3
teatro in cartone, unico mezzo per comunicare con la madre, Carmen Terán
González, donna estremamente cattolica, conservatrice, tutta ordine, patria e
religione, con una personalità completamente opposta a quella del marito,
Fernando Arrabal Ruiz, ufficiale dell‟esercito repubblicano.
La fantasia –strumento conoscitivo della realtà e dell‟individuo nella società, in
grado di intuirne l‟essenza inafferrabile– è quella facoltà che permette
all‟inconscio di manifestarsi. Ed è appunto l‟inconscio, indecifrabile mondo
misterioso, in cui la fantasia la fa da padrona, a sovrastare l‟opera di Arrabal. Più
che celebrare la fantasia, egli preferisce invocare l‟immaginazione:
Cuenta Pirandello que una mujer de luto riguroso le visitaba y le inspiraba
cuando escribía teatro: la fantasía.
A mí me viene a ver otra mujer vestida con los colores de la ciencia, de la
filosofía, de la rebelión, del humor, del sufrimiento, del amor: es la
imaginación, el arte de combinar recuerdos8.
L‟immaginazione, la memoria, l‟arte di combinare i ricordi, quindi, detteranno le
basi del teatro panico, scenario di un passato racchiuso nella memoria e di un
presente e futuro determinati dal caso. Mondo della confusione, mondo
dell‟irrazionale, mondo del disordine, dell‟anti-legge filosofica, il teatro Panico
non offre certezze, restituisce piuttosto il giusto valore al “colpo di scena”; non
esistono regole e i ruoli si invertono, la magia ha inizio e la favola comincia.
L‟inconscio finalmente ha schiuso le palpebre ed ora è lì ad osservare la realtà,
quella vissuta e quella sognata.
Soffocato da un regime dittatoriale, culturalmente ostile ad ogni sperimentazione
artistica, Arrabal decide nel 1955 di lasciare la Spagna e raggiungere la Francia,
terra che riconoscerà a pieno la sua genialità:
La obra y la persona de Arrabal se convirtieron en piedra de escándalo, en la
especulación de un cambio posible sin ruptura. Tanto fue así que un ministro
no gratos que
no
Lister, el Campesino, Carillo y Alberti9.
8
F. Torres Monreal (ed.), Teatro Completo, “Prefacio al Teatro Completo” di F. Arrabal p. XIII,
Madrid, Espasa Calpe, 1997.
9
A. Berenguer, “Arrabal en el teatro occidental”, Boletín de la Fundación de García Lorca, 19/20,
1996, pp. 327-334, a p. 333.
4
La prima volta che approda a Parigi, lo fa nel 1954 in autostop per vedere Mutter
Courage und ihre Kinder di Bertolt Brecht, rappresentata dalla compagnia teatrale
Berliner Ensemble al Théatre de la Ville Sarah Bernhardt.
L‟occasione per istallarsi definitivamente nella capitale francese (al Pavillon
spagnolo della Cité Universitaire) si presenta nel dicembre 1955 sotto forma di
una borsa di studio, offerta dal governo francese all‟allora ventitreenne Arrabal, il
quale due anni prima (esattamente nel 1953) si era affacciato ufficialmente al
mondo del teatro, partecipando al concorso Premio Ciudad de Barcelona, con
l‟opera Los Hombres del Triciclo, opera oggi nota con il titolo El triciclo. La
pièce era stata ritenuta un plagio di Beckett da Alfonso Sastre, il quale, in quanto
membro della giuria, si era opposto all‟assegnazione del primo premio. Arrabal
rispose che non capiva come il suo testo potesse assomigliare all‟opera del poeta
sevigliano di Rimas o Leyendas : “No había oído entonces el nombre de Beckett
por lo que lo confundí con Bécquer”10.
Poco tempo dopo il suo arrivo nella capitale francese, scopre di essere malato di
tubercolosi, viene così ricoverato nell‟ospedale dell‟università ed in seguito
trasferito al Sanatorio di Bouffemont, dove viene operato l‟8 novembre del 1956.
L‟esperienza del sanatorio sarà di grande importanza per la creazione artistica di
Arrabal. Egli stesso in un‟intervista rilasciata a Angel Berenguer11 dichiara:
¿verdad? Hice Fando y Lis, El laberinto, Los dos verdugos. Era el momento
en que yo he sufrido más físicamente –no moralmente– de mi vida. Me
operaron de pulmón12.
