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Introduzione
Il treno: privilegio di molti o “rarità” per pochi? Perché, alle soglie del
terzo millennio, ancora affascina e, allo stesso tempo, divide?
Perno della presente esposizione saranno le ferrovie, la loro costruzione ed
il loro sviluppo nel “Bel Paese”, con uno sguardo particolare alla Linea
Adriatica, la “linea del mare secondaria”, ad oggi non ancora servita né
dall’alta velocità, né da sistemi di gestione “concorrenziali” all’ente
pubblico.
Turismo e trasporti costituiscono un binomio inscindibile, sebbene,
soprattutto ai giorni nostri, la pratica dello spostamento a fini di loisir sia
sempre più legata ad altri mezzi, più competitivi al treno. Tuttavia non
bisogna dimenticare le origini della mobilità legata al fenomeno turistico: il
treno, fattore di sviluppo di un paese, è stato volano per il consolidamento
di una pratica “nuova”, dapprima appannaggio delle élites aristocratiche e,
successivamente, emblema della nuova classe “borghese”, dei “nuovi
ricchi”, che si spostano per una villeggiatura fuori dai perimetri cittadini (a
tal proposito, si pensi all’istituzione dei treni pendolari, che, soprattutto
negli anni del boom economico, hanno fatto conoscere il mare a chi, prima
di allora, l’aveva visto solo in cartolina. Mi nasce spontaneo citare, sebbene
esuli dalla trattazione che farò, il Roma - Ostia, tutt’ora simbolo delle
“masse popolari” vittime della crisi, che, non potendo concedersi un low-
cost per i paesi esotici o vacanze “di lusso” in resorts, si muovono per il
turismo “mordi e fuggi” della domenica. Non varcando i confini della mia
regione, la Sulmona-Carpinone, la “Transiberiana italiana”, tratta
ferroviaria soppressa, ma recentemente “riabilitata” a fini turistici e gestita
sapientemente da un gruppo di giovani appassionati, cultori del paesaggio e
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della vita agreste
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, costituisce un esempio di come si possa “sfruttare” un
“binario morto” a fini ricreativi), ridando lustro ad un mezzo di trasporto
nobile, spesso utilizzato solo nel pendolarismo quotidiano, simbolo di
negligenza e sporcizia, frutto dell’incuria e della cattiva gestione.
Le ferrovie, simbolo della modernizzazione italiana, ovvero come un
mezzo di trasporto abbia “rinnovato” una nazione e l’abbia “unita”,
passando dall’essere “mera espressione geografica”
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a “comunanza e
armonico temperamento di condizioni fisiche, di prodotti, di bisogni,
d'interessi, di tradizioni, d'origini”
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.
Dalle tappe fondamentali della costruzione di una infrastruttura (dal globale
al locale), cercherò di dimostrare come il trasporto ferroviario abbia inciso
e continui ad incidere sullo sviluppo turistico di una piccola cittadina della
costa Adriatica centro-meridionale (economia, urbanistica, paesaggio,
ambiente, cultura, antropologia). Analizzerò la situazione attuale e le
potenzialità future. Dal treno come elemento unificante dello “Stivale”, a
potente mezzo per l’ingresso di aree “vergini” nei circuiti dei grandi flussi
turistici, sosterrò la tesi che il trasporto su rotaia possa fare di Termoli una
meta per un turismo sostenibile e di qualità.
A partire da un excursus storico a largo raggio (dal Rocket di Stephenson
alle TEN-T (Trans-European Networks - Transport), approfondirò il ruolo
del treno nello sviluppo prima della nazione (dalla Napoli - Portici alla
TAV di Italo), poi di Termoli, città attraversata dalla ferrovia Adriatica, in
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www.transita.org
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Klemens Wenzel Nepomuk Lothar von Metternich-Winneburg-Beilstein, conte e,
dal 1813, principe di Metternich - Winneburg (1773 – 1859), diplomatico e politico austriaco,
dal 1821 cancelliere di Stato.
Questa frase venne da lui pronunciata durante i lavori del congresso di Vienna. La frase esatta fu: “La
parola Italia è una espressione geografica, una qualificazione che riguarda la lingua, ma che non ha il
valore politico che gli sforzi degli ideologi rivoluzionari tendono ad imprimerle”.
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Replica al Metternich di Giuseppe Della Vedova (1834-1919): geografo italiano, considerato tra i
principali contributori della geografia moderna, senatore del Regno d’Italia e presidente della Società
Geografica Italiana.
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principio linea cadetta, successivamente direttrice di sviluppo per il
Mezzogiorno d’Italia (sguardo al turismo e prospettive di lungo periodo).
Tramite l’analisi di fonti storiche e letterarie (Il Bel Paese dell’abate
Antonio Stoppani, la Prima Guida Rossa del Touring Club Italiano, Il
Molise di G.B. Masciotta –per citarne solo alcune-), e recenti studi in
ambito turistico, proposti a livello internazionale (Competition and
Innovation in Tourism), dei Proff. Rossano Pazzagli ed Ilaria Zilli, docenti,
rispettivamente, di Storia Moderna e Storia del Turismo, presso la sede
termolese (Corso di Laurea in Scienze Turistiche) dell’Università degli
Studi del Molise, avvalorerò l’idea madre del presente lavoro: la Linea
Adriatica, come volano di sviluppo per un piccolo borgo di pescatori,
trasformatosi, con gli anni, in stazione balneare “globale”, sostenibile dal
punto di vista ambientale e delle prerogative del turismo 2.0.
