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Introduzione
Oggi ogni cosa cambia e si trasforma. Tra le sole cose che non mutano, troviamo
l’innegabile dato di fatto per cui donne e uomini sono differenti. La differenza tra i due
generi è determinata dal sesso biologico, da comportamenti e caratteristiche che li
identificano e con cui sono percepiti dalla società. Quando queste diversità diventano
l’unico movente di atti di abuso e maltrattamento, si è in presenza di una violenza di
genere. Con tale termine si va a delineare un fenomeno secolare, che affonda le proprie
radici nel sistema patriarcale. Nella società attuale il fenomeno del femminicidio si è
ormai inserito prepotentemente. Tramite tale neologismo si fa riferimento all’uccisione
di una donna in quanto appartenente al genere femminile e sottoposta alle pulsioni
incontrollabili degli uomini. Risulta importantissimo chiarire come il femminicidio non
sia semplicemente un neologismo, ma esso rappresenta una classificazione di qualsiasi
crimine di natura misogina e sessista compiuta a danno del genere femminile. Al
femminicidio sono correlati una serie di comportamenti violenti che portano la donna
non solo alla morte, ma anche al suo annientamento fisico, sociale e psicologico.
L’argomento preso in esame in questa tesi è molto vasto e ricco di sfaccettature, per tale
motivo l’elaborato è stato suddiviso in quattro capitoli. All’interno del primo capitolo si
è cercato di definire, a grandi linee seppur in modo dettagliato, i termini di violenza
prima e di femminicidio dopo, attraverso le definizioni dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS), di J.J.S. Wharthon (1948) e di molti altri autori italiani e stranieri.
Successivamente si è intrapreso un percorso per capire l’ancora, purtroppo, attuale
posizione secondaria della donna nella società e in tal senso si è analizzato come le
religioni e la letteratura abbiano influenzato le ideologie e le culture della società. In
seguito si è focalizzata l’attenzione sui dati di espansione del fenomeno nel mondo, in
Europa ed in Italia, osservando i numeri rilevati dall’Eures (EuropeanEmployment
Services), dall’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) e da altri Istituti, riportando anche
alcuni grafici inerenti all’argomento. Nel secondo capitolo, intitolato “Le diverse facce
della violenza”, si sono prese in esame le forme di violenza e il ciclo della stessa. Si
riporta, pertanto, il “Triangolo della Violenza” di Johan Galtung (1859) con la
distinzione tra violenza diretta, strutturale e culturale, incrociate con le quattro classi dei
bisogni primari. Successivamente si esaminano la violenza auto-inflitta, interpersonale e
collettiva, prese in considerazione dall’OMS (2002) e la differente natura della violenza
compiuta, che può essere fisica, sessuale, psicologica e dovuta a privazione o incuria.
5
Nel tempo le donne sono state e sono costrette a subire ogni tipo di violenza e oltre a
quelle sopra citate troviamo la più frequente e ripetuta, la violenza domestica, quel tipo
di abuso che avviene lì dove si pensa di essere al sicuro. In questo capitolo verranno
accennati anche il cosiddetto “Loto d’Oro” e il “Sati”, pratiche ormai cadute in disuso e
le ancora attuali “Vitriolage”, traffico di donne legate al circolo della prostituzione,
molestia sessuale e stalking. Alla fine di questo capitolo, si è analizzato, poi, il ciclo
della violenza, con cui si sono attenzionate le varie fasi cicliche di tensione, con pensieri
di natura ossessiva da parte dell’aggressore, di esplosione della violenza, con la
manifestazione della stessa e di riconciliazione, detta anche “Luna di Miele”. Nel terzo
capitolo sono state affrontate le tematiche riguardanti gli autori della violenza e le
vittime, soggetti passivi dell’aggressione. Si è posta l’attenzione soprattutto sui soggetti
che, in apparenza, conducono una vita normale e per questo insospettabili. Vari studi,
però, hanno dimostrato come l’attuazione della violenza da parte dell’uomo dipenda
dalla sua storia individuale, dalla sua personalità e da altri fattori come l’età o il reddito
limitato. L’analisi delle vittime di violenza, ha, invece, messo in luce le varie tipologie
di donne che, nella loro vita, hanno subito maltrattamenti, riportandone le peculiarità
che le caratterizzano. Nell’ultimo capitolo di quest’elaborato, il quarto, si è posta
l’attenzione su differenti riferimenti legislativi, italiani e non, che nel tempo si sono
successi e sono migliorati, in termini di salvaguardia e protezione delle donne, passando
per la “CEDAW”(Convenzione per l’Eliminazione di tutte le Forme di Discriminazione
contro le Donne), per la “Dichiarazione sull’Eliminazione della violenza contro la
donna” (ONU, 1993) fino ad arrivare alla “Conversione di Istanbul” (2011).