L‟essere figlio di un padre “rosso”, condannato a morte per “ribellione” e di una
madre conservatrice, che se non arrivò a denunciare il marito13 al governo
spagnolo, quanto meno non lo sostenne moralmente durante il carcere, cercando,
inoltre, di cancellarne il ricordo nella memoria dei figli, indusse Arrabal ad un
esilio forzato. A Parigi però l‟autore scoprì un ambiente estremamente favorevole,
poiché la città, fucina di iniziative artistiche, lo accolse con entusiasmo,
10
F. Cantalapiedra, F. Torres Monreal, El teatro de vanguardia de Fernando Arrabal, Kassel,
Édition Reichenberger, 1997, p. 27.
11
Analoghe affermazioni si ritrovano anche nell‟intervista concessa da Arrabal ad Alain Schifres
nel 1969 (A. Schifres, Entretiens avec Arrabal, Paris, Éditions Pierre Belfond, 1969).
12
A. y J. Berenguer (edd.), Fernando Arrabal, Madrid, Editorial Fundamentos, 1979, pp. 56-57.
13
“Elle n‟a pas dénoncé son mari (comment l‟aurait-elle pu? Le 17 juillet 1936, le pronunciamento
la surprit elle-même). Mais elle ne l‟a pas défendu ni aidé à supporter l‟épreuve de la prison. Au
contraire, ses lettres étaient si cruelles que le directeur du pénitencier dut intervenir” (B. Gille,
Fernando Arrabal, Paris, Éditions Seghers, 1970, p. 8, nota 2).
5
mostrandosi indulgente nei confronti delle sue provocazioni e del suo stuzzicante
anticonformismo.
Negli anni ‟20 a Parigi era nato il Surrealismo che, attraverso il lavoro di gruppo,
propugnava la trasformazione della realtà. Le “chiacchierate”, fra coloro che
aderivano al movimento, avevano luogo dalle ore 18.00 alle ore 19.30 in punto di
ogni pomeriggio, presso la Promenade de Venus e le riunioni erano presiedute da
André Breton. Arrabal presto si sentì attratto da tale mondo, dove fu introdotto da
Jodorowsky agli inizi del 1962. Va precisato che Jodorowsky, nel momento in cui
nel novembre del 1961 si cimentò con il montaggio dell‟opera arrabaliana Fando
y Lis, al Teatro de Los Compositores a Città del Messico, non conosceva ancora
l‟artista spagnolo. L‟incontro ebbe luogo grazie al pittore Alberto Gironella14, il
quale si era casualmente imbattuto in Arrabal ad una sua esposizione a Saint
Gérmain de Près nello stesso 1962. Quest‟ultimo lasciò il proprio numero
telefonico e indirizzo sul catalogo di Gironella, ragion per cui il pittore, amico di
Jodorowsky, poté poi, da mediatore occasionale, farli incontrare.15 Nello stesso
anno anche Jean Benoît suggerì ad Arrabal di chiedere a Breton la possibilità di
partecipare ad una delle riunioni surrealiste. Breton, che frequentava da tempo
Jodorowsky, accolse Arrabal con estrema cortesia: “Je pensais qu‟il ne nous
connaissait d‟aucune manière, mais à la fin de la séance, il s‟est approché de moi
et m‟a dit: Vous êtes le bienvenu: j‟étais accepté. J‟ai appris ensuite qu‟il avait lu
mes livres.”16
All‟inizio l‟impatto di Arrabal con l‟ambiente surrealista fu positivo; ben presto,
però, l‟eccessivo dogmatismo ideologico, politico e morale, l‟intransigenza di
Breton, evidente nelle espulsioni (ironicamente chiamate “excomuniones”, cosa
che gli valse il nomignolo di Papa Breton)17, lo condussero a prendere le distanze
dal circolo di Promenade de Venus:
Pour être vraiment surréaliste, il fallait se rendre tous les soirs libres aux
réunions, de 18 h à 19 h 30, et il était rare que Breton ne fût là avant les
autres. Ne le faisant pas, j‟étais considéré comme un sympathisant. J‟ai fini
14
Pittore messicano (1929-1999), “poeta” delle immagini visive, concepisce il quadro non solo
come una composizione plastica, bensì come metafora delle proprie ossessioni, sogni, paure e
desideri: il quadro è uno specchio che sfigura e trasfigura le immagini, si trasforma in poema e si
offre allo spettatore come un insieme di metafore intrecciate.
