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Ed infine, come mai una persona che ha visto un film al nostro
fianco, a distanza di tempo lo ricorda perfettamente, e noi invece,
quasi non lo ricordiamo affatto? Oppure noi ricordiamo alcuni
particolari che l’altra persona aveva completamente rimosso e
viceversa?
Quale occasione se non questa, poteva permettermi di dedicarmi
alla ricerca delle risposte a questi quesiti?
È facile intuire che il mio studio sfocerà in ben diverse aree di
interesse, la psicologia (e la psicofisiologia), la semiotica, i mezzi di
comunicazione di massa, la sociologia, la comunicazione visiva e,
perché no, il marketing (che pare presente ovunque).
Cercherò in altre parole di dare una spiegazione a quello che a volte
ci viene giustificato con un semplice “è solo un film!” molto simile a
“era solo un sogno!”. Vedremo infatti che la “cattura”
cinematografica ha molte similitudini con quella onirica.
Sperimenterò poi applicando (e svelando poi) alcuni “trucchi”
cinematografici ad un audiovisivo da me ideato e realizzato. Cercherò
infatti di tradurre in suoni ed immagini, quindi in un audiovisivo, un
poema.
Ho ritenuto fondamentale concentrare il mio studio sulla visione
cinematografica distinguendola dalla “semplice” visione filmica,
poiché la visione cinematografica possiede, per ragioni che vedremo
nel corso del mio studio, sempre più “potere” rispetto al mezzo
televisivo, mezzo che scade sempre più nella disinformazione e nelle
continue interruzioni pubblicitarie. Quest’ultime colpevoli di cattive
visioni filmiche.
Il mio percorso di studio, si svilupperà quindi, nel primo capitolo, in
un dovuto viaggio a ritroso, alla ricerca delle origini del cinema e
8
quindi della tecnica cinematografica, scoprendo i suoi primi effetti sui
(fortunati) primi spettatori cinematografici. Successivamente cercherò
di scoprire ed analizzare come questa “arte del XX secolo” si sia
sviluppata sino ai giorni nostri.
Nel secondo capitolo invece, analizzeremo come il cinema si
inserisce nella realtà sociale. Il cinema quindi come “specchio del
tempo”, come intrattenimento “distraente”, e come veicolo della
comunicazione sociale. Valuteremo gli influssi del cinema nella
società e gli influssi della società nel cinema. Analizzeremo i rischi e
le componenti indispensabili nel rapporto cinema/spettatore.
Il terzo capitolo (senza ombra di dubbio il cuore di questo lavoro),
svilupperà e approfondirà gli effetti ed i poteri della visione
cinematografica. Uno degli effetti più rilevanti sarà senz’altro il
fenomeno dell’identificazione e della partecipazione alla visione
filmica. Analizzeremo quindi, quelle particolari similitudini tra la
visione filmica e la visione onirica. Le differenze individuali nel
coinvolgimento e nel ricordo.
Infine il quarto ed ultimo capitolo, approfondirà e destrutturerà le
peculiarità del mezzo cinema. Il suo linguaggio, i suoi codici, il
simbolico e scoprendo il fondamentale contributo della tecnica e del
movimento.
È facile dedurre che lo spettatore di cinema, ha quindi con il film
delle vere e proprie “relazioni d’oggetto”.
Nel mio studio è stato opportuno, richiamare alcuni dati di grande
importanza, dati che preesistono al mio intervento e appartengono alla
storia del movimento psicoanalitico.
La nozione di “relazione d’oggetto” relazione fantasmatica, ben
distinta dalle relazioni reali con oggetti reali, costituisce e si inserisce
interamente all’interno di ciò che è la dimensione dell’immaginario.
9
La nostra difficoltà, la stessa di qualsiasi altro campo di indagine,
sarà di cogliere un po’ dettagliatamente l’articolazione intimamente
ramificata di questo immaginario con i contorni del significante, con
l’impronta semiotica della legge (quindi i codici cinematografici), che
segna ugualmente l’inconscio, e dunque le produzioni dell’uomo, fra
cui i film.
10
La nascita del cinema.
In parallelo con la posizione di studio che si apre osservando il
cinema del presente, è sempre utile, insieme, tornare alla nascita, alle
origini, del cinema. Superando l’accusa di fare mera filologia –
essendo questa, peraltro, essenziale, se non necessaria, a ricostruire gli
eventi, le fenomenologie, gli accadimenti nelle loro scansioni
documentabili.
Le origini contano, dal nostro punto di vista, anzitutto per il fatto
che in esse si possono rivelare strutture, fondamenti che hanno
fortemente condizionata la natura del medium.