Inoltre, in appendice, una applicazione dei Sistemi Informativi Geografici,
a dimostrare il nesso tra infrastruttura ferroviaria e turismo balneare.
Ringrazio, in particolare, il relatore, prof. Rossano Pazzagli, per il valido
sostegno, anche morale, nella stesura del presente elaborato, nonché tutti i
docenti del Corso di Laurea in Scienze Turistiche, che nel corso degli
ultimi tre anni (e spero nei prossimi due) mi hanno guidata nel cammino di
scoperta di un turismo “inconsueto”, fattibile e “fruibile” non solo in
ambito accademico.
Un ringraziamento anche al dott. Massimo Gatta, responsabile della
Biblioteca, per i consigli nella stesura bibliografica e nella reperibilità dei
volumi consultati.
Un plauso a me stessa, modestia a parte, che nel trattare l’argomento, ha
riscoperto il treno, il piacere di utilizzarlo a scopo di piacere, ammirando
l’amenità dei luoghi attraversati e focalizzando l’attenzione alle bellezze
della natura attraversata, non considerando lo stesso come “un nemico”,
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uno strumento di allontanamento “forzato”, come lo è stato per molti anni
di pendolarismo Nord-Sud, dovuto alle condizioni di chi è costretto a
lasciare le proprie origini, per trovare “riparo” in lande lontane, più ricche
“economicamente”, ma quasi prive di “umanità”
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Ricordo, a tal proposito, i dieci anni trascorsi sui treni della tratta Adriatica, tra Termoli e Milano,
dapprima per ragioni di studio, poi di lavoro. Quante ore ad osservare i pendolari Nord-Sud, quanti
aneddoti, soprattutto nei periodi di maggiore afflusso, come le festività, quante persone che, come me,
cariche di speranza, legavano al treno il passaggio dalla vita semplice e “rurale” del Sud, a quella
frenetica del “ricco” nord.
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CAPITOLO 1
Il trasporto ferroviario nel vecchio continente:
dal Rocket di Stephenson alle TEN-T
“ Agli effetti della circolazione sulle linee, costituisce treno qualsiasi
mezzo di trazione con o senza veicoli che debba viaggiare da una ad altra
località di servizio, o che parta da una località di servizio per
disimpegnare un servizio lungo linea e faccia ritorno nella località stessa”.
(da: Definizione di treno dal Regolamento Circolazione Treni)
Treno deriva dal latino "trahere", tradotto con "tirare". La parola fa
immediatamente immaginare il "convoglio ferroviario", ossia una serie di
carrozze (o vagoni) trainati o spinti da una motrice elettrica o a motore
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Tutto inizia con l’invenzione dei binari, ad opera di un anonimo minatore
inglese: è il 1738. Per trasportare il minerale scavato nelle gallerie,
costruisce delle rotaie in legno sulle quali, trainati da cavalli, scorrono i
primi vagoncini.
Nel 1804 l’ingegnere inglese Richard Trevethik crea il primo modello di
locomotiva, sviluppando gli elementi della strada ferrata e della trazione
meccanica impiegati nelle miniere, con la forza motrice fornita dalla
caldaia a vapore di J. Watt. L’esperimento non funziona, poiché la ruota
motrice slitta sul binario.
Poco successo anche per la locomotiva, realizzata nel 1811 da Blenkinsop,
con motrice centrale a una ruota dentata, predisposta per rotaie a
cremagliera.
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www.cronologia.leonardo.it
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A partire da queste due locomotive, dal 1814, George Stephenson ne
costruisce diverse, sempre a due assi, ma con due ruote motrici, risolvendo
il problema dello slittamento sui binari. Nel 1825 l’industriale E. Paese gli
commissiona la costruzione della prima strada ferrata, per il collegamento
delle miniere di Darlington al porto di Stockton, distanti 17 km. La prima
locomotiva a compiere il viaggio (27 settembre 1825) è il “locomotion”
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Fig. 1:
Cronologia
delle
locomotive
Il primo locomotore, degno di tal nome è, però, il Rocket, dello stesso
Stephenson, che vince la gara mondiale indetta dalla Società per la Strada
Ferrata da Liverpool a Manchester. Il Rocket è una macchina moderna, le
cui soluzioni tecniche si sarebbero riviste e migliorate solo in seguito.
Il Rocket adotta un nuovo sistema caldaia, lo scappamento. Tale caldaia è
di tipo tubolare, con forno e griglia separati, fornenti alla macchina
maggiore potenza e rendimento. Lo
scappamento rappresenta un
perfezionamento di quello inventato
da Trewithick nel 1802 e consente il
tiraggio forzato mediante il vapore
di scarico dei cilindri.
Fig. 2: La locomotiva Rocket di George Stephenson.
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Collana TuttoTrenoTema, DueGi, n.15-18 e 20-24