Successivamente si sono analizzate le azioni riguardanti la prevenzione del
femminicidio, con i vari movimenti, programmi ed iniziative volte a dire “Stop alla
Violenza contro le Donne” ed infine si sono riportati alcuni nomi di donne che, in
seguito alla violenza, non ce l’hanno fatta. Ancora oggi questi nomi sono
semplicemente dei numeri da riportare in caso di analisi statistica del fenomeno, numeri
su numeri, senza considerare che dietro questi numeri e questi nomi ci sono donne che
non possono più esprimere le loro idee, muoversi in base alle proprie necessità ed i
propri bisogni, donne che oggi hanno smesso di vivere per mano di un uomo. Esistono
ancora troppi nomi di donne e numeri troppo elevati di vittime che non ce l’hanno fatta
o che hanno subito violenza e oggi sono pronte a vivere la loro seconda vita.
Quest’elaborato si prefigge come obiettivo quello di analizzare il fenomeno del
femminicidio, in modo quanto più possibile completo, ponendosi come scopo quello di
aprire di più le coscienze. Una cultura diversa con una mentalità più aperta verso il
6
“sesso debole” ci permetterebbe, infatti, di leggere sempre meno nomi e di osservare un
dato statistico di molto inferiore, rispetto agli elevati dati attuali. Una cultura diversa ci
permetterebbe di vivere una vita differente, con propri ideali e propri percorsi senza, per
questo, subire ingiusti maltrattamenti e ci consentirebbe di osservare più episodi positivi
riguardanti il genere femminile e meno nomi.
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Capitolo 1: Violenza ed estensione del fenomeno
1.1 Definizione del termine “violenza” e del neologismo “femminicidio”
“Femminicidio è stata la caccia alla streghe, è la
persecuzione delle donne lesbiche, sono le mutilazioni
genitali femminili, è l’aborto selettivo in Cina, sono le
vedove bruciate insieme al marito morto in India, le
donne indù acidificate dalla famiglia del marito per
la dote poco consistente. Femminicidio è la violenza
domestica esercitata da padri, padroni, mariti, partner
e fidanzati, ex, che silenziosamente uccide e fa suicidare
milioni di donne nel mondo, è la morte vivente di quelle
donne che subiscono abusi in famiglia e non riescono
più a riprendere una vita normale.”
1
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la violenza come “l’utilizzo
intenzionale della forza fisica o del potere, minacciato o reale, contro se stessi, un’altra
persona, o contro un gruppo o una comunità, che determini o che abbia un elevato grado
di probabilità di determinare lesioni, morte, danno psicologico, cattivo sviluppo o
privazione”
2
.
La violenza, quindi, emerge quando un soggetto agisce, utilizzando la forza fisica o il
potere, con l’intento di causare lesioni fisiche e/o psicologiche ad una o più persone,
come, per esempio, nei casi di vandalismo,maltrattamento, percosse, stupro (OMS o
World Health Organization, 2002).
Nel 1996, l’Assemblea Mondiale della Sanità sollecitò l’OMS a stilare un’elaborazione
dei diversi tipi di violenza in base a chi la compie, ottenendo questa classificazione:
Violenza auto-inflitta: comportamento suicida, auto-abuso;
Violenza interpersonale: familiare e tra partner, comunità;
Violenza collettiva.