Ricostruiremo l’evolversi delle tecniche e dell’accettazione da parte
della società di questo nuovo mezzo di espressione. Ripercorrendo il
percorso e le vicissitudini che hanno permesso l’affermazione di
questo mezzo nei giorni nostri, consacrando l’arte cinematografica
l’arte dello scorso secolo.
1.1. I primitivi macchinari che ci permettono di giungere al
cinematografo.
L’arte del film è l’unica del cui sviluppo siano stati testimoni sin dai
suoi inizi uomini tuttora viventi, e questo sviluppo è tanto più
interessante in quanto ebbe luogo in condizioni senza precedenti. Non
è stata una necessità artistica a provocare la scoperta e il graduale
perfezionamento della nuova tecnica – osserva Sadoul
1
- ma
1
Sadoul G., Storia del cinema mondiale vol I (Paris: Hermann, 1967);
11
un’invenzione tecnologica a provocare la scoperta e il graduale
perfezionamento di una nuova arte.
Da ciò si deduce che alla base primordiale del divertimento
suscitato dal cinema non c’era un interesse oggettivo per un soggetto
specifico, tanto meno un interesse estetico per la presentazione
formale di un soggetto, ma il semplice piacere nel fatto che le cose
sembravano muoversi, indifferentemente da cosa fossero.
Il cinematografo, facendo scorrere davanti ai nostri occhi
ventiquattro (un tempo sedici) immagini al secondo, riesce a darci
l’illusione del movimento, perché le immagini che si formano sulla
nostra retina non scompaiono istantaneamente. Questa particolarità o
imperfezione dei nostri occhi, la "resistenza retinica" è un fenomeno
rilevato già dagli antichi (XVII/XVIII sec.), grazie al quale
percepiamo un tizzone agitato in una linea di fuoco.
Bisogna tuttavia giungere ai lavori di Roget, per avviarsi sulla
strada che conduce al cinema.
I primi primitivi macchinari risalgono al 1830, ma erano dispositivi
ancora troppo primitivi per considerarli i primi strumenti del cinema.
Erano stati comunque intuiti sia per la
riproduzione sia per la registrazione il
principio stesso del cinema.
A Vienna, Parigi e Londra, questi
apparecchi escono dai laboratori di fisica
per diventare giocattoli, e vengono
descritti minuziosamente nel 1851 da
Baudelaire, il quale si lamenta che, per il costo troppo elevato, essi
siano privilegio di pochi. Horner, da loro una forma nuova con lo
zootropio (1834), che porta una serie di immagini su una striscia di
cartone, e preannuncia vagamente il vero e proprio film. Questi
Figura 0 La prima macchina
fotografica
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apparecchi avrebbero potuto già da soli dar vita al moderno cartone
animato. Le immagini animate furono i più lontani antenati del
cinema, i primi balbettamenti di un nuovo
linguaggio.
Il taumatropio del 1825 era, nella sua
forma più classica, un disco di cartone su
cui era raffigurato da una parte un uccello e
dall’altra una gabbia. Purtroppo ancora non
può parlarsi di cinema ma solo di
“giocattolo”. Ebbe comunque molto successo, e questi soggetti
elementari venivano litografati accuratamente a colori.
Nei negozi di Londra, Parigi o Vienna era quindi facile trovare un
cavaliere e la sua cavalcatura, un decapitato e la sua testa, una coppia
di sposi, una parola divisa in due, una ballerina e il suo cavaliere, un
cacciatore con la sua selvaggina, ecc. che il taumatropio (fig. 3),
girando in fretta, riuniva in un’unica immagine.
Primi passi del cinema
scientifico applicato
all’insegnamento, bisognava però
limitarsi a soggetti con un
movimento semplice e che potesse
ripetersi all’infinito, a circolo
chiuso, come dicono oggi gli
specialisti del disegno animato. Un
cavallo nell’atto di saltare, un cane
ammaestrato, un equilibrista, una ballerina, una coppia di danzatori,
una coppia di pugili, due lottatori, una coppia di duellanti, due
pompieri al lavoro, un ladro e un poliziotto, due pagliacci ecc. furono i
Figura 1 Il dagherotropio
Figura 1 Il taumatropio
13
soggetti più ricorrenti
2
.
1.2. Il fondamentale apporto della fotografia e le nuove tecniche.
Ma perché nascesse il cinema propriamente detto bisognava
adoperare la fotografia. Plateau lo preconizzò intorno al 1845, ma non
poté intraprendere lavori concreti: le sue ricerche appassionate lo
avevano condotto alla cecità. E anche se allora si fossero seguiti i suoi
consigli, si sarebbero incontrate difficoltà tecniche insormontabili.