15
A. Bertoli. Panico!..., cit., p. 103.
16
A. Schifres, Entretiens…, cit., p. 90.
17
F. Cantalapiedra, F. Torres Monreal, El teatro de vanguardia…, cit., p. 276.
6
par couper totalment les relations. J‟avais très peur d‟être rangé parmi un
groupe, même d‟élite18.
Vale la pena citare due episodi che contribuirono ad accrescere l‟insofferenza di
Arrabal nei confronti dei surrealisti. Il primo ha come protagonista una donna
quarantenne, desiderosa di partecipare ad una delle celebri riunioni:
Breton s‟addresse à elle, et lui dit: “ Vous ne pouvez pas rester ici; ce n‟est
pas un lieu public”. Et la femme répond: “Mais moi j‟adore le Surréalisme.
Laissez-moi rester. – Madame, dit Breton, ici ne reste pas qui veut!”. A ce
moment-là, la femme se braque. Elle était là de toute évidence par amour du
surréalisme, mais on ne pouvait participer aux travaux du Café Surréaliste
que sur invitation. “Allez-vous en, sale ivrognesse! S‟écrie Breton. –
Ivrognesse ou pas, j‟y suis, j‟y reste!”. André Breton, le Pape du Surréalisme,
fait appel à la police pour mettre la femme à la porte. Et vous imaginez le
spectacle, nous tous, réunis autour de Breton, et cette femme toute seule. La
police n‟aura pas le temps d‟arriver et l‟incident va finir d‟une façon
épouvantable. Une des Surréalistes prend une bouteille de Schweppes, l‟agite
et veut en asperger la perturbatrice. Mais elle la manque, et, à la place,
inonde Breton. Quant à la femme, elle a une réaction inattendue. Elle était
tellement cabrée qu‟elle dit: “Et bien, au revoir, je m‟en vais. Allez tous vous
faire foutre!”19.
Il secondo episodio riguarda un poeta, un ex-surrealista, colpevole di aver
criticato il movimento attraverso un articolo apparso sulla gazzetta letteraria Arts:
Cet artiche fut considéré comme una trahison et, le soir même de la parution
de l‟article, il se trova trois Surréalistes pour monter une expédition punitive
contre le malheureux poète, qui était très vieux. Ils en profitèrent pour lui
détruire aussi quatre tableaux qui étaient dans son appartement. Tout cela fut
fait à l‟insu de Breton, mais lorsqu‟il apprit l‟incident le lendemain, il le
couvrit de son autorité, comme Richelieu de sa robe rouge. Vous imaginez
l‟intolérance que cela révèle!20.
Il desiderio di prendere le distanze dal gruppo portò il nostro autore e i suoi due
amici, Topor e Jodorowsky, a formare un nuovo sodalizio che definirono anti-
movimento: il Panico.
18
A. Schifres, Entretiens..., cit. p. 90.
19
A. Chesneau, A. Berenguer, Entretiens avec Arrabal. Plaidoyer pour une différence, Grenoble,
Presses Universitaires de Grenoble, 1978, pp. 64-65.
20
Ibid., p. 65.
7
Nell‟antica Grecia il dio Pan rappresentava il demone dell‟incubo; abbandonato in
fasce dalla madre, la ninfa Driope, spaventata dal suo corpo caprino e dal suo
volto barbuto, fu raccolto da Hermes, avvolto in una pelle di lepre, condotto e
festeggiato nell‟Olimpo21. Per capire Pan bisogna fare un percorso che va
dall‟intelletto all‟immaginazione, popolata da immagini tangibili e sensoriali. Pan
rappresenta la coscienza dell‟uomo, spogliata della propria natura artificiosa e
nutrita dall‟istinto. Ecco perché quelle che possono sembrare azioni vergognose,
come la masturbazione, il sesso, il sadomasochismo, o la scatologia, sono invece
attività istintuali, osservate con estrema sensibilità nell‟universo del dio Pan.
