai
criteri interni della parola scritta che un copione non ha più nulla di letterario (in
senso tradizionale)»
10
.
A questo discorso si ricollega il fatto che il personaggio femminile in letteratura è
spesso diverso da quello cinematografico sia per l’epoca in cui è stato scritto il
romanzo – che, se composto in periodo antecedente a quello espressionista,
risente dell’influenza delle correnti di fine secolo ma ne prefigura determinati
aspetti come ad esempio il motivo dell’essere demonico – che per la diversa
connotazione e valenza espressiva del mezzo specifico “film” che, permette di
tratteggiare e determinare un personaggio con strumenti diversi e tangibili come il
trucco, l’espressione del volto e il movimento ritmico del corpo.
Inoltre l’Espressionismo si pone in modo nuovo rispetto sia al cinema come nuova
musa sia rispetto alla corporeità; di conseguenza anche la donna si pone
diversamente, acquisisce nuovi modelli derivati dall’evoluzione naturale del
cammino umano-spirituale. Scrive Antonella Gargano a proposito del nuovo
10
Ivi, p. 121.
8
modo di intendere il cinema negli anni dell’espressionismo: «Non c’è dubbio che
proprio la costellazione espressionista abbia contribuito a fare del cinema un
fattore culturale, a sottrarlo al puro consumo a cui invitavano i primi Kintöppe. Se
nel 1909 Max Brod sembra vedere nel cinema nient’altro che una copia del teatro,
ne riconosce comunque la diversa fascinazione»
11
. E ancora: «A fare da grande
cassa di risonanza per la popolarità degli attori sarà il cinema, che ovviamente
attinge al teatro per registi e scenografi»
12
, anche se non tutti gli intellettuali
accettano incondizionatamente e subito l’ingresso del nuovo linguaggio accanto
alle altre forme di cultura, ma molti, in ogni caso, reagiscono contro un cinema
che venga solo incontro a un gusto voyeristico e puramente epidermico e a un
bisogno di distrazione superficiale.
Per un verso i Kintöppe sono il surrogato del teatro per la «piccola gente» e non a
caso anche Alfred Döblin riconosce la necessità del divertimento di massa
13
.
Scrittori ma anche scrittrici forniscono materiali e soggetti per il cinema: «Gli
esempi di collaborazione diretta tra le arti sono numerosissimi. Gli scrittori
compongono [..] soggetti originali per la nuova musa del cinema (Else Lasker-
Schüler, Walter Hasenclever, Ludwig Rubiner, Albert Ehrenstein sono presenti tra
gli altri nel Kinobuch pubblicato nel 1914 da Kurt Pinthus)»
14
.
11
A. Gargano, Scene, in: P. Chiarini e A. Gargano, La Berlino dell’espressionismo, pp. 169-199,
cit., p. 189, Roma, Editori Riuniti 1997.
12
Ivi, p. 182.
13
Cfr. ivi, p. 190.
14
Ivi, p. 137.
9
Else Lasker-Schüler scrive per il Kinobuch il soggetto Plumm-Pascha
15
, in cui i
personaggi femminili, fondamentali per la storia, sono due: la saggia califfa
Diwâgatme e la bella principessa Tino che baciando il Gran Visir lo libera da un
incantesimo. Sempre per il Kinobuch Elsa Asenijeff, - che fu anche la musa di
Max Klinger - scrive Die Orchideenbraut
16
, dove la contessa Dorida per amore di
un misterioso signor Vanderem ne diventa prima l’amorevole infermiera, poi,
quando l’uomo è ormai guarito, si veste da ballerina spagnola e va in cerca di lui
che è diventato un viveur, affrontando coraggiosamente il disprezzo di tutti e
soprattutto dell’uomo che ama, per il quale si darà la morte con il veleno. In
particolare ella asseconda una doppia natura che è in lei, una seconda anima,
seguendo gli zingari ella segue la via dell’istinto naturale, inaccettabile per la
cosiddetta società civile, come Lydutschka de Der Student von Prag. Lo spirito di
sacrificio e il desiderio di salvare il proprio l’uomo e l’umanità è infatti comune a
molte eroine del cinema espressionista, dalla giovane coraggiosa di Der müde Tod
di Fritz Lang a Nina di Nosferatu di Murnau a Maria di Metropolis di Fitz Lang.
Nella nuova temperie culturale degli anni di Weimar il Femminile irrompe con
tutta la sua carica, svelando apertamente la propria sensualità, l’erotismo,
l’intelligenza, la forza morale, tutto un modo di essere che comprenda in sè anche
il carattere maschile della donna. Questo processo comincia a svilupparsi partendo
dalle suggestioni di fine secolo.
15
E. Lasker-Schüler, Plumm-Pascha, in: K. Pinthus herausgegeben und eingeleitet von, Das
Kinobuch, Dokumentarische neu-Ausgabe des ,Kinobuchs’ von 1913/14 Lipsia, Kurt Wolff,
Zürich, Peter Schifferl Verlags AG Die Arche 1963, pp. 49-52.
16
E. Asenijeff, Die Orchideenbraut, in Das Kinobuch, pp. 59-69.