Questa classificazione fornisce un quadro universalmente accettabile per racchiudere le
diverse tipologie di violenza, pur non comprendendole tutte, e delinea, sia nella ricerca
che nella pratica, il confine tra le diverse forme di violenza (OMS, 2002).
1
Spinelli, B. (2008), Femminicidio. Dalla denuncia sociale al rinascimento giuridico internazionale,
Milano:FrancoAngeli.
2
Organizzazione Mondiale della Sanità (2002).Violenza e salute nel mondo. Rapporto
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,Quaderni di Sanità Pubblica, Milano: Cis Editore.
8
Ma la violenza, diversamente dal pensiero comune, non è sempre la perdita di controllo
da parte dell’aggressore con tutte le relative conseguenze dovute alle sue azioni. Spesso
l’aggressore compie una violenza, manifestando una chiara volontà ad incutere timore,
tramite l’aggressione, con lo scopo di dominare e controllare l’altro.
Emergono così numerose sfaccettature di ciò che una violenza può essere. Secondo gli
autori Gargiullo e Damiani (2013) si può avere negligenza psicologica (es., indifferenza,
continue dimenticanze, promesse non mantenute, freddezza), trascuratezza fisica (es.,
minimizzare o ignorare del tutto i problemi di salute fisica dell’altro, non preoccuparsi
sufficientemente della sicurezza familiare), oppure abuso psicologico/emozionale (es.,
umiliare, colpevolizzare, controllare azioni e decisioni, trattenere illecitamente
informazioni personali, sminuire, criticare, isolare, limitare l’autonomia), molestia
sessuale, violenza psicologica/emozionale. In questo tipo di violenze rientrano
l’ipercuria (cura eccesiva di un minore rispetto ai suoi reali bisogni fisici ed educativi),
la Sindrome di Munchausen (produzione e simulazione di sintomi fisici e/o psichici per
attirare su di sé l’attenzione altrui mediante continue ricerche cliniche e inutili ricoveri
ospedalieri), la Sindrome di Munchausen per procura (sottoporre una persona a
periodiche visite specialistiche per sintomi indotti o 10 inventati dal familiare
richiedente), la Sindrome di Ganser (frequente in detenuti in attesa di giudizio, ma
riscontrabile in soggetti isteroidi che simulano una patologia psichiatrica per costringere
l’altro, ad esempio, a non chiedere la separazione) e il Gaslighting (manipolazione
mentale, crudele e pianificata, agita con l’intento di minare nella vittima designata ogni
sua certezza e sicurezza).
Gli autori, precedentemente citati, continuano affermando che si possono avere anche
violenza economica (es., controllo delle entrate finanziarie), violenza fisica, stalking
(forma di aggressione psicologica, e non di rado anche fisica, messa in atto da un
persecutore che irrompe in maniera ripetitiva, indesiderata e distruttiva nella vita privata
della vittima con gravi conseguenze fisiche e psicologiche), mobbing: parentale o
incompatibilità ambientale, coniugale (delegittimazione di un coniuge da parte dell’altro
mediante ricorrenti offese ed umiliazioni sia in privato che in presenza di parenti, amici
ed estranei. Questo tipo di comportamento “mobbizzante” può spingersi a screditare la
vittima agli occhi dei figli al fine di “isolarla” dal contesto familiare e renderla
totalmente “inoffensiva”), genitoriale orizzontale (comportamenti persecutori, insidiosi
e persistenti, di un genitore separato, o in via di separazione, nei confronti dell’altro al
fine di impedirgli qualsiasi “interferenza” nella cura, nell’assistenza e nell’educazione
della prole) e genitoriale verticale (dall’alto verso il basso, quando un genitore, con
9
personalità immatura e dipendente, temendo di essere collocato in un ruolo marginale,
entra in competizione con il figlio adottando, nei confronti di quest’ultimo,
comportamenti ipercritici, svalutanti e umilianti). E infine, con o senza l’intento di
portare alla morte, si hanno l’omicidio ed il tentato omicidio (comportamento violento
che può causare, deliberatamente o meno, la morte di un familiare, del partner o dell’ex-
partner).