Pan in greco significa “tutto”; pertanto ogni aspetto della vita, ogni singolo
evento, qualsiasi manifestazione tangibile o non, è degna di essere mostrata,
studiata ed apprezzata, persino il sordido.
21
Nel Dizionario di mitologia classica di Luisa Biondetti (Milano, Baldini e Castoldi, 1999), alla
voce Pan, si legge: «Dio greco della pastorizia, non appare né nei poemi omerici né in Esiodo.
Un‟etimologia popolare accosta il nome a pán („tutto‟) e lo innalza quindi a incarnazione
dell‟universo. Secondo l‟Inno omerico a Pan, il nome gli sarebbe stato dagli dei perché rallegrava
„tutti‟ e si dice che Pan era figlio di Ermes e della Ninfa della quercia. Da altri l‟accostamento a
pán viene fatto risalire al concepimento di Pan: Penelope si sarebbe unita a „tutti‟ i pretendenti e
avrebbe partorito Pan. Anche Apollodoro riferisce che Penelope era la madre di Pan: Alcuni
dicono che Penelope fu sedotta da Antinoo e che per questo Odisseo la rimandò dal padre Icaro e
che poi Penelope andò in Arcadia, presso Mantinea dove, unitasi a Ermes, partorì Pan. Nella
Biblioteca Apollodoro dice invece che Pan era figlio di Zeus e Ibris, in Erodoto Pan è nato da
Penelope e Ermes, come dicono i Greci. Anche in Cicerone Pan è figlio di Ermes e di Penelope.
[…] Pan viveva in luoghi selvaggi, in grotte, boschi e presso sorgenti, dove spesso incontrava e
amava le Ninfe. Nell‟Inno omerico a Pan, come un caprone selvatico Pan si arrampica sulle rocce
fino alle cime nevose; nello Ione di Euripide la sua dimora è sulle Rocce Macre “traforate di
grotte”. Pan veniva rappresentato col muso e i piedi di capro (in epoca cristiana le sue forme
furono attribuite al diavolo). Si diceva che fosse inventore della siringa, dal nome di una Ninfa da
lui amata. La siringa era uno strumento a fiato composto di canne diseguali legate tra loro. Pan,
noto per la usa inesauribile sessualità, non dava pace a Ninfe e pastori, ma talvolta i suoi amori
non si realizzavano, perché le Ninfe riuscivano a sfuggirgli: Siringa si tramutò in canna, Pitis in
pino nero, Eco non si concesse. Ma spesso la sua insistenza aveva successo: tra le molte Ninfe che
gli corrisposero, ricordiamo Selene ed Eufeme, che da Pan ebbe un figlio, Croto. Siccome Eufeme
era la nutrice delle Muse, Croto divenne il loro fratello di latte. Anche i pastori erano insidiati da
Pan e, se gli approcci non avevano successo, Pan ricorreva alla masturbazione o si accoppiava con
le capre. […] Pan diffondeva il „panico‟; nel Reso, attribuito a Euripide, si trova il panico collegato
all‟intervento di Pan. Nel campo troiano si diffonde il panico, persino le sentinelle abbandonano i
loro posti ed Ettore si chiede se non sia stato Pan a provocarlo. […] Spesso nell‟iconografia e nei
testi troviamo Pan che accompagna le danze delle Ninfe, talvolta affiancato da Dioniso. […]
Interessante è l‟episodio della morte di Pan, narrato da Plutarco, soprattutto perché commentatori
cristiani vi hanno visto simboleggiata la fine degli dei pagani. Plutarco riferisce la storia,
raccontata da un testimone che “non era né uno sciocco, né un imbroglione”: il retore Emiliano.
Costui si trovava su di una nave che lo portava in Italia; quando la nave costeggiò l‟isola di Paxo si
sentì una voce che rivolgendosi a Tamo, il pilota, gli intimava di annunciare: “il grande Pan è
morto”. L‟imperatore Tiberio, a cui giunse la notizia, ordinò di indagare e “i filologi di corte
congetturarono che si trattasse del figlio di Ermes e Penelope”. In origine Pan fu onorato in
Arcadia, ma il suo culto si diffuse in tutta la Grecia, e dalla Grecia passò in Sicilia e in tutta
l‟Italia. Nel mondo romano Pan è spesso identificato con Fauno e Silvano, o si accompagna a loro.