Il cinema infatti presuppone l’istantanea. Oggi la fotografia ha
universalizzato questo concetto, ma non lo si sospettava nel 1839.
La prima fotografia di
Niepce (fig.4), del 1823, La
tavola apparecchiata, aveva
richiesto quattordici ore di
posa. I primi dagherrotipi
furono nature morte o
paesaggi, nel 1839 era
ancora necessaria una posa che durava più di mezz’ora. A quel tempo
non ci si stupiva di tale lentezza: la fotografia era per tutti una nuova
forma di disegno, il modo di fissare chimicamente le immagini da
quelle camere oscure impiegate dagli artisti sin dall’inizio del
Rinascimento.
Dopo il 1840 il tempo di posa scese a venti minuti, nel 1851 erano
sufficienti uno o due minuti. Successivamente il tempo di posa si
ridusse a pochi secondi, e presto una nuova professione artigianale,
quella del fotografo, conquistò decine di migliaia di persone.
Nei laboratori, dal 1851 in poi, vennero realizzate le prime
2
Gubern R., Storia del cinema (London: Methueu & Co., 1972);
Figura 1 La tavola apparecchiata
14
fotografie animate. Tutti i realizzatori o ricercatori, non poterono
ottenere vere riprese, cioè impressionare una decina di immagini
durante il secondo in cui si compiva il movimento. Furono perciò
costretti a ricorrere all’espediente delle “pose successive”. Se si
voleva rappresentare un uomo nell’atto di abbassare un braccio, lo si
fotografava prima col braccio alzato, poi, dopo aver ricaricato
l’apparecchio, lo si fotografava di nuovo col braccio leggermente più
basso e così di seguito. Procedimento imperfetto, ma che già prima del
1870 permise di preannunciare i futuri usi del cinema e alcune delle
sue tecniche (nel breve audiovisivo che presenterò ho utilizzato
proprio questa tecnica, tornata di gran moda negli ultimi anni in
particolar modo nella realizzazione di videoclip musicali).
Un miliardario californiano, Leland Stanford, arricchitosi con il
commercio e con le ferrovie, aveva fatto una scommessa sull’andatura
e l’atteggiamento di un cavallo al galoppo così come li descriveva nel
1868 l’esperto francese Marey. Quel tipo bizzarro spese una fortuna
perché Muybridge potesse costruire la straordinaria apparecchiatura
che descriviamo: lungo una pista su cui correvano alcuni cavalli erano
sistemate ventiquattro cabine, delle camere oscure nelle quali
ventiquattro operatori dovevano preparare, a un determinato segnale,
ventiquattro lastre di collodio umido (dato che con tale procedimento
le lastre cessano di essere sensibili dopo pochi minuti, appena
asciugatesi). Una volta caricati i ventiquattro apparecchi, si lanciavano
i cavalli sulla pista, e questi si fotografavano da soli spezzando i fili
disposti sul percorso. Occorsero parecchi anni (1872-1878) per
perfezionare questa tecnica, poiché si commisero errori pittoreschi (si
adoperarono cordicelle troppo resistenti, che provocarono la caduta
generale delle cabine, degli apparecchi, delle lastre e degli operatori).
Dopo il 1878, le fotografie fatte in California furono pubblicate in
15
tutto il mondo, e provocarono l’entusiasmo di tutti i ricercatori
scientifici e l’indignazione degli artisti accademici, secondo i quali “la
fotografia falsava la realtà” (tema questo che riprenderemo più
avanti).
Nel 1882, si riusciva finalmente ad ottenere facilmente l’istantanea
con prodotti già preparati che si conservavano sensibili per parecchi
anni. Nell’ottobre del 1888 le prime riprese su pellicola.
Poco dopo che fu presentata la prima pellicola all’Academie des
Sciences, Leprince e Friese Greene ottennero in Inghilterra risultati
identici (1888- 1890). Riuscirono a proiettare le loro pellicole sullo
schermo, in laboratorio o nel corso di una dimostrazione occasionale,
come del resto fece in seguito anche Marey.
Reynaud costruì nel 1888 il teatro ottico (utilizzando pellicole
perforate) con l’aiuto del quale poter dare, dal 1892 in poi e per più di
dieci anni, al Museo Grevin di Parigi, i primi lunghi spettacoli
pubblici di disegni animati a colori proiettati su schermo. Il
programma era composto da pellicole che duravano dieci o quindici
minuti ognuna.