3
Anche se un comportamento può intrinsecamente includere più forme di
violenza, è opportuno cercare di individuare ugualmente quegli elementi, alcuni ripresi
dal nostro Codice Penale (Titolo XII- Dei delitti contro la persona), che potrebbero
agevolarci nel capire un comportamento violento. Bisogna, così, considerare il grado di
pericolosità del soggetto che compie l’atto e la premeditazione che ci potrebbero portare
ad una lettura differente dei comportamenti violenti.
4
Recentemente e sempre con più
frequenza, si è diffuso un termine che richiama ad una particolare tipologia di violenza:
la violenza di genere. Il termine in questione, “femminicidio”, evoca già da sé il suo
significato, intendendo con esso “qualsiasi forma di violenza esercitata
sistematicamente sulle donne in nome di una sovrastruttura ideologica di matrice
patriarcale, allo scopo di perpetuare la subordinazione e di annientare l’identità
attraverso l’assoggettamento fisico o psicologico, fino alla schiavitù o alla morte”
5
.
Possiamo trovare “femminicidio”
6
o “femmicidio”
7
, ma il termine, in entrambe le
forme, indica comunque la forma estrema di una violenza di genere e contro un genere
specifico: le donne. Inizialmente si sono opposte molte resistenze all’introduzione di
questo nuovo vocabolo, perché si pensava che fosse “un voler forzatamente distinguere
tra delitto e delitto semplicemente in base al sesso della vittima; quasi fosse un
neologismo frutto di una delle tante mode linguistiche più che del bisogno di nominare
un nuovo concetto”
8
. Oggi, nonostante tutto, il termine viene usato, purtroppo,
quotidianamente. L’evoluzione “ideologica” della voce femicide è iniziata a partire
dagli anni Settanta del ‘900 in seno ai movimenti femministi statunitensi, ma il termine
era già in uso in inglese fin dall’800, a significare “the killing of a woman”, l’uccisione
di una donna, e come tale è registrato nel Law Lexicon di J. J.S. Wharthon (1848). La
3
Gargiullo, B. C., & Damiani, R. (2013). PBP- Psycho Behavioural Profiling -
VictimologicalComprensive Assessment. Roma:Bruno Carmine Gargiullo e Rosaria Damiani.
4
Gargiullo, B. C., & Damiani, R. (2010).Vittime di un amore criminale. La violenza in famiglia: natura,
profili tipologici, casistica clinica e giudiziaria, p. 192, Milano: Franco Angeli.
5
Devoto, G., Oli, G. (2009). Femminicidioin Vocabolario il Devoto-Oli, Milano: Mondadori.
6
Zingarelli, N. (2010). Femminicidio in Vocabolario Lo Zingarelli, Bologna: Zanichelli
7
Femminicidio, (s.d.), consultato il 03/12/2014, disponibile sul sitowww.treccani.it
8
Femminicidio, (s.d.), consultato il 03/12/2014, disponibile sul
sitohttp://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-
risposte/femminicidio-perch-parola
10
progressiva evoluzione del significato è avvenuta in fasi successive, per cui dagli anni
’90 agli inizi del Duemila, si estende l’impiego di femicide a tutte le situazioni in cui le
donne vivono in uno stato di oppressione e sotto la continua minaccia di essere uccise.
Nello spagnolo americano sono gli anni Settanta del Novecento a veder la proposta del
termine: è del 1975. Con Femminicidio: la autodestrucción de la mujer di Enrique
Víctor Salerno, poi nel 1989 con Propuestas para una nueva sociedad di Alberto
Koschützke e MnauelAgustínAguirreed infine grazie alla voce della criminologa Diane
Russel, si è affermato il termine femicide negli USA ed anche nel mondo latino-
americano, in cui emerge l’impegno di un’altra donna, l’antropologa e sociologa
messicana MarcelaLagarde.