Ovidio nelle Metamorfosi nomina più volte Pan e una volta nomina “i Pan”, al plurale, con “le
corna cinte di rami di pino”».
8
Il principio della pan-estetica era quindi il concetto basilare dell‟azione artistica
dei fondatori del “movimento” Panico. Si poteva parlare di tutto: filosofia,
scienza, scacchi, pittura, poesia, letteratura, cinema, musica, pornografia, politica,
matematica, poiché tutto è arte. Esisteva dunque un motto panico che consisteva
nel “prendre des materiaux considérés comme méprisables et les élever à la
dignité de l‟art. Et en même temps, parallèlement ou vice-versa, prendre l‟art pour
le réduire à rien”22.
Nonostante ci fosse stato un punto di partenza comune fra i tre fondatori del
Panico, appunto quello della “pan-esteticizzazione”, gli obbiettivi furono
comunque diversi: per Arrabal ed anche per Topor, l‟arte entra nella vita e se ne
impossessa, per Jodorowsky è l‟esatto contrario, è la vita che entra nell‟arte,
appropriandosene.
Panico è un atteggiamento, un pensiero. Nulla lega i suoi fondatori, nulla li
accomuna se non quel momento, e quella contingenza e quell‟esercizio pan-
estetico:
Je proclame dès maintenant que “panique” n‟est ni un groupe ni un
mouvement artistique ou litteraire; il serait plutôt un style de vie. Ou, plutôt,
j‟ignore ce que c‟est. Je préférerais même appeler le panique un anti-
mouvement qu‟un mouvement. Tout le monde peut se dire panique, se
proclamer créateur du mouvement, écrire “la” théorie panique. Chacun peut
affirmer qu‟il fut le premier à avoir l‟idée de panique, à inventer le nom, à
créer une accadémie panique ou à se nommer président du mouvement23.
Su questa impossibilità di definizione del Panico poggia la labile condivisione di
contenuti da parte di Arrabal, Jodorowsky e Topor nella decade che va dal 1962 al
1972, anno in cui si è soliti mettere il punto finale a questa esperienza. Si parla,
quindi, di iniziative individuali, qualificate come interventi panici. Si tratta di
performances pubbliche, invenzioni di Jodorowsky, Arrabal o Topor, come ad
esempio il Melodramma Autosacramentale, svoltosi all‟Istituto Americano di
Parigi nel 1965, a cui Arrabal e Topor parteciparono solo come spettatori,
fornendo, il primo, un testo, ed otto disegni il secondo. A tale proposito
Jodorowsky dichiarò in seguito:
Di fatto loro dovevano partecipare, però quattro ore prima dello spettacolo
mi avvertirono che non sarebbero venuti. Ho dovuto sostituirli al volo. Poi si
22
A. Chesneau, A. Berenguer, Entretiens avec Arrabal. Plaidoyer...,cit., pp. 36-37.
23
F. Arrabal, Le Panique…, cit., p. 53.
9
discolparono, chiamandosi uomini senza fede. Ci abbiamo riso sopra e la
nostra amicizia è continuata24.
Tali invenzioni venivano chiamate “effimeri panici”, in seguito definiti dagli
americani come happenings. L‟effimero panico e l‟happening non sono però la
stessa cosa. Nell‟happening agli spettatori viene chiesto di partecipare, diventando
loro stessi protagonisti, e il risultato sfocia nello scherzo, nella farsa.
Nell‟intervista rilasciata a Chesneau e Berenguer nel 1978, Arrabal dichiara:
Les happenings se déroulaient ainsi. Une fois la pièce finie, on demandait à
ceux des spectateurs qui le voulaient bien de rester dans la salle, avec les
acteurs, on les faisait monter sur la scène et on les faisait jouer. C‟est-à-dire
qu‟on leur donnait des indications à suivre. C‟était des ordres très insolites
comme: “fouettez-vous, embrassez-vous, racontez vos rêves, etc..” Les
spectateurs en cagoule suivaient méticuleusement nos ordres. Nous, nous
espérions toujours qu‟une fois cette mise en train terminée, ils finiraient par
vouloir se débarrasser de leur drame personnel et qu‟ils se mettraient à le
jouer devant tout le monde. Et bien, rien de tout cela n‟arrivait. Le happening
ne débouchait jamais sur l‟improvisation espérée, ce qui se passait presque
toujours, c‟est qu‟à force certains commençaient à s‟impatienter et enlevaient
leurs cagoules. Les autres les imitaient petit à petit, puis, à un moment donné,
tout le monde applaudissait. Le spectacle était fini. Rideau. Finita la
commedia. Sans que les gens aient rien compris!25
Nell‟effimero panico si assiste invece ad una sorta di auto-sacramental, dove tutto
viene realizzato nel minimo dettaglio.