Nella stessa epoca, Edison fece giungere il
cinema ad una tappa decisiva creando il film
moderno di 35mm, con quattro paia di
perforazioni per ogni immagine.
Edison rifiutò di far proiettare
pubblicamente sullo schermo i suoi film,
sostenendo che si sarebbe uccisa così “la
gallina dalle uova d’oro” poiché il pubblico,
secondo lui, non aveva alcuna possibilità di
interessarsi al cinema muto. Essendo fallite le sue ricerche di un
cinema sonoro, con proiezioni di personaggi a grandezza naturale, egli
Figura 5, Praxinoscope
theatre
16
decise di porre in commercio nel 1894 i suoi cinematoscopi,
apparecchi a lente, grosse casse contenenti pellicole perforate di 50
piedi.
Quasi subito, in tutti i paesi del mondo decine e decine di inventori
tentarono di proiettare questi film su schermo. Non avevano che da
risolvere un problema teoricamente semplicissimo: far scorrere quelle
pellicole in una lanterna magica, animandole con un movimento
discontinuo per mezzo di dispositivi meccanici classici. Avrebbe vinto
questa corsa all’invenzione chi per primo fosse riuscito a dare una
serie di rappresentazioni pubbliche a pagamento, dato che dopo il
1888 le proiezioni di laboratorio e le dimostrazioni pubbliche isolate
erano state numerose.
Fondamentale per la futura cinematografia fu l’apporto di Ducos
che, con quarant’anni d’anticipo e con mirabile precisione, enumera i
soggetti che, poco prima del 1900, segneranno il successo dei più
celebri film di Edison, Lumière o Pathè. Ma l’inventore non si ferma
qui, seppe anche prevedere alcune delle più importanti applicazioni
del cinema:
“Grazie ai miei apparecchi si possono inoltre conseguire effetti
assai curiosi o divertenti, che mi limito ad elencare:
Condensare in alcuni istanti una scena durata in realtà un notevole
spazio di tempo. Ad esempio: la crescita degli alberi, delle piante e
tutti i fenomeni della vegetazione; il trapasso da una stagione all’altra;
la costruzione di un edificio o addirittura di un’intera città; il
succedersi delle età in uno stesso individuo; la crescita della barba o
dei capelli, (quella che oggi definiamo tecnica a passo uno) ecc.;
Inversamente, far avvenire con lentezza le trasformazioni che, per
la loro rapidità, l’occhio talvolta non può percepire;
17
Rovesciare l’ordine di svolgimento di una scena o di un fenomeno,
cioè cominciare con la fine e terminare col principio;
Riprodurre il moto degli astri e i mutamenti che avvengono allo
loro superficie.”
Ducos preannunciava così il rallentatore, l’accelerazione, i trucchi,
la cinematografia astronomica. Da notare tuttavia che queste
osservazioni erano in anticipo di mezzo secolo sul loro tempo e non
erano soltanto frutto della sua immaginazione.
1.3. Le prime proiezioni cinematografiche.
Nel 1895, le prime rappresentazioni del cinema si moltiplicarono. I
loro realizzatori non si conoscevano quasi mai tra loro, cosa che
doveva provocare in seguito interminabili controversie su
“l’invenzione del cinema”.
Negli Stati Uniti, dove erano stati venduti i primi cinematoscopi,
seguirono una serie di spettacoli ma purtroppo tutti con mediocre
successo. Poco dopo, la Germania scoprì le proiezioni di Anschiitz e
di Max Skladanowsky. Ma nessuno di questi spettacoli ottenne il
successo enorme che riportò il Cinematographe Lumière, a partire dal
28 dicembre 1895, al Grand Café del boulevard des Capucines a
Parigi.
Louis Lumière, che insieme al padre e al fratello dirigeva
un’importante fabbrica di prodotti fotografici a Lione, aveva
cominciato i suoi studi fin dall’arrivo in Francia dei primi
cinematoscopi (1894). Aveva costruito da sé un cronofotografo. Dopo
diverse dimostrazioni pubbliche, Lumière fece fabbricare il suo
18
cinematografo – a un tempo macchina da presa, proiettore e macchina
da stampa – realizzando cosi un
apparecchio di gran lunga superiore a
tutti gli altri concorrenti. La sua
perfezione tecnica e la novità
sensazionale dei soggetti dei suoi film ne
assicurarono il trionfo universale.
Decine di operatori, addestrati da
Louis Lumière, diffusero il suo
apparecchio in tutto il mondo, imponendo
quasi ovunque la parola cinematografo
(donde i suoi derivati: cinema, cine, kino,
ecc.) per designare questo nuovo tipo di
spettacolo.