Allo stesso modo di femicide, anche l’italiano femminicidio risale all’Ottocento, ma è
nato grazie alla creazione letteraria e non come termine rilevante giuridicamente, quale
invece era il corrispettivo d’Oltre-Manica. Alcuni vedono nell’introduzione del
neologismo femmicidio solo il sottolineare forzatamente il sesso femminile della
vittima, come per esempio si argomenta in un messaggio “postato” sulla pagina
Facebook di La lingua batte, rubrica settimanale di Radio3 che recentemente si è
occupata di femminicidio:
“La parola omicidio deve essere eliminata dal vocabolario giuridico, ma non
sostituita dalla parola femminicidio, o da qualsiasi altra parola che indichi una
violenza mortale di genere. Siamo tutti esseri umani: perché, quindi, non
usiamo umanicidio?”.
9
Il passato ci tramanda già ai termini come «uxoricidio» e «donnicidio», ma è importante
sottolineare come, in entrambi i casi, si escluderebbe le vittime bambine e adolescenti,
come verrebbero considerate solo le mogli e o le conviventi come vittime e verrebbe
messo in ombra il fatto che sia stata una “femmina” ad essere stata uccisa, proprio
perché appartenente al “sesso debole”.
Ad oggi, il femminicidio risulta essere «ogni forma di discriminazione e violenza rivolta
contro la donna “in quanto donna”. È la violenza di genere in ogni sua forma. È
l’esercizio di potere che l’uomo e la società esercitano sulla donna affinché il suo
9
Femminicidio, (s.d.), consultato il 03/12/2014, disponibile sul sito http://www.radio3.rai.it/
11
comportamento risponda alle aspettative dell’uomo e della società
patriarcale».
10
Secondo Bordieu (2014):
“E’ accaduto, nella storia dell’Occidente e dell’Oriente, che le società fossero
organizzate in modo conforme ad un ordine patriarcale, dominato dalle
figure maschili che hanno esercitato un potere di esclusione sul genere
femminile. E’ accaduto che uomini, monarchi, generali, papi, presidenti,
banchieri ecc. abbiano gestito ogni ambito di potere nella sfera pubblica. E’
accaduto nella storia dell’Occidente e non solo, che un soggetto di genere
maschile abbia dato forma simbolica, nella cultura, nell’arte, alla società, al
proprio punto di vista, proponendolo come universale e neutro”.
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Questa visione androcentrica permette che la donna venga solo considerata in base alla
funzione che riveste in società, plasmandola come un oggetto sul quale imporre il
proprio potere.
Il neologismo, infatti, racchiude in sé altri due aspetti che sono alla base di questa
tipologia di violenza: il genere e il potere. Questa forma di abuso ha come unico
obiettivo il genere femminile e si basa sul potere maschile nei confronti delle donne, da
sempre ritenute “inferiori”. I maltrattamenti, da esse subiti, celano, quindi, un bisogno
occulto di potere e controllo sulla classe femminile. Le violenze sulle donne sono,
infatti, “la manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e
donne, che ha portato alla dominazione e alla discriminazione contro le donne da parte
degli uomini e ha impedito il pieno avanzamento delle donne, e che la violenza contro le
donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette
in una posizione subordinata rispetto agli uomini”.
12
Per capire l’ancora attuale posizione secondaria che riveste la donna nella società,
bisogna compiere un excursus storico che attraversa millenni di sottomissioni.
Occorre iniziare dalla religione, da sempre fondamentale esigenza nella vita degli
uomini, dalle opere letterarie, cibo per la mente e base per la formazione di ideologie,
fino ad arrivare alle leggi e ad ogni ambito della sfera pubblica.
10
Femminicidio, (s.d.), consultato il 03/12/2014, disponibile sul sito
http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-
risposte/femminicidio-perch-parola
11
Bourdieu, P. (2014). Il dominio maschile,Roma: Feltrinelli.
12
Onu, (1933). Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne, Preambolo, consultato il
03/12/2014, disponibile sul sito http://www.onuitalia.it/contributi/du_maceroni.php