Negli effimeri, al pubblico veniva detto “Esto es único. No va a suceder otra
vez”26. Frutto di prove e preparazione, gli effimeri panici erano testimonianza
dell‟eccesso, esattamente come nella vita l‟esagerazione trasgressiva è l‟eccesso
che trascende l‟uomo. Lo scopo di tali rappresentazioni era “convertirse en
insecto: el efímero es un insecto que nace por
anochecer”27.
Arrabal, pur tentato di sperimentare l‟happening, si rifiuta di spezzare la relazione
tradizionale tra pubblico e scena teatrale, ossia si rifiuta di rompere con una
comunicazione a senso unico: “je voudrais que le spectateur soit là comme un
24
A. Bertoli, Panico!..., cit., p. 125.
25
A. Chesneau, A. Berenguer, Entretiens avec Arrabal. Plaidoyer…, cit., pp. 38-39.
26
<http://www.arrabal.org/5-12arrabal.pdf>.
27
Ibid.
10
hereux coupable…..quand un spectateur monte sur scène, cela coupe la
communication si le spectateur n‟y est pas en pleine liberté, comme un
somnambule”28.
Negli effimeri panici il senso dell‟orrore viene vinto con l‟orrore stesso: veder
materializzata una situazione che suscita paura è il rimedio per sublimare la paura
stessa. Così sosteneva Jean-Pierre Kalfon nel film Week-End di Godard29, film in
cui viene ripresa ed adattata una scena tratta da un effimero panico realizzato da
Jodorowsky in collaborazione con Arrabal e Topor, in cui due oche venivano
decapitate: “Je refuse absolument l‟ideé de tuer une bête. Et en même temps, il
fallait que ce soit fait. C‟était plus fort que moi…Peut-être justement pour montrer
quelque chose qu‟il ne fallait pas faire.”30. Per Arrabal non esiste alcuna ragione
capace di motivare l‟accaduto, ma il senso dell‟orrore era direttamente
proporzionale al desiderio di vedere lo stesso orrore materializzato su di un
palcoscenico.
L‟effimero panico è una sorta di micro-cerimonia durante la quale viene lasciato
campo libero all‟inconscio e in cui tutte le facoltà dell‟anima possono esprimersi.
Quando si assiste alla celebrazione della cerimonia e sopraggiunge il caso, viene a
crearsi una circostanza magica, per cui l‟uomo ignaro di ciò che sta accadendo e
sopraffatto dalla sorte, compie gesti inimmaginabili. Tale momento è irripetibile,
di conseguenza deve essere colto e sfruttato all‟eccesso, ai limiti della follia:
Je me souviens du moment où une fille a fouetté Jodorowsky. C‟était prévu.
Son premier coup de fouet avait été faible, les trois suivants ont laissé des
traces terribles sur le dos de Jodorowsky. Elle était déchaînée, elle ne pouvait
plus s‟arretêr. Alors est survenu un moment extraordinaire. Jodorowsky s‟est
levé comme un crucifié qui se libérait de son crucifiement. Il a pris les
mamelons de la fille et les a tordus. Rien de tout cela n‟était preparé ni
voulu31.
Momenti effimeri magici, singolari, spettacolari, e ancora capacità camaleontica
dei protagonisti e spirito di adattamento:
Je préfère ces rencontres fugitives, ces brassages d‟idées, ces fuites et ces
retours. Les péripéties sont au théâtre très importantes. Quand il faut
28
A. Schifres, Entretiens…, cit., pp. 78-79.
29
Ibid., p. 80.
30
Ibid., p. 81.
31
Ibid., p. 82.