Lo zar, il re d’Inghilterra, la famiglia
imperiale austriaca e tutti i regnanti
vollero vedere il nuovo apparecchio e ne
divennero gli agenti pubblicitari.
Negli Stati Uniti, le prime rappresentazioni del cinematografo
ebbero luogo poco tempo dopo quelle del vitascopio Armat-Edison,
ma il successo dell’apparecchio francese superò di gran lunga quello
del proiettore presentato dal grande inventore. Sei
mesi dopo, tuttavia, il cinematografo subì, prima in
America e poi in Europa, la concorrenza del
Biograph.
A Londra, William Paul era stato battuto di stretta
misura da Louis Lumière per le prime
rappresentazioni. Divenne quindi fabbricante di apparecchi e in
seguito regista.
Figura 6, Georges
Mèlies
19
In Francia, Melies esordì con un apparecchio William Paul, Leon
Gaumont lanciò il cronofotografo Demeny, mentre Charles Pathe
faceva costruire i suoi primi apparecchi da Henri Joly.
Alla fine del 1896, il cinema era definitivamente uscito dalla fase
sperimentale. Gli apparecchi brevettati si contavano ormai a centinaia.
Lumière, Méliès, Pathe e Gaumont in Francia, Edison e la Biograph
negli Stati Uniti, William Paul a Londra, avevano già gettato le basi
dell’industria cinematografica, e ogni sera migliaia e migliaia di
spettatori affollavano le sale oscure.
1.3.1. La figura umana non appare più come una marionetta. La fotografia
vivente.
Ho analizzato rapidamente in rassegna l’invenzione delle macchine
per introdurre la storia di un’arte: l’arte del film.
Nel 1877, Reynaud seppe ottenere, ciò che molti dei sui successori
non riuscirono a realizzare: personaggi disegnati che sono persone e
non caricature o figure impersonali da riviste di moda. E’ anche molto
lontani dall’amabile mostruosità di Topolino e di Paperino,
dall’insulsaggine di Biancaneve e del suo Principe Azzurro.
Poco dopo le prime rappresentazioni del teatro ottico, il fonoscopio
di Demeny, volgarizzando le esperienze di laboratorio di Marey,
aveva mostrato per la prima volta il ritratto animato di un uomo che
diceva: “Vive la France” oppure “Je vous aime”.
Le pellicole girate da Dickson potrebbero dirsi i primi veri e propri
film. La loro durata non supera i trenta secondi. Gli spettatori le
vedono attraverso una lente speciale che mostra delle immagini più
piccole di una cartolina. Questo programma fu applicato ai primi
cinquanta film del cinematoscopio. Le due dozzine di disegni
20
venivano sostituite molto semplicemente da un mezzo migliaio di
fotografie.
L’impiego stesso del primissimo piano basta da solo a dimostrare
che vediamo uomini e non più marionette. Quando il Professor
Sandow, ripreso in piano americano, contrae i muscoli, il viso e il
corpo acquistano tanta importanza che l’astrazione dello sfondo nero
scompare. Questa volta siamo proprio di fronte a una fotografia
vivente.
The Kiss of Afuy Trwiri and Johe C. fu il primo ad avere un
enorme successo. Preannunciava la classica conclusione di mille altri
a lieto fine. The Kiss ed il suo erotismo ingenuo ebbe pieno successo
nel vuoto creato dal cinematoscopio, per quest’ultimo si realizzavano
danze del ventre, spogliarelli e french-cancan, che attiravano una
particolare clientela di uomini soli. La moda del cinema a visioni
private dura tutt’oggi soltanto per questi “soggetti particolari”.
Questo genere di film precede soltanto di qualche mese le
proiezioni del vitascopio. Il più importante di questa nuova serie fu un
film colorato a mano dalla moglie di Kuhn, in cui si vedeva la
danzatrice Annabelle agitare lunghi veli. Con questo film il colore
entrò per la prima volta nel cinema.
I primi film (quelli del cinematoscopio), diretti da Dickson e poi da
Kuhn, non sono ancora molto interessanti e la loro qualità fotografica
è mediocre. Molti soggetti del cinematoscopio saranno ripresi nei
primi film destinati alla proiezione, ma il loro successo non potrà mai
paragonarsi a quello dei film del cinematografo.
I film sono quindi originariamente il prodotto di un’arte popolare
autentica (mentre, di solito, l’arte popolare deriva dalla cosiddetta
“arte colta”)
3
.
3
Frezza G., Cinematografo e cinema (Milano: Mondadori, 1974);